Val
Torniamo alla LIRA
Vi sembrerà strano, ma in termini calcistici hanno messo la palla sul dischetto, e a calciare il rigore adesso tocca a noi.
E’ un mondo alla rovescia, tutto il contrario di ciò che appare.
Quando impari questa legge, riesci a capire che chi ti ha sempre raccontato di un Dio super partes ti mentiva,
di un Dio lassù in alto quando invece Dio era dentro di te, che la roba buona è al supermercato quando invece te la produci nell’orto,
e che ti dovevi fidare di chi aveva la voce più forte, quando invece scopri che la voce più forte ce l’hai tu.
E’ un momento bellissimo: nessuna parola di conforto o di speranza;
posso solo gridare la gioia di questo momento, che forse – che me accorgo adesso – aspettavamo da una vita.
Sembra di essere schiacciati al muro: dal 6 agosto saremo bollati come diversi.
Ma è da una vita, che siamo diversi: dal 6 agosto lo saremo ufficialmente.
Significa che ci hanno visti, ci hanno sentiti.
E significa che devono mettere un limite, perché hanno capito che noi siamo inarrestabili.
E ci hanno contati: sono stati molto più bravi e più veloci di noi, a contarci.
Ci hanno contati: uno su tre non ha risposto all’appello.
Quell’uno su tre siamo noi: siamo tanti.
Questo momento appare come di grande disperazione: che fare?
Da oggi, io celebro la nostra vittoria.
Perché, da invisibili, adesso siamo diventati non solo visibili, ma addirittura ingombranti.
Un grande capo spirituale, che ha creato un immenso flusso verso la libertà, ce lo ha spiegato:
prima ti ignorano,
poi ti deridono,
poi ti combattono,
poi vinci.
Ecco, noi oggi siamo arrivati fra la terza e la quarta fase.
Prima ci hanno ignorato, poi ci hanno deriso: ma noi siamo stati lì, fermi,
indifferenti alle loro provocazioni organizzate per verificare di che pasta fosse, il nostro legno.
C’è un legno morbido, che non regge il vento, e c’è un legno duro.
E si sono accorti che noi abbiamo dentro l’anima del larice, che sfida le vette più alte.
E’ il legno di chi vuole salire: se gli appoggi le mani sul fusto, senti che il suo tronco non è legno, è un impasto tra la pietra e il metallo.
E resiste a qualsiasi vento, restando al suo posto.
Noi ci siamo comportati come il larice: siamo rimasti fermi, saldi.
Ci hanno messo alla prova, e siamo diventati più forti.
Volevano diluirci, e invece ci siamo raggruppati.
Volevano farci dimenticare di noi stessi, e invece noi ogni volta ci chiamiamo per nome, uno ad uno.
Volevano cancellare un raggio di sole, e invece hanno costruito un luogo dove il sole può atterrare.
Siamo il contenitore che può ospitare questo nuovo sole, il terreno dove il sole può essere assorbito.
E quindi hanno cominciato a combatterci.
Noi eravamo lì, e non ci siamo mossi.
Allora hanno alzato la posta, hanno fatto leva sulle cose alle quali teniamo di più:
la nostra libertà,
i nostri figli,
ciò che i nostri nonni avevano conservato,
i risparmi,
la fatica consegnata ai nostri genitori e quindi a noi.
Hanno fatto leva su tutto ciò che potesse farci staccare, da questa terra,
e invece le nostre radici avevano fatto un patto: proprio col centro di questa terra.
E adesso stanno giocando l’ultima carta:
vogliono metterci contro quelli che sono come noi,
ma hanno ancora bisogno di vivere ancora un po’ quella cosa che noi abbiamo già vissuto.
Sono diventati un po’ il loro più forte esercito, e allora ecco che cercando di spaccare l’umanità in due:
da una parte quelli buoni, fedeli, e dall’altra quelli cattivi.
E’ sempre stato così, periodicamente, per noi alchimisti, noi eretici che vogliamo sapere e capire,
noi che sappiamo di essere gli unici proprietari della nostra vita.
Non dimentichiamocelo mai: la vita ha bisogno di noi, per esistere.
In parallelo, viviamo in mille, infinite dimensioni.
Possiamo essere e diventare, non siamo un’espressione finita: ognuno di noi è un creatore.
Oggi è un appuntamento importante.
Per un anno e mezzo vi ho invitati a stare fermi, a spostare l’attenzione, a non schierarvi, a non prendere posizione;
a non trasformare questa grande spinta, che il sole mandava, nell’impulso istintivo e primordiale della rabbia, della protesta.
E oggi siamo tutti qui, uno a fianco all’altro.
Abbiamo imparato a costruirci, ad ascoltarci, a riconoscerci.
Un essere solare lo vedi da un chilometro: quando è in difficoltà non si appoggia a punti di riferimento.
Non c’è più uno Stato che sia punto di riferimento, non c’è più una religione, non c’è più una filosofia.
L’essere solare si appoggia al fuoco che ha dentro, e all’amore che lo fa unire a quelli come lui.
Noi abbiamo fatto questo, e oggi siamo qui: dalla parte di chi decide.
In questo gioco, dove apparentemente siamo noi quelli che hanno paura,
se c’è qualcuno che ha realmente paura che salti tutto il tavolo, be’, quelli sono proprio loro. Loro hanno tanta paura, adesso.
Tu di cosa hai paura?
Del fatto che il 6 agosto non potrai più sederti al ristorante?
Tutto qui?
Hai paura che tuo figlio non potrà più andare in palestra a fare karate?
Pensi che questo gli bloccherà la voglia di fare karate, per tutta la vita?
Hai paura che ti tolgano il lavoro, o ti obblighino a fare certe cose?
Hai davvero paura di perdere tutto ciò che hai sempre detto valere poco?
Sono loro, che hanno paura.
Perché noi siamo tanti.
E se noi rimaniamo fermi, se non arretriamo di un millimetro, loro saranno costretti e venirci dietro.
Un terzo di popolazione che si ferma, che dice
“la mia vita è più importante del tuo progetto, la mia libertà è più importante del tuo sogno criminale”,
è quell’umanità che fa saltare il sistema.
Sembra che lo stiano per battere loro, il calcio di rigore, e invece a batterlo saremo noi.
Abbiamo qualcosa che nessuno ha, dall’altra parte.
Il grande capo spirituale, appena ha sentito che tutti i suoi santi e le sue madonne erano letteralmente impotenti, si è consegnato nelle mani della scienza.
Appena un sistema vede che non regge più, appena una filosofia vede che non regge più, ne devono subito partorire un’altra.
Un essere solare, invece, non ha bisogno di altri punti di riferimento: sa che l’unico punto di riferimento è se stesso.
Fare ciò che uno realmente vuole è già il massimo del risultato.
Metterlo nelle condizioni di fare quello che vuole è letteralmente l’antitesi di quello che stanno cercando di fare con noi.
Io non arretro di un millimetro.
Mi tolgono i ristoranti? Mangerò all’aperto.
E tra un mese, finita l’estate? Mangerò da amici: la mia libertà vale più di una pizza.
Mi toglieranno gli spettacoli? Sarò io, che andrò a fare spettacolo.
Mi metteranno nelle condizioni di non poter più fare nulla?
Non arriveremo a quel punto: perché se noi non arretriamo di un millimetro, loro saranno costretti a fermarsi.
Hanno creato un mondo che si regge sul denaro.
E se ti fermi, sarà il ristorante – per primo – a dire: io non voglio discriminare nessuno.
Mi aspetto anzi che siano i ristoratori, fin da subito, a prendere posizione.
A dire: io non voglio escludere nessuno, perché io nutro, io incarno l’archetipo della Grande Madre che ti offre cibo, protezione, cortesia.
Mi aspetto che i ristoratori siano i primi a dire: qui non entra solo chi ha il “green pass”; qui entrano tutti, perché io porto nutrimento, amore.
E mi aspetto che siano gli artisti a dire: io non suonerò più, se verranno discriminati gli spettatori – come ha appena fatto un bravissimo chitarrista, Eric Clapton.
Mi aspetto che siano tutti quelli che stanno dall’altra parte a compiere un gesto di umanità.
Perché questa partita è già vinta, se ci giochiamo l’umanità.
Noi però siamo quella parte più forte, più infuocata.
E dobbiamo dare l’esempio.
Hai qualcosa da perdere? La pizza del 6 agosto non andiamo a mangiarla, e vedrete che già il 7 qualcuno comincerà a fare i conti.
A me piace, uscire a incontrare l’umanità, ma mi dico: resisti.
Siamo arrivati a un punto importante, e devo essere pronto a soffrire un po’:
per dimostrare che sono veramente meritevole della mia libertà.
La libertà è una delle forme più raffinate di energia.
E per poterla tenere in mano, per poterla ospitare in bocca e per poterla far riposare nel cuore devi avere mani, labbra e cuore d’amianto.
E devi dimostrare che il tuo cuore è così forte da poter ospitare quella verità, altrimenti quella verità non verrà da te.
E’ un mondo alla rovescia, tutto il contrario di ciò che appare.
Quando impari questa legge, riesci a capire che chi ti ha sempre raccontato di un Dio super partes ti mentiva,
di un Dio lassù in alto quando invece Dio era dentro di te, che la roba buona è al supermercato quando invece te la produci nell’orto,
e che ti dovevi fidare di chi aveva la voce più forte, quando invece scopri che la voce più forte ce l’hai tu.
E’ un momento bellissimo: nessuna parola di conforto o di speranza;
posso solo gridare la gioia di questo momento, che forse – che me accorgo adesso – aspettavamo da una vita.
Sembra di essere schiacciati al muro: dal 6 agosto saremo bollati come diversi.
Ma è da una vita, che siamo diversi: dal 6 agosto lo saremo ufficialmente.
Significa che ci hanno visti, ci hanno sentiti.
E significa che devono mettere un limite, perché hanno capito che noi siamo inarrestabili.
E ci hanno contati: sono stati molto più bravi e più veloci di noi, a contarci.
Ci hanno contati: uno su tre non ha risposto all’appello.
Quell’uno su tre siamo noi: siamo tanti.
Questo momento appare come di grande disperazione: che fare?
Da oggi, io celebro la nostra vittoria.
Perché, da invisibili, adesso siamo diventati non solo visibili, ma addirittura ingombranti.
Un grande capo spirituale, che ha creato un immenso flusso verso la libertà, ce lo ha spiegato:
prima ti ignorano,
poi ti deridono,
poi ti combattono,
poi vinci.
Ecco, noi oggi siamo arrivati fra la terza e la quarta fase.
Prima ci hanno ignorato, poi ci hanno deriso: ma noi siamo stati lì, fermi,
indifferenti alle loro provocazioni organizzate per verificare di che pasta fosse, il nostro legno.
C’è un legno morbido, che non regge il vento, e c’è un legno duro.
E si sono accorti che noi abbiamo dentro l’anima del larice, che sfida le vette più alte.
E’ il legno di chi vuole salire: se gli appoggi le mani sul fusto, senti che il suo tronco non è legno, è un impasto tra la pietra e il metallo.
E resiste a qualsiasi vento, restando al suo posto.
Noi ci siamo comportati come il larice: siamo rimasti fermi, saldi.
Ci hanno messo alla prova, e siamo diventati più forti.
Volevano diluirci, e invece ci siamo raggruppati.
Volevano farci dimenticare di noi stessi, e invece noi ogni volta ci chiamiamo per nome, uno ad uno.
Volevano cancellare un raggio di sole, e invece hanno costruito un luogo dove il sole può atterrare.
Siamo il contenitore che può ospitare questo nuovo sole, il terreno dove il sole può essere assorbito.
E quindi hanno cominciato a combatterci.
Noi eravamo lì, e non ci siamo mossi.
Allora hanno alzato la posta, hanno fatto leva sulle cose alle quali teniamo di più:
la nostra libertà,
i nostri figli,
ciò che i nostri nonni avevano conservato,
i risparmi,
la fatica consegnata ai nostri genitori e quindi a noi.
Hanno fatto leva su tutto ciò che potesse farci staccare, da questa terra,
e invece le nostre radici avevano fatto un patto: proprio col centro di questa terra.
E adesso stanno giocando l’ultima carta:
vogliono metterci contro quelli che sono come noi,
ma hanno ancora bisogno di vivere ancora un po’ quella cosa che noi abbiamo già vissuto.
Sono diventati un po’ il loro più forte esercito, e allora ecco che cercando di spaccare l’umanità in due:
da una parte quelli buoni, fedeli, e dall’altra quelli cattivi.
E’ sempre stato così, periodicamente, per noi alchimisti, noi eretici che vogliamo sapere e capire,
noi che sappiamo di essere gli unici proprietari della nostra vita.
Non dimentichiamocelo mai: la vita ha bisogno di noi, per esistere.
In parallelo, viviamo in mille, infinite dimensioni.
Possiamo essere e diventare, non siamo un’espressione finita: ognuno di noi è un creatore.
Oggi è un appuntamento importante.
Per un anno e mezzo vi ho invitati a stare fermi, a spostare l’attenzione, a non schierarvi, a non prendere posizione;
a non trasformare questa grande spinta, che il sole mandava, nell’impulso istintivo e primordiale della rabbia, della protesta.
E oggi siamo tutti qui, uno a fianco all’altro.
Abbiamo imparato a costruirci, ad ascoltarci, a riconoscerci.
Un essere solare lo vedi da un chilometro: quando è in difficoltà non si appoggia a punti di riferimento.
Non c’è più uno Stato che sia punto di riferimento, non c’è più una religione, non c’è più una filosofia.
L’essere solare si appoggia al fuoco che ha dentro, e all’amore che lo fa unire a quelli come lui.
Noi abbiamo fatto questo, e oggi siamo qui: dalla parte di chi decide.
In questo gioco, dove apparentemente siamo noi quelli che hanno paura,
se c’è qualcuno che ha realmente paura che salti tutto il tavolo, be’, quelli sono proprio loro. Loro hanno tanta paura, adesso.
Tu di cosa hai paura?
Del fatto che il 6 agosto non potrai più sederti al ristorante?
Tutto qui?
Hai paura che tuo figlio non potrà più andare in palestra a fare karate?
Pensi che questo gli bloccherà la voglia di fare karate, per tutta la vita?
Hai paura che ti tolgano il lavoro, o ti obblighino a fare certe cose?
Hai davvero paura di perdere tutto ciò che hai sempre detto valere poco?
Sono loro, che hanno paura.
Perché noi siamo tanti.
E se noi rimaniamo fermi, se non arretriamo di un millimetro, loro saranno costretti e venirci dietro.
Un terzo di popolazione che si ferma, che dice
“la mia vita è più importante del tuo progetto, la mia libertà è più importante del tuo sogno criminale”,
è quell’umanità che fa saltare il sistema.
Sembra che lo stiano per battere loro, il calcio di rigore, e invece a batterlo saremo noi.
Abbiamo qualcosa che nessuno ha, dall’altra parte.
Il grande capo spirituale, appena ha sentito che tutti i suoi santi e le sue madonne erano letteralmente impotenti, si è consegnato nelle mani della scienza.
Appena un sistema vede che non regge più, appena una filosofia vede che non regge più, ne devono subito partorire un’altra.
Un essere solare, invece, non ha bisogno di altri punti di riferimento: sa che l’unico punto di riferimento è se stesso.
Fare ciò che uno realmente vuole è già il massimo del risultato.
Metterlo nelle condizioni di fare quello che vuole è letteralmente l’antitesi di quello che stanno cercando di fare con noi.
Io non arretro di un millimetro.
Mi tolgono i ristoranti? Mangerò all’aperto.
E tra un mese, finita l’estate? Mangerò da amici: la mia libertà vale più di una pizza.
Mi toglieranno gli spettacoli? Sarò io, che andrò a fare spettacolo.
Mi metteranno nelle condizioni di non poter più fare nulla?
Non arriveremo a quel punto: perché se noi non arretriamo di un millimetro, loro saranno costretti a fermarsi.
Hanno creato un mondo che si regge sul denaro.
E se ti fermi, sarà il ristorante – per primo – a dire: io non voglio discriminare nessuno.
Mi aspetto anzi che siano i ristoratori, fin da subito, a prendere posizione.
A dire: io non voglio escludere nessuno, perché io nutro, io incarno l’archetipo della Grande Madre che ti offre cibo, protezione, cortesia.
Mi aspetto che i ristoratori siano i primi a dire: qui non entra solo chi ha il “green pass”; qui entrano tutti, perché io porto nutrimento, amore.
E mi aspetto che siano gli artisti a dire: io non suonerò più, se verranno discriminati gli spettatori – come ha appena fatto un bravissimo chitarrista, Eric Clapton.
Mi aspetto che siano tutti quelli che stanno dall’altra parte a compiere un gesto di umanità.
Perché questa partita è già vinta, se ci giochiamo l’umanità.
Noi però siamo quella parte più forte, più infuocata.
E dobbiamo dare l’esempio.
Hai qualcosa da perdere? La pizza del 6 agosto non andiamo a mangiarla, e vedrete che già il 7 qualcuno comincerà a fare i conti.
A me piace, uscire a incontrare l’umanità, ma mi dico: resisti.
Siamo arrivati a un punto importante, e devo essere pronto a soffrire un po’:
per dimostrare che sono veramente meritevole della mia libertà.
La libertà è una delle forme più raffinate di energia.
E per poterla tenere in mano, per poterla ospitare in bocca e per poterla far riposare nel cuore devi avere mani, labbra e cuore d’amianto.
E devi dimostrare che il tuo cuore è così forte da poter ospitare quella verità, altrimenti quella verità non verrà da te.