Incisioni antiche e moderne: Galleria di immagini

Ancora Israel Van Meckenem: Cena in Emmaus (1480 ca.), dalla serie Passione di Cristo, composta di 12 tavole. Le mie fonti dicono che la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, cui appartiene questa incisione, conserva tredici fogli di sua mano, tutti, tra l’altro, in buono stato di conservazione. Naturalmente i fogli non saranno esposti, ma magari facendo domanda si potrebbero vedere, a meno che bisogna essere uno studioso accreditato da qualche istituzione (sto mettendo giù i pensieri come mi vengono).

PS: mai mi sarei sognato, quando ho dato inizio a questo 3d, che avrebbe raggiunto le 100 pagine...

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Veniamo a un altro grande: Luca da Leida, nome italianizzato di Lucas van Leyden, cioè Lucas Hugenszoon (1494-1533). Pittore e incisore di vetrate, deve la sua fama principalmente alla sua attività di incisore.

“È da annotare, in Luca, una costante di atteggiamento che lo diversifica, ad esempio, dalla sensibilità sofferta di Dürer: è in lui un distacco analitico, una sicurezza di impostazione che lo porta ad osservare, accettare serenamente, raggiungere attimi di disincantata lucidità, approfondirsi anche in concentrazioni spirituali, ma non lasciarsi mai sommergere dai turbamenti del pathos.” (op. cit.)

Dürer personalmente, più anziano di lui di 23 anni, lo volle incontrare quando nel 1520 si recò nelle Fiandre.

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Davide suona l’arpa davanti a Saul, 1508, bulino, 252 x 182

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Il Golgota, 1517, bulino, 283 x412
 
In Italia, la figura principale della generazione successiva a quella di Raimondi è quella di Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503-1540), un altro dei grandi dell’arte italiana. Morì a 37 anni come Raffaello e, secoli dopo di lui, Van Gogh. Assai modesto è il numero di incisioni che ci ha lasciato (da sei a quindici secondo i vari critici, pare), ma infiniti sono stati i fogli tratti dai suoi magistrali disegni da altri artisti.

“Il segno, così macchiato, rotto, vibrante quando viene eseguito dalla penna, sul rame si scarnifica e perde di fluidità; la morsura è spesso difettosa perché insufficiente o non uniforme e denota il più delle volte la fatica di diverse riprese; l’immagine subisce quasi sempre il ritocco della puntasecca. Sono queste le critiche che comunemente si fanno all’opera del Parmigianino.” (op.cit.)

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La sepoltura di Gesù, acquaforte, 306 x 237

Per inciso (è il caso di dirlo) a me pare bellissima…
 
Per dare un'idea dell'influenza che ebbe, questi sono un paio di esempi di incisioni tratte da disegni del Parmigianino ad opera di altri artisti, a distanza di decenni o addirittura, nel secondo caso, secoli dalla sua morte.

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Alessandro Gandini, Madonna e Santi (dal Parmigianino), 1610, chiaroscuro da tre legni, 359 x245

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Antonio Maria Zanetti, Apostolo che legge un libro (dal Parmigianino), 1723, chiaroscuro da tre legni, 170 x 100
 
A Roma, il Parmigianino aveva incontrato Ugo da Carpi (1470-1532), più anziano di lui di circa 25 anni, il quale già dal tempo della sua permanenza a Venezia stava usando un nuovo tipo di stampa. Ispirandosi a Raffaello, egli voleva con una tecnica xilografica risolvere il problema del rapporto oggetto-ambiente, vale a dire tra forma e dimensione astratta, dando vitalità alla forma e risalto ai moti interiori. Usava perciò dei blocchi di legno graduati in una determinata tinta che stampava per sovrapposizione, cosicché gli spazi che non erano incisi assumevano un rialzo luministico. Era un sistema che già in Germania aveva avuto precedenti, ma in artisti che cercavano in tal modo di rinnovare il mezzo xilografico trasferendogli l’influenza pittorica che veniva dall’Italia. Tra il 1508 e il 1510 infatti, con strana simultaneità, Cranach, Burgkmair, Baldung Grien, Wechtlin eseguono esperimenti di chiaroscuro (…) ma la ragione per cui egli è considerato il fondatore di questa tecnica, nonostante il suo primo risultato porti la data del 1516, è che per lui il chiaroscuro fu un metodo di lavoro da applicarsi ad una nuova intuizione lirica, un modo di rendere l’emozione visiva, una libertà esibita (anche se ben nutrita di conoscenze accademiche) nell’esecuzione di forme e particolari; un concetto di luce che nasce dall’immagine stessa quando addirittura non ne sia l’origine, un accordo di fluidità dinamica. (op.cit.)

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Diogene (dal Parmigianino), chiaroscuro da quattro legni, 474x 347
 
Nella seconda metà del ‘500 l’arte della stampa si è ormai evoluta attraverso l’opera di numerosi artisti e ha raggiunto una diffusione incredibile, da un lato per la sempre più vasta richiesta del mercato, dall’altro per il sorgere di tutta una rete di iniziative e di organizzazioni che permettono di rispondere a tale richiesta, e di stimolarla a sua volta. Molti artisti, in questo periodo, smettono di stampare e diffondere in proprio le loro incisioni, affidandosi ad editori. La fiducia riposta in tali editori non nasceva soltanto dalla loro maggiore organizzazione nell’uso della stampa e in una più vasta possibilità di diffusione, ma anche dal fatto che spesso questi editori erano loro stessi incisori, e quindi assicuravano una padronanza del mezzo tecnico. Il più famoso tra loro era all’epoca Hieronimus Cock (1510-70), che ad Anversa fondò la case editrice “Ai quattro venti” e diede alle stampe una serie di incisioni raffiguranti i monumenti di Roma, dove aveva soggiornato per un biennio.

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Colosseo, 1551 (immagine tratta da Wikipedia)
 
Presso la bottega di Hieronimus Cock ad Anversa operò per un certo periodo anche il mantovano Giorgio Ghisi (1520-1582), che aveva iniziato rifacendosi alle opere di Marcantonio Raimondi, per arrivare poi a sviluppare uno stile caratterizzato da un intenso chiaroscuro.

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I troiani ingannati da Simone sulla vera natura del cavallo di Troia, bulino, 360 x 485
 
Sempre Cock traduce personalmente in acquaforte i paesaggi del grande Pieter Brueghel (1525/30 ca. –1569) e ne affida altre tematiche ai suoi seguaci, tra i quali citeremo Pieter van der Heyden (1530 ca.-1572).

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La cucina povera
(da Brueghel), bulino, 221 x 294


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La cucina ricca (da Brueghel), bulino, 220 x 293
 
Alla morte di Cock, i rami editi da lui vengono in possesso di altri editori di Anversa, i principali dei quali furono i Galle. A Cornelis Galle si affiderà Pieter Paul Rubens (1577-1640) per le sue prime prove, dopo che in Italia ebbe scoperto la tecnica dell’incisione. Rubens, però, ben presto darà vita alla sua bottega assumendo numerosi incisori. Le uniche incisioni che la critica è unanime nel considerare di sua mano sono una Santa Caterina d’Alessandria e questa Vecchia con la candela, la quale tuttavia ha subito ritocchi a bulino da Pontius; di altre, la paternità è molto discussa.

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Quest’altra, invece, è un’incisione settecentesca tratta da Rubens:

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Christian Friedrich Boetius (1706-82), Donna con recipiente pieno di carbone, sul quale un ragazzo soffia, acquaforte, 424 x 310
 

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