Idee e grafici. - Cap. 2

Piazza Affari al bivio: a decidere saranno gli Usa o i bancari?
News alert: Piazza Affari, Wall Street, Yellen Janet, BCE

Non è da adesso che la tendenza è in atto, anzi, le ultime vicissitudini geopolitiche hanno solo confermato ciò che si sapeva.

Rossana Prezioso 21 luglio 08:00
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Non è da adesso che la tendenza è in atto, anzi, le ultime vicissitudini geopolitiche non hanno fatto altro che confermare in maniera praticamente ufficiale, che il nervosismo c’è, da tempo, un po’ su tutti i panorami borsistici. Anche se si continua a ostentare fiducia a tutti i costi, ora nella Bce, ora nella Fed, ma la consapevolezza che il cambiamento ci sarà è radicata, così come la consapevolezza che in molti non sono preparati o per lo meno non lo sono per la volatilità che potrebbe arrivare.
Il rischio

Il motivo è semplice, anzi, il solito: non sapendo bene quando, tutti cercano di tirare la corda il più possibile sperando di annusare nell’aria qualcosa e ritirarsi giusto in tempo. Ma chi fa una cosa del genere? Per lo più il parco buoi perchè già da metà luglio Bank of America aveva registrato un cambio (in realtà da diverso tempo) di rotta: meno fondi azionari e high yieald (rispettivamente a -740 e -260 milioni di dollari) a favore di quelli obbligazionari investment grade. Ma con calma. Perchè la tentazione di giocarsi il tutto per tutto, di fronte a un Btp decennale al 2,4% è forte. Più della paura di restare a terra e senza benzina (=senza soldi). Ma è la somma che fa il totale, direbbe qualcuno e bisogna ricordare che la massima ottimizzazione delle singole parti non sempre garantisce la migliore resa del portafoglio sul lungo termine soprattutto alla vigilia di una serie di cambiamenti (alcuni epocali come quelli della Bce) alcuni dei quali già confermati, come lo stop del tapering a ottobre.
E Piazza Affari?

Come detto è al bilico, forse perchè sta iniziando a dubitare della tanto strimpellata ripresa dell’Europa in generale e della penisola in particolare, con quelle riforme che non arrivano e che adesso, da un punto di vista strettamente politico, devono combattere con l’ingorgo estivo che rischia di far saltare tutto o per lo meno di creare dei risultati molto al di sotto delle aspettative. E anche i numeri confermano questo trend con i minimi di maggio toccati proprio in queste ultime sedute. Con la sola differenza che oggi non ci sono elezioni e antieuropeisti a minacciare il quadro della situazione e il partito al governo ha già ampiamente ottenuto un consenso popolare che, sebbene discutibile, non può più essere sfruttato come alibi per mosse che stentano ad arrivare. In questo quadro di debolezza diffusa, dove persino l’oro, sempre più confuso, tenta di avanzare a tentoni, cercando equilibrio fra le esigenze di sicurezza dettate dai rischi geopolitici e l’attesa per le mosse della Fed a ottobre, Piazza Affari teme la sua posizione che l’affianca a Madrid e alla periferia in generale non più appetibile come una volta. A zavorrare il tutto ancora l’incognita dei bancari, appunto, che confermano la volatilità in generale, andamento che per loro e l’indice relativo, sembra essere sempre più una regola. Almeno per questa estate.
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Wall Street

Rischio che resta quindi un punto interrogativo, un piatto potenzialmente indigesto e lo si capisce dal fatto che anche il Bund decennale ha ricominciato a scendere nel rendimento (1,15%). Così come anche i rialzi: positivi, senza dubbio, ma non eccelsi, tanto che il margine della positività da inizio anno è facilmente cancellabile su tutta l’Europa. Un po’ meglio per la Fed che può giocare il suo + 7%, a sua volta però, briciola se paragonata al 30% del 2013. In pratica si gioca ancora sulla fiducia, ma per quanto? Già a Wall Street si parla di livelli insostenibili e small cap che danno problemi. Il mercato continuerà a salire dall’altra parte dell’Oceano con un S&P500 che potrebbe superare i 2mila punti per la fine dell’annoe uno storno che continuerà fino a quando non sarà la Yellen a scrivere la parola fine. Nel frattempo il mercato è selettivo e con la necessità di trovare storie e fondamentali interessanti, con investimenti motivati da crescita e introito, intanto utili che crescono ma, a quanto pare, anche il fatturato che inizia a dare soddisfazioni. E qui l’Europa non può competere, almeno per il momento.
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la giornata
E’ bello ciò che piace. E Piazza Affari piace: +2,16%
News alert: Eni, Snam, Saipem, Enel

Piazza Affari preferisce farsi trasportare sulle ali dell’ottimismo a stelle e strisce e dei suoi listini che aprono tutti in territorio positivo. Con un comportamento ancora schizofrenico, tipico di una volatilità estrema, Milano ieri registrava la performance peggiore nel Vecchio Continente, oggi, invece, risorge con un 2,16%

Rossana Prezioso 2 ore fa
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Piazza Affari preferisce farsi trasportare sulle ali dell’ottimismo a stelle e strisce e dei suoi listini che aprono tutti in territorio positivo. Con un comportamento ancora schizofrenico, tipico di una volatilità estrema, Milano ieri registrava la performance peggiore nel Vecchio Continente, oggi, invece, risorge con un 2,16% che vede protagonisti sopratutto petroliferi ed energetici e in prima linea Saipem (+4,14%)sulla possibilità di una cessione della quota in mano ad Eni, conferma di quanto già si vociferava da tempo. E sempre sugli energetici anche Enel festeggia (4,38%) insieme a Eni (2,43%) Snam (2,44%), Terna (3,36%)

Inutile dire come i bancari, zoccolo duro del listino italiano, abbia avuto anche la sua parte nel ritorno in territorio positivo, ritorno che è stato deciso già dall’inizio della seduta. Ma anche in questo caso c’è da ricordare il dato Abi che oggi ricorda come le sofferenze bancarie siano cresciute del 24% da maggio 2013 a maggio 2014.

Ma per trovare i motivi che hanno fatto sorridere nuovamente Piazza Affari ci si può paradossalmente rivolgere sempre alle stesse motivazioni geopolitiche che hanno creato il malumore ieri e che, a quanto pare, data la reazione relativamente cauta dei mercati soprattutto dopo l’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines su territorio ucraino, ormai sono sfruttate a uso e consumo di chi vuole interpretarle. La restituzione delle scatole nere da parte dei ribelli ucraini è considerabile un gesto di distensione? Evidentemente si.

Ormai dobbiamo mettercelo in testa, la moda di Wall Street del tanto peggio tanto meglio a quanto pare fa scuola anche da noi. Nello specifico una situazione che rende la nazione italiana fragilissima da un punto di vista economico e quindi estremamente appetibile sul mercato per il semplice fatto, evidentemente, che più c’è debolezza, più c’è bisogno di aiuti. Una forma di assistenzialismo in stile Cassa del Mezzogiorno, ma in chiave europea. E poco importa se arriva l’allarme di S&P che avvisa sulla bolla del credito, sulle allocazioni improduttive e inefficienti dettate più dalla spasmodica ricerca di un ritorno, qualunque esso sia, piuttosto che di un investimento serio e a sua volta costruttivo.
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E mentre negli Usa il settore immobiliare registra un boom di vendite di case esistenti arrivando al massimo da ottobre, confermando un’intonazione positiva, da noi, in Italia, il presidente dell'Ance Paolo Buzzetti ricorda che dall’inizio della crisi, nel 2008, 70mila imprese hanno chiuso o comunque hanno iniziato le procedure per il fallimento.

Come se ciò non bastasse arriva anche la notizia che per riuscire a coprire il fabbisogno della cassa integrazione per il 2014, manca ancora un miliardi di euro. L’alternativa? Il licenziamento per 65mila dipendenti.
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MIB WEEKLY

sembra dire con un hammer..."abbiamo scherzato" si torna a salire
 

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Argentina, il giudice Griesa: trattativa a oltranza. Otto giorni al default. Spread oltre quota mille

22 luglio 2014
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Argomenti: Giustizia | Thomas Griesa | Buenos Aires | Corte Suprema degli Stati Uniti | Stati Uniti d'America





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Il giudice Thomas Griesa (Reuters)


Trattativa serrata per i prossimi otto giorni, 24 ore su 24. L'obiettivo è evitare "il peggiore scenario", ovvero un default che farebbe male alla gente comune. Il giudice americano, Thomas Griesa, impone a hedge fund e Argentina di sedersi al tavolo a trattare fino a raggiungere una soluzione. Rifiutando la richiesta di Buenos Aires di sospendere la precedente sentenza fino alla fine dell'anno, Griesa invita ad abbassare i toni ed evitare una retorica in grado solo di accentuare le ostilità e le divergenze.

Lo spread dei titoli di stato dell'Argentina con il Treasury Usa sale a quota 1006 punti dopo l'udienza al tribunale di New York che ha respinto la richiesta di sospensiva presentata da Buenos Aires del pagamento agli hedge fund ordinando alle parti di trattare a oltranza entro il 30 luglio, pena il default. Le quotazioni del bond con scadenza 2033, il cui pagamento delle cedole è stato bloccato dal giudice di New York, cala dell'1,55% a 86,57 centesimi.
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I legali di Buenos Aires intanto lamentano il rischio default, il secondo in 13 anni, e la mancanza di tempo per risolvere una questione che si protrae da anni: un accordo «non può essere fatto entro la fine del mese» affermano. Ma Griesa non cede: la sospensione della sentenza che impone il pagamento nello stesso tempo di chi ha accettato il concambio e gli hedge fund che non lo hanno fatto «non è necessaria alle trattative o a un eventuale patteggiamento. Ci sono strade per evitare il default» mette in evidenza Griesa, precisando che deciderà più avanti se i titolari di bond argentini che hanno aderito allo swap e che sono regolati dal diritto giapponese e inglese potranno ricevere o meno gli interessi sui pagamenti.

L'Argentina ha depositato il 26 giugno più di 800 milioni di dollari per pagare chi ha accettato il concambio. Ma i soldi sono bloccati presso le banche che non potranno procedere a un eventuale pagamento fino a che Griesa non si sarà pronunciato.
Buenos Aires ha chiesto una sospensione della sentenza, confermata dalla Corte Suprema americana, per evitare che scatti la clausola Rufo (Rights upon future options), che concede ai titolari di bond di chiedere pagamenti maggiori se l'Argentina dovesse accordarsi con chi non ha accettato lo swap, ovvero gli hedge che hanno vinto il ricorso.

Se la clausola Rufo, che scade alla in dicembre, entrasse in vigore le richieste potrebbero salire a 120 miliardi di dollari. Secondo alcune indiscrezioni, l'Argentina avrebbe avviato contatti per rivedere la clausola.
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