Ducati (DMH) Il caso ducati e le opa affossa pesciolini

Alerion Clean Power è uan società quotata che ,come apaprso su Economia & Finanza,4/6/2012, articolo a firma Roberta Paolini =Alerion Cleanpower è una preda appetibile. Anche per i grandi. La piccola delle energie rinnovabili fondata da Giuseppe Garofano è uno dei titoli più interessanti per future operazioni di M&A. Lo pensano gli analisti e pure gli operatori. E i papabili certo non mancherebbero. Tra questi, secondo alcuni, ci potrebbero essere nomi come Erg, Edpr (gruppo portoghese tra i big mondiale delle rinnovabili), Edf. Ma c’è anche chi dice che tra i potenziali interessati ci sia una famiglia marchigiana già attiva nel settore. Impressioni, per il momento, poco di più, ma il titolo è oggettivamente interessante. E ai blocchi nelle scorse settimane c’è stato qualche scambio. “Certo nel listino italiano i titoli cheap sono diversi – ammette un operatore di Borsa – ma questo ha degli elementi di interesse in più”. Ed eccoli: in un comparto come quello delle rinnovabili, dove il Capex è in crescita, Alerion, sotto la pressione di alcuni suoi azionisti, sta mettendo un po’ di freno. E’ inoltre una società che elargisce un dividendo sopra il 3% (anche Falck Renewables è allo stesso livello). Ma, a differenza di altri, Alerion, da novembre, ha approntato un piano di buy backapprovato fino al 10% del capitale. Nell’ultima assemblea ha cancellato circa l’1% delle azioni, proseguendo sulla via del riacquisto delle azioni proprie e chiedendo anche di poter aumentare la percentuale, fino al 50%, sulle azioni scambiate.
Chi potrebbe essere inetressato ad Alerion? Forse l'articolista si riferisce alla API NOVA ENERGIA.
La stessa API NOVA ENERGIA, DOVREBBE E VORREBBE CRESCERE NEL SETTORE EOLICO, AVENDO TRA L'ALTRO UNA jOINT vENTURE CON iBERDROLA E DETENENDONE IL 50.1 % DELLA S.E.R.
Ferdinando Brachetti Peretti,
amministratore delegato
dell’api holding, presidente
dell’api energia
e dell’api nòva energia
erdinando Brachetti Peretti è amministratore delegato di api holding, presidente di api energia e di api nòva energia spa. api è scritto con le iniziali rigorosamente in minuscolo e con il logo del cavallo, operante da circa 80 anni nel settore del petrolio e dell’energia e cassaforte della famiglia. Un giorno prima di questa affermazione Jim Rogers, fondatore con Gorge Soros del Quantum Fund, fondo famoso nel mondo della finanza per i rendimenti a due cifre, aveva pronosticato per il petrolio un prezzo in ascesa fino a 150 dollari al barile; e Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, aveva valutato le riserve mondiali sufficienti per altri 70 anni. Intanto tra le Borse di Londra e di New York veniva registrata un’impennata delle quotazioni per le imprese operanti nel settore fotovoltaico, insieme a un’immotivata perdita per quelle operanti in quello eolico. Un mondo dell’energia, quindi, in piena turbolenza. Alla Fiera di Roma, dove era in corso il World Energy Congress, Ferdinando Brachetti Peretti guardava al futuro delle aziende che gli sono affidate e programmava nuovi sviluppi. Lo attendevano i rappresentanti di Iberdrola, società spagnola operante in tutti i settori dell’energia.

«Sono entrati nel nostro Paese, facendo una newco - S.E.R - con noi e li abbiamo portati a visitare i nostri siti eolici per la produzione complessiva di 350 megawatt–spiega–. Abbiamo accettato la loro proposta di realizzarli insieme, con una società di cui noi possediamo il 50,1 per cento e loro il 49,9. È un’eccezione aprirci a capitale estraneo alla famiglia, ma lo facciamo con il ‘numero uno’ del settore nel mondo. Dobbiamo consolidare i consistenti risultati già ottenuti e nello stesso tempo individuare nuove opportunità di crescita per la nostra azienda e per il territorio in cui operiamo. Questo nel rispetto degli standard ambientali e di sicurezza che sono, giustamente, sempre più severi».

I Brachetti Peretti costituiscono una grande famiglia, riunita in una grande casa di Roma affacciata su Villa Borghese e guidata, oggi, da Aldo e dalla moglie Mila, ispettrice nazionale delle infermiere volontarie della Croce Rossa. Una famiglia marchigiana le cui origini risalgono al 1200, e la cui storia e tradizione oggi si identificano con api creata nel 1933 come Api-Anonima Petroli Italiana dal Cavaliere del Lavoro Ferdinando Peretti, padre di Mila, che decise di mantenere nelle Marche il centro dell’attività con la trasformazione del piccolo deposito iniziale di carburanti in una delle più avanzate raffinerie italiane.

Risale al 1939, infatti, la costruzione a Falconara Marittima di un deposito costiero di prodotti petroliferi che negli anni fu trasformato in un sito produttivo fino ad assumere la fisionomia dell’attuale raffineria. «Il Gruppo è cresciuto sempre con l’autofinanziamento, senza interventi esterni, annullando anche la quotazione in Borsa avviata due anni fa e approvata dalla Consob», aggiunge Ferdinando ripetendo - senza punte polemiche verso i frequenti comportamenti di altre imprese anche di primo piano del Paese -, un concetto già espresso dal padre: «Non abbiamo mai fatto ricorso, anche nei momenti più difficili per il mercato petrolifero e per le vicende internazionali, a tagli di personale, che anzi abbiamo aumentato dinanzi alle crescenti necessità, né alla cassa integrazione».

Da tre generazioni la famiglia è azionista unica del Gruppo costituendo, nei 74 anni di vita, un inconsueto modello di solidità e di efficienza economica in uno dei settori più complessi e imprevedibili dell’economia mondiale. In base alla relazione relativa al bilancio al 31 dicembre 2006 redatta in conformità dei principi contabili dell’International Financial Reporting Standard adottati dall’Unione Europea, la controllata api-anonima petroli italiana è costituita da circa 30 società con circa mille dipendenti diretti, registra una produzione del valore di 3,6 miliardi di euro con un incremento di circa il 34 per cento rispetto al 2005, e un margine operativo lordo consolidato di 298 milioni di euro, in crescita del 16 per cento rispetto all’esercizio precedente. Al netto dell’effetto «emission trading» e delle scorte, il margine operativo lordo consolidato è stato di 229 milioni di euro, con un aumento rispetto al 2005 del 39 per cento. L’utile netto è di 42 milioni di euro, ovvero di 45 milioni al netto delle scorte.

Grande impegno nel lavoro, riservatezza, rispetto reciproco delle persone e dei ruoli nell’azienda e nel gruppo parentale sono nella tradizione della famiglia. Il capostipite odierno, il cavaliere del Lavoro Aldo Brachetti, al momento del matrimonio con Mila Peretti volle unire, al proprio, il cognome del suocero, fondatore dell’azienda, avviando la discendenza dei Brachetti Peretti. Niente interviste, pochissime apparizioni pubbliche, estraneità al gossip malgrado la parentela con nomi importanti dell’alta società italiana. Ferdinando è sposato con S.A.R Mafalda d’Assia, nipote della principessa Mafalda di Savoia, secondogenita di Vittorio Emanuele III e moglie di Filippo d’Assia.

Il fratello di Ferdinando, Ugo, che dirige il settore petrolifero, la raffinazione, il marketing e la distribuzione, ha sposato Isabella Borromeo dei principi di Angera, sorella maggiore di Lavinia Borromeo, consorte di John Elkann, erede della Fiat. 47 anni, alto, magro, Ferdinando comincia la giornata di buon mattino. Cyclette nella palestra di casa, alle 7 corsa nei viali di Villa Borghese, poi al lavoro per occuparsi della holding petrolifera e delle due società elettriche affidate alla sua cura particolare. Dopo il liceo classico, l’iscrizione alla Facoltà di Economia e Commercio, il trasferimento a Londra per due anni, l’avvio dell’ufficio di trading petrolifero. Poi a Parigi, per seguire amministrazione e finanza nella Banca Paribas.

Nello stesso tempo ha praticato vari sport, è stato campione italiano di pilotaggio di elicotteri, ha partecipato a gare di moto, è stato ufficiale dei Carabinieri negli anni 1980 e 1981 guadagnandosi l’encomio solenne dal Capo dello Stato Sandro Pertini in occasione del terremoto dell’Irpinia. È così da 25 anni, nel corso dei quali ha seguito dapprima tutti i settori del Gruppo gestendo il ciclo «downstream» che egli considera uno dei più vivi e interessanti, ossia l’insieme di attività dall’approvvigionamento del greggio al trasporto su navi, alla raffinazione, al marketing, alla vendita del petrolio e dei suoi derivati, oltre a benzina verde, gasolio, lubrificanti, Gpl in bombole, acqua ragia, saponette di zolfo, fino all’asfalto con l’ultimo prodotto dei bitumi antiaderenti della raffineria Alma di Ravenna, che coprono il 25 per cento del mercato.

Nel settembre scorso, insieme alla vicepresidenza e alla carica di amministratore delegato della holding, cassaforte del Gruppo, gli è stata affidata la presidenza di api energia e di api nòva Energia, due settori nuovi e destinati ad acquisire un’importanza sempre maggiore per le difficoltà di estrazione e di approvvigionamento e per il costo del petrolio, che spingono a sviluppare fonti alternative. «Mi occupo in particolare della parte elettrica, affiancata nel 1998 all’attività principale che per tradizione è quella petrolifera, e sviluppata successivamente con l’acquisizione del 100 per cento di api energia dall’ABB e dalla Chevron Texaco, allora nostri soci–racconta Brachetti Peretti–; e, attraverso l’affidamento fattomi delle fonti rinnovabili, sono stato incaricato di esplorare nuove opportunità di crescita».

Un’attività che, con i circa 2 miliardi 200 milioni di kilowattora prodotti ogni anno dalla centrale elettrica di cogenerazione da 280 megawatt avviata nel 2001 all’interno della raffineria di Falconara Marittima, già soddisfa il 30 per cento del fabbisogno delle Marche, la regione forse più deficitaria sotto il profilo elettrico. È un impianto a ciclo combinato con il gas, che consente l’evoluzione in «raffineria bianca», nella quale si realizzano prodotti petroliferi di elevata qualità e si produce energia elettrica con un bassissimo impatto ambientale attraverso l’utilizzo delle frazioni residue del ciclo di raffinazione, trasformandole in gas di sintesi pulito. Con la realizzazione di due nuove centrali analoghe programmate nello stesso comprensorio di Falconara per un totale di altri 580 megawatt, l’approvvigionamento elettrico della regione potrà essere totalmente indipendente.

Domanda. Quali cambiamenti prevede per il prossimo futuro per l’energia?
Risposta. Soprattutto la combinazione delle fonti. Lasciando da parte le considerazioni di alcuni esperti che ritengono vicina la fine dell’era del petrolio, oggi l’obiettivo è quello di unire produttività, efficienza energetica e rispetto dell’ambiente. Per raggiungerlo è necessario guardare a tutte le fonti di produzione, senza limitarci a quella tradizionale del petrolio ma sviluppando le cosiddette fonti rinnovabili con le conoscenze e gli strumenti che la tecnologia oggi mette a disposizione. In questa strategia d’impresa api energia e api nòva energia sono indubbiamente in prima linea. Controlliamo l’11 per cento del mercato della distribuzione di carburanti e produciamo energia elettrica da impianti di elevata efficienza e capacità di rispetto ambientale con il nostro impianto di Falconara, che è stato classificato dall’Unione Europea «best available tecnique», ossia la migliore tecnologia attualmente disponibile, perché in grado di unire alta efficienza produttiva e tutela dell’ambiente. Inoltre bisogna ricordare che api energia ha ottenuto la certificazione 14001 per la gestione e il controllo della produzione di energia elettrica mediante impianto a ciclo combinato. Nel mare di Falconara, inoltre, esiste un oleodotto sottomarino di 16 chilometri, creato nel 1972 per consentire l’ormeggio di petroliere da 500 mila barili. Ora pensiamo di affiancare all’oleodotto un gasdotto per l’attracco di navi gasiere che potranno rigassificare il gas liquefatto trasportato, e da lì convogliarlo nella rete nazionale senza bisogno di rigassificatori a terra, con il solo intervento dei contatori per il calcolo dei quantitativi distribuiti, con impatto ambientale nullo.

D. Come intendete operare nel settore particolare delle fonti rinnovabili?
R. È un settore particolare sul quale puntiamo molto. Lo dimostra la creazione, nel 2006, della holding elettrica e del gas api nòva energia, con il compito di ricercare e adottare le più avanzate tecnologie nel campo della produzione di energia elettrica, che consentano il massimo dell’efficienza e il minimo delle emissioni di anidride carbonica. Il nome stesso dell’azienda è indicativo dell’interesse del Gruppo nei riguardi di questo aspetto della produzione e dell’approvvigionamento energetico. Operiamo già nella produzione di energia eolica attraverso la partnership con la spagnola Iberdrola; realizzando altri progetti allo studio potremo giungere, entro il 2012, ad oltre mille megawatt derivanti da fonti rinnovabili, diventando un’azienda di primaria importanza in questo specifico mercato. Dal 2000 in Campania, a Castelfranco in Miscano, un Comune a 760 metri di altitudine in provincia di Benevento, abitato da un migliaio di persone, è attiva la nostra Compagnia Energia Rinnovabile (C.E.R.), dotata di una centrale eolica da 30 megawatt. Operiamo anche nelle biomasse sia solide che liquide. Il nostro obiettivo è quello di essere protagonisti arrivando a una quota del 10 per cento del mercato italiano. Nel caso specifico api nòva energia ha già 60 megawatt di biomasse in Calabria, con un impianto che è il maggiore d’Europa, diviso tra Crotone per 40 megawatt e Strongoli per 20. In esso utilizziamo il ceppato di legno, frutto della pulizia degli ettari di boschi circostanti, che ora viene bruciato o lasciato marcire, e lo trasformiamo in energia. Con le biomasse liquide - olio di palma, di colza e di girasole - puntiamo ad arrivare al 10 per cento di energia derivante da fonti rinnovabili.

D. Avete programmi anche per il fotovoltaico o ritenete di non espandervi nell’ampio campo delle rinnovabili?
R. Stiamo per realizzare anche impianti fotovoltaici nelle Marche per 11 megawatt. Direi di più, perché siamo impegnati nella valutazione di una serie di opportunità nella filiera del silicio lavorando la sabbia per produrre le stesse celle fotovoltaiche. Le collocheremo inizialmente sui grandi edifici e sulle pensiline di gran parte delle 4.100 stazioni di servizio della rete api-IP. Quando lasceremo la sede attuale di Corso d’Italia a Roma per trasferirci lungo la Via Salaria, i due edifici che ci ospiteranno avranno sul tetto i nostri pannelli. Per concludere, gli investimenti necessari per realizzare l’intero programma saranno nell’ordine di 1,5-2 miliardi di euro, per reperire i quali ricorreremo al project financing oppure alla partecipazione di altri investitori.

Ma siccome il FONDO F2I di ETTORE GOTTI TEDESCHI E DI VITO GAMBERALE ENTRO' NEL 2008 IN ALEIRON PAGANDO, AI SOLI SOCI DI UN PATTO, 9.2 EURO,
ALLORA OGGI
SE A.P.I. NOVA ENERGIA vuole entrare nel cpaitale, sedersi al tavolino con F2I ed essere quoitata deve pagare un premio.
Quanto? Almeno 15 euro. a 15 euro ALERION CAPITALIZZEREBBE
660.000.000 DI EURO E DEDUCENDO IL SUO DEBITO CHE è DI 320.000.000 DI EURO,
VERREBBE VALUTATA SECONDO I MW IN ESERCIZIO, IN COSTRUZIONE ED IN PIPELINES ( CIRCA 1200 MW EOLICI IN TUTTO).
Staremo a vedere...
 
azionisti di minoranza nel 2012 non aderite a nessuna OPA PER DELISTING DI QUESTA MUNNEZZA DI GENTE..

RICORDATE DUCATI
RINASCENTE
E EDIZIONI HOLDING...
ATTENTI ALL'OPA PER DELISTING

di Stefano Mengoli e Sandro Sandri 24.02.2012
I bassi prezzi dei titoli di Borsa caratteristici di questo periodo fanno sì che un certo numero di società pensi al delisting. Ma all'azionista di minoranza conviene aderire alle Opa lanciate con questo scopo? Una risposta generale non è semplice. Tuttavia, spesso l'investitore marginale tende a guardare al passato nel decidere se accettare o meno l'offerta del controllante. E dà troppa importanza al prezzo corrente delle azioni, senza interrogarsi sulle prospettive future dell'impresa. È un errore. Cosa succede se non si raggiunge la soglia di adesione obbligatoria all'Opa.

Un articolo apparso sull’Economist diversi anni fa, il 17 febbraio 2005, criticava l’offerta pubblica di acquisto da parte dell’azionista di controllo, che era Ifil, sui titoli posseduti dagli azionisti di minoranza Rinascente, avvenuta nel 2003. Obiettivo di quell’Opa? il delisting della società, ossia l’uscita di Rinascente dal mercato azionario. Perché il fatto aveva suscitato l’interesse del settimanale? Perché l’offerta in Opa valutava il gruppo Rinascente 1,77 miliardi di euro, mentre due anni dopo, nel momento in cui ne vendette alcune parti, Ifil riuscì a valorizzare la partecipazione 3,55 miliardi di euro. In appena due anni, i controllanti furono dunque capaci di raddoppiarne il valore. Quel profitto, ovviamente, non costituisce di per sé indizio di intenti espropriativi da parte della maggioranza a danno degli azionisti di minoranza. Ma il fatto che il prospetto, finalizzato a informare questi ultimi sulla congruità del premio riconosciuto in sede di Opa, ignorasse del tutto l’informazione relativa alla sucessiva cessione di parti della società e la conseguente valorizzazione nel prospetto degli immobili al costo storico piuttosto che a quello di mercato, sono stati elementi sufficienti a suscitare le perplessità del settimanale.

CHI ESCE DALLA BORSA

Il richiamo al delisting di Rinascente è utile per discutere di un problema che si potrebbe presentare nei prossimi mesi, viste le basse quotazioni a cui si assiste sul mercato azionario: il proporsi di un numero significativo di operazioni di delisting. Il processo è in realtà già iniziato. La newsletter di Consob di inizio anno (1-2 gennaio 2012) informa che già nel corso del 2011 a fronte di una sola matricola (Ferragamo) approdata in Borsa, cinque società hanno preferito rinviare la quotazione, mentre ben otto aziende hanno annunciato Opa finalizzate al delisting.
Innanzitutto, è utile domandarsi quali motivi razionali spingono una società al delisting. Vengono citate spesso da parte degli offerenti generiche esigenze di razionalizzazione. Ci pare di poter affermare che la razionalizzazione sia perseguibile anche rimanendo quotati. L’unico vero risparmio che si potrebbe avere sono i costi di quotazione. Essere quotati costa, ma non crediamo che i costi siano poi così proibitivi e soprattutto del tutto inutili, specie con riferimento a imprese di non piccole dimensioni. Non è un caso che vengano difficilmente menzionati come prima ragione in occasione del delisting. Il fatto che tali operazioni si manifestino nel corso del tempo “a ondate” suggerisce piuttosto un’altra motivazione: i bassi prezzi dei titoli. Prendendo ad esempio a riferimento l’indice di borsa Comit, notiamo che in appena quattro anni si è dimezzato. Un azionista di controllo andato in Borsa quattro anni fa potrebbe tornare ora in possesso delle azioni cedute a un prezzo pari in media alla metà rispetto al valore che aveva al momento della quotazione.
LE SCELTE DELL'AZIONISTA DI MINORANZA
La principale operazione di delisting che sta interessando il mercato italiano è l’Opa lanciata da Edizione Holding, la cassaforte della famiglia Benetton, sulla controllata Benetton. Il prezzo offerto, pari a 4,6 euro, è fortemente a premio (45 per cento) se confrontato con il prezzo a un mese, cala però al 6 per cento se calcolato riferendosi all’anno scorso. Ponendosi nelle vesti dell’azionista di minoranza ci si potrebbe chiedere: conviene o meno aderire all’offerta? È difficile rispondere, ma ciò che possiamo fare è porre enfasi sul fatto che il risparmiatore non deve incorrere nel facile errore di guardare al recente passato e alle deludenti performance del titolo, fattori che lo spingerebbero ad aderire all’offerta. Dovrebbe invece guardare al futuro, ossia chiedersi quanto varrà Benetton prossimamente. È questa la prospettiva giusta. Il caso Rinascente ci è tornato in mente non appena sono circolate voci, apparse poi del tutto infondate, di cessione del gruppo Benetton a Inditex, proprietaria del marchio Zara. Se così fosse, gli azionisti di minoranza, analogamente a quanto accaduto a quelli di Rinascente, risulterebbero danneggiati nel caso in cui il prezzo di cessione fosse più alto rispetto a quello d’Opa.
L’errore degli azionisti della Rinascente è stato quello di guardare alle performance del titolo nel passato, circostanza che ha indotto ad accettare un’offerta apparentemente allettante, non essendo in grado di percepire, anche a causa delle carenze informative che hanno accompagnato l’offerta, che dopo due anni la società sarebbe stata venduta a pezzi e nel complesso a un prezzo decisamente superiore a quello dell’Opa.
Un recente studio mostra che l’investitore marginale tende a guardare al passato nello stabilire l’adesione o meno ad un’Opa. (1) Tende infatti a porre troppa enfasi sul prezzo corrente appena prima del lancio dell’offerta confrontandolo con il prezzo dell’Opa. Come in linea di principio si sa, questo comportamento è irrazionale, dovendosi invece cercare di stimare le prospettive future dell’impresa. L’adesione a Opa lanciate da insider già controllanti è ancor più difficile da spiegare teoricamente. Se infatti il controllante è disposto a pagare un prezzo superiore a quello corrente per la società che già controlla, implicitamente segnala al mercato un suo valore maggiore e questo valore maggiore non dipende più dal fatto che la società potrebbe finire nelle mani di qualcuno maggiormente capace di massimizzarlo. Viene di conseguenza meno la minaccia che in genere caratterizza la generalità delle Opa, ossia di poter recuperare, in caso di mancato successo dell’offerta, solo un più basso valore delle azioni, in quanto la società tornerebbe nelle mani di chi non è in grado di massimizzarne il valore. Tra l’altro, nel caso in cui le adesioni arrivino ad almeno il 95 per cento, il prezzo a cui gli azionisti di minoranza sarebbero costretti ad aderire (secondo la regola cosidetta “squeeze-out”) è il medesimo dell’Opa e nel caso in cui la soglia non venisse raggiunta, ma venisse lanciata una Opa residuale al raggiungimento del 90 per cento, la Consob dovrebbe fissare un prezzo tenendo conto non solo del prezzo di mercato ma anche di quello Opa. Riassumendo, se le cose vanno male l'azionista di minoranza ottiene il prezzo d’Opa, se le cose vanno bene possiede delle azioni con un valore superiore al prezzo d’Opa. Che non convenga quindi mai aderire a un’Opa finalizzata al delisting?

(1) Carosi A. e S. Mengoli, “Il rispetto dell’Equal Opportunity Rule nelle Opa Successive” in R. Viganò (a cura di) Corporate Governance: Governo, Controllo e Struttura F
 
GOTTI TEDESCHI E VITO GAMBERALE

F2I

ALERION

ENTRATA A 0.92 EURO OGGI 9.2 EURO SAREBBERO.

MUISCA S.A. una società anonima, appartenente a chi?? da sempre in alerion, ha ceduto 4/6/2012 ai blocchi il 3.347% tutta la sua quota ed anche 2.247% di industria e innovazione, galassia alerion sempre..

a=) chi si nasconde dentro muisca sa.

iNTANTO PER GLI AMANTI DELLE COSE ITALIANE:

ERA IL 2008 E ALADAR E MUISCA COMPRAVANO POCO A POC A MERCATO UN TITOLO, ALERION CHE DA 0.747 IN POCHI MESI ERA STATO PORTATO A 0.445.
DA LI A POCO AVREBBERO POTUTO CONSEGNARE A F2I A 0.92 EURO UNA PARTE DELLE STESSE AZIONI.

IN POCO TEMPO IL TITOLO PASSO DA 6/6/2008 A 0.445 20./10.2008.

Che dobbiamo dire NOI POVERI COMUNI MORTALI.

PER QUANTO TEMPO ASSISTEREMO A STE COSUCCIE ALL’ITALIANA ….SUL BOOK.

VOGLIAMO CRESCERE SI O NO?


OVVIAMENTE DIFFONDEREMO A SITI GIORNALI MF IL SOLE IL FATTO..
TUTTI.


COMUNICATO STAMPA Milano, 23 ottobre 2008
Accordo Alerion – F2i per l’ingresso del Fondo nel capitale della Società:
integrato il Consiglio di Amministrazione



Max Anno: 0,7795 - 06/06/08
Min Oggi:
Min Anno: 0,4445 - 20/10/08
Chiusura Precedente: 0,46
Pr Riferim.: 0,46 - 22/10/08 17.35.00
Pr Ufficiale: 0,4637 - 22/10/08 17.35.00

Immagini allegate



MILANO (MF-DJ)--Aladar S.A., DOPO Muisca S.A.il 21 ottobre scorso, ha incrementato la quota detenuta indirettamente nel capitale di Alerion al 3,347%, dal 3,245% dell'11 marzo.

Lo si apprende dalle comunicazioni societarie alla Consob rese note oggi, da cui si rileva che la quota e' detenuta tramite Lowlands- Comercio Internacional e Servicos. red/cmo
October 27, 2008 09:55 ET (13:55 GMT)

soci pattizzi cederanno circa il 7.5% di alerion a f2i a 0.92 euro il 11/11/2008.

(Hanno avranno interesse a comprare a mercato, tanto cedono a 0.92 11/11/2008)


QUESTA E' L ITALIA...
 
L'italia come L'uomo di Kafka ne:"la Metamorfosi". o forse L'Europa eil Vaticano.Siamo in un epoca Kafkiana,una assurda e paradossale metamorfosi,,dove tutti sembrano accettare le cose senza poter far nulla.Ma ognuno di Noi puo fare e molto.Smuover ele coscienze.il WEB.
 
le opa sulle rinnovabili??
falck su falck renew??

berlu e calde siete sempre delle m......
ENERGIA
Dall'eolico il 37% della domanda
obiettivo possibile per il 2030


I dati sono contenuti nel rapporto Energy [R]evolution diffuso da Greenpeace alla vigilia della giornata mondiale del tempo. Il 65% della crescita di occupazione nel settore verrà dalle rinnovabili. Nove italiani su dieci favorevoli allo sviluppo di questo comparto

di ANTONIO CIANCIULLO
Lo leggo dopo
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Il 37% della richiesta di elettricità soddisfatta dal vento. E una crescita di occupazione nel settore energetico che per il 65% è determinata dalle rinnovabili. E' lo scenario globale per il 2030 elaborato da Greenpeace e reso noto alla vigilia della giornata mondiale del vento (15 giugno).

"Sono i numeri contenuti nella nuova edizione del rapporto Energy [R]evolution", spiega Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace. "Lo scenario del primo rapporto, quello del 2007, prevedeva al 2010 una potenza installata di eolico pari a 156 gigawatt. Ma la realtà ha battuto le nostre stime: alla fine del 2010 c'erano già impianti per 197 gigawatt. Le possibilità di crescita sono ancora enormi se si pensa che secondo l'Ipcc, la task force di esperti Onu, il potenziale utilizzabile è 40 volte il consumo attuale di energia". Lo scenario prevede un risparmio sui combustibili fossili globale di 1.320 miliardi di dollari l'anno.

In Italia già nel 2011il vento ha garantito oltre 10 terawattora di energia pulita. Secondo i dati di Terna ad aprile ha dato il 6,4% della produzione elettrica complessiva italiana mentre il 5 dicembre è stato raggiunto il picco del 9%. "Puntare sull'eolico è nell'interesse del nostro Paese", dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, perché permette di ridurre le importazioni di fonti fossili e la produzione da impianti inquinanti che sono, oltretutto, la ragione principale degli aumenti in bolletta avvenuti negli ultimi

dieci anni in Italia. Se il governo non frenerà lo sviluppo delle rinnovabili, come purtroppo sembra intenzionato a fare, anche la crescita dell'occupazione sarà importante".

Nove italiani su dieci sono a favore di questa proposta di sviluppo dell'eolico. Lo testimonia una ricerca condotta da Renato Mannahimer di Ispo: gli intervistati che considerano importante il tema dell'energia passano dall'89% del maggio 2010 al 93% del maggio 2012. Maggioranza analoga anche per quanto riguarda la promozione e lo sviluppo della green economy che viene vista dal 92% come una soluzione anche ai problemi ambientali, oltre che economici, mentre l'85% pensa che per svilupparla sia necessaria la formazione di nuove figure professionali.

GRAFICI: IL SONDAGGIO 1

"Questi dati ci incoraggiano ad andare avanti con i protocolli per il corretto inserimento delle pale eoliche nel paesaggio", annuncia Simone Togni, presidente di Anev. "Protocolli che abbiamo siglato con le associazioni ambientaliste perché siamo i primi a volere che i 10 gigawatt di potenziale eolico ancora da installare in Italia siano realizzati nel più assoluto rispetto dell'ambiente".
(13 giugno 2012)
 
kivemmuortennn

il 2013 è certo che in italia ci saranne elezioni politiche.nel 2013 è certo che qualunque sia il governo ci sarà una maggiore attenzione verso le energie pulite dopo l'epoca berlusconiana pro petrolio e gas e dopo che dal 1992 una grossa parte della bolletta va ancora alle raffinerie. Tra le società quotate attuali in italia solo ALERION è quasi 100%EOLICO E 100% CMQ è energia pulita.L'uscita di soci scomodi abbinata alla presenza di f2i fondo italiano per le infrastrutture quale suo primo socio fa ben sperare. Sarà una lotta contro il tempo PER NON FARLA OPARE. Spetta al Mercato e ai piccoli azionisti farla conoscere per evitare l'opa a 4 soldi.Ci riusciremo?? CI PROVIAMO.
 
Inizia oggi 19/6/2012 una martellante opera di informazione attraverso twitter,face book,emails,telefonate sulla STORIA DI ALERION CLEAN POWER passata e recente e su cio’ che sono gli anni attuali.
La società nata dalle trasformazioni di una Immobiliare Fincasa 44 e poi Holding di partecipazioni industriali Alerion industries,è dal 2007 di fatto orientata sulle energie rinnovabili e vede in Giuseppe Garofano, il figlio Luciano e i Garofano Boys Giulio Antonello Federico caporale Stefano Francavilla coloro che con vari compiti manageriali muovono le fila .
La società compie un notevole passo in avanti nel 2008,dopo aver ceduto ENERTAD al gruppo ERG a un prezzo brillantissimo,con l’entrata del fondo italiano per le infrastrutture un fondo pubblico privato alla sua nascita condotto da esperti managers quali ettore gotti tedeschi e vito alfondo gamberale, il primo anche membro di Alerion all’epoca e poi dimessosi da entrambi gli incarichi,MA A TUTTOGGI nel CDA di Cassa dep e Prestiti che è socia fortissima di F2I, per il suo passaggio allo IOR conclusosi nel mese di giugno 2012 sulle note vicende.Il fondo F2I compie l entrata in Alerion avvantaggiando solo gli azionisti del patto di sindacato e comprando da essi a 0.92 euro per azione, oltre a un aumento di capitale stesso valore. Il tutto solo in cambio di una presenza di 3 membri in un CDA di oltre 10 elementi piu volte rinnovato.
La società cede le partecipazioni non Energy in una società veicolo attualmente quotata Industria e Innovazione dove soci sono gli stessi pattizi.

Le mosse di Garofano sono, da un punto di vista finanziario, l’accorpamento da 10 a 1 delle azioni, per cui il valore di carico di F2I passa a 9.2 euro, e anche modifiche statutarie che di fatto danno al CDA un ampio potere in caso di OPA ostile, potendo compiere atti anche senza preventivamente consultare Assemblea.
Altre mosse sono Phantom Stock options e 2 buy back, uno di 18 mesi terminato con zero azioni comprate, ed il secondo, in atto,dove l’azienda puo comprare fino al 10% e oggi 19/9/2012 + appena al 1.20% procedendo al lumicino.
Si notano un book in mano a equita, una scarsezza di volumi,in diminuzione dalla data dell’accorpamento.
Da notare come , ritornando a F2I, tre mesi prima dell’annuncio al mercato,il titolo veniva sacrificato spesso nei minuti finali, e come il titolo scese da 0.747 euro a 0.445 euro e come si notarono aumenti di quote di Muisca e Aladar due società straniere S.A. Soc anonime che portarono in aumento le quote a prezzi bassissimi poi cedute azioni in parte a F2I al doppio.

Altri dati, spesso passaggi ai blocchi all’interno di un patto di sindacato dove alfio marchini prima usciva cedento in percentuale, poi rientro’ in parte sia a mercato ed in parte a 6.8 euro comprando tutte le azioni del colleoni conte gastone, attuale presidente di aleiron clean power e da sempre nell’azienda, che cedette ad un prezzo molto superiore al mercato a alfio marchini.

Altre cose, le vicende di fondiaria sai e milano e di un socio sammarinese tale dominic bunford che da marzo 2012 sono fuori del Patto, lasciando lo stesso, che oggi è 47% con un 10% che puo esser piazzato.

E’ del 4/6/2012 la dichiarazione di CONSOB che Muisca è uscita del tutto dal patto di sindacato, per il 3.347% delle azioni alerion, ma ad oggi non è dato sapere chi ha comprato.

Anomalia è il sito della società dove epr esempio nella parte attività ,alla voce Romania non apapre dichiarato il parco di jimbolia pure autorizzato e dove si scrive che un parco AUSEU BOROD pure autorizzato da agosto 2010 risulta in costruzione ma nulla si sa su di esso, sulle pale, sul proj financing.

Ci sono sul sito PIANI Industriali spesso indicati in date quali marzo e settembre,roboanti, e quasi sempre seguite da un calo del titolo, post annuncio e pubblicazione.

Per irretire e spaventare il mercato, i 2.100.000 warrants ai managers. 1 a 1 , scandenti marzo 2012, al prezzo di 4.77 euro, non sono stati esercitati ed hanno privato di 10 milioni di euro di capitale possibile e potenziale la società ma hanno dato un segnale al mercato spaventoso, forse ben sapendo che fondiaria sai milano bunford muisca , stavano uscendo.

Cio’ che non risulta chiaro al mercato e che provvederemo a segnalare è l’assoluta inadeguatezza delle informazioni ed un ruolo poco attivo,poco propositivo,silente di F2I che pure fra ETTORE GOTTI TEDESCHI, VITO GAMBERALE ha persone vicine al management di Alerion.
O il prezzo di 9.2 euro era inadeguato, oppure c’è qualcosa che non ci quadra, e la scusa del credit crunch è impossibile a credersi perchè in Romania ci sarebbero oltre 120 mw da costruire e fra SACE, fra fondi di F2I, probabili fusioni e acquisizioni qualcosa si puo fare.
Dalle voci di mercato di dice che Giuseppe Garofano non abbia voglia assolutamente di suddividere idee,progetti,con terzi incomodi e che quindi il destino di Alerion,,la vita di oltre 5300 soci di cui molti piccoli azionisti sia nelle mani ,speriamo sapienti,di quest’uomo. Ma questo in un epoca di globalizzazione e di accordi, di patti,Joint Venture è una mentalità che si scontra con la realtà e che puo solo tagliare le gambe ad una crescita tale che ,solo superando i 500 mw operativi, potrebbe dirsi realizzata appieno.
 
se se falck fosse opata?? la renewable..del vecchio kitemmmmmuorten

Se i Falck lanciano un'OPA ai prezzi attuali, nessuno gliele cede.

Quindi come e' successo con Buongiorno, Sorin, ed altre decine di casi, chi deve lanciare un'OPA, gia' sa che deve pagare un premio ai possessori di Azioni, diversamente nessuno gliele cede, quindi se loro sanno che devono poi pagare un premio, allora incominciano a comprare a questi prezzi che sono sicuramente piu' bassi, ed intanto il titolo incomincia a salire per diversi giorni, diciamo che arriva a 1,1/1,2€, poi lanciano un'OPA con un premio di almeno 35/40% sulle quotazioni, alla fine della giostra, circa 1,7/1,8€.

Vatti a vedere un grafico di Buongiorno, oppure quel che sta succedendo questi giorni a Sorin (eppure su Sorin non c'e' niente di confermato, solo Voci).

Ripeto se proprio devono lanciare un'OPA, devono pagare un premio, diversamente nessuno gliele cede, partendo da me in primis.
 
iL 90% DEGLI iTALIANI è A FAVORE DELLE ENERGIE VERDI. IL PREMIO NOBEL JEREMY RIFKIN DICE CHE L'ITALIA E' L'ARABIA SAUDITA DELLE RINNOVABILI . IL PROBLEMA E' POLITICO E DI LOBBY PETROLIO GAS CARBONE IN ITALIA.
I COMUNI SU CUI INSISTONO GLI IMPIANTI DI ENERGIA PULITA POSSONO AVERE ROYALTIES E RIMPINGUARE LE CASSE. ED ELIMINARE IMU COME ACCADUTO IN PROV DI SASSARI. ALMENO 10.000 EURO ANNUI A MW.
L'ABI ASS BANCARIA ITALIANA aspetta il decreto elettrico per FINANZIARE IMPIANTI DI ENERGIA PULITA IN ITALIA
IL SETTORE GREEN E' UNICO SETTORE ANTICICLICO IN ITALIA E DAREBBE LAVORO A 60.000 PERSONE.
L'ABBATTIMENTO DI CO2 E' NECESSARIO.
PER OGNI EURO DI INVESTIMENTO IN ENERGIA PULITA ALLO STATO NE RIENTRANO 2 IN TERMINI DI IVA IMPOSTE DIRETTE E INDIRETTE, ASSUNZIONI,CONTRIBUTI
L'ITALIA HA UN FORTE POTENZIALE EOLICO E DA BIOMASSE AGROFORESTALI
L'ITALIA E' MOLTO INDIETRO RISPETTO A FRANCIA E GERMANIA E SPAGNA
GREENPEACE òEGAMBIENTE E WWF SI SONO ESPRESSE A FAVORE ENERGIE PULITE.
L'ENEL MENTE SUI COSTI REALI DELLE ENERGIE PULITE
ENI E ENEL, NON HANNO INTERESSE A PERDERE OLIGOPOLIO DI PETROLIO GAS CARBONE E PONGONO FORTI RESISTENZE ALLO SVILUPPO DI ENERGIE RINNOVABILI IN ITALIA.
LA RETE ELETTRICA NAZIONALE E' VOLUTAMENTE TENUTA INSUFFICIENTE E LE LEGGI SONO VOLUTAMENTE PER CREARE BUROCRAZIA.IL TUTTOI PER AFFOSSARE UN SETTORE CHE E' ORO.
SOLO DAL BIOETANOLO DI SECONDA GENERAZIONE, CIO' COLTIVANDO TERRENI NON AGRICOLI E ABBANDONATI, L'ITALIA SAREBBE AUTOSUFFICIENTE DA BENZINA.
VEDIAMO UN PO:
Pare arrivi a breve il decreto elettrico da parte del Governo.Un decreto che punta su un mercato elettrico dove saranno possibili cessioni di energia pulita direttamente da parte del produttore o indirettamente tramite la figura del trader elettrico, cio' tramite accordo, detti power purchase agreement, con il grossista dell'energia.
E' un modello tutto italiano,che riguarderà gli impianti in esercizio dal 1/1/2013, ed elimina quel ruolo del GSE cioè del riacquisto obbligatorio da parte del GSE dell'invenduto ,che poneva i produttori in un ruolo comodo ma inerme senza un vero interesse a creare Mercato.
La novità,tutta italiana, è che il metodo parte da quello inglese,con un maggior vantaggio per i produttori elettrici che non praticano l'autoconsumo perchè è previsto che esiste ed esisterà sempre un valore minimo di cessione per cui c'è la certezza degli incassi e se il prezzo dell'energia supera il valore minimo di cessione il produttore non deve restituire la differenza.
Quello inglese si chiama CFD Contract for Difference, quello italiano si chiamerebbe
PFD Premium for difference proprio perchè da una remunerazione al produttore che lo mette al riparo da sorprese negative. Il PFD è per le Banche una manna dal cielo perchè consente e consentirà di poter finanziare gli impianti senza rischio.
Si generanno anche figure di traders e commissioni su cessioni di energia ( anche oggi il GSE prende lo 0.5% fino a max di 3500 euro per operazione),l’incentivo sarà pari alla differenza tra i valori di riferimento (contenuti nella tabella 1.1 dell’Allegato 1 allo schema di decreto) e il prezzo orario dell’energia della zona in cui l’impianto è ubicato.
Quindi per un impianto a biomasse, se per esempio la tariffa è 133 euro per Mwh ed è ubicato in Piemonte, l'incasso totale sarà sempre 133 euro per Mwh, ma se la tariffa oraria è 70 euro epr Mwh ,l'incentivo sarà 133-70, se è di 80 eruo per Mwh ,l'incentivo sarà 133- 80.
Se per assurdo pero' la tariffa oraria è 150 euro per Mwh in quella zona, ecco che al produttore resterà 150 e non 133 e quindi non sarà costretto, come invece in UK, a restituire la differenza.
Questa scelta è certamente un forte impulso per l'energia rinnovabile in Italia, l'unico problema sono e saranno le Aste ed il contingentamento.
Speriamo che le aste siano da 50 MW in su.
DIscorso a parte merita il Fotovoltaico che il Governo attuale ha dimostrato di non voler incentivare.
Da pochi gg infatti è stata emanata lanorma CEI 0-21 introduce l'obbligatorietà della prova del sistema di interfaccia tramite "cassetta di prova relè" per impianti oltre i 6kWp, anche questa costosissima apparecchiatura ad oggi non è reperibile con i necessari adeguamenti alla norma CEI 0-21, saranno in commercio forse a fine Luglio 2012, nel frattempo sarà ovviamente difficile connettere impianti fotovoltaici alla rete elettrica, a meno che i gestori di rete non concedano con grande magnanimità deroghe temporanee.


Non solo: "Dal 1° di luglio - continua Venturelli - i moduli e gli inverter fotovoltaici, per accedere all'incentivo del 2° semestre 2012, dovranno obbligatoriamente avere tutte le certificazioni descritte all'art. 11 comma 6 del decreto IV° Conto Energia: ad oggi non sappiamo se le certificazioni dei componenti installati saranno considerate valide e sufficienti dal GSE, che non ha mai risposto a nessuna richiesta di chiarimenti. saranno in commercio forse a fine Luglio 2012, nel frattempo sarà ovviamente difficile connettere impianti fotovoltaici alla rete elettrica.

Altra pessima notizia, CHICCO TESTA a presidenza di Assoelettrica ,di Confindustria oggi, uno che era ECOLOGISTA ed è passato NUCLEARISTA.

ITALIETTA.


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