“Italia risparmia uscendo dall’euro”

Ue, Merkel rompe il tabù: "Subito un'Europa a due velocità"
La cancelliera tedesca: includere l'ipotesi nella dichiarazione di Roma

Ue, Merkel rompe il tabù: "Subito un'Europa a due velocità" - QuotidianoNet
La Valletta (Malta), 4 febbraio 2017 - CONTRO la crisi politica, istituzionale, di prospettiva dell’Unione europea dopo Brexit e in mezzo a difficoltà che non si riescono a gestire – dalla crescita debole all’annunciato protezionismo americano, dall’immigrazione al terrorismo islamico – ora riemerge un’idea per uscire dallo stallo e dalla paralisi: l’Europa «a più velocità».
Partita di soppiatto, ieri, con un documento dei tre premier del Benelux, Charles Michel (Belgio), Mark Rutte (Olanda) e Xavier Bettel (Lussemburgo), in cui si parlava di «diverse forme di integrazione» tra Paesi diversi nel quadro dell’Ue, una tale prospettiva ha avuto in serata il ‘bollino verde’ della cancelliera tedesca Angela Merkel che, appunto, ha parlato di «velocità diverse». «La storia recente ha dimostrato che ci sarà un’Unione europea a diverse velocità, che tutti i Paesi non parteciperanno ogni volta a tutte le tappe dell’integrazione», ha spiegato Merkel. Nel documento dei leader del Benelux (Michel, Rutte e Bettel sono liberali) è scritto:
«I diversi percorsi dell’integrazione e della cooperazione rafforzata forniscono delle risposte efficaci alle sfide che devono fronteggiare gli Stati membri in modo diverso».



Merkel: "Ue a due veloctà"

LA PROPOSTA è stata discussa dai 27 leader europei nella seconda parte del vertice a La Valletta, senza naturalmente la premier britannica Theresa May. A fine marzo si terrà a Roma il summit sul futuro dell’Unione, per trovare i modi e le soluzioni giuste per rispondere alla crisi di fiducia dei cittadini europei, da un lato (nel mezzo della forte ‘carica’ anti-Ue sostenuta da parti non secondarie delle opinioni pubbliche e degli elettorati), e, dall’altro, per restituire all’Ue (sia pure a velocità diverse) capacità di azione e di decisione. Nella riunione del pomeriggio, che si è prolungata in serata, i 27 non hanno preso decisioni. L’Italia è sempre stata favorevole a procedere su una tale strada. La Francia pure, ma con qualche titubanza relativamente al profilo della nuova sovranità condivisa con più Paesi (come è noto la Francia è uno delle nazioni più ‘sovraniste’). La Germania, invece, è stata sempre molto cauta su doppie o triple velocità, preoccupata per le conseguenze dell’integrità del mercato unico. Ma ora, con Brexit, l’idea di un mercato unico ‘perfetto’ è seriamente messa in dubbio. Si vedrà che cosa uscirà dal negoziato con i britannici.




È UN’ACQUISIZIONE già largamente condivisa negli Stati membri che la soluzione delle varie velocità e dei ‘cerchi concentrici’ sia la sola che possa salvare il progetto unitario. D’altra parte, l’unione monetaria dimostra proprio questo: la zona euro è una velocità specifica all’interno della Ue, nella quale adesso 19 Stati condividono la moneta e (ancora troppo) parzialmente scelte di bilancio, politiche economiche e politiche sociali. Gli altri Stati no. Sulla politica di difesa e sicurezza, con ogni probabilità la soluzione del ‘cerchio’ tra le nazioni-che-cistanno potrebbe essere inevitabile. E su questi temi Bruxelles si sta giocando il ruolo di area in grado di controllare i propri confini e fronteggiare con successo gli attacchi terroristici, ma anche un ruolo politico globale. Sarà interessante capire come si schier


Gentiloni, Juncker e Merkel al summiti di Malta (Ansa)
 
quindi alcuni europei si sveglieranno con una nuova moneta svalutata del 10% inizialmente?
decisa da politici non eletti da nessuno?
boh!
 
CLAMOROSO: l’Italia è il paese più sicuro in caso di uscita dall’euro
CLAMOROSO: l’Italia è il paese più sicuro in caso di uscita dall’euro


La fonte è accademica e francese. Il documento è un Working Paper 1 pubblicato dal prestigioso istituto indipendente francese di ricerca OFCE (Observatoire Français des Conjonctures Economiques) col numero 2016-31 nell’ottobre 2016. Il titolo del paper è “Balance Sheets after the EMU: an Assessment of the Redenomination Risk“, ovvero “Bilanci del dopo Unione Monetaria Europea: una valutazione del rischio di ridenominazione”

Si parla molto in questi giorni delle conseguenze della ridenominazione del debito, pubblico e privato, in caso di scioglimento della zona euro o di uscita dall’euro di un singolo paese. Tralasciamo qui gli aspetti legali per concentrarci sulle conseguenze finanziarie del ritorno alla valuta nazionale. Il caso che ci interessa da vicino è il ritorno dell’Italia alla lira e la ridenominazione del debito italiano da euro a neo-lire.

Ricordiamo che i sostenitori della moneta unica paventano svalutazioni catastrofiche della neo-lira e conseguenze devastanti per la finanza pubblica in caso di ridenominazione del nostro debito, ridenominazione resa possibile, lo ricordiamo, dalla Lex Monetae.

Saltando alle conclusioni del paper gli autori valutano che il paese che corre meno rischi in caso di uscita dall’euro è proprio l’Italia.
Stando alle loro analisi dettagliate (e scientifiche) la potente neo-lira dopo la fase iniziale di over/undershooting non subirebbe significativi deprezzamenti rispetto all’euro.
Al raggiungimento dell’equilbrio la lira si rivaluterebbe addirittura dell’1% rispetto all’euro.
Di che mettere a tacere parecchi vati di sventura pro-euro (e pro domo ea).

Nella sintesi finale il paper valuta infatti il rischio per i bilanci di ogni paese dell’Eurozona: bilancio del settore pubblico e della banca centrale, bilanci delle aziende private e delle famiglie e bilanci delle banche. La valutazione è fatta sulle variazioni del debito e dei crediti a valle del ritorno alla valuta nazionale.

Vi confessiamo che persino noi siamo restati sorpresi leggendo la tabella sottostante frutto delle simulazioni macroeconomiche di Durand e Villemot.

L’Italia è l’unico paese – L’UNICO – a non presentare NESSUN RISCHIO per i bilanci in caso di uscita dall’euro. Siamo meno a rischio non solo delle cenerentole dell’euro (Portogallo, Irlanda Spagna e Grecia) ma anche della potente Germania.
Non solo, a sorprese il paese che patirebbe le conseguenze più gravi sarebbe l’iperfinanziario Lussemburgo di Juncker, subito dopo l’Irlanda presunta miracolata dall’austerità.

http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2017/02/Capture-2.jpg


Questo contributo scientifico è dovuto a due economisti francesi, l’uno professore associato alla Sorbona l’altro economista all’OFCE esperto di macroeconomia e debiti sovrani.

Speriamo che l’autorevolezza della fonte e il livello del paper contribuiscano a riportare il dibattito sull’uscita dall’euro sul terreno dei pro e contro e dell’analisi di rischio, abbandonando certe valutazioni arbitrarie – talora risibili, basate su versioni caserecce dei CACs e del diritto – viste finora, dettate vuoi da agende politiche, vuoi da motivazioni legate alle personali carriere di politici nazionali e burocrati europei.

1) versione preliminare di una ricerca scientifica che l’autore intende completata, e che viene pubblicata per sollecitare le eventuali osservazioni di altri studiosi.
 
l'Italia deve decidere quale barca prendere:
quella tedesca dell'euro con clandestini tasse austerity
o quello Francese della indipendenza, sovranita', liberta'

sembra che la Francia e' gia' pronta a imbarcare viaggiatori

io dico meglio la Francia perlomeno se riescono a salvarsi loro possiamo farcela anche noi altrimenti siamo tutti fottu.... e colonizzati dall'africa e dalle banche tedesche

scegliete
 
CLAMOROSO: l’Italia è il paese più sicuro in caso di uscita dall’euro
CLAMOROSO: l’Italia è il paese più sicuro in caso di uscita dall’euro


La fonte è accademica e francese. Il documento è un Working Paper 1 pubblicato dal prestigioso istituto indipendente francese di ricerca OFCE (Observatoire Français des Conjonctures Economiques) col numero 2016-31 nell’ottobre 2016. Il titolo del paper è “Balance Sheets after the EMU: an Assessment of the Redenomination Risk“, ovvero “Bilanci del dopo Unione Monetaria Europea: una valutazione del rischio di ridenominazione”

Si parla molto in questi giorni delle conseguenze della ridenominazione del debito, pubblico e privato, in caso di scioglimento della zona euro o di uscita dall’euro di un singolo paese. Tralasciamo qui gli aspetti legali per concentrarci sulle conseguenze finanziarie del ritorno alla valuta nazionale. Il caso che ci interessa da vicino è il ritorno dell’Italia alla lira e la ridenominazione del debito italiano da euro a neo-lire.

Ricordiamo che i sostenitori della moneta unica paventano svalutazioni catastrofiche della neo-lira e conseguenze devastanti per la finanza pubblica in caso di ridenominazione del nostro debito, ridenominazione resa possibile, lo ricordiamo, dalla Lex Monetae.

Saltando alle conclusioni del paper gli autori valutano che il paese che corre meno rischi in caso di uscita dall’euro è proprio l’Italia.
Stando alle loro analisi dettagliate (e scientifiche) la potente neo-lira dopo la fase iniziale di over/undershooting non subirebbe significativi deprezzamenti rispetto all’euro.
Al raggiungimento dell’equilbrio la lira si rivaluterebbe addirittura dell’1% rispetto all’euro.
Di che mettere a tacere parecchi vati di sventura pro-euro (e pro domo ea).

Nella sintesi finale il paper valuta infatti il rischio per i bilanci di ogni paese dell’Eurozona: bilancio del settore pubblico e della banca centrale, bilanci delle aziende private e delle famiglie e bilanci delle banche. La valutazione è fatta sulle variazioni del debito e dei crediti a valle del ritorno alla valuta nazionale.

Vi confessiamo che persino noi siamo restati sorpresi leggendo la tabella sottostante frutto delle simulazioni macroeconomiche di Durand e Villemot.

L’Italia è l’unico paese – L’UNICO – a non presentare NESSUN RISCHIO per i bilanci in caso di uscita dall’euro. Siamo meno a rischio non solo delle cenerentole dell’euro (Portogallo, Irlanda Spagna e Grecia) ma anche della potente Germania.
Non solo, a sorprese il paese che patirebbe le conseguenze più gravi sarebbe l’iperfinanziario Lussemburgo di Juncker, subito dopo l’Irlanda presunta miracolata dall’austerità.




Questo contributo scientifico è dovuto a due economisti francesi, l’uno professore associato alla Sorbona l’altro economista all’OFCE esperto di macroeconomia e debiti sovrani.

Speriamo che l’autorevolezza della fonte e il livello del paper contribuiscano a riportare il dibattito sull’uscita dall’euro sul terreno dei pro e contro e dell’analisi di rischio, abbandonando certe valutazioni arbitrarie – talora risibili, basate su versioni caserecce dei CACs e del diritto – viste finora, dettate vuoi da agende politiche, vuoi da motivazioni legate alle personali carriere di politici nazionali e burocrati europei.

1) versione preliminare di una ricerca scientifica che l’autore intende completata, e che viene pubblicata per sollecitare le eventuali osservazioni di altri studiosi.


Euro, think tank: “potrebbe essere già troppo tardi”

15 febbraio 2017, di Daniele Chicca


L’EuroThinkTank, un gruppo di illustri economisti e analisti di mercato (esperti di statistiche) che ha come mission quella di esaminare il futuro dell’Eurozona, ha pubblicato un paper in cui viene sancita la probabile fine dell’esperienza dell’euro.

Nella ricerca, intitolata “How to abandon the common currency in exchange for a new national currency” (“Come abbandonare la moneta unica in cambio di una nuova divisa nazionale”) il think tank parla delle varie modalità di uscita dall’area euro, analizzando il caso paese per paese. Il risultato dell’analisi è stato riassunto in un articolo pubblicato online di recente.

L’ascesa dei Bitcoin in un film
Arriva al festival Tribeca e nelle sale americane un film documentario, finanziato dalla community Bitcoin, per raccontare l'ascesa della crittomoneta più famosa. Il film, girato da un trentenne, dura 90 minuti e ha come protagonisti anche gli evangelisti di BTC nel mondo. “The rise and the rise of Bitcoin", questo il titolo, è stato girato in digitale dal trentenne canadese [...]
Nel pezzo, pubblicato sull’Huffington Post dal titolo “The Euro may already be lost?”, gli analisti esaminano i vari scenari in cui l’euro potrebbe sopravvivere per scoprire come siano tutti “estremamente improbabili“.

Il nodo cruciale della questione della sopravvivenza dell’euro riguarda il fatto che i suoi problemi sono persistenti, strutturali e all’apparenza insormontabili. In estrema sintesi, la Germania ha perserverato in Eurozona, mentre dall’introduzione dell’euro Grecia e Italia non hanno tratto giovamento dal nuovo corso. Sulla Finlandia, invece, è ancora presto per trarre conclusioni definitive (vedi grafico sul Pil sotto riportato).

Due soluzioni per salvare l’euro, nessuna fattibile
I diversi andamenti della crescita economica sono un sintomo di un problema generale non nuovo, che anzi ha minacciato l’esistenza e il benessere delle unioni monetarie da secoli. Si chiama choc asimmetrico.

“La competitività e la produttività si sviluppano con un ritmo diverso a seconda dei singoli paesi. Con il passare del tempo questo porta a una grande divergenza di competitività tra gli Stati membri dell’unione monetarie. Tali disparità non rappresentano un problema durante periodi di crescita economica perché il rafforzamento della domanda aggregata favorisce i settori della produzione in difficoltà. Quando un’unione monetaria si trova in una fase di rallentamento economico o attraversa una crisi, invece, il calo della domanda punisce i paesi e i settori meno competitivi, con il risultato che i costi per finanziarsi sui mercati salgono”.

Una soluzione per risolvere questo problema sarebbe quella di passare a un’unione politica totale, come avviene negli Stati Uniti, dove alcuni Stati hanno sovranità su qualche aspetto come quello fiscale e della giustizia penale, ma in cui tutti dipendono da un’autorità centrale federale. In Europa un’unione del genere non si materializzerà, non ci sono la volontà e il sostegno politici per arrivarci.

L’altra soluzione è quella di un ritorno al sistema dei Trattati di Maastricht, in cui ogni paese è responsabile della propria economia e dei propri deficit di bilancio, senza possibilità di ricorrere a piani di salvataggio. Significherebbe dire addio alla Grecia. Alla lunga le divergenze di competitività e gli choc asimmetrici potrebbero portare all’abbandono da parte di altri stati membri.

Il team di esperti di economia finanza, fa sapere Tuomas Malinen, il vice presidente del think tank, sta inoltre lavorando a un altro paper sul modo con cui la Finlandia potrebbe decidere di abbandonare la moneta unica e lasciare l’area del blocco a 18.
 
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ANCHE SE L’EURO SALTA L’ITALIA RESTA IN PIEDI - Un'Europa diversa

Allacciate le cinture e tenetevi forte. È il consiglio in caso di uscita di un Paese dall’euro o, peggio ancora, di collasso dell’eurozona.
Ma non tutti la pensano così. Nemmeno per l’Italia, fanalino di coda dell’Unione. Anzi!
«Se si guarda all’andamento della bilancia commerciale e di quella dei pagamenti non si vede un rischio strutturale di svalutazione.
Ma anche a tener conto di tutti i fattori tecnici e politici che possono favorire (o consigliare) un deprezzamento della nuova lira del 15 per cento, il risultato è che l’Italia, come la Spagna, corre un rischio “basso” sia dal punto di vista della sostenibilità del debito sia degli altri fattori sensibili».
È la conclusione cui arrivano due economisti francesi, Cedric Durant dell’Università Parigi 13 e Sébastien Villemot (Ofce-Science Po) che di recente hanno pubblicato uno studio che possiamo riassumere così: «Tanto rumore per quasi nulla».
Il ragionamento dei due economisti in due parole è il seguente: l’Italia è in attivo con la bilancia commerciale (nel 2016 il record di tutti i tempi a 56 miliardi) dunque la valuta pregiata che incassa con le esportazioni (dollari, yen, franco svizzero) è più che sufficiente per pagare le importazioni a cominciare dal petrolio. Con la lira l’attivo crescerebbe in misura esponenziale grazie alla debolezza del cambio ma l’Italia è in attivo anche con la bilancia dei pagamenti. Significa che i flussi di capitali in entrata (compresi quelli commerciali) sono superiori alle uscite.
Inoltre il risparmio delle famiglie è molto robusto. Sono 8.000 miliardi a fronte di un debito di 2.200. In un ipotetico bilancio dell’Azienda Italia Spa la posizione finanziaria sarebbe fortissima. Un dettaglio che gli euro fanatici dimenticano con troppa facilità

«La conclusione più importante del nostro lavoro – segnalano i due economisti francesi – è che, sebbene il problema posto dall’uscita dalla zona euro sia complesso e degno di essere affrontato con la massima serietà, non è il caso di esagerarne la portata».
Un’analisi controcorrente che meriterebbe di essere conosciuta da tutti gli italiani.
Invece resta confinata nei circoli dell’economia.
Diffonderlo sarebbe imbarazzante per le élite euro fanatiche.
Dimostra che dall’euro si può uscire senza finire nel girone dell’apocalisse.
 
il baht thailandese prima di "saltare" nel 1997 si era rafforzato notevolmente

la cosa strana dell'euro e' che si sta svalutando, quindi immagino una uscita finale della germania/paesi nordici che ne rivaluta del 50% il valore lasciando il deserto dietro di se!
 

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