Ora riprenderà il processo Sme-stralcio contro Silvio Berlusconi.
ROMA - E' la seconda doccia gelata per il centrodestra nel giro di un mese. A metà dicembre, il rinvio dal Quirinale alle Camere del ddl Gasparri. E ora, il no della Consulta alla legge blocca-processi. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato oggi illegittimo il cosidetto lodo Schifani, il provvedimento con il quale si garantisce l'immunità e si sospendono i processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato: presidente della Repubblica, premier, presidenti di Camera e Senato e presidente della Consulta.
Una bocciatura senza appello, dopo che invece nelle ultime ore si erano succedute voci di un "no" parziale alla legge. La Corte ha infatti dichiarato l'illegittimità dell'art. 1 della legge, perchè "viola gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione.
La decisione è arrivata al termine di una camera di consiglio durata circa due ore e dopo una serie di riunioni, nei giorni scorsi, che si erano concluse con un nulla di fatto. Il testo della sentenza che ha bocciato il lodo Schifani (relatore Francesco Amirante) verrà reso noto nei prossimi giorni. E il suo effetto (annullando la sospensione dei processi penali nei confronti delle cinque più alte cariche dello Stato) sarà quello di una ripresa del processo stralcio Sme a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Anche se il procedimento - perchè l'applicazione di uno dei giudici - ricomincerà da capo davanti a un altro collegio del Tribunale di Milano rispetto a quello che ha giudicato Cesare Previti.
Sempre oggi la Consulta ha dichiarato "ammissibile" la richiesta di referendum abrogativo del lodo, precisando che spetta ora alla Cassazione la valutazione delle conseguenze della dichiarazione di illegittimità costituzionale decisa oggi stesso dalla Corte Costituzionale. Ma - a questo punto - è scontato che il referendum non si terrà: la Cassazione non potrà fare altro che constatare che l'art. 1 della legge 140 è caduto per effetto della sentenza della Consulta e che dunque non esistono più i motivi per un referendum abrogativo.

ROMA - E' la seconda doccia gelata per il centrodestra nel giro di un mese. A metà dicembre, il rinvio dal Quirinale alle Camere del ddl Gasparri. E ora, il no della Consulta alla legge blocca-processi. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato oggi illegittimo il cosidetto lodo Schifani, il provvedimento con il quale si garantisce l'immunità e si sospendono i processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato: presidente della Repubblica, premier, presidenti di Camera e Senato e presidente della Consulta.
Una bocciatura senza appello, dopo che invece nelle ultime ore si erano succedute voci di un "no" parziale alla legge. La Corte ha infatti dichiarato l'illegittimità dell'art. 1 della legge, perchè "viola gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione.
La decisione è arrivata al termine di una camera di consiglio durata circa due ore e dopo una serie di riunioni, nei giorni scorsi, che si erano concluse con un nulla di fatto. Il testo della sentenza che ha bocciato il lodo Schifani (relatore Francesco Amirante) verrà reso noto nei prossimi giorni. E il suo effetto (annullando la sospensione dei processi penali nei confronti delle cinque più alte cariche dello Stato) sarà quello di una ripresa del processo stralcio Sme a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Anche se il procedimento - perchè l'applicazione di uno dei giudici - ricomincerà da capo davanti a un altro collegio del Tribunale di Milano rispetto a quello che ha giudicato Cesare Previti.
Sempre oggi la Consulta ha dichiarato "ammissibile" la richiesta di referendum abrogativo del lodo, precisando che spetta ora alla Cassazione la valutazione delle conseguenze della dichiarazione di illegittimità costituzionale decisa oggi stesso dalla Corte Costituzionale. Ma - a questo punto - è scontato che il referendum non si terrà: la Cassazione non potrà fare altro che constatare che l'art. 1 della legge 140 è caduto per effetto della sentenza della Consulta e che dunque non esistono più i motivi per un referendum abrogativo.