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Val

Torniamo alla LIRA
Nel silenzio generale di un sistema di informazione ormai totalmente asservito alla dittatura sanitaria

imposta dalla scienza e dalla politica, ecco che anche gli ultimi spazi di libertà iniziano a venire pericolosamente meno.



Al punto che ormai parlare male dei vaccini contro il Covid può addirittura costare caro,
come evidenziato da due episodi accaduti a poche ore di distanza a Firenze e Cremona.

Due italiani in città diverse che si sono trovati a fare i conti con la stretta morsa di questo bizzarro regime,
popolato da santoni-virologi e politici che invocano continuamente restrizioni e chiusure.


Due episodi gravissimi di cui parla il Messaggero
e che dovrebbero metterci in allerta,

dove ci stanno portando?

Quanto ci stiamo facendo limitare?




Parli male dei vaccini? Scattano indagini e perquisizioni. Ci siamo giocati la libertà



Un 66enne di Cremona si è trovato così indagato dalla Procura per

“istigazione alla disobbedienza delle leggi, di ordine pubblico, in vigore a tutela della salute pubblica nel periodo di emergenza pandemica da Covid-19".

Il motivo?

L’aver messo in discussione i reali numeri diffusi su morti e positivi causati dal virus,

defindendo allo stesso tempo “brodaglia” i vaccini attualmente a disposizione.





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Il pm scrive che l’uomo, in un gruppo Facebook di nome Cremona Ancora, pubblicava frasi che

“descrivevano i metodi diagnostici della malattia come bufale create da una medicina che prende in giro tutti gli italiani. I vaccini? Brodaglia”.

L’uomo ha ricevuto così l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Un caso non isolato.

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Nel frattempo, infatti, un 30enne originario di Pisa subiva una perquisizione in casa da parte della Digos

nell’ambito di indagini aperte dopo che al Centro Vaccinale Mandela Forum di Firenze erano comparse delle scritte contro i vaccini.

Quanto basta per far scattare le accuse di “danneggiamento aggravato e imbrattamento”.


“Nella perquisizione – ha riferito la questura di Firenze – sono emersi elementi che confermerebbero l’ipotesi della responsabilità dell’indagato,

nonché una bomboletta spray e un pennarello, compatibili con il materiale utilizzato per scrivere sull’edificio”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Stanno distruggendo il lavoro ed i sindacati chiedono il Green Pass.


Dal primo settembre l’obbligatorietà del lasciapassare entrerà in vigore.


Nelle scuole, nonostante il caos denunciato dagli stessi dirigenti scolastici,
non pochi saranno coloro che rischieranno di ritrovarsi ammoniti e poi senza stipendio.


C’è chi (pochi) lo farà come resistenza politica ma ci sono coloro che – e sono i più –
o non riusciranno a trovare uno slot disponibile per il tampone
o si opporranno al principio per cui devono pagare per andare a lavorare.

Ho già spiegato recentemente che ci toccherà aspettare un giudice – una specie di giudice di Berlino –
affinchè i diritti dei cittadini e dei lavoratori siano affermati pienamente come dovrebbe essere.


Fino a quel momento non possiamo che porre il tema,
portando alla luce l’aleatorietà di un green pass che favorisce chi è vaccinato (gratuitamente)
a danno di chi deve pagare un tampone per poter andare a lavorare come da contratto.

O di chi, pur volendosi fare il tampone, non trova farmacie disponibili in un tempo che consenta la maggior copertura temporale possibile.


Aggiungo inoltre che laddove non passasse il tampone salivare

(il che è davvero una inspiegabile ingiustizia visto che persino una circolare del ministero della Salute ha sdoganato il test salivare)

l’unica modalità sarebbe quella di vedersi infilato uno scovolino nel naso ogni 48 ore con rischio di micro lesioni.



Chi paga?

Che fine fanno dunque i diritti dei lavoratori?

Dove sta scritto che l’emergenza sanitaria consente la differenziazione tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B?


Il garante della Privacy ha avvertito i presidi:

non hanno un potere straordinario di conoscere i dati sanitari di chi lavora nelle scuole.



Basterà? Non lo so.



Intanto il Partito democratico attraverso il suo segretario ha equiparato il Green Pass al semaforo:

“Nessuno passa col rosso perché muore lui e ammazza qualcuno”.


Una metafora che replica esattamente il meccanismo terrorizzante del vaccino.



Passare col rosso non equivale di per sé a un omicidio,

passare col rosso toglie punti se ti beccano

e solo laddove vi fosse un evento sciagurato porterebbe alla morte.


Ma la percentuale di siffatte situazioni drammatiche per fortuna è assolutamente bassa, rispetto alla infrazione di specie.

Non è un automatismo.



Lasciato perdere dunque il semaforo lettiano
(faceva più ridere il semaforo prodiano versione Guzzanti),
arriviamo ai sindacati, i quali continuano nel loro cerchiobottismo,
arrivando così ad autorizzare implicitamente le tante discriminazioni in corso,
a cominciare dalla situazione delle mense nei luoghi di lavoro.


Le discriminazioni proseguono anche sul versante retributivo.

I lavoratori in quarantena, infatti, rischiano un taglio allo stipendio fino a mille euro per due settimane di assenza,
dal momento in cui il governo non ha rifinanziato l’indennità per i positivi in isolamento;

pertanto se le aziende non copriranno i costi (e la vedo difficile)
migliaia di lavoratori potrebbero perdere una cifra considerevole.


E – va chiarito – il vaccino non immunizza dal pericolo di essere contagiati.


Insomma, il lavoro sta diventando sempre più una variabile da sacrificare sull’altare

di una emergenza Covid che nessuno vuole e riesce a governare.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ci sono campagne martellanti che spingono in una direzione, quella indicata dal governo.


Ed informazioni che invece vengono taciute ad arte,

per non infastidire i vertici di una dittatura sanitaria sempre più oppressiva.



Come le informazioni che riguardano il test salivare,
da molti considerato ancora oggi poco attendibili
e che invece è stato rivalutato come “più sensibile”,
oltre che meno invasivo,
rispetto al classico naso-faringeo,
soprattutto per soggetti asintomatici o leggermente sintomatici.


Uno studio pubblicato dall’Università di Singapore su Nature evidenzia, infatti, l’affidabilità di questo tipo di test.

I ricercatori hanno reclutato 200 lavoratori migranti di cui 149 da un dormitorio pubblico
e 51 in una struttura assistenziale in cui alloggiavano soggetti positivi al Covid19 che, però,
non necessitavano di cure ospedaliere, ma solo di isolamento e controlli medici.

Tra i 149 migranti del dormitorio, 45 avevano già una malattia respiratoria acuta
e 104 erano asintomatici, ma erano rimasti a stretto contatto con soggetti positivi.

Il test si è svolto chiedendo ai partecipanti di schiarirsi la gola e sputare saliva in una provetta.


Una volta analizzati,

i test salivari sono risultati positivi nel 62% dei casi

contro il 44,5% di quelli naso-faringei

ed il 37,7% di quelli nasali auto-somministrati.


Una ricerca che conferma le indicazioni già date da altri istituti, tra cui l’Università di Padova, circa l’affidabilità di questo tipo di esame.

Lo studio italiano aveva infatti a sua volta evidenziato, a inizio 2021,

come nel 98% dei casi il test salivare mostri concordanza con quello nasofaringeo.

Stessa efficacia, dunque, ma meno fastidio nei pazienti e maggiore rapidità.




Ancora oggi, però, in molti considerano questo tipo di test poco attendibile.


Colpa di una campagna mediatica che spinge verso la vaccinazione obbligatoria

quasi ignorando i tamponi,

che invece restano a oggi il modo migliore per contrastare la diffusione del Covid.



Invece che renderli sempre più accessibili e gratuiti, il governo insiste sulle due dosi del vaccino.

Ignorando dati che continuano a sottolineare quanto gli attuali vaccini siano incapaci di fermare le varianti più aggressive del virus.
 

Val

Torniamo alla LIRA
I soldati USA hanno iniziato a ritirarsi da Kabul per ordine di Biden e del suo stato maggiore,

mentre il rischio di attentati è alle stelle, con uno previsto nelle prossime 36-96 ore,

dopo quello che ha fatto 13 morti americani e oltre 100 fra gli afgani.


Una situazione apocalittica, che rende questo momento storico unico:

Filippine o Saigon sono nulla, a questo punto, con gli USA che, per la prima volta,

vengono sconfitti da insorgenti e terrorismo senza un minimo di appoggio esterno regolare,

come avvenne, ad esempio, in Vietnam.


Tra l’altro il dipartimento di Stato USA ha dato indicazione di non avvicinarsi all’aeroporto,

togliendo ogni speranza di evacuazione agli afgani filo americani rimasti

e al migliaio di cittadini a stelle e strisce che ci calcola siano ancora in città.




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Mentre Biden scappa, chi si occupa di salvare gli alleati afgani e degli statunitensi?

Si è formata una sorta di task force informale, su base volontaria,
formata da veterani con l’appoggio informale delle forze USA in loco.


L’operazione si chiama “Pineapple express”, “L’espresso dell’ananas” e sinora è riuscito a salvare 500 afgani con le loro famiglie.
Il gruppo si muove nella notte, con il supporto del buio, spostando una persona alla volta, o in due,
ma raramente più di un piccolo gruppo, a lato dell’aeroporto internazionale di Hamid Karzai, attualmente controllato dall’esercito americano.


Parlando con ABC News, il tenente colonnello dell’esercito Scott Mann,
un comandante in pensione dei berretti verdi che guida lo sforzo di salvataggio privato, ha dichiarato:

“Decine d’individui ad alto rischio, famiglie con bambini piccoli, orfani e donne incinte,
sono stati trasferiti segretamente attraverso il strade di Kabul per tutta la notte
e fino a pochi secondi prima che l’ISIS facesse esplodere una bomba nella massa accalcata di afghani in cerca di sicurezza e libertà”.


La missione è iniziata il 15 agosto quando il gruppo ha compiuto sforzi frenetici per salvare un ex commando afgano
che era stato braccato e minacciato di morte dai talebani.


Sta ancora svolgendosi ora, ma, tranne cambiamenti d’idea all’ultimo minuto,
dovrà interrompersi o prendere alte forme il prossimo martedì, quando le truppe USA termineranno l’evacuazione.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Prima degli anni ’50, la poliomielite paralitica era un flagello.

Ad esempio Franklin Delano Roosevelt ne era stato vittima
e le foto di file e file di bambini nei polmoni di ferro erano comuni nei media.

La malattia era considerata un vero e proprio flagello, quale era,
e per combattere la sua diffusione si accelerò lo studio dei vaccini.


La polio è causata da uno dei tre tipi di poliovirus che possono causare paralisi e morte.
Negli anni ’50, furono sviluppati indipendentemente due vaccini per combatterlo, uno da Jonas Salk e l’altro da Albert Sabin.

La poliomielite è stata debellata e oggi quei vaccini sono considerati farmaci miracolosi.

Ma come è stata l’evoluzione di questi vaccini e quale è stato il loro ruolo?



All’inizio degli anni ’50, Salk fu il primo a presentare un vaccino.
Il suo è stato progettato per trattare tutti e tre i virus della poliomielite contemporaneamente.
Il suo approccio sembrava abbastanza elementare.
Doveva far crescere i poliovirus in laboratorio, ucciderli e poi iniettare i virus morti nei bambini sani.
L’idea era che i virus morti non potessero riprodursi, quindi non potevano danneggiare i bambini.
Il sistema immunitario dei bambini, tuttavia, rileverebbe i virus iniettati e produrrebbe anticorpi efficaci contro di essi,
creando così l’immunità contro la poliomielite.
Un sistema che appariva estremamente efficace e che fu subito approvato per la prima vaccinazione di massa.


Poco prima dell’inizio delle vaccinazioni di massa, i campioni del vaccino Salk
vennero inviati al National Institutes of Health (NIH) per i test di sicurezza.

Lì, quando il batteriologo Dr. Bernice Eddy iniettò il vaccino nelle sue scimmie,
alcune di loro caddero paralizzate e concluse che il virus non era completamente morto,
mai attivo e poteva riprodursi nel suo ospite.



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Bernice Eddy


Eddy diede l’allarme e presentò le sue scoperte.

Ne seguì un dibattito nelle stanze del potere,
il cui risultato fu però che la produzione era troppo avanzata,
le aspettative troppo alte,
per cui si doveva comunque procedere con le inoculazioni.



L’inoculazione dei bambini iniziò nel 1955.

In pochi giorni, alcuni bambini sottoposti a iniezione iniziarono a contrarre la poliomielite,
stavano persino diffondendo la malattia ai membri delle proprie famiglie.

Indagini successive hanno stabilito che il vaccino aveva causato 40.000 casi di poliomielite,
lasciando 200 bambini con vari gradi di paralisi e dieci morti.


Alton Ochsner, professore di chirurgia presso la Tulane Medical School,
era un così forte sostenitore di procedere con il programma di inoculazione
che ha somministrato iniezioni di vaccino ai suoi nipoti per dimostrare che era sicuro.

Il nipote di Ochsner morì di poliomielite pochi mesi dopo e sua nipote contrasse la poliomielite ma sopravvisse.



Questo fiasco è diventato noto come l’incidente della Cutter.
Prende il nome dal produttore del vaccino.
Il vaccino venne richiamato e ritestato per sicurezza, ma il danno era già stato fatto nella mente del pubblico.


Continuiamo con la seconda versione del vaccino antipolio, il Sabin, quello di maggior successo.


Nel 1957, in colture cellulari primarie derivate da reni di scimmia rhesus,
furono preparati vaccini inattivati contro la poliovirus (IPV)
e vaccini orali vivi ma indeboliti contro la poliovirus (OPV).


Secondo l’American Association for Cancer Research, è stato successivamente determinato
che i vaccini prodotti da queste colture erano contaminati dal virus infettivo cancerogeno SV40.

I Centers for Disease Control & Prevention stimano che fino al 30% dei vaccini antipolio somministrati
dal 1957 al 1963 contenevano questo virus delle scimmie cancerogeno.


Questo ha provocato un’epidemia di cancro?

Alcuni credono di sì, poiché c’è stato un forte aumento del cancro dei tessuti molli nei decenni successivi.

L’establishment medico non è d’accordo, affermando che solo un “piccolo” numero di casi di cancro può essere ricondotto ai vaccini antipolio.


In ogni caso, era un dato di fatto che un virus cancerogeno fosse presente nei vaccini antipolio e che il governo tenesse il pubblico all’oscuro.

Ciò è stato fatto per evitare l’isteria di massa e per prevenire la distruzione della fiducia del pubblico nella medicina e nei vaccini in particolare.


Un risultato dei danni causati da questi primi vaccini antipolio è che sono state istituite nuove rigorose norme e procedure di sicurezza.


Nello stesso tempo però proprio sulla base di questi fatti,
i produttori di vaccini chiesero e ottennero un’esenzione molto ampia dai danni derivanti dai propri vaccini.

Il classico colpo al cerchio e l’altro alla botte.

Nel frattempo, almeno nei paesi occidentali, la polio è stata debellata.

La sua trasmissione avviene soprattutto per via fecale,
per cui sarebbe interessante sapere quale ruolo abbiano anche avuto le migliori condizioni igieniche.


Comunque se qualche cosa insegna questa vicenda è che in medicina la fretta è cattiva consigliera.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Per la settima settimana successiva oltre 150000 persone sono scese in piazza nelle principali città francesi

per protestare contro il governo Macron e l’imposizione del greenpass.

Si tratta di manifestazioni continue, che mostrano quanto si stia radicalizzando la protesta contro il presidente della Repubblica.







La già traballante popolarità macroniana si viene ad erodere, sia a destra sia a sinistra,
nell’imposizione di una serie di normative poco popolari e poco apprezzate dal pubblico.


Possiamo chiederci se almeno il presidente si stia sacrificando per qualcosa di utile alla Francia ?

Prendiamo come confronto la situazione francese come numero di casi con quella spagnola,
paese che si è rifiutato di applicare qualsiasi limitazione interna legata ai covid pass,
anche perché la corte di giustizia locale li ha seccamente respinti.






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La Francia ha avuto 18000 casi negli ultimi 7 giorni pari a 2,8 casi ogni 10.000 abitanti metropolitani.
Vediamo che la curva ha iniziato a discendere.


Come va invece la Spagna ....senza green pass ?


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Val

Torniamo alla LIRA
Eric Clapton ha lanciato quello che sembra essere un inno contro le restrizioni della libertà legate al Covid-19 e contro i vari obblighi vaccinale.

Erip Clapton è personalmente contrario a questo obbligo ed ha utilizzato, nel video,
la grafica del gruppo artistico inglese Jams for Freedom che si è battuto contro il lockdown.

Eric, 76 anni, ha preso la sua posizione così dura contro i vaccini dopo essere stato male dopo la prima iniezione del vaccino Astra Zeneca.



Ecco la sua ultima fatica musicale.


 

Val

Torniamo alla LIRA
Ci mancava pure il costituzionalista.

Parliamo di Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale a Roma Tre,
il quale ritiene che sia perfettamente in linea con la nostra Carta
escludere i non vaccinati dalle prestazioni del Servizio sanitario nazionale.


Lo fa in un intervento sul suo blog (ospitato da Huffpost Italia) chiedendosi,
qualora venisse imposto un obbligo vaccinale, quale potrebbe essere la giusta sanzione da irrogare ai renitenti alla puntura.


Il professore sgombra subito il campo dalla possibilità di un’ammenda pecuniaria,
in quanto la multa “diventerebbero il prezzo per non vaccinarsi”.

Non considera – bontà sua – la possibilità di far diventare la mancata inoculazione del siero un reato.

E nemmeno quella – troppa grazia – di interdizione dai pubblici uffici.

Ecco allora la trovata: “una sanzione di quelle che vengono chiamate “ripristinatorie”,
cioè più legate al ripristino dell’interesse pubblico violato”.

Quale sarebbe?

Impedire ai non vaccinati l’iscrizione al Ssn,
mettendo così a loro carico il pagamento delle eventuali cure a cui dovessero sottoporsi
.

“Ovviamente fino a quando non decidono di vaccinarsi”, chiosa Celotto.


La proposta del costituzionalista è irricevibile per più motivi.

Anzitutto per una ragione di merito, a sua volta articolata su più punti.


Non è infatti, ad oggi, dimostrato che i vaccinati non siano contagiosi.

Al contrario: par di capire che possano esserlo comunque, sia pur in misura inferiore ai non vaccinati.

E però, con il green pass in mano, hanno allo stesso tempo la possibilità di circolare maggiormente, contribuendo quindi alla diffusione del virus.



In secondo luogo, i dati più recenti su decessi e ospedalizzazioni

ci raccontano di un numero sempre più alto di vaccinati con doppia dose che finiscono in terapia intensiva (sono quasi il 20% del totale)

o che proprio non ce la fanno (il 27%).




L’efficacia dei vari Pfizer, Moderna e via dicendo, sembra una certezza granitica come quelle

che spesso si sciolgono come neve al sole nel giro di pochi giorni, di alcuni virologi da salotto
.


Senza poi considerare il rischio di reazioni avverse,
peraltro apparentemente a maggior incidenza in quelle fasce di età più giovani e meno a rischio
(se non a rischio zero) di decesso o ricovero per Covid.


Detta in altre parole: laddove le incertezze superano le certezze, un minimo di attenzione a parlare di obblighi e imposizioni sarebbe d’uopo.


Al di là della questione “epidemiologica”, ci sono però tanti altri – e forse ben più solidi –
motivi per rigettare l’idea di escludere i non vaccinati dal Ssn.


Il primo riguarda il fatto che per quelle prestazioni sanitarie abbiamo contribuito tutti.

Questo al netto dei tagli miliardari degli ultimi anni, che già di per sé hanno comportato l’esclusione indiretta di molti – vaccinati e non – dalle cure.

Ora, è vero che in un modello di tipo solidaristico non esiste corrispondenza biunivoca ed esatta tra quanto versato e quanto ricevuto.

Ma in un sistema in cui, in assenza di una banca centrale che faccia il proprio mestiere,
la spesa pubblica è finanziata quasi in toto dalle imposte versate dai cittadini, la relazione si fa assai più stringente.

Dato che la spesa sanitaria vale all’incirca il 15% della spesa pubblica,
significa che ai non vaccinati le tasse andrebbero ridotte di almeno altrettanto
.

Se non addirittura restituita la stessa percentuale di quanto versato in passato.


Il secondo è il pericoloso e scivolosissimo piano inclinato nel quale l’idea di Celotto si colloca.

Legando una prestazione sanitaria ad un presunto “merito” del paziente,
ne consegue che la limitazione non dovrebbe valere solo per i non vaccinati.


Applichiamola anche a chi fuma, a chi beve troppo.

Potrebbero smettere o non aver mai toccato una sigaretta, certo:
si allenano però almeno tre volte alla settimana?

E questa attività sportiva è rischiosa?

Fanno una dieta equilibrata?

Mangiano abbastanza frutta e verdura?

Hanno passatempi pericolosi?

Non stiamo parlando della luna, ma di stili di vita raccomandati da più parti.

Non si capisce a questo punto perché anche costoro, conoscendo i pericoli ad esempio di una dieta sregolata,
non debbano vedersi negato l’ingresso in un ospedale pubblico.

Se il criterio è in qualche modo il “meritarselo”, bene: non rientrano nella categoria.


Il problema è che, seguendo questa griglia interpretativa,
rimarrebbero in Italia forse qualche centinaia di migliaia di cittadini “idonei” a vedersi esentati dal ricevere il conto delle cure
.


Siamo proprio sicuri di voler prendere questa brutta china?
 

Val

Torniamo alla LIRA
Una delle più gustose barzellette circolate sul conto di Mario Draghi è la seguente:

l’ex banchiere centrale, poverino, non avrebbe nessuna competenza, in materia di sanità.

In altre parole: di Covid, non ci capirebbe un tubo.



E certo, benedetto figliolo: dopo tutti quegli anni spesi a mettere a punto diavolerie finanziarie per fare la felicità dei popoli,
come pretendere anche che studiasse, un minimo, il caso della Famosa Emergenza Pandemica?

Quella semmai è roba da professoroni, da Premi Nobel, da menti eccelse come quella di Roberto Speranza.

Credibile, no?

Il problema numero uno – dal 2020 – è esattamente il Covid.

O meglio: l’impazzimento generale (normativo, politico, sociale) causato dal Covid.


E quindi chi piazzare, a Palazzo Chigi?

Ovvio: uno che, con tutto il rispetto, di Covid non capisce una mazza.
Non fa una grinza, in effetti.
E’ proprio un ragionamento impeccabile, da offrire a quegli italiani che, in questi mesi,
hanno seguito con crescente apprensione l’inesorabile avvitarsi degli eventi.


Lockdown, coprifuoco, zone rosse.


Poi, per fortuna, arriva Draghi.

E cosa s’inventa?

Il Green Pass.

Se ce l’hai, sei libero.

Se non ce l’hai, pensi di somigliare agli africani di pelle scura, nel paese di Nelson Mandela,
all’epoca in cui la libertà era appannaggio dei soli bianchi.


Ma non basta: visto che solo 6 italiani su 10 hanno finora accettato il grazioso ricatto, ora i giornali alzano il volume.


E certo, che diamine: bisognerà pure imporlo, l’obbligo,
se almeno l’80% del parco zootecnico, tra un mese, non avrà accettato di subire il fatidico inoculo.


Che poi la sostanza introdotta nel corpo sia inutile
(come parrebbe dimostrare Israele, con gli ospedali pieni di cittadini “vaccinati”)
è irrilevante.


Così come è irrilevante che gli “inoculati” restino tranquillamente contagiabili, e addirittura contagiosi a loro volta.


Questo non ha impedito al Signor Mario di imporre ai medici e agli insegnanti di subire obbligatoriamente l’inoculo.


Ma è vero, come dimenticarlo?

Il povero Mario, di Covid, non capisce niente.

Va scusato: non ha avuto tempo, per prepararsi sulla materia.


Non ha avuto tempo, neppure distrattamente, di leggere i nomi dei medici – anche italiani:

decine, centinaia – che il mitico Covid lo curano da casa, in pochi giorni.



Avrà avuto almeno un minuto per accorgersi della strana morte del dottor Giuseppe De Donno?

E’ stata sua l’intuizione – confermata addirittura dal sublime Burioni – della validità della profilassi anticorpale:
e infatti si basa proprio sugli anticorpi la nuovissima terapia validata dall’Unione Europea
(che notoriamente, proprio come un tempo si diceva del Duce, “ha sempre ragione”).


Ora, se tutto questo non è altro che una riedizione del Truman Show, in versione comica, passi.

Purché nessuno venga davvero inseguito, braccato dagli “inoculatori”,
e magari minacciato – in caso di diniego – di dover rinunciare magari al passaporto, alla patente di guida.


Quanto manca, davvero, alla mezzanotte?

Resta un’ultima speranza: che almeno, i burloni la smettano di parlare di politica,

ostinandosi a distinguere tra progressivi e regressivi.

Se non altro, per una questione di estetica: di stomaco.
 

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