tontolina
Forumer storico
http://www.borsari.it/Zona verde/default.php
Il senso di quest'Italia, stanca e sfiduciata, rintronata dalle promesse gridate in quest'ultima campagna elettorale, sta nei numeri di figura sotto, che riproduce le variazioni annuali del Pil (la ricchezza prodotta in un anno).
Il mondo intero, sta attraversando una nuova età dell'oro ed il Pil planetario cresce a ritmi inauditi (oltre il 4.5% l'anno), mentre, nel frattempo, la ricchezza prodotta in Italia è ormai a livello zero.
La scusa, la grande menzogna che attribuiva agli attentati dell'11 settembre 2001 la responsabilità delle nostre difficoltà, si smentisce da sola: dopo quei fatti, gli Stati Uniti ed il mondo intero sono andati meglio che mai; come se quegli attacchi al cuore finanziario del pianeta, avessero messo in moto tutte le energie dell'economia, piuttosto che fiaccarle.
Rispetto all'Europa, nel 2001, avevamo una differenza di crescita dello 0.1% l'anno, nel 2005 la differenza si era allargata all'1.30% l'anno; siamo scivolati all'ultimo posto con un divario di crescita che si espande sempre più rispetto agli altri paesi europei e, i giornali finanziari di tutto il mondo, ormai mettono apertamente in discussione la nostra stessa partecipazione al G8 (l'organizzazione degli 8 paesi più industrializzati del mondo).
E' interessante vedere in che modo hanno "reagito" i governi che si sono succeduti alla guida del paese: la figura seguente mostra il rapporto delle entrate e delle uscite al netto degli interessi rispetto al Pil, e consente di vedere in che modo gli ultimi governi sono intervenuti nella nostra economia.
Il centro-sinistra ha diminuito le spese dello stato (uscite al netto degli interessi) ed ha anche iniziato a ridurre le imposte (le entrate).
Il centro-destra ha continuato a ridurre le imposte, ma ha aumentato a dismisura le spese correnti (quelle al netto degli interessi sui titoli pubblici). Il risultato è visibile in figura sotto (deficit dello stato in rapporto al Pil): dopo anni di continui miglioramenti (riduzioni del deficit), a partire dal 2000 la tendenza si è invertita ed il deficit ha ripreso a crescere.
Il nostro declino sulla scena economica internazionale è strettamente correlato alla struttura dei nostri conti pubblici: la concorrenza dei paesi emergenti (Cina ed India su tutti) non ci consente più di mantenere un livello di tassazione tanto elevato ed occorre ridurlo SUBITO di almeno 5 punti di Pil (negli Stati Uniti il livello di tassazione è inferiore di 10 punti di Pil rispetto al nostro).
D'altro canto, il vincolo del 3% al deficit di bilancio, impone di ridurre le spese di pari passo (5 punti di Pil).
Questa ormai non è più esercitazione di politica economica, ma un'esigenza primaria di questo paese: la sola alternativa al disastro.
Bisogna, dunque, ridurre le tasse e le uscite di 5 punti di Pil.
Si tratta di risparmiare 60 miliardi di euro sulle spese dello stato; e si tratta di cominciare a farlo subito.
Tradotto in termini terra-terra, significa ridurre del 10% le spese del bilancio pubblico [60 (risparmio) /616 (spese correnti dello stato)= 10%].
E, visto che la grossa parte di quelle spese sono stipendi e salari, si tratta di ridurre il numero dei dipendenti pubblici e, cioè, fare (finalmente) ciò che da 50 anni, quasi tutti i governi hanno dichiarato di voler fare e non hanno fatto.
Solo che adesso non è più una possibilità, ma una strada obbligata, l'unica che ci allontana dal precipizio dove ci stiamo dirigendo.
Il senso di quest'Italia, stanca e sfiduciata, rintronata dalle promesse gridate in quest'ultima campagna elettorale, sta nei numeri di figura sotto, che riproduce le variazioni annuali del Pil (la ricchezza prodotta in un anno).
Il mondo intero, sta attraversando una nuova età dell'oro ed il Pil planetario cresce a ritmi inauditi (oltre il 4.5% l'anno), mentre, nel frattempo, la ricchezza prodotta in Italia è ormai a livello zero.
La scusa, la grande menzogna che attribuiva agli attentati dell'11 settembre 2001 la responsabilità delle nostre difficoltà, si smentisce da sola: dopo quei fatti, gli Stati Uniti ed il mondo intero sono andati meglio che mai; come se quegli attacchi al cuore finanziario del pianeta, avessero messo in moto tutte le energie dell'economia, piuttosto che fiaccarle.
Rispetto all'Europa, nel 2001, avevamo una differenza di crescita dello 0.1% l'anno, nel 2005 la differenza si era allargata all'1.30% l'anno; siamo scivolati all'ultimo posto con un divario di crescita che si espande sempre più rispetto agli altri paesi europei e, i giornali finanziari di tutto il mondo, ormai mettono apertamente in discussione la nostra stessa partecipazione al G8 (l'organizzazione degli 8 paesi più industrializzati del mondo).
E' interessante vedere in che modo hanno "reagito" i governi che si sono succeduti alla guida del paese: la figura seguente mostra il rapporto delle entrate e delle uscite al netto degli interessi rispetto al Pil, e consente di vedere in che modo gli ultimi governi sono intervenuti nella nostra economia.
Il centro-sinistra ha diminuito le spese dello stato (uscite al netto degli interessi) ed ha anche iniziato a ridurre le imposte (le entrate).
Il centro-destra ha continuato a ridurre le imposte, ma ha aumentato a dismisura le spese correnti (quelle al netto degli interessi sui titoli pubblici). Il risultato è visibile in figura sotto (deficit dello stato in rapporto al Pil): dopo anni di continui miglioramenti (riduzioni del deficit), a partire dal 2000 la tendenza si è invertita ed il deficit ha ripreso a crescere.
Il nostro declino sulla scena economica internazionale è strettamente correlato alla struttura dei nostri conti pubblici: la concorrenza dei paesi emergenti (Cina ed India su tutti) non ci consente più di mantenere un livello di tassazione tanto elevato ed occorre ridurlo SUBITO di almeno 5 punti di Pil (negli Stati Uniti il livello di tassazione è inferiore di 10 punti di Pil rispetto al nostro).
D'altro canto, il vincolo del 3% al deficit di bilancio, impone di ridurre le spese di pari passo (5 punti di Pil).
Questa ormai non è più esercitazione di politica economica, ma un'esigenza primaria di questo paese: la sola alternativa al disastro.
Bisogna, dunque, ridurre le tasse e le uscite di 5 punti di Pil.
Si tratta di risparmiare 60 miliardi di euro sulle spese dello stato; e si tratta di cominciare a farlo subito.
Tradotto in termini terra-terra, significa ridurre del 10% le spese del bilancio pubblico [60 (risparmio) /616 (spese correnti dello stato)= 10%].
E, visto che la grossa parte di quelle spese sono stipendi e salari, si tratta di ridurre il numero dei dipendenti pubblici e, cioè, fare (finalmente) ciò che da 50 anni, quasi tutti i governi hanno dichiarato di voler fare e non hanno fatto.
Solo che adesso non è più una possibilità, ma una strada obbligata, l'unica che ci allontana dal precipizio dove ci stiamo dirigendo.