Il sistema Svizzera alla prova
Nuove pressioni sugli accordi di doppia imposizione
di Moreno Bernasconi -
La Svizzera è confrontata con una sfida che mette a dura prova le nostre istituzioni. Avere un governo collegiale, un sistema politico-istituzionale consociativo e basato sulla democrazia diretta favorisce certamente la stabilità del paese (con tutti i benefici che ne derivano), ma è un impedimento alla presa di decisioni rapide e pone non pochi problemi nei momenti di emergenza e quando occorre agire in una situazione di
forti pressioni esterne. L’abbiamo visto nelle scorse settimane e avremo modo di constatarlo nei mesi a venire, che si preannunciano febbrili per l’attività diplomatica, per il Parlamento e – in ultima istanza – per il Popolo. La conduzione a marce forzate di negoziati sulla revisione di convenzioni contro la doppia imposizione (ieri hanno chiesto la revisione Stati Uniti, Giappone e Francia, altri seguiranno), che necessita l’adeguamento agli standard OCSE nell’assistenza amministrativa in materia fiscale, pone non pochi problemi al sistema Svizzera. Col senno di poi si può dire che i limiti del sistema ci hanno già penalizzato. Se avessimo negoziato in modo ponderato e progressivo negli ultimi anni ciò che oggi siamo costretti a concedere alla comunità internazionale sotto la pressione degli eventi, il Governo e il Parlamento (ma anche la stessa piazza finanziaria) non si ritroverebbero forse in una situazione più agevole? I segnali in provenienza dagli Stati Uniti e dall’Unione europea erano già chiari da alcuni anni: perché non si è agito più coraggiosamente prima? Una delle ragioni è probabilmente legata proprio agli equilibri politici svizzeri stravolti dal successo dell’UDC e in particolare ai timori che una revisione del segreto bancario avrebbe provocato un ulteriore rafforzamento di un partito già fuori misura rispetto ai tradizionali equilibri del Paese. Il funzionamento del sistema consociativo elvetico è paradossale: da un lato frena l’attuazione di rapide riforme, dall’altra finisce per imporre a Governo e Parlamento decisioni sotto la pressione degli eventi. C’è da chiedersi seriamente se non sia necessario – visto il contesto globale attuale – riformare il sistema rafforzandone la capacità decisionale.
Per il momento occorre tuttavia fare buon viso a cattivo gioco per difendere al meglio, con gli strumenti di cui disponiamo, gli interessi del nostro Paese. Quali sono le sfide che ci attendono? Le reazioni della comunità internazionale all’indomani della decisione del Governo svizzero di venerdì scorso sono chiare: alle dichiarazioni devono seguire rapidamente i fatti. I tempi per il lavoro negoziale e per l’iter parlamentare sono strettissimi.
Se è assodato che i negoziatori svizzeri (e in particolare il segretario di Stato agli Affari esteri Ambühl) hanno grande esperienza nel campo delle trattative bilaterali, non bisogna anzitutto sottovalutare la difficoltà dell’esercizio: la Svizzera farà di tutto per impedire che la breccia nel segreto bancario si trasformi in una capitolazione, ma i nostri partner hanno interessi opposti ai nostri (e noi siamo piccoli e isolati). I negoziati saranno difficili. Il risultato delle trattative sul primo accordo rinegoziato sarà poi determinante per l’esito dell’iter parlamentare e del referendum facoltativo. A tutt’oggi è difficile prevedere come i partiti politici svizzeri si muoveranno (non solo l’UDC) e soprattutto fino a che punto riusciranno a fare quadrato in funzione dell’interesse superiore del paese. Parallelamente a questa febbrile attività negoziale si svolge la vertenza fra la giustizia americana e UBS, una vertenza che si gioca anch’essa in tempi brevi e che inciderà volenti o nolenti sia sulle trattative sia sugli umori del Parlamento e del Popolo svizzero. E tutto ciò accadrà durante un anno che dal punto di vista economico si preannuncia a tinte molto fosche, con una riduzione sensibile del Prodotto interno lordo e una crescita della disoccupazione. Il sistema Svizzera è confrontato con una prova oggettivamente molto seria. Bisogna esserne consapevoli affinché ogni elemento del sistema – Governo collegiale, partiti politici, ambienti economico-finanziari e sindacati, popolo sovrano e organi di informazione – possa agire con senso di responsabilità.
In questo momento è anzitutto del senso di responsabilità che c’è bisogno.

