tontolina
Forumer storico
Federica Anghinolfi aveva cercato più volte di spostare l’attenzione della Procura dal caso
Costanza Tosi
Le ha tentate tutte Federica Anghinolfi che, si scopre, per boicottare le indagini avrebbe contattato persino il Garante Regionale per l’Infanzia.
Dalle carte della Procura di Reggio Emilia sull’inchiesta “Angeli e Demoni”, che hanno denunciato il losco giro di affari a danno dei bambini nascosto sotto il sistema di affidi della Val d’Enza, emergono nuovi particolari. Ad essere accusata è di nuovo lei, la dirigente dei servizi sociali, messa sotto scacco da alcune intercettazioni dei carabinieri.
Secondo le carte, prima dell’esecuzione delle misure cautelari, nel bel mezzo delle indagini, quando i carabinieri stavano passando al setaccio carte e fascicoli, la dirigente dei servizi sociali della Val D’Enza avrebbe tentato di bloccare le ricerche. Ma in che modo? Pare che Federica Anghinolfi abbia richiesto un intervento del Garante per l’infanzia. Una domanda d’aiuto celata, giustificata dal fatto che, secondo l’Anghinolfi, l’attività investigativa stava intralciando i già avviati, procedimenti sui minori.
Procedimenti che si sono poi rivelati, secondo quanto descrive la Procura, parte integrante di un sistema che lucrava sulla pelle dei bambini. E di cui proprio lei, era la prima protagonista.
Tanto che il 27 giugno scorso è stata eseguita, nei confronti della dirigente, un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.
In realtà la “regista” del sistema degli orrori aveva cercato più volte di spostare l’attenzione della Procura dal caso. A confermalo alcune telefonate intercettate dai carabinieri. Come quella avvenuta tra Federica Anghinolfi e Cinzia Prudente una delle donne affidatarie, nonchè amica della dirigente, a cui era stata data una bambina.
A chiamare è l’Anghinolfi a cui l’amica risponde allarmata: “Mi stai chiamando con il tuo?” Poi prosegue esortandola a chiamare “da fisso a fisso”. “L’Anghinolfi capisce subito la situazione”, si legge nelle carte, e conferma, mettendo giù la cornetta. Insomma, tutto fa pensare che le due sapessero di essere intercettate e, sopratutto, che avessero qualcosa da nascondere. Qualcosa, che non doveva finire nelle mani della Procura.
Ma c’è di più. Come riportato dall’ordinanza: “è appurato tramite le intercettazioni telefoniche che, una volta appreso della esistenza delle indagini, maturò all’interno del gruppo degli indagati il “progetto” di regolarizzare la situazione originariamente illegittima”. Insomma, a nascondere la sabbia sotto il tappeto erano tutti d’accordo. Tanto che fu fissato un incontro con i vertici del dipartimento dell’ASL Reggio Emilia. Incontro durante il quale, emerse che tre degli indagati (tra cui Federica Anghinolfi e il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti) comunicarono che non volevano più gestire, in proprio, la terapia dei minori attraverso la struttura “La Cura” e chiedevano all’Asl “una sorta di condivisione della spesa in modo formale”.
In soldoni, quello che gli indagati proponevano all’azienda era di dare una veste formale a quella che, fino a quel momento, era stata l’attività di psicoterapia infantile portata avanti, in maniera illecita, dalla onlus Hansel e Gretel. A capo della quale vi era Claudio Foti, anche lui finito nel registro degli indagati della Procura. Una copertura che, di fatto, non avrebbe cambiato le cose, ma solo risolto gli impicci con la legge. Sì, perchè nella proposta ai dirigenti dell’ASL, era richiesta anche la possibilità di mantenere all’interno della struttura gli stessi psicologi che prestavano servizio a "La Cura". Dopo tutto, per tenere in piedi l'affare servivano loro. I "demoni" che plagiavano le piccole vittime.
Costanza Tosi
Le ha tentate tutte Federica Anghinolfi che, si scopre, per boicottare le indagini avrebbe contattato persino il Garante Regionale per l’Infanzia.
Dalle carte della Procura di Reggio Emilia sull’inchiesta “Angeli e Demoni”, che hanno denunciato il losco giro di affari a danno dei bambini nascosto sotto il sistema di affidi della Val d’Enza, emergono nuovi particolari. Ad essere accusata è di nuovo lei, la dirigente dei servizi sociali, messa sotto scacco da alcune intercettazioni dei carabinieri.
Secondo le carte, prima dell’esecuzione delle misure cautelari, nel bel mezzo delle indagini, quando i carabinieri stavano passando al setaccio carte e fascicoli, la dirigente dei servizi sociali della Val D’Enza avrebbe tentato di bloccare le ricerche. Ma in che modo? Pare che Federica Anghinolfi abbia richiesto un intervento del Garante per l’infanzia. Una domanda d’aiuto celata, giustificata dal fatto che, secondo l’Anghinolfi, l’attività investigativa stava intralciando i già avviati, procedimenti sui minori.
Procedimenti che si sono poi rivelati, secondo quanto descrive la Procura, parte integrante di un sistema che lucrava sulla pelle dei bambini. E di cui proprio lei, era la prima protagonista.
Tanto che il 27 giugno scorso è stata eseguita, nei confronti della dirigente, un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.
In realtà la “regista” del sistema degli orrori aveva cercato più volte di spostare l’attenzione della Procura dal caso. A confermalo alcune telefonate intercettate dai carabinieri. Come quella avvenuta tra Federica Anghinolfi e Cinzia Prudente una delle donne affidatarie, nonchè amica della dirigente, a cui era stata data una bambina.
A chiamare è l’Anghinolfi a cui l’amica risponde allarmata: “Mi stai chiamando con il tuo?” Poi prosegue esortandola a chiamare “da fisso a fisso”. “L’Anghinolfi capisce subito la situazione”, si legge nelle carte, e conferma, mettendo giù la cornetta. Insomma, tutto fa pensare che le due sapessero di essere intercettate e, sopratutto, che avessero qualcosa da nascondere. Qualcosa, che non doveva finire nelle mani della Procura.
Ma c’è di più. Come riportato dall’ordinanza: “è appurato tramite le intercettazioni telefoniche che, una volta appreso della esistenza delle indagini, maturò all’interno del gruppo degli indagati il “progetto” di regolarizzare la situazione originariamente illegittima”. Insomma, a nascondere la sabbia sotto il tappeto erano tutti d’accordo. Tanto che fu fissato un incontro con i vertici del dipartimento dell’ASL Reggio Emilia. Incontro durante il quale, emerse che tre degli indagati (tra cui Federica Anghinolfi e il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti) comunicarono che non volevano più gestire, in proprio, la terapia dei minori attraverso la struttura “La Cura” e chiedevano all’Asl “una sorta di condivisione della spesa in modo formale”.
In soldoni, quello che gli indagati proponevano all’azienda era di dare una veste formale a quella che, fino a quel momento, era stata l’attività di psicoterapia infantile portata avanti, in maniera illecita, dalla onlus Hansel e Gretel. A capo della quale vi era Claudio Foti, anche lui finito nel registro degli indagati della Procura. Una copertura che, di fatto, non avrebbe cambiato le cose, ma solo risolto gli impicci con la legge. Sì, perchè nella proposta ai dirigenti dell’ASL, era richiesta anche la possibilità di mantenere all’interno della struttura gli stessi psicologi che prestavano servizio a "La Cura". Dopo tutto, per tenere in piedi l'affare servivano loro. I "demoni" che plagiavano le piccole vittime.