LA VITA NON SI MISURA ATTRAVERSO IL NUMERO DI RESPIRI CHE FACCIAMO, MA ATTRAVERSO I MOMENTI CHE

L'articolo è un po' forte, ma rispecchia il pensiero di molti, molti Italiani stufi di questo sistema. Del buonismo.
Dirò di più. Tempo fa ci fu la morte di un "nero" che aveva attaccato un "bianco" con un cartello stradale
ma che - per sua sfortuna - era incappato in un pugno che lo fece cadere e battere la testa.
Sdegno del Presidente, sdegno della boldrini, del pd, del papa, di pinco pallo, ora è morta una ragazza,
poteva anche essere ribelle, poteva anche essere dipendente, ma non è morta perchè ha battuto la testa.
E' stata tagliata a pezzi e messa in 2 valigie. Un tantino differente non credete ?
Non ho letto una riga di condanna, di sdegno, nulla. Ma non provano vergogna ?

"Il primo è un nigeriano, il secondo è un buonista. Il primo è un criminale, il secondo è un idiota

Il primo è un immigrato irregolare con precedenti penali che gira libero per le nostre città a spacciare e a delinquere come se niente fosse.
Il secondo fa il politico di sinistra, l’intellettuale impegnato, il volontario delle Ong con i soldi di Soros, il fighetto radical-chic con il culo degli altri.

Il primo, il nigeriano, è scappato dal suo Paese a causa della guerra, ci dicono.
Ma da che mondo è mondo dalle guerre scappano le donne e i bambini mentre lui è un uomo di 28 anni.
E francamente è strana questa immigrazione che porta in Europa masse di giovani sani di corpo
e di mente e lascia sotto le bombe e le persecuzioni i più indifesi.
Il secondo, il buonista, vive da sempre qui, gode della libertà e della sicurezza che gli sono garantiti
ed è così stupido da convincersi che facendo entrare tutti, lui faccia il bene di queste persone e di se stesso,
mentre fa solo il bene dell'elite globalista che pilota questo esodo di nuovi schiavi.

Il nigeriano, quello che si traveste da profugo, da povero, da diseredato, è solo uno schifoso delinquente
che si approfitta della possibilità che noi diamo a lui per farsi manovalanza delle organizzazioni criminali, in cambio di facili guadagni.
Il buonista, quello che si veste di solidarietà, è solo uno schifoso schiavista, uno di quelli che è convinto
che gli immigrati ci pagheranno le pensioni o che è meglio farli entrare tutti così li mettiamo a raccogliere i pomodori
come dice Emma Bonino (e questo solo perché in Italia non coltiviamo cotone come nella Virginia del XIX secolo).

NON SOLO…
Il nigeriano non è solo il nigeriano; è anche il tunisino, il marocchino, il bosniaco insomma è tutti quelli
che chiamiamo clandestini e che una volta in Italia si mettono a rubare, stuprare, spacciare, assassinare, rafforzando la già folta fauna di delinquenti nativi.
Il buonista non è solo il buonista; è anche l’antirazzista, il progressista, il catto-comunista, l’umanitarista,
il prete arcobaleno, la femminista, insomma tutta quella poltiglia di retorica ed ipocrisia
che alimenta una sottocultura che sta mandando in malora la nostra Nazione.

Sia chiara una cosa: il nigeriano e quelli come lui non hanno nulla da spartire con gli stranieri
che in Italia vengono a lavorare, che rispettano le leggi e che magari sognano un giorno di diventare cittadini di questo Paese.
A loro va il nostro aiuto e la nostra vera amicizia.

Mentre al contrario, il nigeriano e il buonista, l’irregolare e il suo complice italiano,
il criminale che abusa della nostra libertà e l’idiota che lo legittima e lo fa entrare, rappresentano la feccia di questo Paese."
GiampaoloRossi
 
Nel 2014 il New York Times rivelò che la decisione di Obama di modificare la legge sull’immigrazione per facilitare il riconoscimento degli irregolari, fu spinta dalla campagna delle associazioni pro-immigrati divenute una “forza nazionale” grazie all’enorme quantità di denaro versato nelle loro casse dalle ricchissime fondazioni di sinistra tra cui, appunto, la Open Society di Soros (oltre alla sempre presente Ford Foundation); “Negli ultimi dieci anni – scrive il NYT – questi donatori hanno investito più di 300 milioni di dollari nelle organizzazioni di immigrati” che lottano “per riconoscere la cittadinanza a quelli entrati illegalmente”.

Ora, Soros, che di mestiere fa lo speculatore finanziario, è uno che con i soldi non produce ricchezza ma povertà. Il suo lavoro è, di fatto, scommettere sulla perdita degli altri; lui vince se il mondo perde.
Soros appartiene a quella aristocrazia del denaro per la quale, crisi economiche e guerre, sono linfa vitale per il proprio portafoglio (e per il proprio potere).
E infatti i suoi miliardi li ha fatti (e continua a farli) mettendo in ginocchio le economie di mezzo mondo; ne sappiamo qualcosa anche noi italiani che nel 1992, subimmo l’attacco speculativo orchestrato dal suo fondo “Quantum” che bruciò il corrispettivo di 48 miliardi di dollari delle nostre riserve valutarie, costringendo la Lira ad uscire dallo Sme (insieme alla sterlina inglese).

E se “destabilizzare le economie” è il suo lavoro, destabilizzare i governi è il suo hobby; e così Soros finanzia da anni rivoluzioni colorate (dall’est Europa alle Primavere Arabe) che altro non sono che guerre civili all’interno di Stati sovrani per sostituire governi legittimi con replicanti a lui rispondenti; e adotta (finanziando campagne elettorali) candidati particolarmente inclini a fare le “guerre umanitarie” con cui stravolgere intere aree del mondo.

LO SCHEMA SOROS: POVERI-PROFUGHI-IMMIGRATI
Per semplificare (anche troppo) lo chiameremo “SCHEMA SOROS” anche se in realtà è un preciso disegno dell’élite tecno-finanziaria per costruire il proprio sistema di potere globale.

Lo “Schema Soros” funziona così: l’élite prima produce i poveri, poi trasforma alcuni di loro in profughi attraverso una bella guerra umanitaria o una colorata rivoluzione (in realtà i profughi sono meno della metà degli immigrati) e poi li spinge ad entrare illegalmente in Europa e in Usa grazie alle sue associazioni umanitarie, ricattando i governi occidentali e i leader che essa stessa finanzia affinché approvino legislazioni che di fatto eliminano il reato di immigrazione clandestina. Il tutto, ovviamente, per amore dell’Umanità.
In questo schema un ruolo centrale ce l’ha il sistema dei media e della cultura nel manipolare l’immaginario simbolico e costruire il “pericolo xenofobo e populista” contro chiunque provi ad opporsi a questo processo.

E francamente fa uno strano effetto vedere la sinistra americana di Obama e della Clinton solidarizzare con i profughi dopo aver lanciato sulla loro testa 26.000 bombe solo nel 2016 (quasi 50.000 in due anni) e venduto ai loro governi più armi di qualsiasi amministrazione americana, nel rumorosissimo silenzio di Soros e dei benpensanti che oggi scendono in piazza contro Trump.

A COSA SERVE L’IMMIGRAZIONE INDOTTA?
L’immigrazione in atto non è un processo naturale ma indotto per consolidare un modello incentrato non sulla ricchezza reale (produzione di beni e consumo) a vantaggio di tutti, ma su quella “irreale” del debito e dell’usura, a vantaggio di pochi.
La globalizzazione non è altro che il processo di concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di un numero sempre più ristretto di persone (quel famoso 1% che detiene il 50% della ricchezza globale).

Per l’Occidente il vero sconvolgimento è la dissoluzione della classe media, l’erosione ormai costante di quella che è stata il motore trainante dello sviluppo economico e civile dell’ultimo secolo e mezzo.
Non è un caso che “l’abbattimento della borghesia” (sogno di ogni ideologia totalitaria di destra e di sinistra) va di pari passo con i tentativi di smantellamento delle democrazie in atto in Occidente attraverso l’ascesa di governi tecnocratici e revisioni costituzionali scritte direttamente dai banchieri.
Per Soros e per l’élite tecno-finanziaria, “la democrazia è un lusso antiquato” (come scrisse il Financial Times, la Bibbia del gotha finanziario); e i meccanismi di sovranità popolare e rappresentanza parlamentare sono un intralcio alla gestione diretta del potere.

Il processo d’immigrazione indotta serve proprio a questo: disarticolare l’ordine sociale e culturale, generare conflitti endemici (guerra tra poveri), imporre legislazioni più autoritarie, alterare l’equilibrio demografico e generare un’appiattimento della stratificazione sociale per ridurre il peso di quella classe media, elemento da sempre in conflitto con le élite.

Per Soros e i suoi amici è molto più funzionale una società a due livelli: una élite con in mano grande potere economico (e decisionale) in grado di gestire anche i flussi informativi (e formativi) e una massa sempre più povera, dipendente da questa élite e dall’immaginario che essa costruisce; e nel progetto globalista, le identità nazionali e religiose (proprio perché pericolose costruttrici di senso) devono essere annullate all’interno di una massa indistinta e perfettamente funzionale al sistema di dominio.

Il sogno di un mondo governato da pochi plutocrati passa per la dissoluzione dell’Occidente come lo conosciamo e l’immigrazione di massa costruita a tavolino e legittimata persino nelle dichiarazioni ufficiali dei tecnorati sulla “Migrazione Sostitutiva”, serve a trasformare il loro sogno nel nostro incubo.
 
Qui si combina il buonismo con la paura. Con il buonismo si entra in un vicolo cieco. Ed ho il dubbio che prevalga la paura.
Gli insegnanti non debbono essere lasciati soli. Purtroppo non ci sono più i Presidi di una volta.
Quelli che sapevano gestire le situazioni e prendersi delle responsabilità.
A scuola ? Con un coltello ? Diciassette anni ? Lo manderei a pelar patate per almeno altri 17 anni.

Il ragazzo che ha accoltellato la professoressa a scuola si dice pronto a pagare.
"Le volevo solo fare un graffio".

Ma l'insegnante non è dello stesso parere.
"Non faccia del male a quel ragazzo, madonna mia non ce l'ho fatta a cambiarlo".
"Ho cercato di spingerlo a fare meglio, ma non ce l'ho fatta".
 
Poverini. Speriamo vadano a nuove elezioni.

Trovata l'intesa sui rifugiati, sui 45 miliardi di investimenti pubblici, sull'assunzione di 15 mila nuovi poliziotti
e sulla possibilità di revocare la nazionalità tedesca a chi dopo averla acquisita si sia macchiato di reati di terrorismo,
è la politica sociale a dividere ancora la Cdu dalla Spd.

Nella speranza di acquietare la metà del partito contraria a governare ancora con Merkel,
il leader socialdemocratico Martin Schulz chiede più flessibilità per i lavoratori che vogliano passare da tempo pieno a part-time,
e una perequazione fra le assicurazioni sanitarie pubbliche e private.

Scelte sgradite agli imprenditori che si sentono «traditi» da una cancelliera sempre più incline ad accontentare il fronte progressista:
all'ondata di investimenti, le pmi tedesche avrebbero preferito un taglio delle tasse.

D'altronde Merkel è legata a doppio filo a Schulz, che subisce la fronda della sinistra e dei giovani socialdemocratici (gli Jusos).
Il loro leader Kevin Kühnert ha lanciato una campagna di tesseramento al solo scopo di affossare l'intesa fra Schulz e Merkel.
Poiché la tessera della Spd costa 5 euro al mese, Kühnert ha lanciato uno slogan: pagate 10 euro, votate e mandiamoli a casa.
 
Sempre a mischiare la politica con lo sport. Non va bene. Non fa bene.
E poi ...un cellulare per fermare il programma missilistico.......ma dai...buffoni.

Secondo quanto pubblicato ieri dal quotidiano di Seul Chosun Ilbo, le delegazioni dei circa cento Paesi
presenti alla kermesse a cinque cerchi di PyeongChang otterranno i 4mila pacchetti dono
made in Samsung Electronics, per i nordcoreani invece nulla.

Gli smartphone, dal valore commerciale di 900 euro al pezzo, non potranno infatti essere donati ai 22 atleti del Nord
e ai loro allenatori e accompagnatori, in osservanza delle sanzioni internazionali varate dall'Onu per punire, e fermare,
il programma nucleare e missilistico di Kim Jong-un.
Nel documento redatto dalle Nazioni unite viene imposta una vera e propria restrizione sui beni di lusso
e sulle apparecchiature elettroniche, potenzialmente utilizzabili a scopi commerciali e militari.

Protesta la nazionale femminile di hockey, così come la squadra di sci,
entrambe le delegazioni ritengono infatti che la vicenda stia penalizzando l'aspetto sportivo.

Mentre Ryom Tae-ok e Kim Ju-sik, la ormai celebre coppia del pattinaggio (e del disgelo) non sembra più di tanto preoccupata.
Grazie alla loro recente esibizione a Taipei, dove hanno conquistato la medaglia di bronzo,
Ryom e Kim sono riusciti a mettere le mani sull'ultimo modello di smartphone,
e poco importa se non ha il logo preparato dalla Samsung per l'evento.

Nel frattempo la squadra femminile di hockey, per non andare incontro a ulteriori sanzioni,
si è fatta confezionare le divise da un'azienda finlandese per evitare grane dell'ultimo momento con lo sponsor ufficiale, l'americana Nike.
Si tratta comunque di materiale in prestito (mute, caschetti e stecche) da restituire all'azienda di Helsinki al termine del torneo.

La vicenda dell'embargo dei telefonini è stata commentata dal vice-premier nordcoreano RoTu-chol,
lo stesso che nei giorni scorsi aveva dato notizia della cancellazione dell'evento congiunto con i sudcoreani
che si sarebbe dovuto tenere oggi presso il Monte Kumgang.

«In quel caso il problema era con Seul.
Sulla questione dei doni chiederemo spiegazioni ai rappresentanti delle Nazioni Unite.
Questo non è embargo, ma un insulto agli atleti e al ruolo primario di ambasciatori di pace».

Ancora meno diplomatica l'uscita del ministro degli Esteri Ri Yong-ho,
che dopo aver ringraziato la Finlandia per il supporto tecnico al team di hockey
ha tirato in ballo una casa automobilistica di Seul e «i doni fatti dal suo presidente Chung Ju-yung
per comprare gli arbitri ai mondiali di calcio del 2002. I doni di Seul sono nocivi. Sappiamo tutti come andò a finire».

Per la cronaca la Corea del Sud riuscì a salire sul terzo gradino del podio,
traendo vantaggio dagli scandalosi arbitraggi nelle partite contro l'Italia (Byron Moreno è un nome che genera ancora oggi incubi) e Spagna.
 
Ieri, mentre il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan rivendicava di aver rimesso in carreggiata Monte Paschi
con «la massima protezione per i risparmiatori e i lavoratori», si concludeva l'udienza preliminare
sul crac dell'ex Banca Popolare di Vicenza, le cui attività in bonis sono finite insieme a quelle di Veneto Banca
nella pancia di Intesa per un euro. Lo stesso Mps peraltro è ad oggi di fatto in mano allo Stato e quindi alla ricerca di un compratore.

Tornando al Forex, Visco prenderà la parola sabato prossimo presso il Cattolica Center di Verona:
ad ascoltarlo, quest'anno ad ospitare l'incontro è il Banco Popolare, ci sarà il gotha del credito italiano e gli analisti finanziari, oltre allo stesso Padoan.

Già da domani mattina comunque si potrà saggiare la reazione della Borsa alle posizioni al ribasso
aperte dai fondi hedge, Bridgewater in testa, su alcune banche italiane.

Senza contare l'incognita legata ai tempi di attuazione dell'addendum con cui la Vigilanza Unica
di Daniel Nouy vuole dare una decisa stretta alla gestione delle «nuove» sofferenze dei grandi istituti di credito europei.

Ecco perché assume un sapore quasi «sistemico» lo stesso piano industriale che l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo,
Carlo Messina, presenterà martedì alla comunità finanziaria, insieme ai conti del 2017.
Piano da cui è atteso sia una forte sforbiciata agli npl sia un chiaro percorso di sviluppo anche all'estero:
Ca de' Sass (-0,7% a 3,1 euro la chiusura del titolo venerdì in Borsa, dove la performance annua resta prossima a +42%) ha puntato gli occhi sulla Cina.

Quarantotto ore dopo, giovedì, sarà invece l'ad di Unicredit (-1,13% a 17,57 euro la chiusura di venerdì per un rally annuo del 31,8%)
Jean Pierre Mustier a illustrare i conti: il consensus stima un 523 milioni di utili nel quarto trimestre.

Completano il quadro i conti del Credito Valtellinese, l'ultima a dover ricapitalizzare dopo Carige:
l'aumento da 700 milioni dell'ex popolare valtellinese (-2,3% a 10,69 euro venerdì per un tonfo annuo del 78%) dovrebbe scattare il 19 febbraio.
 
Perfettamento d'accordo con il Dott. Galoppi.

Sulla scorta dell'improvvisa accelerazione del dibattito parlamentare in merito,
la legge approvata nel dicembre scorso ed entrata in vigore ieri che introduce le DAT
(dichiarazioni anticipate di trattamento) ha così apposto un timbro di legalità formale
e normativa sulla scelta di ciascuno di decidere relativamente alla propria sorte,
sbilanciando la questione su un piano politico ed istituzionale.

Proprio in merito a questo nuovo sguardo tecnico l'incontro è stato introdotto dall'intervento del magistrato oggionese Claudio Galoppi,
membro dal 2014 del Consiglio Superiore della Magistratura, che in modo didascalico
ha dato una rapida infarinatura normativa relativamente alla legge in discussione.
Essa si fonda sul modello del consenso informato e presuppone di conseguenza l'impossibilità
di un provvedimento medico senza una precisa manifestazione di volontà del paziente,
il quale si avvale del diritto di scegliere quali cure accettare e quali rifiutare.

Questo dato, legale ma anche culturale, diventa dunque la necessaria premessa
per una serie di implicazioni normative a domino: nelle situazioni di emergenza e urgenza
il medico e l'equipe dovranno infatti avere come stella polare delle loro decisioni terapeutiche
il rispetto delle disposizioni del malato - oppure, nel caso in cui il soggetto in questione fosse incapace di intendere e volere,
quelle del suo rappresentante legale - che avrà totale arbitrio anche sulle scelte relative a nutrizione e idratazione artificiali.

Sulla scia di tale modello si fonda altresì la possibilità di disporre di uno strumento di realizzazione
del consenso informato anticipato (DAT), modificabile e revocabile, in ordine alle cure
alle quali un individuo intende sottoporsi nel caso in cui in futuro non fosse in grado di decidere autonomamente.
 
Come esposto dal magistrato, questo profilo della disciplina intacca non solo il ruolo del malato
ma anche inevitabilmente quello del medico, il quale non sarà più titolare di diritti
ma diventerà al contrario destinatario di obblighi.

"A fronte di un diritto esigibile deve esistere per converso un dovere,
tant'è che nei confronti del diritto di un paziente esiste l'obbligo del medico
e delle strutte sanitarie di eseguire sempre la volontà del primo"

ha commentato Galoppi, soffermandosi su come a suo dire la conferma di questa epocale trasformazione culturale
nella dicotomia medico-paziente si paleserà nell'ipotesi particolarmente delicata della decisone terapeutico-sanitaria
alla quale sottoporre un minore o una persona incapace di libero arbitrio.

"Attraverso questa radicale soggettivizzazione decisionale indirizzata verso il malato,
l'attività medica si definirà quindi in termini meramente contrattuali
ed il rapporto tra medico e paziente diventerà solo un incontro di volontà,
in cui il malato deterrà la supremazia sul medico e il secondo sarà solo un esecutore meccanico.
Per non parlare di alcune conseguenze facilmente prevedibili, tra cui l'insorgenza di atteggiamenti pericolosi
da parte dei medici di natura cautelativa o l'abbandono del malato e del suo contesto familiare
di fronte ad un enorme onere psicologico che graverà su di loro.
Questa legge deve farci riflettere sulla possibilità di una minaccia per la libertà
da parte di uno Stato che da garante dei diritti arriva a trasformarsi in uno liberticida".
 
A chiudere l'intervento dell'esponente CSM è stato infine l'accenno a due punti significativi:
da un lato la mancanza di considerazione data all'obiezione di coscienza del medico,
che per legge dovrà quindi piegarsi alle disposizioni del malato sebbene non siano eticamente
e moralmente coerenti con i propri ideali; e dall'altro l'aporia di compatibilità costituzionale
tra questi recenti atti relativi alla libertà di autodeterminazione e l'articolo 2 della nostra costituzione
che invoca appunto il "diritto alla vita".

A prendere il microfono come portabandiera di questo diritto "superiore ed inalienabile" è stata la seconda ospite della serata:
la lecchese Anna Micheli, moglie di Gianni che da undici anni vive in uno stato vegetativo persistente
a causa di un arresto cardiaco ed è tutt'ora ricoverato in una RSA.
Parlando commossa di fronte al pubblico, la donna ha raccontato l'estrema fragilità ma anche la forza di quella condizione
che ha messo a dura prova le sue convinzioni sulla vita e quelle di
"centinaia di persone invisibili che vivono il problema silenziosamente e voglio continuare a ricercare
il benessere del proprio congiunto nonostante le difficoltà".


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"La cosa più importante - ha chiosato - è imparare a parlare di persone e non di categorie.
Nella clinica in cui si trova mio marito io e lui abbiamo festeggiato il nostro 40°
e successivamente 45° anniversario di nozze, il matrimonio di nostro figlio, moltissimi compleanni e ricorrenze.
Il tutto condividendo insieme il dolore mai sopito. Se è vero che la civiltà di uno Stato si misura
in base all'accudimento dei disabili più gravi, chi siamo noi per dire che questa vita non è degna di essere vissuta?".

Una testimonianza vivida e toccante, capace di spostare l'ago della bilancia da una visione legislativa
e formale ad una affettiva, vissuta e sperimentata emotivamente per più di un decennio.
Quella delle persone "con veglia non responsiva" è però una condizione visceralmente provata nel quotidiano
non solo da amici e famigliari, ma anche dai medici stessi che instancabilmente si occupano della cura terapeutica di tali pazienti.

Un lampante esempio di questa classe è il dottor Giovanni Battista Guizzetti,
medico responsabile del reparto per pazienti in stato vegetativo del Centro Don Orione di Bergamo
che da 35 anni dedica il suo quotidiano alla cura di malati in stato cronico.
"Ho accettato di lavorare in questo settore molti anni fa, quando ancora lo stato vegetativo
era una condizione clinica recente e poco conosciuta" ha raccontato l'esperto.
"Ciò che mi ha spinto è stata la gravità delle domande sull'essere medico
e soprattutto sull'essere uomo che questo campo implica:
definire il contenuto e il livello di coscienza di una persona affetta da queste disabilità
è molto difficile e infatti questo è l'ambito clinico con il tasso di errore più alto, che si aggira tra il 40% e il 42%".

Parlando dei pazienti incontrati nel corso della sua lunga carriera,
il dottor Guizzetti ha messo sul tavolo di dibattito varie questioni,
chiedendosi se la coscienza possa da sola definire il valore o la dignità di una persona
o se l'impossibilità di un recupero siano ragioni sufficienti per negare una cura.

"Tra queste domande a mio parere quelle fondamentali sono solo tre, attorno alle quali ruota poi tutto l'argomento in causa:

alimentare o idratare una persona può essere considerata una terapia?

La DAT e il biotestamento sono davvero i principali problemi dei giorni nostri?

E soprattutto come può una persona decidere oggi di una cosa che le accadrà tra molti anni?"
.
 
Buongiorno,
qualcuno si ricorderà di "Biancaneve", la cerva leucistica dal mantello quasi bianco avvistata ripetutamente un anno fa nella Riserva del Pian di Spagna, un'area protetta al confine tra le province di Como, Lecco e Sondrio, famosa per ospitare molte specie anche rare di uccelli, sia per lo svernamento sia durante il passo migratorio.
Dopo il clamore iniziale per la rarissima osservazione, però da mesi si erano perse le tracce dell'animale, tanto che qualcuno temeva per la sua sorte.
Per fortuna, "Biancaneve" è invece viva e vegeta, ho avuto l'occasione di avvistarla qualche giorno fa, insieme al branco di cui fa parte.

biancanev.jpg


Non resta che augurarle buona e lunga vita, e di non incappare in qualche malintenzionato, che purtroppo non manca mai.
 

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