il militarista Putin vuole mostrare che i regimi autoritari vincono contro le democrazie

alingtonsky

Forumer storico
20-02-2022 HuffPost

"Putin non ragiona come noi. Vuole mostrare che i regimi vincono”.
A dirlo è Michael McFaul, ex ambasciatore Usa a Mosca e ex consigliere per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca sulle pagine del Corriere della Sera. A chi gli domanda se, posta l’ipotesi che Putin non voglia la guerra, è possibile che possa tenere le truppe al confine per danneggiare l’economia dell’Ucraina e dividere il Paese, McFaul replica:
“È uno scenario che mi preoccupa. Putin controlla il bilancio, controlla tutto. Può tenere le truppe per un po’, ritirarle e rimandarle... Il punto è tenere alta la pressione sull’Ucraina, cosa che penso farà per il resto dei suoi giorni da presidente. La pressione sull’economia ucraina è forte. Se Putin invade, questo causerà tensioni nella società ucraina; Zelensky ha buone ragioni per cercare di mantenere la calma, ma se scoppia la guerra i suoi critici, che già dicono che non sta preparando il Paese abbastanza, alzeranno la voce
”.

Per McFaul tutto questo fa parte dell’agenda di Putin che “vuole veder fallire questo governo e la democrazia ucraina, in modo da poter dire al suo popolo e al mondo: le democrazie non funzionano, i regimi come il mio sì”.

Alla domanda “Putin teme di più l’adesione alla Nato o all’Ue?”, l’ex ambasciatore Usa a Mosca replica: “La precedente crisi in Ucraina è stata scatenata dall’accesso nel lungo periodo all’UE, non alla Nato.
La più grande paura di Putin è un’Europa democratica fiorente che includa l’Ucraina, perché scalza la tesi con cui cerca di legittimare il suo regime autocratico davanti al popolo russo”.
L’altro interrogativo che viene posto a McFaul è se ci siano indicazioni che la minaccia di sanzioni stia funzionando. A questo, la replica è: “È un’ottima domanda e non ho un’ottima risposta. Putin non incontra più i suoi consiglieri per l’economia, i cosiddetti oligarchi, come faceva all’inizio della sua carriera. Questo significa che coloro che vogliono fare pressioni contro la guerra non hanno molte occasioni per provarci. Sono tutte persone che conosco bene, con cui interagivo quando ero ambasciatore: il loro accesso con il Cremlino stava sfumando già allora, mentre aumentava il peso dei falchi, i siloviki, gli ex agenti del Kgb la cui influenza è in ascesa da anni”.

L'ex ambasciatore Usa a Mosca: "Putin vuole mostrare che i regimi vincono sulla democrazia" (msn.com)
 

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15-04-2021

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La decisione di ammassare truppe vicino al confine è per molti versi inusuale. Nella maggior parte delle operazioni militari russe all’estero degli ultimi anni (compresa quella in Ucraina nel 2014 per l’occupazione e l’annessione della Crimea) il “fattore sorpresa” è sempre stato importante. In Crimea, la Russia inviò centinaia di “piccoli uomini verdi”, cioè membri delle forze speciali che non indossavano uniformi o segni di riconoscimento, e che contribuirono militarmente all’annessione della penisola senza un coinvolgimento ufficiale dell’esercito russo (inizialmente Putin negò che gli “uomini verdi” fossero soldati russi, poi però lo ammise).

Anche negli anni successivi, per aiutare militarmente i territori ucraini separatisti controllati da milizie filorusse nella regione del Donbass, dove si trovano le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, la Russia ha quasi sempre fatto uso di mercenari o comunque di soldati non regolari.

Questa volta, invece, il governo russo non ha negato la presenza di militari non lontano dal confine, anzi: da un lato l’ha rivendicata
(Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, ha detto che la Russia ha il pieno diritto di «muovere le sue forze armate sul proprio territorio a sua discrezione») e dall’altro l’ha usata come strumento di propaganda interna, con servizi televisivi sull’esercito in movimento e molto materiale diffuso sui social.

Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino eletto nell’aprile del 2019, nel corso del 2020 è passato da un atteggiamento remissivo e gregario nei confronti della Russia a uno decisamente più assertivo. Al momento della sua elezione, Zelensky aveva cercato di migliorare il rapporto con la Russia, aveva acconsentito a scambi di prigionieri e nel luglio del 2020 aveva concordato un cessate il fuoco con le milizie filorusse che fu giudicato piuttosto favorevole alla Russia.

Ma negli ultimi mesi l’atteggiamento di Zelensky è cambiato: il presidente ucraino non è certo diventato aggressivo, ma soprattutto sul fronte interno ha colpito diversi interessi russi. In particolare, a febbraio il governo ha sanzionato Viktor Medvedchuk, il leader del principale partito filorusso del paese e amico e alleato di Putin (che è il padrino di sua figlia). Secondo gli analisti, Medvedchuk era l’elemento di collegamento di moltissimi interessi russi in Ucraina, e la sua marginalizzazione dalla scena politica è stata un grave danno per la Russia. Il governo ha inoltre chiuso tre canali televisivi di propaganda filorussa di proprietà di un imprenditore vicino a Medvedchuk.
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Secondo alcuni analisti, la Russia starebbe cercando dunque il pretesto per giustificare un’azione militare. Come ha notato Peter Dickinson, membro dell’Atlantic Council e autore della sezione Ukraine Alert, negli ultimi due anni la Russia ha distribuito 650 mila passaporti russi agli abitanti delle regioni occupate del Donbass, in modo da poter giustificare un’eventuale azione militare come un atto di difesa dei propri concittadini.

L’accumulo di truppe al confine sarebbe quindi una provocazione messa in atto per spingere il governo ucraino a una reazione scomposta e giustificare poi un intervento militare, come successe nel 2008 in Georgia, quando l’allora presidente georgiano Mikheil Saakašvili decise di intervenire nella regione filorussia dell’Ossezia del Sud dopo una lunga serie di provocazioni, dando così il pretesto alla Russia per invadere il paese e giustificare l’offensiva come un atto di difesa dei cittadini russi nella regione.

Il problema principale di questo piano, finora, è che l’Ucraina è stata piuttosto attenta a non cadere in nessuna provocazione.


Se la Russia dovesse comunque intervenire in Ucraina, la maggior parte degli analisti ritiene che un’invasione massiccia, che potrebbe portare per esempio a un’annessione definitiva del Donbass, sia improbabile, e per certi versi sconveniente per Putin: la Russia già adesso controlla di fatto il Donbass, e non avrebbe molto senso affrontare la reazione internazionale (che come minimo comporterebbe pesanti sanzioni economiche) per annettere un territorio molto meno strategico della Crimea.

È più probabile che, se la Russia deciderà di entrare in Ucraina, cercherà di strutturare il suo intervento come un’operazione di peacekeeping: potrebbe per esempio stanziare i suoi soldati al confine tra il Donbass e il resto dell’Ucraina per creare una zona cuscinetto, usando come pretesto l’aumento degli scontri. Mettere in atto una pretestuosa operazione di peacekeeping potrebbe avere molti vantaggi: consentirebbe di mantenere inalterato l’attuale e favorevole assetto territoriale, e inoltre manterrebbe aperta la possibilità di un intervento più massiccio qualora la Russia lo ritenesse necessario.

Cosa vuole fare la Russia in Ucraina? - Il Post



Ucraina, Cacciari: "Stop illusioni, Russia è impero" - Adnkronos.com
 
Luna Luciano
20/02/2022
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Un’enorme detonazione sarà il segnale d’inizio dell’attacco russo in Ucraina. Con queste parole il Mirror e gli altri media britannici hanno dato la notizia. Putin sarebbe in possesso di un’arma potentissima che potrebbe piegare psicologicamente l’Ucraina: la bomba termobarica.
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Putin e la bomba termobarica: cos’è e quali sono i rischi

Una bomba da quarantaquattro tonnellate: un’arma potentissima come non si era mai vista. È questo il terrificante quantitativo che, secondo i media britannici, il presidente russo Vladimir Putin sarebbe pronto a sganciare sull’Ucraina al momento dell’invasione. Ma esattamente cos’è la bomba termobarica?
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Comunemente conosciuta come bomba a vuoto, o bomba a implosione, la bomba termobarica è una tipologia di arma convenzionale, a oggi la più potente esistente, meritandosi il soprannome di «padre di tutte le bombe». Al momento dell’esplosione, la bomba disperde nell’atmosfera una certa quantità di idrocarburi che si miscelano con l’aria presente. Immediatamente dopo, in una seconda fase, la miscela - se innescata - brucia rapidamente, consumando l’ossigeno presente nell’aria, generando una forte depressione (un’area con bassa pressione ed elevate temperature) e una violente corrente d’aria diretta verso di essa. Il calore generato dalla detonazione è tale da uccidere le persone presenti nell’area colpita, e l’onda d’urto può distruggere palazzi interi. L’arma russa ha un raggio di distruzione di 300 metri circa.

Stando ai media britannici, sarà con questa enorme detonazione che la Russia darà il via all’invasione in Ucraina, “con una potenza esplosiva paragonabile a un’arma nucleare tattica”. Secondo i giornalisti inglesi l’obiettivo è quello di “spezzare lo spirito di Kiev”. Secondo il Mirror l’impatto dovrebbe essere devastante: una sorta di “arma psicologica” che potrebbe piegare “il morale della popolazione” danneggiando anche le armi e i carrarmato ucraini.
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Putin ha un'arma segreta: ecco come funziona la bomba termobarica (money.it)


Putin starebbe progettando un false flag, cioè un attacco finto per giustificare l’invasione. Da giorni si assiste a colpi di artiglieria filo-russa verso le zone abitate da ucraini. Per questo si parla già di guerra a bassa intensità.

Bomba termobarica: cos’è l’arma segreta di Putin per fiaccare il morale | Forze Italiane
 

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12.01.2022 - Luca Bucceri
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Garry Kasparov
, pluricampione del mondo di scacchi, ... Da sempre dissidente del numero uno del Cremlino, il 58enne azero, nato a Baku quando l’Azerbaijan era annesso all’Unione Sovietica, non usa mezzi termini per descrivere l’operato di Putin che sarebbe pronto ad invadere l’Ucraina come già successo con Georgia, Crimea e Kazakistan. “L’Occidente sta ignorando l’esperienza storica degli anni ’30. Dire che sottovaluti è un understement. Negli anni 30 Parigi e Londra sottovalutarono Hitler e farlo anche oggi sarebbe ignoranza storica”.
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Senza peli sulla lingua, Kasparov ha ammesso: “Quindici anni fa alla conferenza sulla sicurezza di Monaco Putin spiegò il suo programma. La gente pensò: lascerà, verrà Medvedev. Ma io sapevo che Medvedev era un fantoccio. Mi spiegarono che non avevo capito, che ero un estremista. Putin nel 2007 aveva detto che voleva mettere fine alla dissoluzione dell’Urss, parlò di restaurare la sfera di influenza russa. In questi 15 anni è stato fedele alle sue parole”.

Le ultime minacce del Cremlino sono sulla possibile invasione dell’Ucraina. Garry Kasparov, nella lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha detto la sua: “Non dico che invaderà sicuro l’Ucraina. Ma quelli che ora dicono che non la invaderà avevano previsto l’annessione della Crimea o l’occupazione di fatto del Kazakistan? Questi osservatori nascondono la loro impotenza. Molti in Occidente fino a qualche tempo fa dicevano che in fondo la Russia era una democrazia. No, è una dittatura fascista“.

“Ha distrutto l’opposizione e continua ad attaccare i propri vicini. Guardate le richieste alla Nato: in sostanza dice che dovrebbe dissolversi. Si sente così potente che può parlare in questo modo agli americani. Non gliene importa niente delle sanzioni internazionali, ...

Kasparov vs Putin/ "Russia non è democrazia, è dittatura fascista. Lui come Hitler" (ilsussidiario.net)

Un libro preveggente di Kasparov nel 2015.

“Putin è un problema Russo e sta ai russi risolverlo, ma diventerà presto un problema regionale e subito dopo un problema mondiale se le sue ambizioni continueranno a essere ignorate.”

L’ascesa di Vladimir Putin, un ex colonnello del KGB, alla presidenza della Russia nel 1999, da molti è stato letto come un primo segno di allontanamento del paese dalla democrazia. In questi lunghi anni, nonostante il mondo abbia tentato di trovare un canale di comunicazione pacifico con il nuovo Presidente, Putin ha trasformato sempre più la sua minaccia globale. Con il suo ampio arsenale nucleare, Putin è al centro di un assalto alla libertà politica. Per Garry Kasparov, niente di tutto questo è una novità. Per più di 10 anni ha criticato aspramente la politica di Putin, fino a guidare una lista pro-democrazia nelle farsesche elezioni presidenziali del 2008. Dopo aver trascorso anni a inviare le sue fosche profezie sulle reali intenzioni di Putin, come una moderna Cassandra, Kasparov ha visto realizzarsi le sue più nere aspettative: la Russia di Putin si definisce, come fanno l’Isis e Al Qaeda, a partire dalla contrapposizione con gli stati liberi del mondo. È come se stesse ancora combattendo una sua personale Guerra Fredda, dimenticando o smentendo le lezioni apprese da quella passata. Per evitare di essere trascinati in un altro prlungato e drammatico conflitto, kasparov incita a una presa di posizione ferma – diplomatica, politica ed economica – contro la Russia. ...

L' inverno sta arrivando. Perché Vladimir Putin e i nemici del mondo libero devono essere fermati.

L' inverno sta arrivando. Perché Vladimir Putin e i nemici del mondo libero devono essere fermati - Garry Kasparov - Libro - Fandango Libri - Documenti | laFeltrinelli
 
Francesco Palmas 12 febbraio 2022

Da settimane prosegue il braccio di ferro. Da un lato la Russia del novello zar Vladimir Vladimirovic Putin (con l'ombrello protettivo dell'alleanza con la Cina fresca di rinnovo) e i sudditi ucraini del Donbass delle Repubbliche secessioniste, dall'altro l'Ucraina del comico diventato presidente Volodymyr Zelensky, la Nato (nella quale ambirebbe ad entrare, forse), la Ue (nella quale entrerebbe a piedi pari), la Gran Bretagna e l'America di Joe Biden. Basterebbe questo per capire che è una crisi difficile da decifrare. Intuire una cosa però si può: se scoppiasse una guerra alle porte orientali dell'Europa, l'intero Continente ne sarebbe travolto. Un'esplosione a catena, innescata anche dal gas con il quale la Russia tieni in scacco molti Paesi, primo fra tutti la Germania che ha anche un ex cancelliere nel consiglio della russa Gazprom ed è dello stesso partito socialdemocratico dell'attuale leader Olaf Scholz che è tra i "mediatori" della crisi insieme al francese Emmanuel Macron ...
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Che portata ha la Crimea nella strategia russa?


Dire che Sebastopoli ospita la flotta del mar Nero non spiega l’intera faccenda, perché l'area di proiezione è molto più ampia. Include tutto il Mediterraneo, compresa la base navale di Tartus, in Siria. Non è assolutamente rimpiazzabile nel breve periodo, perché nessun'altra infrastruttura russa nell’area gli è minimamente paragonabile per dimensioni. Nei piani di Mosca, svelati di recente, la flotta del mar Nero dovrebbe arricchirsi di almeno 18 unità entro il 2025. Bilancio permettendo, è previsto l'arrivo a Sebastopoli di due sommergibili convenzionali nel corso dell'anno, unitamente alle nuove fregate del progetto 11356, perché la Russia vorrebbe tornare a giocare un ruolo di primo piano nell'area mar Nero-Mediterraneo con accordi militari, basi e forniture belliche a paesi tornati amici (come l’Egitto). Il presidente russo l’ha ricordato anche di recente, in una conferenza stampa al Cremlino.


Quali sono le altre fratture geopolitiche?

Contrariamente all’est, l’ovest dell’Ucraina è appartenuto al Regno polacco per 3 secoli, poi all’Impero austriaco. È scivolato nell’orbita sovietica solo nel 1922, con alcune eccezioni, perché la regione transcarpatica è rimasta cecoslovacca fino al 1945. Qui a predominare è il cattolicesimo orientale di rito uniate, ligio al Pontefice romano. Siamo nella parte del Paese che guarda all’Occidente, più che all’infido Est, memore delle tragedie della collettivizzazione forzata di epoca staliniana. Carestie, deportazioni e repressioni hanno causato la morte di 8 milioni di ucraini, lasciando in eredità un risentimento mai sopito nei confronti di Mosca
e del socialismo reale.
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La crisi ucraina: perché si rischia la guerra. Le cose da sapere (avvenire.it)

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Oleksy Danilov, segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Ucraina, ha accusato la Russia di aver “imposto i protocolli di Minsk con la minaccia dei cannoni” e che applicarli “significherebbe la fine del Paese”.
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E per capirlo bisogna dare un’occhiata ai famosi protocolli, che furono abbozzati nel settembre 2014 e firmati nel febbraio del 2015 nella capitale bielorussa, con Francia e Germania come garanti. Partiamo dalla “minaccia dei cannoni”: in effetti, in quei mesi, con la Russia all’offensiva (si era appena ripresa la Crimea), le istituzioni sbandate dopo il cambio violento di Governo a Kiev e un esercito in crisi, l’Ucraina non era certo in una posizione di forza. Si capisce quindi perché gli Accordi del 2015, alla fin fine, chiedevano a lei lo sforzo maggiore:

La Russia ha continuato ad appoggiare Donetsk e Lugansk, ha concesso il passaporto russo ai loro abitanti (tramutando così in attacco a cittadini russi qualunque azione ostile contro il Donbass) e ha siglato con le due Repubbliche un accordo di libero scambio, anticamera del riconoscimento ufficiale, peraltro chiesto con una mozione al Parlamento dal Partito comunista di Russia. L’Ucraina, per parte sua, ha fatto lo stesso: complice la pressione russa, ha blandito gli umori estremi del nazionalismo, tenacemente ostile a qualunque compromesso, tanto che ora nessun politico, forse nemmeno il presidente Zelensky, può permettersi di andare contro quella corrente. In questo dice il vero Danilov, il segretario del Consiglio di Sicurezza: se uno, oggi, pensasse di applicare gli Accordi di Minsk così come furono concepiti nel 2015, l’Ucraina salterebbe per aria.
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Perché la guerra tra Russia e Ucraina è un po’ più lontana, grazie a Macron


Oltre 720mila ucraini hanno già un passaporto russo: così Mosca mette le mani sul Donbass (today.it)
 
Ultima modifica:
20-02-2022

La Bielorussia ha comunicato che la grande esercitazione militare di Russia e Bielorussia che era iniziata il 10 febbraio in territorio bielorusso, non lontano dal confine ucraino, e che sarebbe dovuta finire oggi continuerà: 30mila soldati russi rimarranno in Bielorussia. L’annunciata estensione dell’esercitazione – che già negli ultimi giorni era stata ipotizzata da analisti e osservatori – è un segno del fatto che la Russia vuole continuare a mettere pressione all’Ucraina, in un momento già di grande tensione. ...

La grande esercitazione militare di Russia e Bielorussia continuerà - Il Post


12-02-2022

Le possibili rotte di attacco Russia-Ucraina: fino a nove opzioni, ma quali siano quelle giuste lo sanno solo i generali di Putin.
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Altre due rotte prevederebbero l’attacco diretto a Kiev su due fronti, da est e dall’amica Bielorussia. Ecco, in quel caso i reparti agili spetznats sarebbero la punta della lancia ma avrebbero bisogno di supporto di artiglieria preventivo e di fuoco di preparazione. Il report parla anche di una rotta che parte dall’area di Chernobyl: le grandi carrabili compatte e ghiacciate di quel settore che ebbe una sua primavera logistica ed infrastrutturale sarebbero ideali per i carri russsi, forse proprio i T 14 della divisione Taman che da quelle parti ha poligoni in comodato d’uso politico. Gli aeroporti ucraini sarebbero resi inutilizzabili dai sistemi missilistici S-400 appoggiati in casa di Lukashenko e gli aerei multiruolo Su 57 avrebbero il compito di spazzar via qualunque postazione difensiva, fissa o mobile, che Kiev schierasse su un fronte così lungo.

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Russia-Ucraina: ecco le possibili rotte in caso di attacco (notizie.it)
 
Di Francesco Bechis | 29/12/2021-

Putin riabilita la storia dell’Urss per scriverne una nuova. La chiusura dell’associazione Memorial fondata da Sakharov è un monito inquietante per l’Ucraina sotto minaccia di invasione, dice lo storico russo Andrey Zubov. Dai Brics alle repubbliche del Csi, così lo zar muove le sue pedine
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Rivisitare la storia per cambiare il presente. Il più scontato dei cliché autoritari torna utile per capire le ultime mosse di Vladimir Putin. La chiusura di Memorial, l’associazione fondata trent’anni fa dal premio Nobel per la pace Andrej Sakharov per tenere vivo il ricordo dei crimini del comunismo sovietico, non è l’ultima puntata della “repressione interna” del governo russo. È piuttosto l’episodio pilota di una nuova serie di cui Putin è regista e produttore.
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Dietro la clava della “legge sugli agenti stranieri” c’è la volontà del Cremlino di riabilitare una parte della storia sovietica per dare senso e corpo a una nuova fase.

Andrey Zubov, storico russo e prima linea del Partito della libertà, è convinto che il colpo contro Memorial racconti qualcosa dei prossimi passi del Cremlino in Ucraina. “Putin è convinto che tutte le ex repubbliche sovietiche facciano ancora parte della Russia e debbano contribuire a formare una “nuova Russia”. Bielorussia, Moldavia, Kazakistan, l’Ucraina non fa eccezione”. Chiudere l’associazione “è il suo modo per liquidare gli ultimi residui di liberalismo nati nella seconda metà degli anni 80 prima con Gorbacev e poi con Eltsin e aprire a un ritorno dell’Unione sovietica nella politica russa”.

Un monito eloquente per i colloqui con la Nato che a gennaio proveranno a spegnere la polveriera al confine Est dell’Ucraina, dove sono ancora schierati 170mila soldati russi in tenuta da combattimento. “Putin vuole cercare di ristabilire i vecchi confini sovietici e tornare alla cartina pre-1991. L’Ucraina è il primo tassello del puzzle. Domani potrebbe toccare alla Polonia o alla Finlandia”.
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Putin riscrive la memoria in chiave sovietica. Per Zubov, l'Ucraina deve tremare - Formiche.net

29 dicembre 2021

Anche se attesa, la notizia ha lasciato scioccati i difensori dei diritti umani in Russia: la Corte Suprema ha ordinato la chiusura della più prestigiosa e longeva Ong nel Paese, Memorial International, in quello che appare come l’ultimo tentativo di mettere a tacere il poco rimasto della società civile.
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“Vergogna, vergogna”, è stato il grido alzatosi tra i sostenitori della Ong in aula, dopo la lettura della sentenza. Fondata alla fine degli anni ’80 a Mosca sulla scia dell’impegno, tra gli altri, anche del dissidente e Nobel per la Pace, Andrei Sacharov, Memorial si occupa di preservare la memoria delle vittime delle repressioni politiche in Urss e in Russia ed è stata il simbolo della democratizzazione post-sovietica del Paese.

Negli anni, ha creato un database delle vittime del Grande Terrore staliniano e del sistema dei gulag, ma allo stesso tempo ha sempre legato la commemorazione del passato alla lotta per i diritti umani nel presente: ha numerose filiali nella Federazione, una in Francia e in Repubblica Ceca e numerose associazioni omonime che si ispirano ai suoi valori in diversi Paesi, tra cui l’Italia, dove i suoi responsabili hanno appena chiesto un “incontro urgente” con la Farnesina per discutere il caso.

I vertici di Memorial hanno respinto le accuse, definendole “politicamente motivate” ...


La decisione dei giudici supremi arriva al termine di un annus horribilis per i diritti umani in Russia, iniziato a gennaio con l’arresto dell’oppositore Aleksei Navalny e continuato con la repressione sistematica delle voci critiche e non allineate al Cremlino. Senza nominarla direttamente, il presidente Vladimir Putin aveva, di recente, accusato Memorial di promuovere “terrorismo ed estremismo”.

Ed è proprio l’accusa di estremismo – con cui, per esempio, sono state chiuse quest’anno tutte le organizzazioni in Russia legate a Navalny – che ora Memorial dovrà affrontare domani in un procedimenti separato e che riguarda il suo Centro per i diritti umani.

Secondo Maksim Trudolyubov, senior fellow del Kennan Institute, il caso Memorial rientra nel più ampio “conflitto” di Mosca con l’Occidente: le autorità russe, ha scritto sulla testata indipendente Meduza, “non sono tanto interessate alle attività di questa Ong in patria, quanto alla sua popolarità in Europa, principalmente in Germania, dove il tema dei crimini del totalitarismo è estremamente importante”.
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Irene Soave dal “Corriere della Sera” del 29 dicembre 2021

«Tutti i regimi russi si somigliano», come le famiglie infelici di Tolstoj: sarebbe così, «vedendo le somiglianze tra gli anni di Putin e l’era di Stalin, ma pure di Brezhnev e di Andropov, che si spiega il desiderio del potere odierno di riscrivere la storia».

Lo storico Boris Belenkin, classe 1953, autore di più di trenta saggi e studi sulla storia dell’opposizione in Russia, è direttore della biblioteca di Memorial dal 1990, cioè dalla fondazione, ...
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Vladimir Putin ha detto di recente che lo scioglimento dell’Urss è stata «una disgrazia geopolitica».

«Il presidente e i suoi usano la storia come ogni regime autoritario, al proprio servizio, per costruire un’identità, galvanizzare le masse».

L’oppositore Sergei Mitrokhin ieri ha commentato la sentenza dicendo che in Russia oggi vige «uno stalinismo un po’ più blando». È così?


«Certo che è così. Come detto, i regimi russi si somigliano tutti. Rifiuto delle libertà civili, persecuzioni dei dissidenti, censura. Tutte storie che conosciamo, e che servono da ispirazione per il regime di Putin».

Memorial custodisce il più grande archivio sui gulag, i campi di concentramento per oppositori nati proprio nell’Urss. Cosa contiene?

«Lettere, diari, foto, documenti dei detenuti e una collezione di opere d’arte fatte da loro. Ma anche copie di materiali dagli archivi di Stato. Non sono tutti documenti unici, ma è unico il loro insieme. È un corpus più prezioso della somma dei suoi pezzi».

Putin chiude "Memorial", custode della storia delle vittime dei Gulag - Storia in Rete
 
21-02-2022
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Da due anni, al contrario dei suoi colleghi occidentali, Putin vive praticamente isolato in una bolla sanitaria in cui pochi possono entrare. Tiene la maggior parte delle riunioni in videoconferenza, esce molto raramente dalla Russia e tiene altrettanto raramente incontri di persona sia con altri leader internazionali sia con collaboratori fuori da una ristretta cerchia.

Ha anche ridotto drasticamente gli eventi pubblici a cui partecipa: il mese scorso ha partecipato alla messa del Natale ortodosso da solo, in una cappella vuota in cui c’erano soltanto lui, il celebrante e un cameraman (al contrario dell’anno precedente, in cui aveva partecipato alla messa con un piccolo gruppo di persone).

L’isolamento di Putin ha accentuato un fenomeno già in corso da qualche anno, cioè l’aumento dell’influenza di un piccolo gruppo di consiglieri con posizioni molto radicali, su cui Putin farebbe affidamento quasi esclusivo per tutte le decisioni strategiche. Questi consiglieri condividono il background di Putin: sono tutti ex funzionari militari e degli apparati di sicurezza – quasi tutti del KGB, come Putin – nati all’inizio della Guerra fredda e sono definiti siloviki, parola con cui nel gergo russo si indica un politico proveniente dagli apparati di sicurezza.

I siloviki vicini a Putin hanno posizioni radicali sulla politica estera, sui rapporti con l’Occidente ed esprimono una forma piuttosto rigida di nazionalismo russo. Tra loro ci sono Nikolai Patrushev, ex membro del KGB amico di Putin fin dagli anni Settanta e oggi suo principale consigliere per la sicurezza nazionale, che è ritenuto l’organizzatore di varie operazioni sotto copertura della Russia, compreso l’avvelenamento di Alexander Litvinenko; Sergei Naryshkin, attualmente capo dei servizi d’intelligence esterni, ; Sergei Shoigu, ministro della Difesa che ha definito i nazionalisti ucraini come «non-umani» e Alexander Bortnikov, capo dei servizi d’intelligence interni.


Secondo vari osservatori, i siloviki avrebbero assunto così tanta influenza da escludere dalle decisioni più importanti tutti i ministri più liberali del governo, che ricoprono posizioni soprattutto di gestione dell’economia del paese, ma che sono di fatto estromessi da ogni questione che non riguardi il loro limitato settore di competenza.
«Il circolo dei suoi contatti si sta facendo più piccolo e influenza il suo modo di pensare», ha detto di Putin un ex alto funzionario del Cremlino al Financial Times. «Un tempo pensava a 360 gradi, adesso soltanto a 60 gradi».

Come ha scritto su Foreign Policy Tatiana Stanovaya, un’analista politica russa, i siloviki non soltanto condividono una visione estrema e nazionalista, ma hanno anche un certo interesse ad alimentare le divisioni tra Russia e Occidente: «L’aumento degli scontri e le sanzioni non spaventano i siloviki ma, al contrario, aprono loro nuove possibilità».

Un’altra ragione per cui Putin potrebbe compiere un atto rischioso come l’invasione dell’Ucraina, sempre secondo Stanovaya, è che negli ultimi anni è cambiata la percezione che Putin e l’establishment russo hanno della posizione del loro paese nel mondo: se fino a pochi anni fa Putin si comportava ancora come il leader «di uno stato vulnerabile dal punto di vista geopolitico, circondato da altri più potenti e ostili», e dunque agiva con estrema cautela, negli ultimi tempi i suoi notevoli successi in politica estera (in Crimea come in Siria) e il grosso potenziamento dell’esercito russo lo hanno convinto che la Russia è pronta a tornare una grande potenza rispettata e temuta.
Putin, ha scritto il New Yorker, vuole porre fine a un lungo periodo di «umiliazione» cominciato con la caduta dell’Unione Sovietica.

Il nazionalismo, le teorie del complotto anti-occidentali e la nuova sensazione di potenza militare finiscono tutti per avere un grosso effetto sulle decisioni che riguardano l’Ucraina, per la quale Putin ha una nota ossessione, legata a un’interpretazione parziale della storia russa e al desiderio di rinnovare il potere imperialista dell’Unione Sovietica.

L’atteggiamento più arrischiato e sprezzante di Putin si è visto più volte negli ultimi anni: il tentativo di avvelenamento di Alexei Navalny e la persecuzione nei confronti della sua organizzazione, per esempio, contraddicono una credenza piuttosto diffusa fino a qualche anno fa secondo cui Putin avrebbe lasciato spazio all’opposizione come innocua valvola di sfogo del malcontento politico. E più in generale, l’adozione di politiche sempre più radicali da parte del governo russo sarebbe dimostrata dal fatto che la repressione del dissenso non è mai stata così forte dal periodo sovietico: i giornali indipendenti sono stati chiusi o resi inoffensivi, l’opposizione di fatto eliminata e sono state approvate varie leggi repressive dei diritti politici.

Michael Kofman, un analista militare che lavora per il centro studi CNA, ha detto al Washington Post: «La gente dice: “[Putin] non oserà. Non oltrepasserà la linea di una guerra su larga scala in Europa”. Vorrei essere d’accordo anche io. Ma negli ultimi tre anni l’ho visto oltrepassare moltissime linee che pensavo non avrebbe mai superato».






 

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SI OK. Ma la tua opinione qual è.

Mi ricordo di un centralinista ormai in pensione che quando ancora il PC non c'era era solito ritagliare gli articoli dai giornali e catalogarli in cartelline.Ne accumulò a scatoloni senza mai rileggerli.

L'idea venne pure ai giornali che uscivano con dei libri che erano raccolte di articoli, specialmente di terza.pagina.

Che senso ha postare fiumi di articoli senza un commento? Non è che è na sindrome come quella del centralinista?
 
penso si capisca e poi il riassunto e' ben fatto
cmq di tutti gli articoli il + pericoloso per il mondo e' che sta chiuso in un bunker e tutti in ignora
puo' impazzire se già non lo e'

detto questo noi non dobbiamo istigarlo con allargamento della nato ecc che detto in francese non ce ne frega un cazzo
poi un bel taglio anche con gli americani...hanno interessi troppo divergenti dai ns
 

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