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USCIRE DALL’EURO È POSSIBILE. LO DICE LA NORMATIVA UE

Pubblicato su 12 Febbraio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Fino a questo momento è sempre passato il messaggio che uscire dall’Euro e dall’Europa unita fosse impossibile, invece basta semplicemente applicare il regolamento previsto dalla stessa Ue. Si tratta solo di una scelta politica, come si legge su IlGiornale.it.

Yanis Varoufakis. Chi è costui? A volte bastano poche parole, per capire chi si ha di fronte. E la descrizione di se stesso fatta nel suo profilo Twitter ci dice chi è il nuovo ministro delle Finanze greco: «Economista, ho scritto testi accademici per anni senza che nessuno si accorgesse di me, fino a che non sono stato spinto nella scena pubblica dall’incapacità dell’Europa di gestire una crisi inevitabile».E noi diciamo, sempre con poche parole: per salvare la Grecia servono 10-15 miliardi. Così come ne bastavano 50 nel 2010, e la storia avrebbe avuto un corso diverso. Ma oggi gli effetti di scelte sbagliate da parte dell’Europa potrebbero avere effetti ancor peggiori di quelli che abbiamo visto negli anni della crisi, perché ai problemi economici e finanziari si aggiungono possibili guerre molto vicine a noi, dall’Ucraina alla Serbia, fino alla minaccia dell’Isis. Oggi il nuovo governo greco illustrerà il suo programma al Parlamento. L’Europa, ancora tedesca, chiede che sia diverso da quello con cui Tsipras ha vinto le ultime elezioni. Come può un premier appena eletto seguire un programma diverso? Da quello che Tsipras dirà oggi dipenderanno le decisioni dell’Eurogruppo di martedì e del Consiglio europeo di mercoledì. L’Europa si trova a un punto di svolta.
Viva l’euro, viva l’Europa. Ma quella amata dai suoi cittadini, non temuta. Non l’Europa emotiva, della deterrenza, dei drammi (anche solo minacciati) o delle costrizioni ma l’Europa solidale, coesa, unita.
Non si pone, almeno per ora, il tema dell’uscita della Grecia dall’euro, ma non per questo non bisogna parlarne né sapere come si fa. Finora ha prevalso la vulgata per cui dall’euro non si può uscire, o salta tutto. Invece basta solo attuare bene la procedura, con i tempi necessari. Senza drammi dalla moneta unica si può uscire. E anche la reazione dei mercati può essere meno dura di quanto si immagini.
Lo prevede l’articolo 50 del Trattato, che rimanda, per la procedura puntuale, all’articolo 218. Una procedura tutta burocratica, di ping pong tra le istituzioni europee, che dura 2 anni. Ma lo Stato che ne fa richiesta è considerato fuori dall’Unione da subito, anche nel periodo in cui la procedura è ancora in corso. Amen. Si può uscire dall’euro restando nell’Unione? La dottrina dice che si può. Ci sono 4 vie alternative: referendum sull’euro; uscita unilaterale mediante modifica dei Trattati; recesso dall’Eurozona in base agli articoli 139 e 140 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue); recesso dai Trattati europei secondo il Diritto internazionale. Quest’ultima è la strada più facile, e basta addurre come unica motivazione il cambiamento delle condizioni economiche e politiche rispetto al momento in cui il Trattato era stato firmato.
La Gran Bretagna non ha l’euro ma ha indetto per il 2017 un referendum per uscire anche dall’Unione. Non è escluso, pertanto: che si possa uscire dall’Unione senza uscire dall’euro; che si possa uscire dall’euro senza uscire dall’Unione; che si possa uscire contemporaneamente dall’Unione e dall’euro. È un atto di sovranità che, conformemente alle proprie regole costituzionali, ciascuno Stato può fare. Senza drammi.
Azzardiamo con qualche perversa malizia un’ipotesi che potrebbe avere più fondamento di quanto sembra. E se Stati con monete diverse dall’euro (si pensi alla Cina, al Giappone, ma soprattutto agli Stati Uniti d’America, in perenne conflitto con la Germania) decidessero di «appoggiare» l’uscita di uno dei paesi dell’Eurozona dalla moneta unica? Chi ci dice che non riuscirebbero a mantenere calmi i mercati?
Poniamo, poi, che questo Stato sia la Grecia, presa da noi ad esempio in quanto molto chiacchierata nelle ultime settimane: se Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis dimostrano che uscire dall’euro si può, e che in due, tre anni il paese ricomincia a prosperare grazie a una moneta diversa e senza aver subito traumi, che posizione prenderanno i partiti degli altri paesi dell’Eurozona chiamati a votare, magari nel 2018, come l’Italia?
Avevamo accennato ai Trattati. L’articolo 50 del Tfue recita testualmente: «1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione. 2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è negoziato conformemente all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo. 3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine. 4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano. 5. Se lo Stato che ha receduto dall’Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all’articolo 49».
Chiaro. E l’articolo 218 lo è ancor di più. Ne riportiamo solo stralci: «(…) Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi. (…) La Commissione (…) presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell’accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione. (…) Il Consiglio (…) adotta la decisione di conclusione dell’accordo: a) previa approvazione del Parlamento europeo (…) ovvero b) previa consultazione del Parlamento europeo. (…). Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati. In caso di parere negativo della Corte, l’accordo previsto non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione dei trattati».

Ecco come si esce dall’Unione europea e, perché no, dall’euro. È scritto nei Trattati. Basta applicarli, se si vuole. E se si è forti/credibili abbastanza per farlo. La decisione è tutta politica.
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Tratto da:L'Euroscettico - Quello che nessuno ti dice sull'Europa e sull'Euro





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ANALISI DI LUCA CAMPOLONGO / ECCO COSA ACCADRA' IL G-DAY, GIORNO IN CUI LA GRECIA LASCERA' L'EURO (ISTRUZIONI PER L'USO)

Pubblicato su 14 Febbraio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
martedì 10 febbraio 2015
Mentre la commissione europea dichiara che l'eurogruppo dell'11 febbraio, domani, non sarà risolutivo per la crisi greca, l'ex governatore della banca centrale statunitense Alan Greenspan prevede vita breve per l'euro così come lo conosciamo ora e il premier Cameron indice addirittura una riunione straordinaria con il governatore della banca d'Inghilterra ed il ministro delle finanze per valutare l'impatto dell'uscita di Atene dalla moneta unica.
Al di là, quindi della retorica "sull'irriversibilità" della moneta unica (accipicchia, la sola cosa certa oltre la morte pare essere proprio la moneta unica), chi vive al di fuori della cortina di ferro dell'eurozona si prepara a quello che viene ormai considerato come inevitabile, ovvero l'abbandono da parte della Grecia della moneta unica, punto sul quale Greenspan è stato chiaro: "l'oggetto della discussione non è il se, ma il quando".
Ora, in qualsiasi azienda strutturata esiste il dipartimento di risk management che si occupa di valutare qualsiasi rischio possa correre l'azienda, il suo impatto, le conseguenze e le procedure per prevenire e/o limitare i danni. Tutto questo, con l'euro non è stato previsto nei trattati, e già questo la dice lunga sulla capacità dei politici continentali.
Detto questo, cosa potrebbe accadere in caso di uscita dall'euro della Grecia? Proviamo ad ipotizzare.
• Il passaggio alla nuova moneta dovrebbe avvenire di lunedì, per dar modo, nel fine settimana, alle banche di adeguare i sistemi informatici alla nuova valuta e rifornire i bancomat con le nuove banconote.
• Per questo motivo al giorno X-2 i bancomat dovrebbero essere bloccati per evitare la corsa agli sportelli e privare le banche della necessaria liquidità per funzionare. Un controllo ed un limite ai prelievi dovrebbe essere introdotto possibilmente già un paio di settimane prima, per evitare fughe di capitali (anche se il grosso dei risparmi ha preso il largo)
• La nuova moneta, chiamiamola dracma per comodità, potrebbe essere emessa con rapporto 1:1 o 1:2 rispetto all'euro.
• Il giorno X, la moneta entrerebbe in circolazione nel territorio ellenico e dovrebbe essere quotata rispetto alle altre valute internazionali. Il crollo atteso potrebbe non verificarsi, per il motivo che Russia e Cina hanno già dichiarato apertamente di sostenere il nuovo governo di Atene. E per appoggio non si intende, in questo caso, una pacca sulla spalla di Tsipras, ma miliardi di dollari pronti a sostenere banche greche e quotazione della valuta, che verrebbe fatta planare "morbidamente" ad un tasso correttamente svalutato per consentire di far ripartire l'economia. Ovvio che nelle prime settimane, la volatilità della nuova valuta potrebbe essere più accentuata.
• Il debito pubblico, ridenominato nella nuova valuta, proseguirebbe per la sua strada. Certo, le banche nordiche perderebbero in quota capitale il differenziale tra euro e dracma, ma è anche da dire che in questi anni hanno abbondantemente speculato sul debito greco, ben sapendo dei rischi che correvano.
Come vediamo, soprattutto in virtù dell'appoggio di due superpotenze del calibro di Russia e Cina, la Grecia potrebbe uscire dalla moneta unica in modo ragionevolmente "morbido". Chi ne uscirebbe molto meno bene, sarebbe il resto dell'eurozona.
• Infatti, la speculazione internazionale si sposterebbe immediatamente sui paesi più deboli rimasti all'interno della cortina di ferro della ue, ovvero Italia, Spagna, Portogallo.
• In poche ore, lo spread con il bund tedesco potrebbe schizzare alle stelle, in quanto il segnale che l'euro non è più irreversibile sarebbe chiaro a tutti.
• Il qe di Draghi, il famoso bazooka della propaganda ue, si rivelerebbe quasi subito un'arma spuntata, per il semplice motivo che ogni stato dovrebbe garantire più dell'80% degli acquisti sui propri titoli (come a dire: il debito pubblico italiano torna ad essere una questione tutta italica)
• Il bund tedesco potrebbe raggiungere tassi negativi, ovvero gli investitori sarebbero disposti a pagare un interesse negativo pur di avere "titoli solidi"
• Il deflusso di capitali verso valute considerate più sicure, come franco svizzero e sterlina inglese farebbero il resto, mettendo letteralmente in ginocchio i paesi più fragili, i quali sarebbero costretti ad imporre forti vincoli sulla circolazione dei capitali e attuare politiche draconiane come pesantissime patrimoniali pur di tranquillizzare un mercato ormai sfiduciato sulla moneta unica.
• A questo punto la Germania, dopo aver scaricato la patata bollente dei debiti pubblici sulle rispettive banche centrali ed aver depredato tutto il possibile (cosa che ha fatto in questi ultimi anni), potrebbe alzarsi e dire "non gioco più", portandosi dietro le nazioni nordiche in una nuova unione monetaria e lasciando i paesi del mediterraneo in un cumulo di macerie. Che, guarda caso, è anche quello che prevede la maggior parte degli analisti internazionali.
Naturalmente questo fosco scenario, che accadrebbe nell'arco di pochi giorni, potrebbe essere scongiurato se l'eurogruppo prevedesse un serio piano di smontaggio dell'euro
• In fase iniziale prevedere l'affiancamento all'euro di nuove valute nazionali con un rapporto di cambio fisso tra di loro (il vecchio SME con l'ECU, nulla di nuovo sotto il sole)
• Pianificare il passaggio alle singole valute nazionali con l'adeguamento di tutti i sistemi informatici
• Una volta effettuato il change over, procedere con lo svincolo dei rapporti di cambio tra le nuove monete.
I danni e le problematiche sarebbero infinitamente inferiori, ma conoscendo il modo di agire dei politici europei, siamo dell'avviso che alla fine della fiera, a sorridere sarà Atene, mentre la cortina di ferro della ue imploderà come un vecchio palazzo ormai in disarmo.
Luca Campolongo




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La Russia di Putin vince la guerra in Ucraina

febbraio 13, 2015 Lascia un commento

M K Bhadrakumar Indian Punchline 12 febbraio 2015Le 16 ore di colloqui la notte scorsa e questa mattina a Minsk, per la risoluzione dei conflitti in Ucraina, tra i leader dei Paesi del cosiddetto ‘formato Normandia’, Germania, Francia, Russia e Ucraina, si sono concluse con un accordo. I 13 punti principali del nuovo accordo rievocano i 12 punti dell’accordo di Minsk del settembre scorso. Ma c’è ‘dell’altro’ che ha allungato i tempi per andare incontro alle parti in guerra e agli altri protagonisti. I termini dell’ultimo accordo confermano che la Russia ha negoziato da una posizione di forza, in contrasto alle bubbole propagandistiche occidentali cui si pretendeva credere. Il ‘dell’altro’ riguarda il futuro delle regioni orientali, da decidere entro la fine dell’anno, senza dubbio un’importante vittoria della Russia, dato che l’adesione dell’Ucraina alla North Atlantic Treaty Organization (NATO) è praticamente esclusa per sempre, se la riforma costituzionale passa. Questa era la richiesta base russa. Tuttavia, sarà anche il più serio punto critico, dato che la lobby degli irriducibili nazionalisti di Kiev, fortemente presente nell’attuale dirigenza, sarà profondamente risentita da qualsiasi concessione sulla devoluzione di poteri alle regioni orientali. Il presidente Petro Poroshenko si troverà tra l’incudine e il martello, essendo già sotto tiro dei nazionalisti che governano a Kiev. Ancora una volta, se Washington vuole far deragliare il processo di pace, non dovrà cercare lontano. Non sorprende, dunque, che la Russia condizioni il consolidamento dei confini dell’Ucraina con la Russia alla riforma costituzionale. Cioè, quando le carte sono sul tavolo, Mosca assicura il ‘tutto o niente’. In secondo luogo, il cessate il fuoco entrerà in vigore solo sabato e fino ad allora, è del tutto concepibile che le parti in conflitto tentino di strappare avanzate tattiche sul campo. Debaltsevo, in particolare, pone un problema, perché Kiev non ha nemmeno riconosciuto che diverse migliaia di propri soldati sono circondati dalle forze separatiste. In realtà, le osservazioni del Presidente russo Vladimir Putin, qui, hanno indirettamente toccato la questione di Debaltsevo. In teoria, i separatisti possono eventualmente permettere, su pressione russa, di evacuare le truppe ucraine assediate. Ma nel complesso, mentre non vi è carenza di previsioni apocalittiche sulla violazione dell’ultimo accordo (come accaduto con l’accordo di settembre scorso), probabilmente l’accordo franco-tedesco-russo terrà e gli scontri si fermeranno, almeno per ora. I separatisti hanno il sopravvento e vorranno consolidare l’avanzata, mentre le forze di Kiev sono malconce e vorranno anche riprendersi. Come ho già detto, il nodo è la volontà di Kiev di concedere l’autonomia alle regioni orientali. La dinamica del conflitto in Ucraina dipende in ultima analisi dalla riforma costituzionale. Senza dubbio, Putin primeggia, con la coerenza di Mosca, che non avanza ambizioni territoriali, confermata. Ciò che emerge, al contrario, è che la Russia vuole preservare l’integrità territoriale dell’Ucraina ed è disposta a contribuirvi a condizione, naturalmente, che siano garantiti i legittimi interessi della Russia in un’Ucraina equidistante da occidente e Russia. I capi tedeschi e francesi sembrano capirlo. Ma il partner transatlantico di Washington? Il presidente Barack Obama è quasi nella stessa barca di Poroshenko. L’accordo di oggi sarà fatto a pezzi dai suoi critici neocon che vogliono gli Stati Uniti in guerra, se necessaria, per fermare ‘l’aggressione della Russia’. Alcune dure posizioni già appaiono nei media nordamericani. La lobby ucraina è molto influente anche nella politica canadese.
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BAD BANK, WELFARE BANCARIO, SUPPLY SIDE, E "€FFETTI A CAT€NA" SUL CONTROLLO NAZIONALE DELL'ECONOMIA



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1. Nelle sfere della nostra politica economica €uro-vincolata, - definirla "sovrana" e conforme a Costituzione sarebbe francamente eccessivo e, a quanto pare, non è nemmeno più chiaro alla stessa Corte Costituzionale (ma ci torneremo)-, è quella di creare una c.d. bad bank in cui far confluire le "sofferenze" bancarie, liberando da esse i bilanci del nostro sistema creditizio.
La cosa è molto più seria e ufficiale di un mero rimestare di rumors.
Infatti, negli ultimi gioni, un giornale che più "embedded" non si può, ci riporta in questo modo i termini della questione:


"Renzi ovviamente spera in una ripartenza forte del sistema-Paese. E infatti non perde occasione per iniettare robuste dosi di ottimismo della volontà, come ha fatto anche due giorni fa, chiudendo a Milano la kermesse sull’Expo ed elencando tutti i fattori che nelle ultime settimane stanno creando i presupposti di una svolta: cambio euro-dollaro, costo del petrolio, maggiori opportunità nelle regole europee, jobs act, segnali nella produzione industriale.
Ma Renzi stesso e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan hanno capito che quei segmenti non bastano. Spostano decimali, non punti pieni di Pil. E dunque urge un catalizzatore-moltiplicatore di quei segnali. E lo hanno individuato in un provvedimento battezzato “Bad bank di sistema”, in sostanza una leggina che consenta alle banche la radicale cancellazione dei crediti palesemente deteriorati, oramai inesigibili. Un fardello sul portafoglio prestiti, già oggi enorme, (ammonta a 181 miliardi di euro) e che continua a paralizzare la propensione ad erogare nuovi prestiti. Di fatto ingolfando le potenzialità di ripresa.




La settimana scorsa Padoan è andato a Bruxelles per verificare se una legge di quel tipo, potesse essere interpretata come un aiuto di Stato mascherato e perciò vietato. Missione delicata. Il ministro ha interpellato il commissario agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici; il vicepresidente della Commissione europea con delega all’Euro, il lettone Valdis Dombrovskis e il commissario alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager. La “notizia” è questa: i tre commissari, sia pure con alcune perplessità, non hanno opposto pregiudiziali.




Ora il provvedimento sulla bad bank è nei “cantieri” del ministero dell’Economia, come ammette Padoan: «Ci stiamo lavorando».
Ma soprattutto due giorni fa, intervenendo al congresso della Assiom Forex, è stato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Viscoa dare la sua autorevole e a questo punto decisiva benedizione all’operazione “Bad bank”. Definendola «cruciale». Auspicando un «coinvolgimento delle banche nei costi dell’operazione», ma anche la «garanzia di remunerazioni adeguate» al sostegno pubblico. In altre parole, lo Stato aiuta le banche a liberarsi dei propri fardelli ma chiede la restituzione di quei prestiti.




Una soluzione che eluderebbe l’accusa di «aiuto di Stato» e soprattutto - e su questo Renzi è sensibile - sgonfierebbe le contestazioni sull’ennesimo “regalo” alle banche. Il provvedimento richiederà ancora qualche settimana ma sugli effetti di sistema che avrebbe, il viceministro Enrico Morando, l’unico politico all’Economia, non ha dubbi: «E’ vero il premier non ha messo le fanfare nell’annunciare la svolta e fa bene, perché sa che per avere più posti di lavoro, serve un’impresa più forte. In un sistema bancocentrico come il nostro, ripresa vera ci sarà quando si potrà riaprire il rubinetto del credito. Poiché l’eccesso di sofferenze non è risolto dal pur fondamentale Qe della Bce, i segnali di ripresa diventeranno certezze, proprio quando il provvedimento della “Bad bank” dispiegherà i suoi effetti»."


2. Come vedete, da parte dell'intero establishment politico-finanziario pubblico, si propone la cosa come promozionale della crescita e, addirittura, "fondamentale", escludendosi in partenza che possa essere "l'ennesimo regalo" alle banche.
Una cosa però salta agli ochhi, di qualunque attento e ragionevole lettore: si tratta di una misura sul lato dell'offerta, cioè di agevolazione della "industria bancaria", cosa che non è affatto esclusa dall'evitare - negoziando sul filo di impentrabili criteri tecno-€uropei, normalmente usati con larghe disparità di trattamento tra Paesi membri- che sia considerato un "aiuto di Stato".
Dunque una misura supply side, la cui utilità potremmo comprendere solo se avessimo un quadro di tutte le effettive criticità dell'intero settore del credito, cioè delle difficoltà che esso oppone alla ripresa considerando sia la domanda che l'offerta relative.
Solo appurando che il problema del credito privato alle imprese sia risolvibile con un intervento sul solo lato dell'offerta, le enunciazioni dei Visco, Padoan e...Morando potrebbero considerarsi "attendibili" e correlabili alla finalità della effettiva crescita (aspetto che il sullodato giornalone non esamina minimamente).


3. Per verificare ciò, ricorriamo a un paper Bankitalia, scritto in tempi "non sospetti" (2010), quando cioè non era ancora (del tutto) cominciata la "grande mattanza" della correzione (estiva di Tremonti e invernale di Monti) dello squilibrio delle nostre partite correnti, mediante la violenta accelerazione di un'austerità (già in corso), mirata alla compressione dei consumi interni.
Cosa che, sebbene occultata nelle pieghe dei discorsi sull'austerità espansiva (oggi un "pochino fuori moda"), fu alla fine esplicitata proprio da Monti ("stiamo distruggendo la domanda interna"), non senza omettere, però, che la domanda interna riguarda anche gli INVESTIMENTI, non solo i consumi. E se riguarda gli investimenti, la "distruzione" si risolve in DEINDUSTRIALIZZAZIONE, che STRUTTURA LA DISOCCUPAZIONE.
Allora:
- è verosimile che la "bad bank di sistema" cioè capitalizzata e/o garantita da risorse pubbliche, che graverebbero come deficit e debito aggiuntivo sulla tasche dei cittadini (esigendo l'ovvia copertura in "pareggio di bilancio"), possa controbilanciare, QUALE ESCLUSIVA MISURA SUPPLY SIDE, la "distruzione della domanda interna", ancora in corso e causata delle immutate politiche di bilancio perseguite in direzione del pareggio di bilancio strutturale, "appena appena" mitigato dalla simulata flessibilità propinata dalla Commissione UE?


Vediamo cosa dice sul punto, in termini riassuntivi, lo stesso paper Bankitalia (non sappia la mano destra di Visco, all'Assiom Forex, cosa fa la sua mano sinistra, Ufficio studi):
"aprile 2010



"Il lavoro esamina l'evoluzione del credito bancario in Italia durante la crisi finanziaria, al fine di valutare il contributo di domanda e offerta alla dinamica dei prestiti.
L'analisi indica come motivazione prevalente della decelerazione dei prestiti il calo della domanda dovuto principalmente, per le famiglie, alla debolezza del mercato immobiliare e alla caduta dei consumi; per le imprese, al minor fabbisogno finanziario, a sua volta legato alla netta contrazione degli investimenti.

Gli indicatori congiunturali del mercato del credito e i risultati di studi empirici segnalano che a frenare la dinamica dei prestiti avrebbero contribuito tensioni dal lato dell'offerta dovute soprattutto all'aumento della rischiosità dei prenditori, oltre che all'impatto che la crisi ha avuto, specialmente in una prima fase, sulla condizione patrimoniale e di liquidità delle banche, sulla loro capacità di accedere ai finanziamenti esterni. Analisi econometriche avvalorano tali indicazioni, suggerendo che la decelerazione del credito riconducibile alle condizioni delle banche sarebbe di entità contenuta.

Le tensioni nell'offerta di credito potrebbero proseguire nei prossimi mesi.
A limitare i rischi (cioè, problema dell'offerta ndr.) di una carenza di finanziamenti contribuisce in primo luogo la ripresa dell'economia reale e il conseguente calo del rischio di insolvenza della clientela bancaria. Concorrono i numerosi interventi effettuati dalle Autorità dall'avvio della crisi al fine di sostenere finanziariamente le imprese (...?), migliorandone il merito di credito, e di rafforzare la condizione patrimoniale e di liquidità delle banche."

4. Allora, qualche certezza, acquisita da un'analisi tanto più significativa perchè basata su fattori che, lungi dall'attenuarsi, si sono invece poi acuiti, sia sul lato della domanda che dell'offerta del credito, la abbiamo:
A) la motivazione prevalente della decelerazione dei prestiti è il CALO DELLA DOMANDA relativa, dovuto alla debolezza del mercato immobiliare e alla caduta dei consumi che porta, infatti, alla "netta contrazione degli investimenti" (se si deprimono prezzi immobiliari).
E abbiamo visto, - Monti (ma non solo) expressis verbis-, che tale MOTIVAZIONE PREVALENTE non può che essersi drammaticamente accentuata, dal 2010. Cioè, in pratica, non può che essere diventata ANCOR PIU' PREVALENTE.


Lo possiamo ben vedere qui:

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E corre l'obbligo di aggiungere che ancora nel 2014, secondo l'ISTAT, gli investimenti sono ulteriormente calati di 2,3 punti di PIL.


Questa poi è la situazione della ulteriore ed aggravata debolezza del mercato immobiliare, problema di DOMANDA del credito sicuramente accentuato dalla tassazione patrimoniale sul settore, nel frattempo inasprita e moltiplicata nei titoli di imposizione, in concomitanza con aumento della disoccupazione e connesso calo dei redditi:



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B) è peraltro vero che la "decelerazione del credito riconducibile alle condizioni delle banche" (cioè alle loro difficoltà di bilancio) non si è poi consolidata nella "entità contenuta" che si profilava nell'aprile del 2010.
Questo per il semplice fatto che - a seguito dell'austerità fiscale imposta dall'€uropa, e culminata nella ratifica "costituzionalizzata" del fiscal compact-pareggio di bilancio-, sebbene la "condizione patrimoniale delle banche" sia stata aiutata dal rifornimento di liquidità (e dal carry trade con relative plusvalenze) dei vari LTRO della BCE, l'altra componente decisiva, quella della limitazione del credito dovuta alla "RISCHIOSITA' DEI PRENDITORI", si è naturalmente accentuata e non attenuata.
Tant'è vero che le sofferenze sono praticamente più che raddoppiate tra il primo semestre 2010 e il momento attuale:

Sofferenze bancarie Italia - Fonte: elaborazione su dati Bankitalia
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia
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5. Riassumendo: la "rischiosità dei prenditori", - legata a euro-politiche fermamente e intensamente perseguite, per ottemperare alla correzione degli squilibri interna all'UEM, e che comporta un calo della domanda interna che determina livelli decrescenti di consumi che rendono, nell'economia reale, non conveniente ogni prospettiva di investimento (quanto meno sull'offerta diretta al mercato interno), - non può che essersi accentuata.
Detto "profilo di merito del credito", risulta pertanto essere un fattore di contrazione dell'offerta che trova il suo principale motivo sul lato della domanda: cioè nell'economia reale che è più che mai impantanata, "quanto alle famiglie, nella debolezza del mercato immobiliare e nella caduta dei consumi; per le imprese, nel minor fabbisogno finanziario, a sua volta legato alla netta contrazione degli investimenti."

Sorge spontanea allora una ulteriore domanda:
- che correlazione, in termini di soluzione efficace, avrebbe una bad bank di sistema, che risolvesse SOLO UNA PARTE del problema del (solo) lato dell'offerta creditizia?
Cioè che risolvesse esclusivamente quello della "condizione patrimoniale" delle banche, (in quanto troppo cariche di crediti inesigibili), non potendo, per definizione, ciò influire nè sulla "rischiosità dei prenditori", nè sul connesso e PREVALENTE (secondo Bankitalia in tempi non sospetti) problema della domanda dello stesso credito?
Cioè cosa potrebbe far pensare che solo perchè le banche si ritrovano in condizioni patrimoniali meno "difficili" (cioè con attivi ripuliti e più "veritieri") ciò risolverebbe il problema del:
a) calo dei consumi (legato all'aumento della disoccupazione ed alla connessa diminuzione dei redditi);
b) calo delle quotazioni immobiliari (minacciato, nonostante qualche recente segnale, anche dalla prospettiva di aumento delle rendite catastali, tra l'altro fortemente consigliato dall'Europa);
c) caduta strutturale e difficilmente reversibile della propensione agli investimenti (quantomeno quelli "lordi" delle imprese NON prevalentemente esportatrici)?


6. Ecco allora che ci pare palesemente irragionevole ed imprudente iniziare, media in testa, a raccontare agli italiani che "per avere più posti di lavoro, serve un’impresa più forte. In un sistema bancocentrico come il nostro, ripresa vera ci sarà quando si potrà riaprire il rubinetto del credito"
Questo semplicemente perchè ripulire i bilanci delle banche non rimuove le cause prevalenti (secondo la stessa Bankitalia!) che rendono debole la domanda interna e bloccano le esigenze di finanziamento delle imprese e di acquisto immobiliare delle famiglie: cioè le cause che agiscono determinando, nella migliore delle ipotesi, un blocco degli investimenti e, nella peggiore, finora pesantemente realizzati, la vera e propria caduta degli stessi.


E poi l'operazione che si vorrebbe compiere, e che Padoan conferma essere allo studio, ha alcune soluzioni alle quali non si può sfuggire.
Comunque la si voglia attuare, l'operazione bad bank, con la garanzia pubblica, implica che allo Stato prestatore si trasferisca, in termini di mancata realizzazione dei crediti in sofferenza nella pur ridotta misura "scontata" (in ipotesi), un rischio di perdite che provocherebbe un ULTERIORE BUCO DI BILANCIO E L'ESIGENZA DI UNA MANOVRA DI TASSE E TAGLI DELLA SPESA PER POTERLO COPRIRE.


7. E questo alto rischio di perdite=>indebitamento pubblico (da sofferenza bancaria, ributtata sulle pelle dei contribuenti e utenti dei servizi pubblici, come sanità e pensioni, per dire), potrebbe persino realizzarsi in un modo che assomiglia a questo, riportato da Dagospia (e tratto da "Libero"):


"L’idea è allo studio del governo da un paio di mesi e ora siamo alle battute finali.
Il progetto non ha ancora preso la forma finale, ma la sostanza è questa: nasce un nuovo soggetto a cui partecipa lo Stato nel quale confluiscono, appunto, le sofferenze.
Per gli istituti il vantaggio è enorme: dalla sera alla mattina incasseranno denaro fresco e soprattutto sicuro, a fronte di crediti «dubbi», difficilmente monetizzabili. Un alleggerimento dei conti che - ecco la spinta alla ripresa - si potrebbe tradurre in una maggiore capacità di erogare nuovi prestiti, magari sfruttando quella liquidità in arrivo, da marzo, con il bazooka della Banca centrale europea.
Gli esperti delle super società di consulenza definirebbero l’operazione «win-win»: vincente per tutti. Senza dubbio la questione delle sofferenze va affrontata a livello «sistemico» perché per l’industria bancaria la zavorra dei finanziamenti non ripagati è ormai insostenibile e i nuovi prestiti, nonostante un lieve miglioramento a fine 2014, sono una chimèra.
Eppure non mancano i rischi; e le zone d’ombra, legate proprio al ruolo di un soggetto pubblico, non sono poche. I rischi derivano dalle concrete probabilità che lo Stato riesca a recuperare dalle imprese quei soldi che per le banche sono di fatto una perdita secca o quasi...




...L’attività di recupero crediti, del resto, con l’onda lunga della crisi, equivale grosso modo al gioco d’azzardo: ti siedi al tavolo verde e la possibilità che ti alzi senza quattrini in mano è altissima. E se lo Stato perde, bisogna metterci una pezza con una manovra: nuove tasse o tagli alla spesa.
Al momento esistono tre o quattro ipotesi diverse, come confermato ieri da fonti del Tesoro. In linea di massima, sembra scontata la partecipazione della Banca d’Italia oltre che della Cassa depositi e prestiti, anche se a via Nazionale le perplessità non sono poche e i tecnici stanno analizzando l’esperienza tedesca di Commerzbank.


A via Venti Settembre si ragiona attorno a una realtà oggi controllata da banca Intesa, Sga, società di gestione dell’attivo nata nel 1997 per salvare il banco di Napoli, che il Tesoro acquisterebbe per 600 mila euro.
Attraverso uno o più aumenti di capitale - che verrebbero sottoscritti dalle banche, dallo Stato, dalla Cdp, da Bankitalia e da eventuali investitori privati - la nuova Sga arriverebbe a un capitale da 3 miliardi.
Potrebbe così finanziare l’acquisto delle sofferenze verso le imprese superiori a una soglia minima di valore nominale di 500 mila euro, anche emettendo titoli obbligazionari assistiti da garanzia statale, da collocare sul mercato.

Per quanto riguarda l’assetto proprietario, due sono gli scenari ipotizzati: nel primo la partecipazione pubblica si fermerebbe al 49%, mentre le banche deterrebbero il 19% e il 32% andrebbe agli investitori privati; uno schema che escluderebbe la ricaduta delle passività del veicolo nel perimetro del debito pubblico.
L’altra opzione invece vedrebbe la partecipazione pubblica all’81% mentre il restante 19% andrebbe alle banche, senza la partecipazione di investitori privati. Il soggetto però ricadrebbe nel perimetro del debito pubblico.


Le zone d’ombra riguardano i divieti dell’Unione europea: l’intera operazione potrebbe essere bollata come «aiuto di Stato» e il tetto al 49% per la partecipazione pubblica potrebbe non bastare, secondo alcuni esperti. Divieti Ue a parte (magari aggirabili), Renzi sarà comunque costretto a sgonfiare le inevitabili polemiche su un palese aiutino pubblico alle banche.(Ndr.: abbiamo però visto come il "sondaggio" di Padoan presso l'€urocrazia sia, per ora, andato benino, ma non sappiamo su quale esatta soluzione proposta).

Ragion per cui l’ex sindaco di Firenze vuole evitare il passaggio parlamentare, costruendo l’intera operazione con decreti ministeriali e atti societari: niente leggi da mandare al vaglio di Camera e Senato.
Obiettivo non facile da raggiungere visto che, alla fine della giostra, l’esborso di denaro pubblico a titolo di garanzia sulle sofferenze «acquistate» dallo Stato, ci sarà. Il che implica una manovra sul bilancio pubblico perciò un provvedimento legislativo è indispensabile.

La cifra finale sarà definita sulla base della quota di rischio legata all’operazione: ballano tra i 10 e i 30 miliardi di euro. C’è poi chi punterà il dito contro il premier, snocciolando i dati di Bankitalia secondo cui, come calcolato nei mesi scorsi da alcune associazioni di categoria, la maggior parte delle sofferenze è legata ai grandi prestiti non rimborsati. Nel dettaglio, il 67% dei «crediti dubbi» si riferisce a finanziamenti superiori a 500mila euro e a 505 soggetti sono attribuibili 25 miliardi di perdite. Come dire: paghiamo gli errori dei banchieri e i soldi prestati agli amici.

La comunicazione, pertanto, sarà decisiva. In ogni caso, il governo è intenzionato a procedere rapidamente. E nelle prossime settimane la creatura bancaria statale potrebbe vedere la luce..."


8. Dunque: anche se si escludesse il "controllo pubblico" (cioè la partecipazione oltre il 49% che, in base alle regole contabili UE, escluderebbe la ricaduta delle intere perdite nel perimetro del debito pubblico), una operazione stile Commezbank, attribuirebbe, comunque di fatto, il controllo del neo-istituto, allo Stato e lo configurerebbe, senza dubbio, come una forma di welfare bancario alla tedesca: se le perdite andassero oltre il capitale versato, comunque qualcuno dovrebbe ripianarle.
E le probabilità, cioè il rischio effettivo, sono alte: si tratta di "escutere" soggetti molto forti economicamente, che probabilmente in Italia non hanno (più) una situazione patrimoniale tesa a garantire una decente "ratio" di recupero del credito.


Non conosciamo, naturalmente, il "valore" di realizzo dei crediti in sofferenza che sarebbe iscritto nel bilancio della nuova bad bank.
Se però "ballano" tra i 10 e i 30 miliardi di potenziali perdite pubbliche, vuol dire che, a seconda della partecipazione dello Stato (nelle sue varie istituzioni "capitalizzanti"), all'81 o al 49%, si può supporre che i 130 miliardi circa di sofferenze "conferite" (totalmente sarebbero oltre 160 miliardi, ma la soglia dei 400.000 ne escluderebbe la fetta rimanente), sarebbero valutate a un valore di realizzo di circa il 30%.
Infatti, questa forchetta tra i 10 e i 30 miliardi di potenziale esposizione, ha senso rispetto a partecipazioni pubbliche maggioritarie o di minoranza, (comunque, come azionista "di riferimento" anche al 49%9, che implicano "ratio" effettive di realizzo molto inferiori (tra il vicino allo ZERO e il 5-6%!).


In ogni caso: lo Stato, già nel capitalizzare sborsa una percentuale di maggioranza (assoluta o "relativa") dei 3 miliardi, - da circa 1,4 a 2,5 miliardi, - e parrebbe essere in grado di coprirli mediante asset disponibili (presso CC.DD.PP e forse Bankitalia); fin qui, se abbiamo compreso, nulla quaestio.
Si tratta di scelte di politica finanziaria pubblica, che si preferisce esercitare sul supply side di un certo settore, quello bancario, invece che su quello della domanda, cioè dell'economia reale che si intenderebbe risanare (senza attaccare le cause effettive della stessa crisi di consumi e investimenti: disoccupazione, - e nel settore edilizio ne sanno qualcosa!-, e trappola della liquidità per investimenti delle imprese. E non dimentichiamo che siamo in deflazione e che i crediti si alleggeriscono "da soli" si la domanda riprende e si reflaziona un po'...).
IN OGNI MODO SOLO LA CAPITALIZZAZIONE, SE A CONDIZIONI NON MAGGIORITARIE, SFUGGIREBBE AL CONSOLIDAMENTO IMMEDIATO ALL'INTERNO DEBITO PUBBLICO.


9. Ma non basta: la capitalizzazione sarebbe infatti un investimento pubblico ad alto rischio strutturale, nel settore bancario. Talmente alto che, a livello patrimoniale, condurrebbe a potenziali perdite oltre ogni limite di questo capitale; le perdite andrebbero ripianate, come abbiamo visto.
Ma, quel che più importa, è che l'eventuale esborso relativo, in denaro dei cittadini, NON RISOLVEREBBE IL PROBLEMA CHE HA PORTATO ALL'ACCUMULO DELLE SOFFERENZE, cioè la debolezza della domanda (consumi e investimenti), fiscalmente indotta.
La situazione, allora, non migliorerebbe, dal punto di vista dell'economia reale, e rimarrebbe intatta la sua CAPACITA' DI RIPRODURSI. Anzi, una volta che lo Stato avesse necessità di ricapitalizzare le perdite, pro-quota (e qualunque sia la propria partecipazione), le misure fiscali conseguenti non potrebbero che aggravare il calo della domanda interna!
Ma, allora, perchè questi soldi non utilizzarli direttamente per il sostegno agli investimenti delle imprese e per politiche di edilizia pubblica agevolata, che rimuoverebbero, o almeno attenuerebbero, il problema dal lato PREVALENTE - secondo la stessa bankitalia (del 2010)- della domanda del credito e della "rischiosità del prenditore"?


Il risultato, in termini di rischio accettabilmente stimato, non pare una grande soluzione. Anzi, risulta quasi del tutto irrilevante, permanendo le attuali condizioni della domanda interna ed insistendo in misure supply side.
Se poi l'€uropa, - avvedendosi che si sta verificando lo sforamento sempre più probabile del target pseudo flessibile del deficit 2015 (posto a un ben "duro" -2,65, come...concessione!)-, imponesse l'aumento (anticipato) delle rendite catastali e, con ogni probabilità, scattassero la clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità, - che implicano aumenti di tributi per circa un punto di PIL alla fine del 2015 e comuque anche superiori nel 2016-, la situazione di consumi e investimenti interni, incluso il settore-chiave dell'immobiliare, diverrebbe da allarme rosso e lo scenario di recupero dei crediti incagliati, nella misura originariamente ipotizzata, una mera previsione "priva di ogni cautela" (un moral hazard, di...welfare bancario).


10. Sarà per questo che un "rumor", magari pure verosimile, buttà lì che, nel loro ultimo incontro la Merkel e Renzi avrebbero "sottobanco" concordato che all'Italia sarebbe consentito un deficit al 4,5%, per estensione analogica della (incredibile) tolleranza concessa finora ai francesi (v.P.3).


Ma qui sorgono alcune ulteriori perplessità.
Come pare nel complessivo scenario così delineato, dai segnali quasi-ufficiali mandati dal governo, quel 4,5 di deficit (clamoroso?), potrebbe essere proprio legato al welfare bancario "stile Commerzbank", implicito nell'assunzione di alto rischio delle sofferenze creditizie da parte dello Stato.
Ma ciò implica alcune conseguenze, non proprio positive:
a) si ammette fin da ora (come suggerito dal "rumor" sopra riportato sui termini dell'operazione ipotizzata al MEF) che, QE o meno, TLTRO o meno, la ripresa della domanda non può verificarsi in misura sostenuta, per lo meno in modo sufficiente a rendere il nostro sistema di famiglie e imprese, di nuovo solvibile,;
c) si accede alla tolleranza sui conti pubblici alla "francese", - forse, non è affatto detto- ma, come in quello stesso paese, la spesa pubblica aggiuntiva, così consentita, si orienterebbe a misure supply side che si preoccupano essenzialmente della "stabilità finanziario-bancaria", mentre di soldi all'economia reale per sostenere la domanda, - dal QE, dal TLTRO, dalla stessa garanzia-perdita patrimoniale dello Stato nel risanamento dei bilanci bancari-, non arriverebbe granchè;
d) ergo, se, come visto all'inizio, gli stessi ambienti governativi e dell'Istituto centrale, paventano l'insufficienza del bazooka di Draghi, della svalutazione dell'euro e del calo del pezzo del petrolio (tutti elementi che agiscono sul lato dell'offerta, tra l'altro), per rilanciare la crescita, cosa si garantisce che un "via libera" euro-merkeliano a "fare decifit", sia pure in questi termini di supply side ortodosso, non ci esponga poi a un severo ripensamento degli stessi controllori, che imponessero, attraverso cessioni di partecipazioni pubbliche accelerate, e a prezzi di svendita, oltre che attraverso un PRELIEVO FORZOSO SUI CONTI CORRENTI DEI RISPARMIATORI ITALIANI, un radicale e pronto rientro del maggior indebitamento?


11. Una prospettiva del genere, non sarebbe affatto una sorpresa. Sappiamo che se non abbiamo potuto fruire del trattamento di favore riservato alla Francia un ragione "politica fondamentale" c'è.
E sappiamo pure che la privatizzazione pro-investitori esteri dei nostri assets, nonchè la fiscalizazione d'imperio del risparmio delle famiglie, sono dei vecchi pallini tedeschi (vedere per credere...)
Nel caso che, a seguito di uno sforamento del deficit così accentuato, e comunque di qualsiasi livello dello stesso non conforme ai vincoli del fiscal compact, l'Italia non crescesse a livelli considerati rassicuranti (cosa che però presupporrebbe di fare organiche politiche sul lato della domanda), e divenissimo di nuovo il centro delle attenzioni dei mercati, (non convinti neppure dal QE di Draghi), cosa impedirebbe di realizzare, in danno dell'Italia, un processo a cascata di definitiva colonizzazione?


Già oggi, infatti, abbiamo visto come lo Stato si avvii, a seguito di operazioni di salvataggio bancario comunque rivelatesi insostenibili per i beneficiati, a divenire azionista di MPS.
L'operazione "salvataggio-bilanci", implicando una forte esposizione di gran parte del sistema bancario verso lo Stato, potrebbe in modo accelerato trasformarsi in una serie di partecipazioni pubbliche rilevanti se non maggioritarie su altri importanti istituti.


Ma poi quello stesso Stato, - così come "l'€uropa vuole" che si liberi delle partecipazioni industriali a prezzi di saldo e astretto dai creditori appartenenti agli stessi Stato concorrenti sul piano industriale-, si potrebbe trovare con elevate probabilità e sotto enormi pressioni dei "mercati" a dover pure cedere in mani estere il "core" del nostro stesso sistema bancario.
E' da auspicare che al MEF e a Bankitalia, non sottovalutino questi prevedibili "effetti a catena" che potrebbero scatenarsi ove si sopravvalutino gli effetti congiunturali ritenuti favorevoli, e si continui a sottavalutare la natura "da domanda"della crisi, che sta incontrando il nostro Paese all'interno della moneta unica.
Ma, per quanto visto finora, si tratta di una pallida speranza...







Pubblicato da Quarantotto a 14:25 14 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









mercoledì 11 febbraio 2015

ANCORA SULLA GRECIA: A COSA MIRA DRAGHI? (can Germany really turn in a pariah?)



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Facciamo un po' di "Voci dall'estero" sfruttando il link al blog di Frances Coppola offertoci da Arturo.

Frances è un'economista coi fiocchi che, come vedrete, non è solo tecnicamente sempre attenta, ma anche, rarità assoluta, conscia delle effettive regole dei trattati e della loro "ratio" nel quadro di elementari regole interpretative di buona fede. Un qualcosa che è impossibile da trovare nei vari consulenti, bancario-finanziari, italiani, specialmente se si vantano della loro "internazionalità" (con risultati controintuitivi imbarazzanti). Allora che ci dice sulla questione Draghi-Grecia-€-austerità?



"What on earth is the ECB up to?

(tradotto sarebbe come dire: "A cosa diavolo mira la BCE?". Neretto aggiunto da 48)

La BCE ha improvvisamente annunziato il ritiro della "esenzione" in base alla quale era predisposta ad accettare i bond sovrani greci come collaterale per l'erogazione della liquidità. Ciò ha creato una notevole tempesta via Twitter, con molta gente arrabbiata che diceva che l'azione della BCE era oltre il suo mandato e eccessivamente precipitosa: avrebbe almeno dovuto aspettare che il ministro greco delle finanze, Yanis Varoufakis, incontrasse la sua controparte tedesca, e non dovrebbe agire come se il programma di bailout fosse (già) terminato mentre i negoziati (sul punto) sono ancora in corso. Ammetto ero una di queste persone.



E rimango di questa opinione.
La BCE sta agendo ben oltre il suo mandato nel cercare di influenzare i negoziati tra membri dell'eurozona, circa i termini e le condizioni a cui gli Stati membri prestano ai loro partners più in crisi.
Non ha titolo per interferire nelle politiche fiscali: se il governo greco decide di di avere un saldo primario di 1,5 invece che del 4,5%, di alzare il salario minimo e di creare molti posti di lavoro pubblico, non sono affari della BCE.
I fallimenti delle politiche monetarie BCE sono una "legione": dovrebbe mettere ordine in casa propria, piuttosto che interferire con la gestione della politica fiscale.
E peggio, la sua insistita interferenza nelle politiche fiscali è un chiaro conflitto di interessi, come aveva notato l'Avvocato generale della Corte europea in relazione al programma OMT.
Non dovrebbe essere affatto un membro della trojka, e certamente non dovrebbe usare i cambiamenti di politica fiscale di un governo eletto democraticamente - persino di uno che ha ereditato un'economia in frantumi con un enorme onere del debito- come giustificazione per limitare la liquidità di quel sistema bancario. La politica monetaria non dovrebbe essere usata per servire fini politici o fiscali. Mai.


OK, rant over. Ora ci ho riflettuto un po' di più. I conti non tornano del tutto.


Prima di tutto c'è la scelta del momento (timing). Il governo Syriza è stato al potere per 10 giorni (ora anche più, eravamo al 5 febbraio ndr.). Perchè aspettare fino ad ora per staccare la spina sulla "esenzione"? Potrebbe darsi che tale decisione sia stata adottata perchè c'era l'occasione della prima riunione del Consiglio dei governatori BCE..
Ma ciò non implica affatto che fosse un problema urgente: allora, perchè la BCE lo sta facendo ora, considerato che la scadenza del bailout non si ha fino al 28 febbraio e che la Grecia ha già chiesto tempo per accordarsi su un piano alternativo?


In secondo luogo c'è il timing. (Sì, è quello che voglio dire). Varoufakis ha incontrato il capo della BCE, Mario Draghi, il 4 febbraio e il 5 il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Nell'intervallo tra questi due meetings la BCE ha ritirato l'esenzione (cioè l'accesso del sistema greco alla liquidità BCE era in un regime derogatorio consentito da circostanze speciali nrd.). Perchè?
Beh, Schäuble è apertamente ostile alle idee di Varoufakis sulla riduzione del debito e sulla fine dell'austerity, mentre Draghi era stato finora molto "tranquillo" (sebbene il suo vice,Vitor Constancio fosse stato more forthright= franco, diretto).
Schäuble poi era senza dubbio in cerca di esplicito sostegno da parte della BCE.
Questa azione è stata intrapresa perchè il consiglio dei governatori segnalasse da che parte si stava schierando?


In terzo luogo c'è questo:


01 Jun
Brancaleone @Brancaleone72

@yanisvaroufakis uhm... And what if an ECB cyprus-style blackmail?

Yanis Varoufakis @yanisvaroufakis


@Brancaleone72 It would be a non-credible threat. (E.g. "We will shut down your ELA." Answer: "Do ahead!")
12:26 PM - 1 Jun 2014

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Notare la data (1° giugno 2014). Sì avete letto bene. Più di sei mesi fa, Varoufakis aveva previsto che la BCR avrebbe tentato di ritirare i fondi alle banche greche.


Naturalmente, l'azione attuale non sta (completamente) ritirando i fondi alle banche greche, poichè queste possono ancora richiedere assets presso la BCE. Ma, dall'11 febbraio, tutti i rifornimenti di fondi che usino qualsiasi forma di titolo sovrano greco, dovranno essere ottenuti dalla Banca centrale ellenica, nello schema della Emergency Liquidity Assistance (ELA). E quest'ultimo è sotto il controllo della BCE e rivisto ogni due settimane. La BCE può ritirarlo in qualsiasi momento.


Il commento di Varoufakis's è indubbiamente un riferimento al fatto che il ritiro dell'ELA dal sistema bancario greco provocherebbe il suo collasso disordinato.
La BCE ha utilizzato questo trucchetto in precedenza: minacciò di ritirare l'ELA alle banche irlandesi nel 2010, e lo fece in effetti con la Banca Laiki di Cipro e la Banca di Cipro, costringendole alla immediata chiusura e ristrutturazione. Questo secondo "pezzo" di "politica del rischio calcolato" finì per essere la peggior decisione di bailout nella storia del pianeta, che fu (fortunatamente) rifiutata dal parlamento cipriota. Rendere vana l'assicurazione (pubblica) sui depositi è quasi una follia criminale.



Ma ritirare l'ELA dal sistema bancario greco avrebbe un impatto molto più vasto. I tedeschi si immaginano che l'ELA possa essere ritirata senza impatto sistemico, ma ciò non è neppure lontanamente credibile. L'impatto sarebbe minore che nel 2010, ma rimarrebbe altamente destabilizzante per il sistema finanziario globale. Aumenterebbe enormemente la reputazione di incompetenza della BCE e probabilmente porrebbe fine alle carriere dei suoi dirigenti.



Se il collasso delle banche greche accelerasse l'uscita disordinata della Grecia dall'euro, ci sarebbero significative perdite per la stessa BCE, i restanti governi dell'eurozona e probabilmente il FMI. L'impatto sulle economie UEM sarebbe devastante e manderebbe le sue onde di shock in tutto il mondo. E sarebbe stabilito un importante precedente.
Se un membro può uscire, lo possono pure gli altri.
Come può la BCE avere una qualunque credibilità come guardiano dell'euro se viene percepita come intenta a forzarne fuori gli Stati aderenti?


Se la BCE forzasse il collasso bancario col ritiro dell'ELA, la Grecia potrebbe provare a tirare avanti malamente dentro l'eurozona come ha fatto Cipro, adottando il controllo sui capitali per prevenirne la fuga. Ma questa sarebbe la situazione peggiore possibile per la Grecia, e pare altamente improbabile che il governo greco la consideri.
L'economia greca è già in uno stato peggiore di quella cipriota al momento del suo collasso bancario, e il sistema bancario cipriota era stato azzoppato ma non distrutto dalla ristrutturazione. Il sistema greco farebbe naufragio oltre ogni possibile risanamento.
La Grecia non avrebbe altra scelta che creare una valuta completamente nuova per reflazionare la sua economia attraverso la propria banca centrale. Ciè significherebbe abbandonare l'euro, almeno temporaneamente.
Così, come ha detto Varoufakis, la minaccia della BCE di ritirare l'ELA risulta vuota.
I said on Twitter that I thought the ECB's action was sabre-rattling. Karl Whelan, it seems, thinks so too. "Relax, it’s no big deal. Just some muscles being flexed." he says at the start of this blogpost.


Ma chi sta cercando (veramente) di "disturbare" la BCE? Lorcan ritiene che il target sia la Grecia:


In definitiva, la mossa della BCE dovrebbe avere un effetto immediato molto piccolo sulle banche greche, purchè non ci sia una completa perdita di fiducia in tale sistema bancario nei prossimi giorni, e dovrebbe essere vista per quello che è: la BCE che fa pressione sul governo greco...​

Io non credo che sia così.
Se questa fosse l'intenzione della BCE, starebbe finendo dritta nelle mani di Varoufakis. E' come se un giocatore di scacchi scegliesse deliberatamente di adottare l'esatta strategia che il suo avversario aveva scelta sei mesi prima, pubblicandola su una rivista di scacchi. Draghi è un conoscitore della teoria dei giochi quanto Varoufakis, e i due si sono incontrati prima della attuale decisione della BCE. Non è credibile che Draghi possa non intenzionalmente adottare la strategia di gioco di Varoufakis.


Charles Forelle ha osservato che la mossa della BCE non si limita a mettere pressione solo alla Grecia, ma a tutti i governi UEM.
E' possibile che questa non sia affatto una mossa oppositiva dal punto di vista greco?
Potrebbe essere che, ben lontana dal colpire la Grecia, il vero target della mossa BCE sia la Germania?
Da un bel po' di tempo è evidente che Draghi non è un fan della posizione "austerità per sempre".
La sua intenzione potrebbe essere di mettere pressione alla Germania per indurla a negoziare. Se così fosse, è una strategia ad alto rischio. Ritirare l'esenzione incrementerà la fuga di capitali dalla Grecia e il livello degli interessi sui bonds greci, mettendo ulteriore pressione sulle fragili finanze greche.
Come potrebbe ciò obiettivamente aiutare la Grecia?


Alessandro Del Prete mi ha mandato in ausilio questo pezzo di Jacques Sapir che spiega come l'indebolire la posizione greca ptrebbe effettivamente rafforzarne il gioco:
In this strategic game, it is clear that Greece has deliberately chosen the strategy qualified by Thomas Schelling, one of the founders of game theory, but also of nuclear dissuasion, as « coercive deficiency »[5]. In fact, this term of « coercive deficiency » was imagined by L. Wilmerding in 1943 in order to describe a situation where agencies enter into expenses without prior financing, knowing that morally the government will not be able to refuse funding them [6]. Schelling’s contribution consists in showing that this situation can be generalized and that a situation of weakness can reveal itself to be an instrument of coercion upon others. He also showed how it can be rational for an actor knowing himself to be in a position of weakness from the start, to increase his weakness in order to use it in negotiation. Reversing Jack London, one can speak in this instance of a “strength of the weak.” [7]. It is in this context that we must understand the renunciation by the Greek government of the last slice of aid promised by the so-called « Troïka, » amounting to 7 billion euros. Of course, having rejected the legitimacy of said “Troïka, » it could not logically accept to take advantage of it. But, in a more subtle way, this gesture is putting Greece voluntarily at the edge of the abyss and demonstrates all at once its resolve to go the bitter end (like Cortez burning his ships before moving up to Mexico) and to increase the pressure on Germany. We are here in a full blown exercise of « coercive deficiency ».​
Questo spiega il "Do ahead" di Varoufakis (probabilmente voleva dire "Go ahead", cioè "andate avanti"). Egli sta sull'orlo del precipizio, a la BCE dice: "Fate quello che vogliamo o vi buttiamo di sotto". E la sua risposta è "Avanti, allora, spingeteci".


Va allora ricordato che questo gioco si svolge su un palcoscenico globale.
Il presidente USA, Barack Obama, ha apertamente preso le parti della Grecia,, avvertendo che "Non si può continuare a spremere paesi che sono in mezzo a una depressione. A un certo punto, deve esserci una qualche strategia di crescita per consentirgli di pagare i loro debiti ed eliminare una parte dei loro deficit". E il ministro UK George Osborne, mentre richiamava il ministro greco ad agire responsabilmente, ha però criticato l'Eurozona per la sua mancanza di un piano coerente per il lavoro e la crescita...


...Varoufakis punta le sue carte sul fatto che l'Eurozona, e più in concreto la Germania, non oseranno spingerlo giù dalla collina a causa delle conseguenze nelle relazioni politiche internazionali. Se la Germania fosse percepita come la "spingitrice" della Grecia fuori dall'euro, tramite il suo rifiuto di negoziare, diverrebbe un(a) pariah internazionale.
Già ci sono voci che rammentano alla Germania della clemenza sul suo stesso debito nel 1953, e i movimenti anti-austerità in molti altri paesi dell'UEM sarebbero solo incoraggiati dall'apparire come "bulli" di Germania e/o della BCE.
Forzare la Grecia fuori dell'eurozona potrebbe causare uno svelamento incontrollabile di tutto ciò..

Potrei sbagliarmi completamente, ma quella (appena data) mi pare una spiegazione molto più plausibile di quella che non riesce a dar conto dei segnali dati sia da Draghi che da Varoufakis.
In tal caso, Schauble dovrebbe stare attento. La sua posizione è ben lontana dall'essere forte così come crede. Sta lui stesso indugiando pericolosamente vicino all'orlo del precipizio.Se la Germania spinge la Grecia oltre il bordo, la Grecia potrebbe tirarla giù con sè."


Qualche nostro commento finale.
No, non hai torto Frances, anzi deducendo dal simile "innuendo" di Krugman, anche qui abbiamo appena detto le stesse cose.
Solo un dettaglio: la sanzione della comunità internazionale, che colpirebbe una Germania sfrenatamente ostile a qualsiasi compromesso, (la condizione addirittura di pariah) presuppone un attitudine al buon senso di quest'ultima che, allora, non si sa proprio perchè non sia stato innescato, dalla stessa comunità internazionale, ben prima! Diciamo, quando si era ancora in tempo, e si poteva evitare lo scempio umanitario in Grecia.


Ergo, andando all'essenza del fenomeno cui assistiamo, questa "comunità internazionale" - (finalmente) capace di imporre sanzioni di "reputazione" economica e morale alla Germania- si riduce al cambio di atteggiamento degli Stati Uniti.
Ma siamo sicuri che gli USA andranno veramente fino in fondo - nel senso "giusto"- ORA, non avendolo fatto prima (visto che già nel 2010-2011 hanno lasciato fare, ben sapendo che non "poteva funzionare")?
E soprattutto, quali sono i motivi per i quali veramente gli USA (solo) ORA, prendono, o starebbero per prendere posizione?
Io un'idea ce l'avrei...


Pubblicato da Quarantotto a 18:50 14 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest










LA
 
" https://www.youtube.com/watch?v=2a9j...g6I-I&index=17 "

quindi la grecia dovrebbe essere espulsa dall'euro ..? Bisogna capire se i debiti sono corretti per l'interezza , sono corretti nella loro funzione anche solo un " pò " oppure non dovrebbero esistere .. essere ed avere la capacità del decidere per interi popoli presuppone capacità elevate , non si vuol far pesare , ma .. le istituzioni tedesche furono o non furono graziate dai loro debiti dopo la 2° guerra ? .. la verità non è accettabile , purtuttavia , di tutti i soldi prestati alla grecia .. e sono tanti ... , solo il 9% è stato ricevuto dal popolo , dalle genti greche .. tutto il 91% rimanente è stato per le banche .. francesi , tedesche , persone di istituzioni corrotte che hanno giocato a melina .. non ci si deve mai vergognare di essere italiani , o greci , o tedeschi .. e neppure americani o ebrei , ma si deve provare profonda vergogna per come alcune persone oppure molte persone al potere , decidono e dirigono per le nazioni e per i popoli ! .. miseriaccia ladra ..
" https://www.youtube.com/watch?v=n26PpNJV7OU&list=RDJ1fp9zg6I-I&index=19 "
 
Ultima modifica:
cosi^ e' da quando siamo comparsi sulla terra, siamo cazzoni e cazzoni rimerremo fino alla fine ,una razza animale demente e dementi rimarremo, un insieme di cerebrolesi consapevoli solo delle loro mutande quando ci alziamo alla mattina,sia di genere maschile che femminile, cosa quazzo vuole che si cambi, nn cambiera' mai nulla, sempre in guerra contro se stessi... mi sono rotto il ....... di tutto, di nani e mignotte,di re ,regine , banchieri, massoni de me coioni,di finte chiese e ideologie del quazzo di ogni genere e sorta, di religioni, solo per uno scopo ..... potere e soldi..................... un grazie solo a quei pochi che hanno permesso ,,,,,,progresso ,civilita' intelligenza,liberta nel rispetto degli altri e buon senso.......................
 
Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


22 h ·




MONETA SOVRANA DI PROPRIETÀ DEL POPOLO EMESSA DALLO STATO SENZA GENERARE DEBITO
Questa carta-moneta creata e messa in circolazione dallo Stato senza indebitarsi, dal 1974 al 1979 diversamente dalle altre banconote, porta l'intestazione della "Repubblica Italiana", è denominata "Biglietto di Stato a corso legale", risulta "pagabile a vista", è firmata da funzionari statali (il Direttore Generale del tesoro ed il Cassiere speciale) e reca il visto della Corte dei Conti .
Ogni ...banconota creata in questo modo era proprietà dello Stato e, quindi, del popolo, non creava né debito né interessi. Era "MONETA A CREDITO".
NON PRESENTA FIRME DI GOVERNATORI DI BANCHE, ANCOR MENO QUELLA DI DRAGHI
Lo Stato aveva i mezzi tecnici per battere moneta e allora perché non recuperare quella sovranità monetaria, solo così riacquisteremo sovranità politica, popolare e individuale.
È dalla coscienza di questa perduta sovranità monetaria che dipende la sorte va della nostra civiltà.

Altro...


 
Aldo Moro: assassinato per... 500 lire? http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=724539185867375742&postID=5906311222149814851&from=pencil
Aldo Moro: assassinato per... 500 lire?
di Marco Saba


Estate 1964
Piano Solo, il tentato "golpe" del comandante dell’Arma dei carabinieri, generale Giovanni De Lorenzo. Nel 1967, una serie di inchieste dell’«Espresso» farà scoppiare lo scandalo. Tra i due fatti: emissione di 300.000 biglietti di stato da 500 lire...


3-5 maggio 1965
A Roma, presso l’Hotel Parco dei Principi, si tiene il convegno dell’Istituto Pollio sulla guerra rivoluzionaria. È, secondo molti, la prima tappa della strategia della tensione.

500 lire Aretusa
Formato Biglietto: 110 x 55 mm a destra: testa di Aretusa Filigrana: Fasce di cornucopie sui lati sinistro e destro del biglietto Stampa: Officine dell'Istituto Poligrafico dello Stato di Roma - Data Decreto Emissione: 20.06.1966 Firme: Stammati - Gubbels - Ventura Signoretti Tiratura Migliaia: 300.000




28 novembre 1966 Il gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Giordano Gamberini, affida a Licio Gelli la ricostituzione della loggia massonica Propaganda 2, allora denominata “Raggruppamento Gelli/P2”.

1 luglio 1966
Nasce il Sid, il Servizio informazioni Difesa. Il primo direttore è Eugenio Henke.

1967
Maletti è in Grecia da ormai quattro anni, in qualità di addetto militare. Il 21 aprile, i colonnelli ellenici organizzano il colpo di Stato: è l’inizio della "dittatura".

500 lire Mercurio

Biglietto della Repubblica Italiana diffuso dal 1974 al 1979.
Il dritto presenta la testa del dio Mercurio. La cartamoneta ha avuto una tiratura di novecento milioni di pezzi va a "sostituire" la precedente 500 lire con Aretusa.




1974
L’inchiesta del giudice padovano Giovanni Tamburino porta allo smascheramento dell’organizzazione Rosa dei venti.

25 aprile 1974
Rivoluzione dei garofani in Portogallo. Crolla il regime salazarista.

27 aprile 1974
Attentato alla scuola slovena di Trieste.

28 maggio 1974
Strage di piazza della Loggia a Brescia. Racconterà poi Digilio che la bomba è stata messa, per quanto a sua conoscenza, dal gruppo ordinovista veneto, con l’avallo degli americani.

30 maggio 1974
A Pian del Rascino (Ri), i carabinieri uccidono in un conflitto a fuoco Giancarlo Esposti, impegnato in un campo paramilitare.

Fine luglio 1974
Riunione nell’ufficio di Andreotti, all’epoca ministro della Difesa. Sono presenti l’ammiraglio Mario Casardi, nuovo direttore del Sid, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Enrico Mino, e per il Sid anche il generale Maletti, il tenente colonnello Romagnoli e il capitano Labruna. Lo scopo della riunione è esaminare i nastri registrati da La Bruna nel corso dei suoi colloqui con Orlandini. Alcuni nomi vengono censurati.



4 agosto 1974 Strage dell’Italicus. 9 agosto 1974 Richard Nixon si dimette dalla carica di presidente degli Stati Uniti. (Nel 1973 erano scaduti gli accordi segreti smithsoniani che mantenevano una conversione parziale in oro del dollaro USA solo per "alcune" banche centrali)

14 agosto 1974
Viene arrestato Guido Giannettini.

24 agosto 1974
Muore a Cadice il principe Borghese.

15 settembre 1974
Andreotti presenta alla magistratura un dossier sul golpe Borghese diviso in tre parti. Si tratta del celebre “malloppino”, come lo definirà Pecorelli: molti nomi sono stati epurati.

31 ottobre 1974
Vito Miceli è arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla Rosa dei venti.

5 giugno 1975
Viene scaricata la fonte Turco, alias Gianni Casalini.

28 febbraio 1976
Il generale Maletti e il capitano Labruna vengono arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di piazza Fontana.

Autunno 1977
Scioglimento del Sid. Al suo posto, nascono il Sisde e il Sismi.

2 marzo 1978: la Gladio viene incaricata di cercare Aldo Moro 14 giorni prima che venisse rapito...


16 marzo 1978 Aldo Moro viene rapito da un commando paramilitare.

9 maggio 1978
Assassinio di Aldo Moro.

23 febbraio 1979
La Corte d’Assise di Catanzaro condanna Maletti a quattro anni e sei mesi e Labruna a due anni di reclusione per favoreggiamento. Ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini.

20 marzo 1979
Viene ucciso Mino Pecorelli.



Nel 1974, 1976 e 1979 furono emessi biglietti di stato da 500 lire con la testa alata del dio Mercurio. Le dimensioni erano 115 x 59 mm. Si trattava anche in questo caso di un biglietto di stato stampato dal Poligrafico dello Stato. È stata l'ultima emissione repubblicana in cartamoneta, per un controvalore di 450 miliardi di lire dell'epoca.
Postato 13th June 2010 da Céline


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Bella
 
Aldo Moro morto per 500 lire?

Scritto in Società da veritanascoste

Aldo Moro ucciso perchè voleva che fosse lo Stato e non le banche centrali a gestire la stampa del denaro? L'avvocato Marra ha provato a parlarne ospite di Columbro a "Vero", ma prima di poter entrare nel merito è stato interrotto dal "going";
aldo-moro-morto-per-500-lire.jpg
La vicenda del rapimento e dell'assassinio di Aldo Moro presenta dei risvolti davvero interessanti. Per esempio, l’idea di emettere biglietti di stato a corso legale senza bisogno di chiedere banconote in prestito via Bankitalia-Bce, fu di Aldo Moro, che intendeva assolvere ai bisogni del popolo italiano, con l'emissione Sovrana, senza debito, di cartamoneta a corso legale. Fu così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”).
La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.
MORO PER ARRIVARE ALL'EMISSIONE DI BANCONOTE CARTACEE USO' UN DOPPIO ESCAMOTAGE:L'ITALIA POTEVA EMETTERE MONETE MA NON BANCONOTE (CHE DOVEVAMO ACQUISTARE DALLA "MAMMA" BCE CHE ALLORA SI CHIAMAVA "FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE". LE MONETE VENIVANO PERTANTO CONIATE ALLA "ZECCA DI STATO".
DOPO AVER PERMESSO L'EMISSIONE DI MONETE A VALORE 500 LIRE.....FU' FATTA UNA DEROGA CHE PERMISE L'EMISSIONE CONTEMPORANEA DEL CARTACEO....(POTEVANO COESISTERE 500 LIRE IN FORMA CARTACEA E METALLICA , IN QUANTO LA 500 LIRE ESSENDO ANCHE DI METALLO ERA COMUNQUE CONSIDERATA COME MONETA DA EMETTERE ALLA NS ZECCA)...
In seguito all’assassinio di Moro e alle dimissioni anticipate di Leone, l’Italia smise di emettere cartamoneta di Stato. La bancocrazia ci aveva anche provato prima a ricattare lo Stato, emettendo i famosiminiassegni per erodere il signoraggio che lo stato guadagnava con la propria moneta, ma poi, non essendo la “misura” sufficiente, ricorsero ai mitra e bombe.
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Anche Pasolini per coincidenza, fece una brutta fine dopo aver pubblicamente espresso dei dubbi circa la connessione fra la sparizione di Moro e le 500 lire.
OSSERVAZIONI che P.P. Pasolini faceva già nel 1975:
Come mai quel 12 Dicembre 1969, furono proprio le sedi di tre Banche:
- Banca Nazionale dell’ Agricoltura, Piazza Fontana, Milano
- Banca Commerciale Italiana, Milano, (bomba inesplosa)
- Banca Nazionale del Lavoro, via Veneto, Roma ed essere prescelte quali luoghi deputati alle prime esplosioni di bombe con le quali si dette il via alla “Strategia della Tensione” ?
La Banca Nazionale dell’ Agricoltura aveva cominciato poco tempo prima ad emettere le 500 Lire cartacee con dicitura: “Biglietto di Stato a corso legale” L’emissione fu sospesa pochi giorni dopo l’attentato. Forse si è pensato bene di poter prendere più piccioni con una fava …? Nel film “Piazza delle cinque lune” viene spiegato che l’assassinio di Moro e’ un caso complicato che vede alte cariche ufficiali e servizi segreti implicati… ma non solo!
Certo le analogie tra A. Moro e JF Kennedy sono parecchie:
-le banconote senza signoraggio
-il complotto per l’assassinio
-i servizi segreti
-i mandanti
Le 500 lire di Moro sono del 1966.
RICORDATE CHE PRODI DIEDE UN INDIZIO CIRCA IL "COVO" DOV'ERA MORO (DISSE POI CHE INFORMAZIONI GLI ERANO STATE DETTE DURANTE UNA SEDUTA SPIRITICA), E NEGO' SEMPRE OGNI COLLEGAMENTO CON ASSOCIAZIONI SEGRETE.
Purtroppo le informazioni dovrete continuare a cercarle sul web perchè già è stata chiusa una pagina ns "sorella " per questi link... - fonte Vedi anche: all'omicidio di Aldo Moro
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Cosenostreacasanostra

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L'economia è resa appositamente incomprensibile, è il canto gregoriano della sottomissione degli uomini
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lunedì 14 giugno 2010

Aldo Moro: assassinato per...500 lire? Marco Saba



Estate 1964 Piano Solo, il tentato “golpe” del comandante dell’Arma dei carabinieri, generale Giovanni De Lorenzo. Nel 1967, una serie di inchieste dell’«Espresso» farà scoppiare lo scandalo. Tra i due fatti: emissione di 300.000 biglietti di stato da 500 lire… 3-5 maggio 1965 A Roma, presso l’Hotel Parco dei Principi, si tiene il convegno dell’Istituto Pollio sulla guerra rivoluzionaria. È, secondo molti, la prima tappa della strategia della tensione.
500 lire Aretusa Formato – Biglietto: 110 x 55 mm – a destra: testa di Aretusa – Filigrana: Fasce di cornucopie sui lati sinistro e destro del biglietto – Stampa: Officine dell’Istituto Poligrafico dello Stato di Roma – Data Decreto Emissione: 20.06.1966 – Firme: Stammati – Gubbels – Ventura Signoretti Tiratura Migliaia: 300.000
500_lire_Aretusa_1970_a.gif
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28 novembre 1966 Il gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Giordano Gamberini, affida a Licio Gelli la ricostituzione della loggia massonica Propaganda 2, allora denominata “Raggruppamento Gelli/P2”.
1 luglio 1966 Nasce il Sid, il Servizio informazioni Difesa. Il primo direttore è Eugenio Henke.
1967 Maletti è in Grecia da ormai quattro anni, in qualità di addetto militare. Il 21 aprile, i colonnelli ellenici organizzano il colpo di Stato: è l’inizio della “dittatura”.
500 lire Mercurio

Biglietto della Repubblica Italiana diffuso dal 1974 al 1979. Il dritto presenta la testa del dio Mercurio. La cartamoneta ha avuto una tiratura di novecento milioni di pezzi va a “sostituire” la precedente 500 lire con Aretusa.
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1974 L’inchiesta del giudice padovano Giovanni Tamburino porta allo smascheramento dell’organizzazione Rosa dei venti.
25 aprile 1974 Rivoluzione dei garofani in Portogallo. Crolla il regime salazarista.
27 aprile 1974 Attentato alla scuola slovena di Trieste.
28 maggio 1974 Strage di piazza della Loggia a Brescia. Racconterà poi Digilio che la bomba è stata messa, per quanto a sua conoscenza, dal gruppo ordinovista veneto, con l’avallo degli americani.
30 maggio 1974 A Pian del Rascino (Ri), i carabinieri uccidono in un conflitto a fuoco Giancarlo Esposti, impegnato in un campo paramilitare.
Fine luglio 1974 Riunione nell’ufficio di Andreotti, all’epoca ministro della Difesa. Sono presenti l’ammiraglio Mario Casardi, nuovo direttore del Sid, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Enrico Mino, e per il Sid anche il generale Maletti, il tenente colonnello Romagnoli e il capitano Labruna. Lo scopo della riunione è esaminare i nastri registrati da La Bruna nel corso dei suoi colloqui con Orlandini. Alcuni nomi vengono censurati.
4 agosto 1974 Strage dell’Italicus. 9 agosto 1974 Richard Nixon si dimette dalla carica di presidente degli Stati Uniti. (Nel 1073 erano scaduti gli accordi sewgreti smithsoniani che mantenevano una conversione parziale in oro del dollaro USA solo per “alcune” banche centrali)
14 agosto 1974 Viene arrestato Guido Giannettini.
24 agosto 1974 Muore a Cadice il principe Borghese.
15 settembre 1974 Andreotti presenta alla magistratura un dossier sul golpe Borghese diviso in tre parti. Si tratta del celebre “malloppino”, come lo definirà Pecorelli: molti nomi sono stati epurati.
31 ottobre 1974 Vito Miceli è arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla Rosa dei venti.
5 giugno 1975 Viene scaricata la fonte Turco, alias Gianni Casalini.
28 febbraio 1976 Il generale Maletti e il capitano Labruna vengono arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di piazza Fontana.
Autunno 1977 Scioglimento del Sid. Al suo posto, nascono il Sisde e il Sismi.
2 marzo 1978: la Gladio viene incaricata di cercare Aldo Moro 14 giorni prima che venisse rapito…

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16 marzo 1978 Aldo Moro viene rapito da un commando paramilitare.
9 maggio 1978 Assassinio di Aldo Moro.
23 febbraio 1979 La Corte d’Assise di Catanzaro condanna Maletti a quattro anni e sei mesi e Labruna a due anni di reclusione per favoreggiamento. Ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini.
20 marzo 1979 Viene ucciso Mino Pecorelli.
Nel 1974, 1976 e 1979 furono emessi biglietti di stato da 500 lire con la testa alata del dio Mercurio. Le dimensioni erano 115 x 59 mm. Si trattava anche in questo caso di un biglietto di stato stampato dal Poligrafico dello Stato. È stata l’ultima emissione repubblicana in cartamoneta, per un controvalore di 45 miliardi di lire dell’epoca.
Marco Saba, 13 giugno 2010









Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 17:46 ShareThis Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




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