Incisioni antiche e moderne: Galleria di immagini (2 lettori)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Il Mantegna è del 1462 circa. La blanda prospettiva del primo piano, legata all'avvenimento sacro e solenne, si metamorfosa nella dinamica prospettiva esteriore, in rapporto con la vita mondana e materiale. Un quadro nel quadro. Il Dürer di 50 anni dopo semplicemente inserisce nell'unica scena una prospettiva più dinamica che in Mantegna lato inferiore, meno che nel Mantegna lato superiore. L'effetto è di drammatizzare la scena, mentre in Mantegna c'è una notevole serenità.
(Dico questo perché sempre mi riprometto di capire come un autore abbia conseguito certi risultati).
 
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Forumer storico
Il Mantegna è del 1462 circa. La blanda prospettiva del primo piano, legata all'avvenimento sacro e solenne, si metamorfosa nella dinamica prospettiva esteriore, in rapporto con la vita mondana e materiale. Un quadro nel quadro. Il Durer di 50 anni dopo semplicemente inserisce nell'unica scena una prospettiva più dinamica che in Mantegna lato inferiore, meno che nel Mantegna lato superiore. L'effetto è di drammatizzare la scena, mentre in Mantegna c'è una notevole serenità.
(Dico questo perché sempre mi riprometto di capire come un autore abbia conseguito certi risultati).
cioè secondo te si può affermare che Durer si è ispirato a Mantegna? o semplicemente la diffusione del soggetto (cosa frequente nell'arte antica) ha creato delle analogie involontarie?
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
No, non so se Dürer si sia ispirato al Mantegna. Volevo solo dare un senso alle diverse emozioni ricevute e capire come siano state trasmesse..
In realtà mi interessa molto di più la critica d'arte che non la storia dell'arte. Che ha un suo senso, ma essendo storia non può compiere gli stessi passi dell'altra che è (dovrebbe essere) una scienza.
La ricerca di eventuali influenze certo mi interessa, ma non così tanto ora da passare lunghi tempi a spulciare testi.
 

vecchio frank

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FERRONI - 5
(last)

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ferr203a.jpg


Lettino, 1979, acquaforte su rame, 185 x 195 mm.

ferr203b.jpg


Nella penombra, 1988, acquaforte su rame, 177 x 219 mm.

ferr204.jpg


L’ombra, 1989, acquaforte su rame, 196 x 226 mm.
 

baleng

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FERRONI - 5
(last)

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Vedi l'allegato 420959

Lettino, 1979, acquaforte su rame, 185 x 195 mm.

Vedi l'allegato 420960

Nella penombra, 1988, acquaforte su rame, 177 x 219 mm.

Vedi l'allegato 420961

L’ombra, 1989, acquaforte su rame, 196 x 226 mm.
Morandi tenuto nel congelatore :prr: :grinangel:

Perché in effetti ci sono delle affinità nella ricerca iniziale, ma troppo diverse sono le condizioni interiori.
Eppure una volta mi piaceva ... ma erano appunto anni in cui molte proposte si somigliavano, e lui almeno era tra i più composti e capaci, non ha quasi mai venduto il brutto come realtà che dovrebbe interessare.
 

vecchio frank

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UKIYOE
(anteprima)
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img346.jpg


Questo è il blocco di legno principale utilizzato da Hiroshige per la sua stampa Bagliore serale a Seta, dalla serie Otto vedute di Omi. Sul blocco sono riportati tutti i contorni del disegno. È fatto di legno di ciliegio, un legno ideale per le incisioni. Su di esso sono già stati intagliati anche il titolo della serie, il sottotitolo, la firma di Hiroshige e il sigillo (kiwame) di approvazione del censore.
Nel processo di produzione di una stampa ukiyoe entravano in gioco quattro figure: prima di tutto l’editore, che di solito pianificava il tutto: cioè costi, tema, fattibilità e scelta dell’artista. Artista che si limitava a tracciare i contorni del disegno su un foglio di carta sottile. Il disegno veniva quindi passato all’intagliatore che incollava il foglio a faccia in giù su un blocco di legno di ciliegio e ne traeva la matrice principale. Per fare ciò usava un coltello affilato col quale incideva tutto attorno alle linee tracciate dall’artista, da entrambi i lati, in modo da evidenziarle sul legno; poi con un cesello scalpellava via il legno da ambo i lati di queste linee in modo da farle risultare in rilievo. In tutto questo processo, naturalmente, il disegno originale dell’artista andava distrutto. Il blocco di legno veniva poi passato allo stampatore, che inchiostrava i contorni delineati ed eseguiva una decina o poco più di prove. Questa decina di immagini identiche veniva inviata all’artista, il quale indicava su di esse le sue istruzioni per i colori da usare. In genere, ciascun colore richiedeva un blocco di legno apposito, e qualche volta si finiva per utilizzarne venti o trenta per una singola stampa. La serie completa dei blocchi di legno intagliati veniva rimandata infine allo stampatore. La stampa veniva in genere eseguita su carta di alta qualità, rivestita con uno strato sottilissimo di colla animale gelatinosa e leggermente inumidita qualche ora prima della stampa per assicurare il perfetto assorbimento dell’inchiostro e dei colori. Veniva stampata prima la matrice principale, poi venivano aggiunti i colori, una tavoletta per volta. Per la stampa non si usavano presse: inchiostro solubile e colori venivano applicati alla tavoletta; su questa veniva piazzata la carta a faccia in giù, che veniva quindi strofinata con un tampone liscio per farle assorbire il pigmento. Alla fine di questo laborioso processo, nel corso del quale naturalmente le quattro parti coinvolte – editore, artista, intagliatore e stampatore –dovevano consultarsi spesso, il disegno dell’artista acquistava la sua forma finale:

img347.jpg


Questa è solo un'anteprima, come gli spot che trasmettono continuamente alla Rai per pubblicizzare ogni nuova puntata del commissario Montalbano....
Da domani si parte.
 

vecchio frank

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UKIYOE
(Introduzione)
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La natura, il paesaggio, la tradizione, i piaceri della vita di città, gli attori del teatro kabuki, le beltà femminili (geishe e loro assistenti), questi i temi trattati dalle stampe ukiyoe. L’argomento è assai vasto e meriterebbe ben altra trattazione, ma non può essere questa la sede. Per fortuna mi soccorre questo testo del Prof. Gian Carlo Calza, il massimo esperto italiano in materia, curatore di numerose mostre, che sintetizza mirabilmente le cose essenziali da sapere sull’argomento. Lo pubblico qui a mo’ di introduzione, e da domani comincerò a pubblicare le immagini.
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Il termine ukiyo, di derivazione buddista, in epoca medievale indicava la condizione d’impermanenza generata dalla vita quotidiana con i suoi attaccamenti. Saggio era il non farsene prendere, perché fonte di dolore costante: ukiyo indicava quindi il mondo (yo) della sofferenza (uki). Ma nel Seicento il senso si era rovesciato e un’identica parola, con il carattere per “sofferenza” mutato in quello di “fluttuante” e pronunciato anch’esso uki, valorizzava proprio quei piaceri fuggevoli delle feste, della moda, del mondo dello spettacolo, dell’amore mercenario, della passione clandestina, dell’effimero, in una parola degli attaccamenti, dai quali la dottrina buddhista metteva in guardia dal lasciarsi coinvolgere. Erano una società dove si riflettevano i nuovi gusti e le nuove aspirazioni sviluppati intorno ai teatri di kabuki e alle “città senza notte”, i quartieri del piacere come Yoshiwara, dove le grandi cortigiane creavano nuovi gesti e comportamenti e un’eleganza vistosa e opulenta, basata sull’intrattenimento, sull’essere alla moda, sull’attrarre e respingere al tempo stesso. Dove le case di piacere, oltre a essere ritrovo di gaudenti in cerca di ogni genere di godimenti, si trasformavano in veri e propri salotti. Vi s’incontravano mercanti, attori, letterati, artisti, editori, e aristocratici in incognito liberi dal rigore formale della loro esistenza quotidiana. E lì, nell’ambiente che ruotava intorno alle oiran, le celebri etére di Yoshiwara, di Gion, di Shimabara, l’etichetta della seduzione si esprimeva attraverso un canone formale di altissima perfezione, ma al tempo stesso naturalezza. (…) Le immagini (e) del mondo fluttuante, l’ukiyoe, ne rappresentavano tutti gli aspetti con dipinti, paraventi, libri illustrati, sontuosi biglietti commemorativi e di circostanza, ma soprattutto con le stampe vere e proprie che tanto appassionarono gli artisti francesi dell’Ottocento. Esse costituiscono un esempio insuperato nell’arte grafica di tutti i tempi per tecnica, pittoricità, ampiezza dei soggetti trattati e divennero uno dei principali veicoli estetici del Giappone. A Parigi essere furono “scoperte” dall’avanguardia artistica che lottava contro la visione materialistica del mondo allora imperante. Offrivano un esempio di libertà dai volumi, dai toni chiaroscurali, dai vincoli prospettici e allo stesso tempo esaltavano il valore della smaterializzazione della figura, la suggestione del simbolo, l’uso del colore uniformemente campito e scelto con criteri di indipendenza rispetto a corrispondenze naturalistiche formali.
(…) Alcuni artisti dell’ukiyoe erano pittori finissimi, ma quasi tutti grafici eccelsi anche se non nel senso in cui lo si intende in Occidente. A loro era solo affidata la cura pittorica del lavoro; l’intaglio vero e proprio del legno delle matrici e la tiratura a stampa erano invece compito di équipes altamente specializzate che facevano capo a un editore (era l’editore, in genere, a pianificare la pubblicazione della stampa, o piuttosto della serie di stampe). Ne conseguiva che l’artista poteva concepire un numero assai elevato di opere la cui realizzazione materiale non gravava sulle sue spalle. Questo fatto è importante sotto il profilo della diffusione perché, considerando che la tiratura dei singoli lavori andò aumentando con gli anni, significò una enorme massa di fogli sul mercato, di gran lunga superiore a quella delle produzioni europee. Basti pensare che, per esempio, è stato calcolato che Hiroshige nel corso della sua esistenza produsse circa settemila opere, Hokusai oltre quattromila, ma senza contare i dipinti e oltre trecento libri illustrati, per la maggior parte in più volumi. Ciascuna di queste opere, se di successo, poteva essere tirata in migliaia di copie nelle varie ristampe.
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Fonti delle immagini e relative didascalie, nonché dei brevi cenni biografici sui singoli artisti:

- Japanese Prints (edited by Gabriele Fahr-Becker), Taschen 1994

- Hokusai and Hiroshige: Great Japanese Prints from the James A. Mitchener Collection, Honolulu Academy of Arts
, The Asian Museum of San Francisco 1999

- Hokusai, il vecchio pazzo per la pittura (a cura di Gian Carlo Calza), Electa 1999, catalogo della mostra di Palazzo Reale – Milano 1999

- Ukiyoe. Il mondo fluttuante (a cura di Gian Carlo Calza), Electa 2004, catalogo della mostra di Palazzo Reale – Milano 2004 (dal quale ho tratto anche il testo pubblicato sopra).

Per ciascuna immagine indicherò autore, anno di pubblicazione e formato della stampa (vedi glossario per le relative misure).
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Piccolo glossario essenziale.

Aiban – stampa di formato 20 x 30 cm circa.
Aizurie – “stampe in blu”; stampe realizzate con il solo colore blu e le sue sfumature di tono. Tecnica usata a partire dal periodo Kansei (1789-1801). Si sviluppò in seguito a una legislazione che limitava l’uso dei colori e grazie all’introduzione dall’Europa del blu di Prussia.
Chūban – stampa di piccolo formato, di circa 23 x 17 cm.
Egoyomi – stampe calendario illustrate, in cui venivano indicati i mesi lunghi e brevi del nuovo anno lunare, necessari per gli oroscopi.
Ehon – libro illustrato, o meglio, di illustrazioni, visto che queste ultime prevalgono perlopiù sul testo.
Hosoban – stampa di formato piuttosto stretto, circa 33 x 15 cm.
Kakemonoe – stampa d formato molto grande, di oltre 56 x 30 cm.
Kakihan – sigla dell’artista, usata prevalentemente sulle stampe.
Karazuri – impressione ottenuta imprimendo il foglio sul blocco senza inchiostratura; se ne ricava un’incisione di rilievo, bianco su bianco, usata soprattutto per effetti di neve, broccati bianchi, fioriture ecc.
Koban – “stampa piccola”, di formato ridotto, in genere circa 12 x19 cm.
Nagaban – “stampe lunghe”, formato che varia nelle misure da 47 x 17 a 52 x 25 cm.
Nishikie – “immagini broccato”. Stampa policroma, sviluppata da Harunobu a partire dal 1765. Segna lo stadio definitivo dello sviluppo tecnico delle stampe ukiyoe. (Tutte le immagini che pubblicherò qui tranne le prime tre [due sumizuri di Moronobu e Dohan e un tan’e di Kiyonobu] sono praticamente di stampe “nishikie”).
Ōban – “stampa grande”, formato grande, di dimensioni che variano dai 36 x 25 ai 39 x 27 cm. Era il formato di stampa più usato.
Ōōban
– formato di foglio, chiamato anche daiōban, di 52 x 38 cm. circa.
Orihon – “libro pieghevole”. Tipo di formato a fisarmonica soprattutto usato per libri o album di illustrazioni di formato maggiore del tipico ehon (vedi).
Rakkan – termine con cui si indica l’insieme di luogo, data, nome e sigilli dell’artista collocati in un punto del dipinto o della calligrafia. Era usato pure per le stampe anche se, ovviamente, impresso e non manoscritto.
Shikishiban – “stampa quadrata”, formato di stampa quasi quadrata, di circa 21 x 18 cm.
Shunga – “immagine della primavera”. Stampe e dipinti a soggetto erotico. Avevano una distribuzione semi-clandestina a causa della forte censura esercitata dal governo dello shōgun ma erano popolarissime e molto numerose.
Sumizuri – stampa realizzata utilizzando solo il “sumi”, un inchiostro nero con un effetto brillante ricavato dalla fuliggine e dal carbone.
Surimono – “cosa impressa”, stampe eseguite con una tecnica assai raffinata. Spesso usate come biglietti augurali, erano distribuite all’interno di un nucleo limitato di persone, perlopiù circoli letterari. Accompagnati in genere da composizioni poetiche, prevedevano anche l’utilizzo di metalli preziosi quali oro e argento. Le dimensioni variano molto.
Tan’e – stampe in sumizuri colorate a mano con il tan (arancio brillante).
Tanzaku – formato di stampa verticale, le cui dimensioni minime sono di circa 12 x 34 cm.
Uchiwae – “immagini ventaglio”. Stampa ideata per essere applicata su una struttura rigida di bambù per i ventagli in uso d’estate.
Ukie – “immagine prospettica”; si tratta di stampe o dipinti in cui gli artisti realizzavano l’immagine attraverso l’uso della prospettiva occidentale (particolarmente brutte, secondo me, al contrario delle immagini che gli impressionisti traevano ispirandosi alle stampe giapponesi).
Urushie – “stampe laccate”. Tecnica che consiste nell’applicazione di un collante su alcune parti colorate del foglio, soprattutto il nero, per ottenere un effetto di brillantezza particolare simile alla lacca. Usata soprattutto nei primi tempi, fu poi ripresa nell’Ottocento.
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Qualche precisazione:

- alcuni, specie nel mondo anglosassone, scrivono “ukiyo-e” col trattino, altri “ukiyoe” tutto attaccato. Poiché quest’ultima è la via seguita da un’autorità come il Prof. Calza, mi atterrò al suo esempio, il che oltretutto mi semplifica le cose.

- Edo è l’antico nome di Tokyo (la capitale giapponese assunse il nome attuale solo nel 1869). Nella storia del Giappone il “periodo Edo” è quello che va dal 1603 – anno dell’ascesa al potere di Ieyasu Tokugawa – al 1868. Ieyasu assunse (e trasmise ai discendenti) il titolo di shōgun (capo dell’esercito, in pratica dittatore) stabilendosi a Edo, mentre l’imperatore continuò a risiedere a Kyoto, l’antica capitale, e il suo potere rimase puramente formale. L’ascesa al potere di Tokugawa segnò la fine di secoli di guerre feudali tra i vari signori locali (daimyo) e significò per il Giappone l’inizio di un lungo periodo di pace che diede sviluppo alla società e alla civiltà descritte nelle stampe ukiyoe. Caratteristica del periodo Edo fu l’isolamento del Giappone dal mondo esterno dopo la cacciata degli europei operata nel 1639 per via delle mene dei gesuiti.

Un’altra cosa che va detta è che attribuire date precise alle stampe ukiyoe prima del 1852 è più che altro un azzardo, perché è solo da quell’anno che un sigillo comprendente la data rimpiazzò il tradizionale kiwame, il sigillo di approvazione del censore, che ne era privo.
 

baleng

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Frank, a questo punto mi permetto di darti un suggerimento.
Se puoi, salva tutto il 3d e mettilo a sicuro nel computer o in una chiavetta.
Noi non abbiamo nessun diritto sull'amministrazione del forum, che può chiuderlo tutto o parzialmente da unmomento all'altro senza chiedere il permesso a nessuno. Si perderebbe tutto irrimediabilmente.
Se invece avessimo salvato un po' di cose (lo farò anch'io) si potrebbe sempre spostarle altrove.
 

vecchio frank

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Frank, a questo punto mi permetto di darti un suggerimento.
Se puoi, salva tutto il 3d e mettilo a sicuro nel computer o in una chiavetta.
Noi non abbiamo nessun diritto sull'amministrazione del forum, che può chiuderlo tutto o parzialmente da unmomento all'altro senza chiedere il permesso a nessuno. Si perderebbe tutto irrimediabilmente.
Se invece avessimo salvato un po' di cose (lo farò anch'io) si potrebbe sempre spostarle altrove.
Credi che non ci abbia già pensato? :)
Le immagini le ho tutte salvate e datate giorno per giorno in una cartella sul pc e ogni tanto ne faccio il backup anche su una chiavetta, parte dei testi li ho in un file di word. Ho pensato che in futuro potrebbero venirmi utili in qualche modo (un blog? un sito?), ma è ancora tutto da vedere.
Piuttosto, una domanda che mi sono posto è questa: ma non ci sono limiti alle immagini che si possono caricare sul forum? Ormai quelle che ho pubblicato sono più di 400. D'altra parte i formati non sono troppo grandi e immagino che i server siano capienti.
 

vecchio frank

could be worse...
Molto interessante il lavoro di Luino, ho visto sul suo sito altre incisioni ed a mio parere sono molto belle.
In alcuni lavori si nota una somiglianza con Ferroni, col quale infatti ha condiviso parte del percorso artistico.

Invece i dipinti, anche in alcuni temi come i letti vuoti, ricordano molto le opere di Michele Taricco, che pur essendo sostanzialmente uno sconosciuto a me piace parecchio.

Belli anche gli altri lavori postati, si scoprono un sacco di autori nuovi ed interessanti!
Riprendo questo vecchio post del 19.12.2016 al quale non avevo prestato la dovuta attenzione per confermare che sì, il lavoro di Bernardino Luino è veramente interessante, e in alcuni suoi lavori (anche nei dipinti) si nota una NOTEVOLE somiglianza con Ferroni.
 

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