LA SCARPA CHE STA BENE AD UNA PERSONA STA STRETTA AD UN'ALTRA: NON C'E' UNA RICETTA DI VITA

E questo sarebbe un "taglio delle pensioni" ? Vergognatevi.
Tutti e ripeto TUTTI questi pensionati lo sono con il sistema RETRIBUTIVO.

Correttezza ed equità vorrebbero che venisse aspplicato il sistema CONTRIBUTIVO. A tutti.

Poi chi ha scritto l'articolo conosce veramente poco di matematica. Direi che è proprio ignorante in materia.


Per chi ha un reddito annuale che oscilla tra i 90mila e i 130mila euro lordi arriva una sforbiciata del 10 per cento. ??????????

Ad esempio per chi percepisce 91mila euro l'anno al mese perderà circa 8 euro al mese per un totale di circa 100 euro all'anno.

Proseguendo su questo fronte si va a registrare un taglio di 42 euro al mese per chi incassa almeno 95mila euro all'anno.
Il taglio all'assegno si fa sempre più pesante man mano che si sale sul valore del lordo complessivo.

Il taglio è di 83 euro per chi percepisce un reddito totale di 100mila euro all'anno.

Si arriva a 250 euro invece per chi ha un reddito da pensione complessivo di 120mila euro lordi totali.

Stangata vera e prorpia per chi incassa 140mila euro all'anno. Qui il taglio su base mensile dell'assegno è di 500 euro.

Se si guarda invece alla soglia dei 160mila euro, allora il taglio è di 833 euro.

A questo punto si inizia a parlare di salasso.

Per chi ha un reddito di pensione superiore ai 200mila euro lordi, arriva una penalizzazione di 1500 euro al mese.

Circa 2500 euro in meno al mese per chi invece ha un reddito complessivo da 250mila euro.

Occhio anche alla fascia dei 270mila euro: il taglio sarà di 2958 euro al mese.

Più di 10mila euro invece verranno tagliati a chi invece ha un reddito complessivo di 550mila euro.
 
Chi lo conosce, lo evita.

TREVISO - Chi utilizza Facebook per fare pubblicità sa bene che il social network permette di investire soldi
in modo da far vedere i propri annunci anche a chi non segue una determinata pagina.

I post «sponsorizzati» appaiono infatti nelle homepage degli utenti seguendo determinati parametri «filtrati» da un algoritmo.

Ed è proprio un algoritmo che ha censurato la pubblicità di una nota concessionaria trevigiana fondata nel 1952.
Il motivo? Il nome del rivenditore d’auto, considerato «volgare e offensivo per le persone».

La concessionaria in questione si chiama infatti «Negro», ed è stata censurata
probabilmente perché i «filtri antirazzismo» di Facebook hanno valutato la parola come discriminatoria .

Il curioso episodio è stato denunciato da Piergiorgio Paladin, titolare dell’agenzia pubblicitaria Ideeuropee, che si è occupata della sponsorizzazione.

«Facebook combatte il razzismo discriminando i cognomi italiani», ha scritto Paladin proprio sul social di Mark Zuckerberg.
 
Sfera Ebbasta rappresenta il niente che i nostri figli ingollano come pastiglie con il nostro consenso.
Schiere di intellettuali e opinionisti sinistrati hanno detto la loro ovunque:
hanno scomodato i testi di Rolling Stones, Beatles, Lou Reed per tentare di farci comprendere come il maledettissimo sia sempre esistito.

Già. Essere maledetti.
Ma Sfera Ebbasta e chi lo ascolta, che siano ragazzini o meno, non è essere maledetti: è essere completamente inetti.

Bastano due strofe in rima rap, basta immergere Jovanotti nel siero della verità,
ed ecco che quattro parole diventano trap, due catene e un orologio d’oro diventano un trapper.

Se compri un biglietto, lo cerchi, lo paghi, ti prepari per la serata, prendi la macchina o il motorino per andare in un locale ad ascoltare Sfera Ebbasta,
una tragedia, quella dei cervelli che cadono.
 
Un simbolo. Piaccia o meno. E' un simbolo.
E pertanto incute timore. Poverini. Leggete e studiate che è meglio.

Cosa chiede Laicitalia? La richiesta, giunta ancora a ottobre scorso, è alquanto bizzarra
ed è pervenuta all’ufficio scolastico regionale per il Veneto e alla direzione didattica dell’istituto comprensivo Ilaria Alpi.
Chiede di mettere tutti i simboli religiosi nelle scuole.
Parlano pure di “viva apprensione per la presenza di crocifissi appesi alle pareti delle aule scolastiche”.

La motivazione adottata dall’associazione Laicitalia è alquanto bizzarra.
Si parla addirittura di diritti umani. “Richiesta di ottemperanza alla dichiarazione universale dei diritti umani”, si legge nell’oggetto della missiva.

“Alcuni cittadini – recita la lettera - hanno contattato la scrivente associazione manifestando viva apprensione
per la presenza di crocifissi appesi alle pareti delle aule scolastiche”. Poi richiamando l'articolo 2
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e i diritti “senza distinzione alcuna, per ragioni (..:) di religione,
di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”,
richiamando la Costituzione e la sentenza Corte Costituzionale, la numero 203/89 sul principio di laicità
– l’associazione “chiede l’affissione alle pareti di tutti i simboli religiosi, o in subordine, la rimozione dell’unico simbolo religioso presente,
in quanto emblema di sopraffazione sulle altre confessioni religiose”.

Una lettera, spedita l’11 ottobre scorso, a cui la dirigente e l’ufficio scolastico forse presi da incombenze più importanti
che mettere Maometto alle pareti, non hanno risposto e quindi l’associazione Laicitalia oltre al sollecito spedito in data 12 novembre scorso,
ha scritto pure al difensore civico territoriale. “Constatato il silenzio della dirigente per un tempo di 30 giorni”
e ribadendo in sostanza il concetto: affissione di tutti i simboli religiosi o rimozione dell’unico simbolo “emblema di sopraffazione”.

Anzi il presidente di Laicitalia Venezia, Ciro Verrati ha spedito anche una lettera all’assessore Elena Donazzan
che da sempre combatte per mettere il presepe nelle scuole e che ha sposato in pieno l’iniziativa promossa da tre consiglieri
per istituire un fondo di 50 mila euro per la realizzazione dei presepi.
“L’assessora – per noi assessore ndr - Elena Donazzan non ha ben recepito il significato di alcuni articoli della Costituzione.
Ancora una volta si vuole imporre il personale pensiero con una iniziativa istituzionale, all’assessora interessa solo salvaguardare
la “sua” tradizione cristiana, che non è la nostra, e che comunque non è contemplata sulla nostra Carta Costituzionale”.
 
La Cina è diventata la fabbrica del mondo, ma la sua presenza aggressiva in tutto il pianeta risveglia l’allarme. Pechino ha accelerato la sua politica di influenza globale: in Africa acquista pezzi di economia, controlla regimi e porzioni di territorio in cui fonda città, costruisce infrastrutture, sfrutta risorse energetiche, prepara un futuro prossimo di potenza planetaria egemone. Il Ventunesimo sarà sempre più il secolo del Dragone. Alibaba e Huawei, due giganti tecnologici, sono ormai in grado di competere con i colossi di Silicon Valley. La sua ricerca scientifica, all’insaputa dei ricercatori del resto del mondo, è pervenuta all’inquietante modifica del patrimonio genetico di due gemelline.

La Cina, dopo la storica apertura all’esterno di Deng Xiaoping, si è presto trasformata in opificio universale, ma da circa dieci anni ha accelerato verso l’obiettivo – una novità nella sua lunghissima vicenda storica – di conseguire una presenza determinante a livello globale concentrando gli investimenti nei settori strategici e non solo vendendo prodotti a buon mercato. In ciò è sostenuta da una forte centralizzazione politica, dal dirigismo economico, dal controllo sull’emissione monetaria e gli investimenti. La sua strategia silenziosa, a fuoco lento con una recente netta accelerazione ha investito non solo gli Stati Uniti e l’Africa, trasformata in avamposto strategico, serbatoio energetico, colonia a medio termine per milioni di cinesi, ma anche il Giappone, Singapore e naturalmente l’Unione Europea.

La Cina da tempo non è impegnata solo a garantirsi materie prime ed energia a basso costo per il suo apparato industriale, ma fa molto di più, come dimostra il gigantesco megaprogetto della nuova Via della Seta, volto a costruire una rete di infrastrutture portuali e ferroviarie verso occidente sino all’Atlantico che coinvolgerà anche l’Italia (Trieste e Genova soprattutto). La Cina ha impresso un netto cambio di rotta alla sua politica estera, dapprima concentrata sullo sviluppo economico interno, incominciando a sfidare l’attuale ordine mondiale.

La svolta è più evidente dal 2012, da quando è al potere l’attuale presidente Xi Jinping. L’ americano Hoover Institute, legato al partito repubblicano, ha pubblicato un ponderoso studio sulla presenza cinese negli Stati Uniti. L’elenco degli interessi cinesi in America è lunghissimo, il loro impatto economico assai importante. Comincia a diventare rilevante anche l’aspetto culturale, con 350 mila studenti che seguono corsi di laurea negli Stati Uniti, mentre la madrepatria forma nei suoi atenei giovani africani e asiatici, le future classi dirigenti. Il deficit commerciale americano nei riguardi della Cina è enorme, circa 350 miliardi di dollari annui. Una parte notevole del pesante debito pubblico americano è in mani cinesi, tanto che il vice presidente Mike Pence ha invitato il sistema finanziario americano a rifiutare ulteriori acquisti. Inoltre, molti cinesi emigrano negli Usa acquisendo notevole influenza economica e politica. La strategia della penetrazione del Dragone, lo sappiamo, non risparmia l’Italia, con una rete fittissima di imprese non solo commerciali e artigiane che realizzano una sorta di economia chiusa, circolare con la patria e le aziende dei connazionali residenti.

Lo studio non ha rilevato interventi diretti sulla vita politica e le scelte elettorali americane, ma è preoccupato per la crescente influenza cinese nelle università, nei “pensatoi” (think tanks), l’intenso lavoro di lobby in ogni canale utile per orientare o contrastare decisioni finanziare, economiche, politiche, geostrategiche. Le università cominciano a ricevere pressioni per annullare o sterilizzare gli eventi potenzialmente critici verso il regime cinese, con vere e proprie rappresaglie da parte dell’ambasciata e dei consolati presenti nel paese.

La penetrazione cinese è particolarmente significativa nel settore tecnologico, la chiave per rafforzare il potere economico e la forza militare. Utilizza largamente lo spionaggio industriale e il trasferimento di tecnologie (know how) attraverso l’acquisto di imprese. Gli americani, paladini del libero scambio, non mettono in discussione ufficialmente l’entrata di capitali cinesi nelle loro industrie, ma lamentano l‘impossibilità di distinguere quale parte del capitale è pubblica e quale privata, tenuto conto del ruolo strategico dello Stato, della finanza pubblica e del Partito Comunista.

In effetti l’ircocervo cinese è un enigma difficile da interpretare: comandano i mandarini scelti dal Partito Comunista, i cui vertici hanno in mano lo Stato, il sistema bancario e dirigono l’economia secondo piani decisi dall’alto. Contemporaneamente, hanno promosso un forte sviluppo del sistema privato. Monta la preoccupazione per la natura opaca delle compagnie cinesi, socie e spesso proprietarie di industrie e grandi infrastrutture anche in Europa. L’ Olaf, l’agenzia antifrode comunitaria, ha confermato l’ampiezza della ben nota pratica della sottofatturazione all’importazione, con il triplo obiettivo di evadere le imposte, praticare concorrenza sleale e regolare parte delle transazioni in patria. I canali privilegiati di ingresso sono il porto greco del Pireo – controllato da società cinesi- quello di Costanza, ma anche Rotterdam e gli approdi del Regno Unito, in cui le indagini hanno provocato sanzioni per due miliardi di euro.
 
Il dibattito si è esteso in Germania e Francia, dove l’allarme delle autorità è crescente, per quanto espressa prevalentemente in incontri riservati e sedi confidenziali, e riguarda la penetrazione cinese in settori strategici. Si sta ripristinando l’antico sistema delle autorizzazioni ministeriali preventive per l’importazione e l’esportazione di determinati prodotti, un meccanismo considerato un residuo protezionista del passato, ma che è concordato a Bruxelles e verrà presumibilmente esteso in ambiti come la proprietà intellettuale e i mezzi di comunicazione.

La preoccupazione ha scosso la mercantilista Germania nell’anno 2017 dopo l’acquisto da parte cinese di Kuka, uno dei massimi produttori mondiali di robot. Un affare da circa 4,5 miliardi di euro in un comparto decisivo per la ricerca e la sicurezza, destinato a improntare le politiche industriali e del lavoro dei prossimi decenni. Ciò che preoccupa è la mancanza di reciprocità, principio base delle relazioni commerciali. Le barriere in entrata nell’economia cinese, le cui imprese sono finanziate con denaro pubblico e se ne infischiano delle “sacre” regole del mercato, sono tali da impedire l’accesso per le imprese europee e americane sgradite, i cui investimenti spesso falliscono per gli ostacoli di varia natura frapposti dalle autorità del Dragone. Il paradosso è che, con la presidenza Trump e il suo approccio protezionista, la Cina si è adesso erta a sostenitrice del libero commercio privo di dazi e divieti che viola sistematicamente in casa propria.

Le reazioni sono timide e balbettanti; il gigante asiatico è troppo forte, troppo importante per l’economia globale e non si può prenderlo di petto. E’ un socio scomodo ma dal quale non si può prescindere, lo dimostra il silenzio sui diritti umani violati, mancanza di libertà di pensiero e di religione, come sa bene la Chiesa cattolica. Il profumo degli affari fa chiudere gli occhi e tappare le orecchie, specialmente nei paesi il cui debito sovrano è finanziato dall’imponente avanzo commerciale cinese.

La nuova aggressiva posizione cinese è al centro della globalizzazione, ne mette in luce le contraddizioni e sta diventando un brodo di coltura delle reazioni dell’opinione pubblica internazionale. Ciononostante, e non sarebbe potuto capitare diversamente, il dossier cinese è stato del tutto ignorato a Buenos Aires nelle conclusioni del G20, un organismo internazionale allargato messo in piedi, nel suo disegno attuale, per spegnere i fuochi della grande recessione iniziata dieci anni fa, diventato una retorica vetrina di leaders politici senza alcuna funzione reale, l’apparenza di un inesistente multilateralismo.

L’aggressività economica cinese è uno dei grandi temi della globalizzazione e dà nuovo alimento alle reazioni “populiste” già innescate contro l’austerità imposta dal neoliberismo occidentale. Su questo gli americani ovviamente tacciono, preferendo esortare il concorrente asiatico a “recuperare la sua neutralità nel quadro geostrategico mondiale”. Pia illusione di chi ha sbagliato clamorosamente le previsioni strategiche aprendo le porte del commercio mondiale alla Cina e vuole continuare a controllare e dominare lo scenario mondiale. La radice delle rivendicazioni sovraniste, nonché la crescente richiesta di protezionismo economico, si trova precisamente nella necessità di recuperare lo spazio strappato a colpi di disarmo daziario in nome del libero scambio, con la richiesta di meno immigrazione, più controlli alla frontiera e maggiori barriere finanziarie e tecnologiche.

Non va sottovalutato il ruolo dell’aggressivo nazionalismo economico cinese, che ha lanciato con clamore il MIC 25 (made in China 2025) per promuovere i suoi prodotti di punta e proteggere le sue imprese dalla concorrenza sul mercato interno dopo avere approfittato largamente delle liberalizzazioni tariffarie disposte dal WTO per estendere la sua presenza nei mercati internazionali. Una politica che non è estranea all’inverno della recessione internazionale in arrivo, poiché il commercio non è equilibrato se le regole del gioco, fiscali, ambientali, lavorative, sono ingiuste e unilaterali come la manipolazione del valore dello yuan, la valuta cinese. Alcuni economisti suggeriscono l’attivazione di un protezionismo intelligente, fatto di barriere giuridiche extra doganali, capace altresì di disincentivare l’utilizzo degli avanzi di bilancio per fini di influenza politica, un problema che riguarda la Cina, e in Europa coinvolge la Germania.

La lotta tra la grande potenza finanziaria, economica e tecnologica americana e il suo avversario orientale ha un campo di battaglia grande quanto il pianeta. La globalizzazione libero scambista è squilibrata, non funziona, impoverisce una parte crescente del mondo. Rende l’Europa una periferia senza prospettive, non garantisce libertà, benessere, sviluppo. Non sono in gioco solo i dazi, la finanza e la tecnologia, ma un assetto del mondo che divide l’umanità in prede e predatori.
 
La mia generazione ha perso
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E’ uno di quei giorni in cui la malinconia ti prende e fino a sera non ti lascia più.
Così iniziava una bella canzone di Ornella Vanoni, scritta da Giorgio Calabrese, un paroliere che rispetto ai rapper odierni merita un posto nell’antologia della letteratura patria.
La malinconia è il sentimento che coglie riflettendo su una serie di avvenimenti, diversissimi e slegati tra loro, che sono il segno di un tempo bastardo.

In Cina uno scienziato è riuscito a modificare il DNA di due gemelline, aprendo la via, in un silenzio che sbigottisce, alla nuova genetica transumana, in grado di intervenire sulla natura più profonda.
Un settimanale ci informa del crescente successo della bambola sessuale di aspetto umano Realdoll, destinata al piacere autoerotico dell’uomo nell’era cibernetica.
Si chiama Harmony, si può modellare in distinte versioni, richiedere con accessori diversi: è un simbolo raggelante di solitudine, autoreferenzialità e conduce alla modifica del concetto di persona.
Ha aspetto e forma umane, sa conversare e reagire agli stimoli. E’ l’altra faccia della modifica del DNA.

Produciamo esseri umani in provetta, programmati in ogni dettaglio secondo i desideri degli acquirenti, pardon, genitori.
Perché scandalizzarsi se qualcuno assembla secondo volontà del cliente – che ha sempre ragione – pezzi di materiali vari con sembianze umane?
Presso il parlamento europeo è pronta una proposta per il riconoscimento della cosiddetta “persona elettronica” dei robot umanoidi.
La macchina a forma di bambola sessuale è tanto realistica da umanizzarsi nello stesso momento in cui l’uomo si spersonalizza e diventa oggetto, materia bruta.
Nessuna fantascienza, nessun Frankenstein e tanto meno l’opera di folli dottori Stranamore, solo la lucida conseguenza del dominio della tecnica.

Terzo evento: in una discoteca sovraffollata della provincia italiana, ragazzini accorsi al concerto di un mediocre cantante del genere trap,
Sfera Ebbasta, perdono la vita in un fuggi fuggi prodotto dalla stupidità di qualcuno – lo spray urticante – e dall’avidità di altri, il sovraffollamento del locale e l’impossibilità di organizzare un deflusso ordinato.
Muoiono adolescenti per ascoltare un ragazzotto pieno di tatuaggi, aspetto da coatto, incisivi placcati in oro, autore di musica elementare e testi demenziali veicoli di modelli negativi.

Ci sono tanti modi di definire la decadenza, il più conciso è perdita degli obiettivi nella vita.
La malinconia cede il passo a una disincantata consapevolezza, poiché la degenerazione è talmente grande da non essere neppure percepita.
La mia generazione ha perso, cantava Giorgio Gaber all’inizio degli anni Duemila.
Era la presa d’atto della sconfitta di chi si era comunque battuto.
La successiva generazione, quella di chi scrive, la prima a essere cresciuta con le idee nuove, quelle del 68 e dei suoi esiti,
la libertà, vietato vietare, tutto è dovuto, non ha neppure perduto, ha dato forfait, fuori gioco per rinuncia.
I suoi figli possono morire per Sfera Ebbasta nella notte illuminata dalle luci psichedeliche tra smartphone, gridolini, pasticche e molti bicchieri di troppo,
dopo aver cliccato “mi piace” e scattato fotografie di se stessi: l’esercito del selfie.

Una canzone con questo titolo, interpretata da un duo dal nome improbabile, Takagi e Ketra, dice:
“siamo l’esercito del selfie, di chi si abbronza con l’iPhone ma non abbiamo più contatti, soltanto like a un altro post, ma tu mi manchi, mi manchi in carne e ossa.”
Sì, la mia generazione è fallita e contempla le rovine cantando come Nerone dopo l’incendio di Roma.
Magari aveva ragione Gaber, “ma questa è un’astrazione, è un’idea di chi appartiene a una razza in estinzione”.
I ragazzini di Corinaldo, il paese di Santa Maria Goretti, martire bambina, erano accorsi in piena notte per ascoltare un tizio i cui testi sono i seguenti:
“hey troia! Vieni in camera con la tua amica porca. Quale? Quella dell’altra volta; faccio paura sono di spiaggia. Vi faccio una doccia, pinacolada, bevila se sei veramente grezza, sputala poi leccala leccala.”
I genitori non possono vietare, gli insegnanti non devono sconsigliare, questa è l’incultura in cui crescono i “millennials”.

Ma chi sono io per giudicare, membro di una generazione che ha idolatrato gruppi rock i cui testi esortavano già alla droga libera e a ogni promiscuità,
mentre la musica ritmata stimolava certe zone del cervello per abbatterne le difese?
Proprio nelle Marche, regione al plurale specchio d’Italia, a Tolentino, c’è un parco intitolato a John Lennon,
con una placca dove è inciso il testo del suo brano più famoso, Imagine, inno universale del nichilismo.
“Immagina che non ci sia nessun paradiso. E’ facile se ci provi. Nessun inferno sotto di noi. Sopra di noi solo cielo.
Immagina che tutte le persone vivano per oggi. Immagina che non ci sia alcuna nazione. Non è difficile da fare. Niente per cui uccidere o morire e anche nessuna religione.”
L’esito del mondo vagheggiato da John Lennon e compagni è sotto i nostri occhi, Sfera Ebbasta, Fedez, J-Ax sono soltanto il precipitato senza qualità della valanga avviata mezzo secolo fa.

Nessuno mi può giudicare, cantava Caterina Caselli. Nessuno, tranne la Matrix planetaria in cui siamo entrati con sciocca allegria,
che ci giudica, eccome, ci conosce talmente bene da plasmarci, inducendo desideri, gusti e scelte, e intanto ci sorveglia in mille modi attraverso gli apparati tecnici che ci rendono “comoda” la vita.
Comodo scegliere una bambola umana, si paga a rate con rid bancario; i più abbienti possono scegliere il carattere –basta programmare l’algoritmo – oltreché l’aspetto fisico e la forma degli organi intimi.
Nessuno, tanto meno le generazioni più giovani, esprime un giudizio etico: proibito.
Essenziale è che sia tecnicamente fattibile e, beninteso, alimenti un mercato.
Non stupisce l’imperiosa richiesta di dirigere la società avanzata da tecnici e scienziati.
Sono loro i detentori dell’unico sapere ammesso, disinteressati a ogni metafisica, materialisti al di là di ogni idea passata.

Sono gli stessi che stanno ri-generando il nostro cervello attraverso il linguaggio politicamente corretto, il dilagare del pensiero strumentale, il divieto del giudizio critico.
 
Ultima modifica:
Per chi si fosse persa questa parte del decreto.

È stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il cosiddetto decreto sicurezza, in vigore dal 4 dicembre.
La legge introduce alcune novità che riguardano anche la circolazione stradale: vediamole nel dettaglio.

Parcheggiatori abusivi.
Scende la multa, ma arriva l’arresto, per chi fa il parcheggiatore abusivo.
Ora l'articolo 7 del Codice della strada prevede una sanzione da 771 euro (erano mille fino a ieri),
ma se nell’attività sono impiegati minori oppure se la persona era già stata sanzionata per la stessa violazione
sono previsti l’arresto da sei mesi a un anno e un’ammenda compresa tra 2 mila e 7 mila euro.
Confermata la confisca delle somme percepite.
Nelle intenzioni del legislatore, la norma dovrebbe stroncare o almeno ridurre un fenomeno che affligge da tempo immemorabile molte città italiane,
ma è lecito dubitare della sua effacia data la scarsità di controlli e di presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine.

Autonoleggio.
Le società di autonoleggio dovranno comunicare al Centro elaborazione dati del ministero dell’Interno
i dati riportati nel documento di identità della persona che richiede un autoveicolo in locazione, sia a breve sia a lungo termine.
La comunicazione, dice la legge, dovrà essere effettuata contestualmente alla stipula del contratto
e comunque con un congruo anticipo rispetto al momento della consegna del veicolo.
Dalla norma sono esclusi il car sharing e in generale i servizi di mobilità condivisa, "al fine di non comprometterne la facilità di utilizzo".
In questo caso, il fornitore del servizio dovrà comunicare al Viminale l’elenco degli iscritti e i relativi aggiornamenti.
Questa nuova norma, tuttavia, entrerà in vigore solo dopo l’emanazione di un decreto attuativo del ministero dell’Interno,
entro sei mesi e sentita l’Autorità garante dei dati personali.

Veicoli immatricolati all’estero.
La nuova legge stringe le maglie contro i furbetti della targa estera.
In pratica, chi risiede in Italia da oltre 60 giorni non potrà circolare con un veicolo targato oltrefrontiera.
Da questa disposizione, però, sono esclusi i veicoli in leasing o a noleggio senza conducente acquisiti da operatori di un altro Stato della Ue
o dello Spazio economico europeo che non abbiano sedi secondarie o effettive in Italia
e quelli concessi in comodato a persone residenti in Italia legate da un rapporto di lavoro con un’impresa di un altro stato Ue o See che non abbia stabilito una sede in Italia.
Tutto questo a condizione, però, di tenere a bordo del veicolo "un documento sottoscritto dall’intestatario
e recante data certa dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità del veicolo".
La circolazione con un veicolo immatricolato all’estero oltre il 60° giorno dall’acquisizione della residenza in Italia comporta una multa da 712 euro e l’immediata cessazione dalla circolazione del veicolo.
Non solo. Nel caso in cui entro i successivi 180 giorni il veicolo non sia immatricolato in Italia o non sia tornato all’estero con foglio di via, è prevista la confisca.
Nel caso in cui il veicolo sia a noleggio o in comodato, ma sprovvisto del relativo documento,
la sanzione è di 250 euro con fermo amministrativo e obbligo di esibizione del documento entro 30 giorni.
In caso di violazione di questa disposizione è prevista l’ulteriore multa di 712 euro.
Per quanto riguarda, invece, i veicoli immatricolati all’estero che hanno adempiuto alle formalità doganali per l’ingresso in Italia
(per questi, la legge ammette la circolazione sul territorio nazionale per un anno), la circolazione oltre la scedenza del 12° mese
prevede una multa di 712 euro e la cessazione dalla circolazione del veicolo.
Se entro centottanta giorni dalla data di accertamento il veicolo non è immatricolato in Italia o non è richiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo oltre frontiera, scatta la confisca.

Confisca e fermo amministrativo.
La legge interviene anche sulla confisca e sul fermo amministrativo dei veicoli con l’obiettivo di rendere più efficaci e severe le procedure.
Inoltre, prevede un vero e proprio censimento dei veicoli sequestrati, fermati, rimossi, dissequestrati e confiscati,
che saranno individuati secondo il tipo, il modello e il numero di targa o di telaio, indipendentemente dalla documentazione dello stato di conservazione.
Il censimento, che dovrà avvenire ogni sei mesi, è in capo alle prefetture.
L’elenco dei veicoli presenti nelle depositerie da oltre sei mesi dovrà essere pubblicato online sul proprio sito internet istituzionale da ciascuna Prefettura.

Obbligato in solido.
La legge modifica l'articolo 196 del Codice della strada, quello sul principio di solidarietà, precisando che è obbligato in solido con l'autore della violazione
il locatario nel caso di locazione senza conducente oppure l'intestatario temporaneo nei casi in cui il veicolo sia nella disponibilità di una persona
diversa dal proprietario per più di 30 giorni ai sensi dell'articolo 94 comma 4 bis del Codice della strada.
Nel caso di veicoli con targa estera, infine, delle violazioni commesse risponde solidalmente la persona residente in Italia che ha, a qualunque titolo,
la disponibilità del veicolo, se non prova che la circolazione del veicolo stesso è avvenuta contro la sua volontà.

Blocco stradale.
Con le nuove disposizioni, ostacolare la libera circolazione sulle strade con ingombri e ostruzioni è illecito penale (fino a ieri lo era solo se il fatto avveniva sulle ferrovie).
È invece un illecito amministrativo l’ostruzione di una strada ordinaria con il proprio corpo.
Chi lo fa rischia una multa di mille euro. La stessa sanzione è prevista per chi promuove o organizza la manifestazione.
 
Patetici. Certe argomentazioni fanno a pugni con la realtà. L'esatto opposto.
Sono gli ex amministratori comunali. Immaginate Voi di quale area politca ........

Ma che cosa ci sarà mai da festeggiare?
Forse l’apertura di quello che, prima o poi, diventerà un centro commerciale e che causerà la chiusura forzata
(per le leggi del mercato) di tutti quei negozi di vicinato che, fino ad oggi, sono rimasti a servizio delle fasce più deboli della popolazione,
come gli anziani o i cittadini che hanno problemi di mobilità, fornendo i generi di prima necessità anche nelle zone più periferiche del paese?

O forse l’apertura di un’area commerciale alla quale l’amministrazione Fasoli ha svenduto il proprio territorio,
dimezzando il beneficio pubblico, quindi destinato a tutti i cittadini, che quell’ambito di trasformazione aveva previsto nel PGT, prima della variante urbanistica approvata da questa amministrazione?
O forse l’insediamento di un mostro edilizio, che ha compromesso le visuali paesaggistiche di una delle zone più belle di Mandello,
ha sconvolto la viabilità cittadina a evidente vantaggio dell’ingresso del supermercato, ammorberà l’aria della zona residenziale sottostante,
nella quale invece si infileranno i camion per il carico e scarico e illuminerà a giorno mezzo paese?

Un’amministrazione oculata avrebbe dovuto essere più presente, più attenta e più vigile dell’interesse della collettività
nel momento in cui invece abdicava al proprio dovere di governare il territorio, nel momento in cui rinunciava a ciò che doveva chiedere per i propri cittadini in cambio dei notevoli vantaggi concessi al privato.

Ed ora l'altro lato della medaglia.

Una superficie di 1200 metri quadrati, su un’area complessiva di 2 mila mq,
120 parcheggi di cui la metà all’esterno e l’altra al coperto,
50 dipendenti dei quali 31 neo assunti di cui nove di Mandello:
sono i numeri del nuovo punto vendita Iperal, inaugurato mercoledì pomeriggio, alla vigilia della sua apertura ufficiale al pubblica, prevista per giovedì mattina.

E’ il 40esimo punto vendita Iperal, il quarto aperto in un solo anno per la catena di supermercati nata nel 1986 in provincia di Sondrio.

“Siamo un’azienda fortemente territoriale, crescita in provincia Sondrio, poi siamo scesi con il passo dei montanari,
ovvero facendo il passo secondo la gamba e nel 2000 abbiamo aperto a Lecco.
Oggi siamo presenti in sette province della Lombardia” ha ricordato intervenendo all’inaugurazione, il presidente del gruppo Iperal, Antonio Tirelli.

Un’apertura “contrastata” ha sottolineato il presidente di Iperal ricordando i cinque ricorsi al Tar e i due ricorsi civili avanzati da alcuni cittadini.
“Mai come in questa apertura siamo stati contrastati, abbiamo dovuto trovare una soluzione per garantire il diritti di tutti
e dobbiamo ringraziare l’amministrazione comunale che ha sempre lavorato con fermezza e serietà”.
“Nelle nostre aperture siamo sempre rispettosi dei territori e della comunità in cui andiamo a sviluppare la nostra iniziativa per questo dole il contrasto con alcuni mandellesi”.

“Abbiamo cercato di garantire i diritti di tutti – ha spiegato Fasoli – avendo un occhio di riguardo per i nostri commercianti,
prestando attenzione alla grandezza di questa struttura, alla viabilità con la nuova rotonda e alla riqualificazione di un’area che andava verso la dismissione”.

Iperal ha stimato in tre mila i mandellesi che fanno compere nei punti vendita già aperti,
“sappiamo che la metà dei nostri cittadini fa spesa fuori dal nostro comune. Significa che al territorio serviva una struttura come questa”.
 
Il pozzo è ancora più profondo di quanto immaginabile.......

Il cielo stellato è considerato Patrimonio mondiale dell'Umanità e, per questo, non può essere disturbato dai fari che generano inquinamento luminoso.

Per questo, il titolare di una concessionaria di auto di Padova si è visto recapitare una multa da 1.715 euro. Non era mai accaduto prima.

A difendere il cielo stellato ci pensa l'associazione Veneto Stellato,
di cui fanno parte tutti gli appassionati che osservano e studiano le costellazioni,
compito parecchio difficile quando le lampadine ne impediscono la visione.
Affianco all'associazione è scesa in campo, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, anche l'Agenzia regionale per l'ambiente.

Ma i danni causati dall'inquinamento luminoso sono anche altri: da quello culturale,
per cui i bambini conoscono le costellazioni solo attraverso i libri, a quello ecologico, dato che
"le intense fonti luminose alterano il normale oscuramento notturno influenzando negativamente il ciclo della fotosintesi clorofilliana che le piante svolgono nel corso della notte".

Nove anni fa, la Regione ha introdotto una legge con la quale imponeva di indirizzare i fari verso il basso, non verso il cielo. In molti però non lo sanno.
 

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