Mercato obbligazionario
Inflazione, nessuno se ne preoccupa più, ma è giustificato?.
mercoledì 2 febbraio 2005 Da ormai diversi mesi l'interesse sull'andamento dell'inflazione sembra essere molto scemato. L'opinione generale è che nonostante l'attuale situazione di crescita economica e l'aumento del costo delle materie prime, non ci saranno comunque significative pressioni sui prezzi n ei prossimi 12-18 mesi. Cerchiamo di capire se questo atteggiamento del mercato sia corretto o se non vi sia una situazione si sotto-stima dei potenziali rischi.
Confrontando i tassi a 10 anni in Europa con il la crescita dei prezzi alla produzione (EU PPI) e al consumo (EU CPI) si può notare un andamento divergente, con tassi in discesa e PPI in netto aumento (il CPI continua a mantenersi piuttosto costante).
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L'attuale salita dei prezzi alla produzione è soprattutto l'effetto dell'aumento delle materie prime; evidentemente il mercato considera l'attuale situazione transitoria e quindi non preoccupante (se no i tassi non sarebbero così bassi). Relativamente ai prezzi al consumo, è da notare come in occasione dei precedenti minimi di fine '98 (esattamente sui livelli attuali) i prezzi al consumo in Europa crescevano al ritmo di circa +1% l'anno, oggi invece siamo al +2,4%. Difficilmente quindi un ulteriore aumento del CPI dai livelli attuali potrebbe giustificare tassi a 10 anni ancora così bassi; il mercato sembra quindi escludere un aumento dell'inflazione nei prossimi mesi.
In conclusione il mercato dei tassi in Europa anticipa un calo dei prezzi alla produzione nei prossimi mesi ed esclude un aumento dei prezzi al consumo; a nostro parere questo scenario è certamente possibile ma non è il più probabile (almeno nella prima met&ag rave; del 2005). Il rischio di aumento dei tassi (e quindi di correzione delle obbligazioni) resta a nostro parere decisamente alto; solo uno scenario "giapponese" e/o una massiccia riconversione delle riserve valutarie delle Banche Centrali mondiali dall'USD all'Euro giustificherebbe un'ulteriore discesa dei tassi dagli attuali livelli. Andiamo ora ad analizzare la situazione negli Stati Uniti; data la possibilità di osservare l'andamento del CPI e PPI con e senza le componenti più volatili dei prezzi dell'energia e dell'alimentare abbiamo diviso i due grafici. Il primo confronta il livello dei tassi USA a 10 anni sia con il CPI "completo" (US CPI) che con quello che esclude le componenti di energia ed alimentare (US CPIx).
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Il grafico evidenzia un forte aumento del CPI "completo"; senza la componente di energia ed alimentazione invece l'aumento della crescita dei prezzi è assai più contenuto. I tassi a 10 anni si stanno mantenendo attorno al 4% da oramai diversi mesi, nonostante il CPI "completo" si balzato dal 2% al 3,5%; è evidente quindi che anche negli USA il mercato considera l'attuale impennata dell'inflazione un fenomeno temporaneo causato soprattutto dal prezzo del petrolio.
Il secondo grafico confronta il livello dei tassi USA a 10 anni sia con il PPI "completo" (US PPI) sia con quello che esclude le componenti di energia ed alimentare (US PPIx).
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L'andamento dei prezzi alla produzione in USA è decisamente aumentato sia relativamente all'indice "completo" (da -2% nel 2002 a +4%) che a quello scorporato delle componenti alimentari e dell'energia (da +0% nel 2002 a +2,20%); questo come abbiamo già detto prima non ha di fatto modificato il livello dei tassi a 10 anni che oscilla attorno al 4% da ormai 18 mesi. E' evidente che anche la salita dei prezzi alla produzione non sembra preoccupare più di tanto gli operatori, nonostante un'elevata correlazione storica (che si può osservare anche graficamente). A differenza dell'Europa inoltre, in USA uno scenario "giapponese" sembra al momento assai poco plausibile (l'economia cresce oltre il 3% l'anno), inoltre se le Banche Centrali mondiali dovessero convertire parte delle loro riserve valutarie da USD a Euro ci sarebbe sicuramente un effetto negativo sui bond americani.
In conclusione, anche se per motivi diversi, anche il mercato obbligazionario USA sembra dare per scontati scenari molto positivi sul futuro andamento dei prezzi ed è quindi a forte rischio correzione. Viceversa, solo una b rusca frenata dell'economia USA potrebbe giustificare un ulteriore ribasso dei tassi dagli attuali livelli.