Sostenere che l'equilibrio demografico, ossia la regola principale per cui una civiltà si protrae, si salvi quasi esclusivamente con un flusso imponente di immigrazione da spremere sufficientemente per garantire, a scopi matematico attuariali, la pensione agli autoctoni, mi sembra la massima espressione del colonialismo moderno.
Importiamo merdaccia senza alcun valore umano, né culturale, men che meno economico, da incasellare (secondo la dizione previdenziale del cassetto previdenziale), nel sistema contributivo.
Uno schiavismo a tutti gli effetti. Tanto caro alla sinistra ipocrita, che a parole si batte per costoro, non tanto come riconoscimento di loro diritti (che non sarebbe giusto attribuirgli già solo per principio legale e territoriale) ma come cambiale fiduciaria che in una futura scadenza verrà onorata con il voto di questi schiavi affrancati.
L'equilibrio demografico è già saltato, da almeno un ventennio (periodo e terminologia piuttosto ricorrente nella storia di questo scarso paese). Il disequilibrio ha trascinato l'insostenibilità dei debiti, della previdenza, delle pensioni, dei cazzi e dei mazzi.
Siamo completamente nella merda ma sembra che basti osservare la luna per stare sereni.
Se debbo crepare, e creperò, voglio crepare per colpe mie, senza confondermi in una miscela di razze che annacqua le responsabilità se non peggiorarle del tutto.