L'angolo della poesia

Ode al suo aroma

Mia soave, di cosa odori?
Di che frutto?
Di che stella? Di che foglia?
Presso
il tuo piccolo orecchio
o sulla tua fronte
mi chino,
ficco
il naso tra i capelli
e il sorriso,
cerco di riconoscere
la stirpe del tuo aroma:
è soave, ma
non è fiore, non è coltellata
di penetrante garofano
o impetuoso aroma
di violenti
gelsomini,
è qualcosa, è terra,
è
aria,
mele o legnami,
odore
di luce sulla pelle,
aroma
della foglia
dell’albero
della vita

con polvere
di strade
e freschezza
d’ombra mattutina
alle radici,
odor di pietre, di fiume,
ma
più simile
a una pèsca,
al tepore
del palpito segreto
del sangue,
odore di casa pura
e di cascata,
fragranza
di colomba
e capelli,
aroma
della mia mano
che perlustrò la luna
del tuo corpo,
le stelle
della tua pelle stellata,
l’oro,
il grano,
il pane del tuo contatto,
e lì,
per tutta la lunghezza
della tua luce furiosa,
sulla tua circonferenza d’anfora,
sul calice,
sugli occhi del tuo seno,
fra le tue ampie palpebre
e la tua bocca di schiuma,
su tutto
lasciò,
la mia mano lasciò
odor d’inchiostro e selva,
sangue e frutti perduti,
fragranza
di obliati pianeti,
di puri
fogli vegetali,

il mio stesso corpo
sommerso
nella freschezza del tuo amore, amata,
come in una sorgente
o nel suono
di un campanile
lassù
tra l’odore del cielo
e il volo
degli ultimi uccelli,
amore,
odore,
parola
della tua pelle, dell’idioma
della notte nella tua notte,
del giorno nel tuo sguardo.
Dal tuo cuore
sale
il tuo aroma
come dalla terra
la luce fino alla cima del ciliegio:
sulla tua pelle io fermo
il tuo palpito
e odoro
l’onda di luce che ascende,
la frutta sommersa
nella sua fragranza,
la notte che respiri,
il sangue che esplora
la tua bellezza
fino a giungere al bacio
che mi attende
nella tua bocca.


Pablo Neruda
 
garota de Ipanema (per me oltre che una canzone è una bella poesia)

Olha que coisa mais linda
Mais cheia de graça
É ela, a menina
Que vem e que passa
Num doce balanço
Caminho do mar
Moça do corpo dourado
Do sol de Ipanema
O seu balançado
É mais que um poema
É a coisa mais linda
Que eu já vi passar
Ah, porque estou tão sozinho
Ah, porque tudo é tão triste
Ah, a beleza que existe
A beleza que não é só minha
Que também passa sozinha
Ah, se ela soubesse
Que quando ela passa
O mundo sorrindo
Se enche de graça
E fica mais lindo
Por causa do amor
Olha que coisa mais linda
Mais cheia de graça
É ela, a menina
Que vem e que passa
Num doce balanço
Caminho do mar
Moça do corpo dourado
Do sol de Ipanema
O seu balançado
É mais que um poema
É a coisa mais linda
Que eu já vi passar
Ah, porque estou tão sozinho
Ah, porque tudo é tão triste
Ah, a beleza que existe
A beleza que não é só minha
Que também passa sozinha
Ah, se ela soubesse
Que quando ela passa
O mundo sorrindo
Se enche de graça
E fica mais lindo
Por causa do amor
Por causa do amor
Por causa do amor
Por causa do amor
 
Quando la notte è quasi terminata

Quando la notte è quasi terminata
E l’alba a sorgere è così vicina
Che toccare gli spazi ci è possibile.
Di lisciare i capelli allora è tempo .

E preparar le fossette alle guance .
E stupirci d’aver tanto badato.
A quella vecchia – stinta mezzanotte
Che – solo per un’ora – ci ha atterriti .

EMILY DICKINSON
 
W.W.

Però io preferisco le poesie dei forumisti e dei loro discendenti, si sappia.
:)
 

Allegati

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Pioggia

La pioggia ha un vago segreto di tenerezza
una sonnolenza rassegnata e amabile,
una musica umile si sveglia con lei
e fa vibrare l’anima addormentata del paesaggio.
È un bacio azzurro che riceve la Terra,
il mito primitivo che si rinnova.
Il freddo contatto di cielo e terra vecchi
con una pace da lunghe sere.
È l’aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori
e ci unge con lo spirito santo dei mari.
Quella che sparge la vita sui seminati
e nell’anima tristezza di ciò che non sappiamo.
La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di esser nati tardi,
o l’illusione inquieta di un domani impossibile
con l’inquietudine vicina del color della carne.
L’amore si sveglia nel grigio del suo ritmo,
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
nel contemplare le gocce morte sui vetri.
E son le gocce: occhi d’infinito che guardano
il bianco infinito che le generò.
Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco
e vi lascia divine ferite di diamante.
Sono poeti dell’acqua che hanno visto e meditano
ciò che la folla dei fiumi ignora.
O pioggia silenziosa; senza burrasca, senza vento,
pioggia tranquilla e serena di campani e di dolce luce,
pioggia buona e pacifica, vera pioggia,
quando amorosa e triste cadi sopra le cose!
O pioggia francescana che porti in ogni goccia
anime di fonti chiare e di umili sorgenti!
Quando scendi sui campi lentamente
le rose del mio petto apri con i tuoi suoni.
Il canto primitivo che dici al silenzio
e la storia sonora che racconti ai rami
il mio cuore deserto li commenta
in un nero e profondo pentagramma senza chiave.
La mia anima ha la tristezza della pioggia serena,
tristezza rassegnata di cosa irrealizzabile,
ho all’orizzonte una stella accesa
e il cuore mi impedisce di contemplarla.
O pioggia silenziosa che gli alberi amano
e sei al piano dolcezza emozionante:
dà all’anima le stesse nebbie e risonanze
che lasci nell’anima addormentata del paesaggio!
FEDERICO GARCIA LORCA
 
Questo "Canto" mi scombussola sempre, mi smuove le emozioni, mi coinvolge tantissimo.

Inferno, Canto V ("Divina commedia", Dante Alighieri)

Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giù volte.

«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,

«guarda com'entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid'io venir, traendo guai,

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».

«La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell'è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussuriosa.

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.

Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.

Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

I' cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere dal voler portate;

cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettuoso grido.

«O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand'io intesi quell'anime offense,
china' il viso e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.

E caddi come corpo morto cade.
 
Io sono folle, folle, folle d'amore per te .
io gemo di tenerezza perchè sono folle, folle, folle
perchè ti ho perduto .
Stamane il mattino era cosi caldo
che a me dettava quasi confusione
ma io era malata di tormento
ero malata di tua perdizione.


A. Merini




 
Vedut'ho la lucente stella diana,
ch'apare anzi che 'l giorno rend'albore,
ch'ha preso forma di figura umana;
sovr'ogn'altra me par che dea splendore:

viso de neve colorato in grana,
occhi lucenti, gai e pien' d'amore;
non credo che nel mondo sia cristiana
sì piena di biltate e di valore.

Ed io dal suo valor son assalito
con sì fera battaglia di sospiri
ch'avanti a lei de dir non seri' ardito.

Così non conoscess'ella i miei disiri!
Ché, senza dir, de lei seria servito
per la pietà ch'avrebbe de' martiri.

Questa poesia mi fa impazzire. Una poesia del '200 con un tale italiano che lo si capisce anche senza prosa.... PERFETTA: un gioiello.
 
Nevicata (Carducci G.)

Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinereo: gridi,
suoni di vita più non salgono da la città,

non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzon ilare e di gioventù.

Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dì.

Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.

In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore –
giù al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò
 
Primavera, primavera e ancora primavera!!!In questi giorni di sole, quando passo con la bicicletta inuna zona particolare della mia città, sopra di me solo voltedi foglie verdi che, agitate dal vento, sembrano argentate.
Ancora qualche albero fiorito, ma pochi.
Predomina il verde lungo i viali e il pennello della naturaè magistrale: mai un verde identico a un altro verde e mai un verde che sia uguale in tutte le ore della giornata,varia col mutare della luminosità.
E le prime rose nei giardini!! E i (falsi) gelsomini(perdono non ho voglia di cercare il nome scientificolatino, mi pare "rhyngospermum jasminoides" ma non vorreidire una cavolata) cominciano a fiorire e gli abeti hanno tinto di verde chiaro le estremità dei loro rami di aghi.
Le ortensie stanno per sbocciare e i giaggioli e gli iris sfacciatissimi con il loro viola intenso.

E io penso a Tagore.

Eccolo, per voi

L'acqua che esce dal ghiacciaio,
tenuta ferma anni e anni
dalla meditazione dell'Himalaya,
sotto l'occhio delle stelle
senza parole si scioglie ai raggi del sole,
e porta in ogni direzione
un canto di felicità senza fine.

(da Sfulingo)

Le gemme portanol
e grandi speranze
della foresta

(Da Sfulingo)

Per molti giorni, per molte miglia,
con molte spese, per molti paesi,
sono andato a vedere i monti,
sono andato a vedere il mare.
Ma a due passi da casa,
quando ho aperto gli occhi,
non ho visto
una goccia di rugiada
sopra una spiga di grano.

(Da Sfulingo)

Il loto fiorisce in acque profonde:
chi può coglierlo?
Sotto i piedi l'erba umile
è sempre al nostro servizio.

(Da Sfulingo)

Ad alta voce scroscia la pioggia,
rotto il cielol'acqua riempie la terra.
Scossa dalla tempesta
la foresta geme e chiama;
rivi e rivi
solcano la terra.
Qualcuno danza
sulle sciolte chiome delle nubi.
La mente corre tra la pioggia
in braccio alla tempesta;
chi potrà calmare
le onde del mio petto?I
l cuore è sconvolto:
si sono aperte le porte,
si è risvegliato
il palpito della primavera.
Qualcuno, pazzo,
corre per i campi.

(Da Ghitangioli)

Io sono la pazza che corre per i campi e colei che danza sulle sciolte chiome delle nubi...
 
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