LA CLASSE E' NELLE PICCOLE COSE. LE API E LE MOSCHE VOLANO ENTRAMBE. E' DOVE SI POSANO CHE FA LA DIFFERENZA.

Ma stattene lì in costa azurra, buono buono e rilassati.
Tanto più del 5% non andrai a prendere.
Il partito è destinato al fallimento ed alla liquefazione.


Silvio Berlusconi, lascia intendere a taluni che i suoi ministri non li ha designati lui ma sono stati preferiti da Draghi
e a talaltri che li ha scelti lui per le loro doti imponendoli a Draghi.

Il perché di questa doppiezza, reale o falsa che sia, è presto detto.

Se i ministri, peraltro politicamente dei tapini senza portafoglio,

senza incarichi definiti e tangibili

ma con attribuzioni residuali piuttosto evanescenti,

figureranno bene nell’azione governativa, il merito sarà di Berlusconi;

se invece faranno qualche brutta figura, il demerito andrà a chi li ha voluti.



Nel corso dell’animata discussione non è mancato chi ha estremizzato le posizioni,
ponendo senza retorica la domanda brutale:

Brunetta, Carfagna, Gelmini il callido Berlusconi li ha gettati nel governo per intralciarlo o per rincalzarlo?”.


La domanda, seppure formulata in linguaggio estraparlamentare, non è apparsa peregrina all’attento e partecipe uditorio.


Da un po’ di tempo, infatti, Forza Italia si autodefinisce “popolare, cristiana, europeista, moderata, riformatrice, liberale”.

È davvero abbastanza, comunque si consideri la definizione.


Perciò, la delegazione ministeriale forzista è poco per il partito?

Troppo per il governo?

Viceversa?
 
Discorso preparatorio al Grande Reset.........accompagneremo le aziende alla morte ......


Il discorso di Mario Draghi al Senato, da un lato ha stupito, dall’altro ha deluso, da un altro lato interessato.


Quello che ha stupito è la lunghezza.

Francamente eravamo abituati agli asciutti discorsi come presidente della BCE,
in questo caso invece abbiamo quasi un’ora di discorso.

Meglio di Conte, peggio di tanti altri e, soprattutto, condensabile in meno tempo molto inferiore, se si fosse limitato agli aspetti pratici e di governo.


Il Presidente ha più volte fatto riferimento al fatto che “L’unità è un dovere”.

La nostra impressione è che molti lo prenderanno alla lettera: il “Dovere “,
come a militare, si fa perché bisogna farlo, non perché lo si vuole fare,
e si cerca di farlo terminare nel più breve tempo possibile.

Per molti la fiducia sarà un “Dovere”, come un turno di guardia a militare.

Si farà, aspettandosi che duri il meno possibile.


COSA NON CI È PIACIUTO.

L’affermazione fideistica nell'”Irreversibilità dell’Euro” è, dal punto di vista storico, risibile.

Probabilmente Vespasiano avrebbe parlato, al suo posto, di “Irreversibilità del Sesterzio”,
o Carlo Magno di “Irreversibilità della Lira Imperiale”,
ma oggi non paghiamo né con il sesterzio né con la Lira d’argento imperiale.

Porre una questione fideistica è stato fuori luogo e, sinceramente, ci siamo imbarazzati per lui.

“Non c’è sovranità nella solitudine” è una fandonia che bisognerebbe raccontare al Giappone,
alla Corea del Sud, alla Nuova Zelanda, all’Uruguay, a Singapore..

Insomma a tutto il mondo fuori dalla UE.

Se il nostro Stato si è voluto suicidare nell’inseguire un sogno possiamo prenderne atto, non porlo a livello fideistico, né gioirne.

Questi sono i dazi che bisogna pagare al PD attuale e alla sua massima espressione, il Presidente della Repubblica,
e indicano come non sarà possibile, in Italia, uscire da questa teocrazia senza un cambio al vertice massimo.


Non ci è piaciuta qualche balla inutile, come quella sul gender gap salariale “Fra i più alti in Europa”, quando in realtà è l’esatto opposto:

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Se a una conferenza dell BCE avesse fatto un’affermazione del genere lo avrebbero fatto a pezzi.

Siamo in Senato, terra di conoscenza non diffusa, e la cosa gli sarà perdonata.


Piaciuta poco anche tutta la retorica ambientalistica sul “Surriscaldamento” e sull'”Innalzamento degli oceani”
il che è in controtendenza rispetto alle osservazioni empiriche,
ma quando si tratta di “Fede” la realtà dei fatti passa in secondo piano. .

In questo caso si è pagato dazio a Bruxelles per il RRF.

Sarebbe divertente se poi i Paesi Bassi non approvassero nulla e il disegno saltasse.
A quel punto sono abbastanza fiducioso che le priorità sarebbero ben diverse.


Non è apparso eticamente adeguato il discorso sulle “Aziende da salvare e quelle “Da riformare profondamente”, cioè chiudere.

Chi si arroga il diritto di scegliere chi vive e chi fallisce?

Sulla base di quale criterio?



COSA CI È PIACIUTO.

I dati, anche se ci si è un po’ impappinato parlando dei dati dei malati in terapia intensiva.

Buone anche le previsioni sulla politica fiscale, con un esplicito accenno alla necessità di rilancio
e di crescita e alle prospettive di riduzione del peso fiscale.

Buoni anche gli accenni su quello che vuole fare sui vaccini, mandando al diavolo le Primule di Arcuri.

Buoni anche gli accenni alla scuola ed al rilancio degli ITIS.

Bene anche gli accenni sulla ricerca.


In generale quando ha parlato di aspetti pratici è stato veramente un elemento di unificazione,
quando ha chiesto degli “Atti da Fè” è stato, invece, estremamente divisivo.

Senza rendersi conto che un suo fallimento porterà con sé proprio quello che resta di credenza europea.


Vedremo se avrà successo nella pratica, e se alleggerirà la retorica proto europeistica.
 
Chi agirà all’ombra di Mario Draghi?

Inizia a prendere forma, piano piano, lo staff operativo del nuovo governo,
ma soprattutto quello del presidente del consiglio, il cuore della macchina governativa, palazzo Chigi.

Draghi non ha perso tempo.

Ha già nominato, contestualmente al primo cdm, Roberto Garofoli a sottosegretario alla presidenza del Consiglio,
quello noto ai più per essere stato “la manina” tanto invisa ai 5Stelle durante il Conte I (ora però il M5S non dice nulla a riguardo).

L’esperienza di governo di Garofoli comincia a fine del 2011 con l’esecutivo Monti e prosegue con Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.

E ora Draghi, in un ruolo-chiave, da uomo di fiducia.



Poi, le altre nomine.


Ma, piano piano, stanno uscendo anche gli altri nomi di coloro che sono considerati gli uomini e le donne “ombra” del nuovo Governo
e che, come succede sempre, stanno un passo dietro il presidente del Consiglio e i suoi ministri.

Ne dà notizia Ettore Maria Colombo su Quotidiano.net:

“A palazzo Chigi il capo di gabinetto sarà Antonio Funiciello.
Il suo è un ritorno, infatti l’allora premier Paolo Gentiloni lo scelse per metterlo a capo del suo staff.
Prima ancora, nel 2013, l’allora segretario del Pd Guglielmo Epifani gli conferì la delega per la cultura e la comunicazione del Pd.
Un ritorno, quello di Funiciello, che ha scatenato subito polemiche”.





Antonio-Funiciello-1-1.png



“Prima di diventare responsabile Cultura del Pd, nella segreteria di transizione di Epifani,
è stato consulente politico di Luigi Zanda, di Veltroni, del gruppo dem al Senato,
del presidente della commissione Bilancio del Senato, Enrico Morando e animatore di ‘Libertà eguale’,
che ancora oggi rappresenta l’anima ‘liberal’ dentro i dem.

Collaboratore del Foglio, di Europa, del Riformista, e di molti altri giornali,
Funiciello è stato il braccio destro di Luca Lotti quando questi era il ‘braccio sinistro’ di Renzi,
e poi il ‘cuore’ della macchina di palazzo Chigi con Gentiloni”.



Un’altra delle novità più rilevanti nella squadra del neo presidente del Consiglio,
sia per il posto che occuperà sia per la scelta “politica” fatta, è la riconferma di Roberto Chieppa.

Chieppa sarà segretario generale di palazzo Chigi.

Chi è :

"Magistrato, già segretario generale dell’Agcom, fedelissimo di Giuseppe Conte, Chieppa continuerà dunque il suo mandato.


A Chigi anche Daria Perrotta:
sarà capo di gabinetto del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli.

Anche il suo è un ritorno: è stata consigliere giuridico durante il Conte I.



Invece, Carlo Deodato sarà il capo del Dipartimento degli Affari giuridici e legislativi:
nel 2018 fu scelto come capo di gabinetto del ministero degli Affari europei guidato dal ministro Paolo Savona”.



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Continua Colombo:

“Al Tesoro, altro ministero chiave del nuovo governo Draghi, il ruolo di capo di gabinetto va a Giuseppe Chiné
che, già magistrato amministrativo del Consiglio di Stato, conosce bene via XX settembre, ora guidata da Daniele Franco.
Il magistrato Chiné è procuratore capo della Figc, ma la Federcalcio non vuole lasciarlo andare almeno fino a giugno.
Tutto in regola, e nei termini di legge, ma il ministero del Tesoro dovrà decidere anche su eventuali sgravi e aiuti al mondo del pallone…”.


Il capo di gabinetto del ministro dello Sviluppo economico, finito nelle mani di Giancarlo Giorgetti, sarà Paolo Visca.



“Tra gli altri nomi che compongono il puzzle c’è quello di Francesco Fortuna:
sarà il capo di gabinetto del ministero delle Politiche agricole in mano al grillino Stefano Patuanelli.
Qui, come capo del legislativo, ci sarà Stefano Varone: nel Conte I venne nominato vicecapo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di palazzo Chigi
dall’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti.


L’ex direttore generale di Confindustria (quando presidente era Vincenzo Boccia), Marcella Panucci, sarà il capo di gabinetto della Pubblica amministrazione, il ministero senza portafoglio guidato dall’azzurro Renato Brunetta”.

Invece, Gaetano Caputi andrà al nuovo ministero del Turismo, guidato dal leghista Massimo Garavaglia:
anche lui nel ruolo di capo di gabinetto.
Caputi è docente della Scuola nazionale dell’amministrazione della presidenza del Consiglio dei ministri, già direttore generale della Consob.



Luigi Mattiolo sarà invece il nuovo consigliere diplomatico del presidente del Consiglio.
Già ambasciatore in Israele, Turchia e Germania, Mattiolo vanta una carriera diplomatica iniziata nel 1981
e una lunga serie di incarichi tra Farnesina, Ue, Onu e consiglio Atlantico.

Rappresenterà lui il premier Mario Draghi nei prossimi vertici G7 e G20”.
 
Il governo Draghi si prepara alla sua prima, vera battaglia, quella contro gli italiani.

Destinati a tornare a breve in uno stato di confinamento all’interno delle proprie abitazioni,
tra obblighi, zone rosse già istituite e lo spettro di un nuovo lockdown totale che continua ad aleggiare.

Un po’ perché, vista la totale incapacità di prevedere e anticipare la seconda ondata da parte dei predecessori giallorossi,
si vuole evitare un imbarazzante bis.

E un po’ perché, con il totale asservimento ai diktat in arrivo da Bruxelles,
spazio per interventi economici di peso non ce ne sarà.

E allora, tanto vale chiudere in casa i cittadini dello Stivale, in mancanza di alternative.



In Lombardia sono già quattro le nuove zone rosse istituite,
mentre dalla Campania a preoccupare è la notizia della scoperta di una variante di Covid-19 mai riscontrata prima nel nostro Paese.

Spaventati dall’idea che questo nuovo virus possa prendere il sopravvento sul precedente,
gli scienziati stanno così caldeggiando il ricorse a nuove misure di contenimento, in parte già adottate.

Nelle aree indicate come “zona rossa” resteranno chiuse le scuole, i negozie e i locali pubblici, così da limitare al massimo la circolazione delle persone.


Occhi puntati anche sulla classificazione delle Regioni:
tante sono in bilico e potrebbe presto passare da zona gialla ad arancione,
mentre le ordinanze restrittive si moltiplicano già in tutta Italia.

In una situazione incerta ci sono Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Marche e Piemonte,
che in caso di peggioramento degli indici monitorati andrebbero ad aggiungersi ad Abruzzo, Basilicata, Liguria e Molise nella fascia arancione.

Ancora qualche ora e il governo prenderà una decisione per ogni singolo caso.


Il tutto mentre Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza,
continua a invocare lo stop di tutte le attività lungo il Paese, con poche eccezioni per quanto riguarda alimentari, farmacie, edicole e tabaccai.

La stessa conferma di Speranza, d’altronde, è perfetta cartina di tornasole della direzione intrapresa dal governo Draghi.

Pronto, in mancanza di un piano B efficace per contrastare il Covid-19, a chiudere di nuovo il Paese.
 
“Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere.
Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia”.

Se dovessimo prendere solo la parte finale del discorso di insediamento di Mario Draghi,
ci sarebbe quasi da spellarsi le mani dagli applausi.

Peccato che il finale ad effetto non basti a spazzare tutta la polvere

che il nuovo premier nemmeno si sogna di nascondere sotto al tappeto
.


A ricordarci che, nonostante i facili entusiasmi di qualcuno,

il fresco inquilino di Palazzo Chigi non è qui a salvare l’Italia.



La retorica sui “salvataggi”, specie dopo la disastrosa esperienza del governo Monti, dovrebbe aver insegnato qualcosa.

Invece no, se siamo ancora qui a farci prendere per il naso da chi vorrebbe cullarci tra le braccia di mamma Unione Europea.

Il sogno fa presto – lo si vede ogni giorno – a trasformarsi in incubo.

E il discorso di Draghi è lì a ricordarcelo.


A partire dai giudizi dal sapore fideistico sulla moneta unica, con quella “irreversibilità della scelta dell’euro”
scandita dal neo presidente con fare quasi ieratico.


L’euro non si può mettere in discussione: cosa aspettarsi, d’altronde, da parti di chi la valuta comune l’ha salvata?

Fatto stilizzato sì, ma a che prezzo?

Quello dell’impossibilità, da parte degli Stati nazionali aderenti a quel buco nero chiamato eurozona,
di poter anche solo pensare di agire in termini di politica economica
.

Tanto più nei momenti in cui c’è stato (e c’è) davvero bisogno, come quelli dai quali stiamo uscendo.

Ammesso che si riesca a farlo, se non al costo di una desertificazione che lascerà dietro di sé solo macerie.



Il presidente del Consiglio sembra esserne perfettamente conscio quando dice che

sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche.

Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente.

E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento

è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”.


La distruzione creatrice al suo massimo:


prima costringi le attività a chiudere,

poi gli dai meno che un’elemosina e infine le sacrifichi
.


In purezza, come fosse la cosa più naturale di questo mondo.

Secondo il discorso di Draghi, insomma,
per un ristoratore che a fronte di mesi di chiusura forzata
(non per sua scelta, incapacità o per la natura stessa del settore)
ha ricevuto una mancetta insufficiente a coprire anche solo i costi fissi,
il “cambiamento” sarebbe?


Abbassare la saracinesca e riciclarsi a fare il rider?


Nessuna novità.


Poteva finire qui, sarebbe stato sufficiente.

Draghi, nel suo discorso, va ancora più in profondità nel tracciare la guida programmatica dell’esecutivo che si appresta a condurre.

Sempre più verso Bruxelles e i suoi desiderata, ca va sans dire.


Ecco allora che ritorna la noiosa filastrocca sulle sovranità che, una volta cedute

(con annesso tocco lirico del “non c’è sovranità nella solitudine”),

vanno ad essere riacquisite sotto forma di “sovranità condivisa”.



Peccato che, con in ultimo le magrissime figure rimediate dalla Commissione Ue nei confronti dei colossi farmaceutici, la somma non faccia mai il totale.

Al contrario: più sovranità si cede – ormai è sotto gli occhi di tutti – più questa ne risulta depotenziata.


Da qui la necessità di dover mettere mano al Recovery Plan nazionale,
uno dei motivi all’origine della caduta del Conte bis. Come?

Aderendo pienamente ai diktat comunitari:

“Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate,

ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente,

ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura;

la transizione ecologica;

le infrastrutture per la mobilità sostenibile;

la formazione e la ricerca;

l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale;

la salute e la relativa filiera produttiva”
,

illustra Draghi nel prosieguo del discorso.


Se qualcuno pensa che il grosso delle spese

– parliamo del fatto che buona parte delle risorse (sempre a nostro carico) del Recovery Fund andranno al capitolo rivoluzione verde e transizione ecologica –

non abbiano nulla a che vedere con le priorità dell’Italia,

dal sostegno dei redditi e della domanda interna,

passando per la deindustrializzazione galoppante e conseguente disoccupazione in doppia cifra,

si metta l’animo in pace:


è esattamente così.


Perché così si vuole che sia
.
 
Sostenere, come fa Draghi, “l’irreversibilità dell’euro”

significa sancire l’immutabilità di un contesto socio-economico contraddistinto da decenni di crisi,

disoccupazione e povertà sempre crescenti.


Carenza di investimenti, mancanza totale di prospettive.


Regressione costante delle tutele e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione repubblicana.
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Condannando a un futuro di miseria il nostro Paese.


Perché il drammatico e iniquo presente - incarnato dall’Unione europea e dai suoi trattati -

non esiste in virtù di eterne leggi di natura.


Ma esclusivamente per volontà degli uomini.


Banchieri, lobbisti, finanzieri, affaristi e parassiti che speculano sulla pelle della povera gente per conservare il loro potere.


Per questa ragione chi difende questo assurdo stato di cose,

come fanno i partiti seduti in parlamento, è nemico del popolo italiano.



Noi stiamo dall’altra parte. #Italexit
 
Covid, variante inglese e spettro di un nuovo lockdown,
è di nuovo scontro tra Massimo Galli e Matteo Bassetti,
che anche oggi su Facebook ha lasciato un post evidentemente diretto al direttore del reparto Malattie infettive 3 dell'ospedale Sacco di Milano.


"È inutile fare il discorso del disastro che sta provocando questo virus,
siamo tutti d’accordo che vorremmo riaprire tutto",
aveva dichiarato infatti Massimo Galli nelle scorse ore.

"Ma io mi ritrovo il reparto invaso dalle nuove varianti, questo riguarda tutta Italia
e mi induce a dire che presto avremo problemi più seri.

Chi, compreso il sottoscritto, vi dice ‘bisogna chiudere di più’ può incorrere nel rischio di esagerare,
ma il rischio di esagerare è inferiore alla probabilità di avere ragione".

Quindi una nuova chiusura sarebbe d'obbligo, come auspicato anche da Walter Ricciardi.

"Ricciardi è uno di quelli che ha tenuto la barra dritta. Qualcuno dovrebbe vergognarsi di quello che ha combinato quest’estate".


Una tesi smontata dallo stesso ospedale Sacco, che ha diramato dei dati contrastanti rispetto al presunto allarme:

"Nel periodo dal 23 dicembre 2020 al 4 febbraio 2021, sono stati ricoverati 314 pazienti positivi a Covid.
I dati raccolti hanno rilevato la presenza di 6 pazienti positivi alla variante Uk su un totale di 50 casi che,
in ragione delle loro caratteristiche, sono stati sottoposti a sequenziamento".



Contro Galli anche Bassetti, che non ha usato giri di parole nel corso di un'intervista concessa a iNews24

"Un conto è dire di fare un lockdown, un altro è dire di fare attenzione nelle prossime settimane.

Noi abbiamo 4-6 settimane molto importanti in cui gli ospedali devono riorganizzarsi,

alzare gli argini, preparare posti letto se non li hanno, lavorare a stretto contatto con il pronto soccorso

e capire quanti dei pazienti hanno le varianti"
.

"Se Galli ha un problema, proponga alla Regione di fare un'immediata zona rossa nella sua area".


"Perfino il colore di una regione è sbagliato, le misure vanno prese a livello locale".

" Un lockdown locale e poi ad una riapertura.
Sarà anche la soluzione che forse non risolve completamente la situazione, ma dobbiamo convivere con il virus".


Se non bastassero i numeri diffusi dal Sacco, è oggi arrivata un'altra replica al collega da parte di Bassetti,
che sulla propria pagina Facebook ha così commentato:


"Ho appena finito di vedere tutti i pazienti ricoverati qui nel mio reparto al San Martino, come faccio ogni giorno da oltre un anno.

Abbiamo anche qualche caso di varianti inglesi, che non rappresentano la maggioranza".


"I pazienti con queste varianti hanno un andamento clinico come tutti gli altri senza particolari differenze.

Trovo importante vigilare sul problema varianti, ma non terrorizzare la gente.


Questa è la differenza tra chi fa il medico in corsia e chi si considera o è considerato esperto dalla stampa e dalla politica,

ma pazienti non ne ha visti e non ne vede".


"Per affrontare questa infezione, come peraltro per tutte le altre, ci vuole calma, organizzazione e conoscenza".
 
Sostenere, come fa Draghi, “l’irreversibilità dell’euro”

significa sancire l’immutabilità di un contesto socio-economico contraddistinto da decenni di crisi,

disoccupazione e povertà sempre crescenti.


Carenza di investimenti, mancanza totale di prospettive.


Regressione costante delle tutele e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione repubblicana.
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Condannando a un futuro di miseria il nostro Paese.


Perché il drammatico e iniquo presente - incarnato dall’Unione europea e dai suoi trattati -

non esiste in virtù di eterne leggi di natura.


Ma esclusivamente per volontà degli uomini.


Banchieri, lobbisti, finanzieri, affaristi e parassiti che speculano sulla pelle della povera gente per conservare il loro potere.


Per questa ragione chi difende questo assurdo stato di cose,

come fanno i partiti seduti in parlamento, è nemico del popolo italiano.



Noi stiamo dall’altra parte. #Italexit
Con 15mila,eur al mese e privilegi chiunque sosterrebbe.....o' problem che operaio ne prende 1.000 e mentre con Duemilioni di lire ci viveva da signore comorando beni durevoli oggi accumula debiti, serve rivoluzione di massa, fiscale, tanto arriva da,sola,,, per forza di cose.... appena arriveranno tasse e cartelle esattoriali se ne renderanno conto questi politici da,strapazzo dx, sn, lascio, sto fuori, mi oppongo, costruttori, tutti PAROLAI lontanissimi dalla vita reale
 

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