Le “fake news” e la Post Verità

Fake news o fake policy?
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Fake news o fake policy?

Il dibattito politico sulle così dette fake news rischia di essere molto pericoloso, almeno per tre ragioni.


Primo: (ancora una volta) sposta l’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico dai problemi reali ad uno immaginifico, come se il rischio per la tenuta sociale del nostro paese non fosse la sua crescente desertificazione industriale, la negazione del futuro pensionistico a tutti coloro che hanno meno di 45 anni o la crisi economica (e le politiche di austerity che l’hanno aggravata) che ha mandato al lastrico le famiglie. No, a leggere i giornali, il rischio imminente è che un complotto ad opera di agenti segreti stranieri (ovviamente russi) agisca per disseminare notizie false in grado di orientare l’opinione pubblica in vista del prossimo voto politico. Il pozzo avvelenato è proprio questo: distogliere dai problemi reali e condurre una campagna elettorale su temi distanti dai bisogni reali del paese: condizione necessaria per tenere alta l’astensione e far avanzare forze politiche che, da un lato si azzuffano per accaparrarsi un seggio in in più parlamento, e dall’altro sottoscrivono lo stesso programma politico (quello della troika e delle politiche di rigore), in nome del quale sono pronti a governare assieme già dal giorno dopo il voto.


Secondo: regolamentare per legge il controllo sulla diffusione di notizie false è molto pericoloso ed avrebbe come effetto “collaterale” un bavaglio sulla rete e la libertà di informazione. Se entrasse in vigore il disegno di legge Zanda-Filippin (non ci sono i tempi in questa legislatura, quindi è palesemente un diversivo per la campagna elettorale), si assegnerebbe ai gestori delle piattaforme social il diritto di discrezionalità totale nella gestione dei contenuti e si darebbe ad un algoritmo il compito di discriminare tra il “vero” ed il “falso”. In un colpo solo, in sostanza, si porrebbero le basi per quello che in letteratura è chiamato l’”algorithmic governmentality” e si darebbe alle grandi multinazionali americane monopoliste del settore - a cui già è lasciato campo libero nella schedatura di massa degli utenti - anche il potere di scelta dei contenuti da divulgare o rendere virali. O quelli da censurare, come dimostra la scelta di Google di deindicizzare le notizie provenienti dai siti di informazione Russia Today o Sputnik.


Terzo: il problema delle notizie false esiste davvero, ma non riguarda solo la rete. I maggiori diffusori di fake news sono spesso i media mainstream e le grandi agenzie di comunicazione che orientano l’opinione pubblica mondiale. Il problema, allora è elevare la cultura e quindi la capacità di discernimento degli utenti rispetto alle notizie, unica arma per migliorare l’ecosistema informativo. Questo può avvenire anche attraverso l’impiego di procedure e strumenti tecnici, ma prima dei software viene la cultura e l’investimento sulle persone.
 
18/01/2018
Francesco Bechis

Fake news
made in Russia e partiti italiani. Se ne è sentito parlare molto in questi mesi, se ne parlerà sempre di più man mano che la campagna elettorale entrerà nel vivo. Talvolta si tratta di conclusioni affrettate, poco documentate, che divengono facile arma dello scontro politico. Altre volte emerge invece un quadro preoccupante. Esistono davvero le centrali russe della disinformazione. La Internet Research Agency (Ira), unità senza fissa dimora dedicata a tempo pieno a diffondere online falsi allarmi, profili twitter costruiti ad hoc, campagne d’odio, è solo uno degli esempi più noti. A fine novembre un articolo su Foreign Affairs dell’ex vice-presidente statunitense Joe Biden sulle interferenze russe in Europa aveva suonato un primo campanello di allarme, entrando prepotentemente nel dibattito politico italiano. In questi giorni un rapporto del Senato americano ha riportato i riflettori sullo stesso tema. Abbiamo chiesto a Nona Mikhelidze, responsabile del programma Europa orientale e Eurasia dello Iai, di farci un quadro dei rapporti fra Mosca e i partiti italiani che correranno alle urne.

Ci sono prove di contatti recenti del Cremlino con alcuni partiti italiani in vista delle elezioni di marzo?

Non ci sono prove di finanziamenti diretti. Ci sono diverse associazioni che operano in Lombardia che ricevono soldi dalla Russia per promuovere seminari ed eventi per un certo tipo di agenda. I contatti sono sotto la luce del sole, c’è stato un accordo fra Lega Nord e Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. Ricordiamoci che a marzo scorso Salvini è andato a Mosca, in un viaggio organizzato da Europa dei Popoli e Lombardia Russa di Gianluca Savoini, complimentandosi con Putin per le elezioni parlamentari. In quell’occasione, e poi a più riprese, ha dichiarato ufficialmente che, qualora arrivasse al governo, toglierebbe le sanzioni alla Russia.

Nell’agenda di Putin rientra l’obiettivo di tirar fuori l’Italia dall’Ue?

Il Cremlino sa che l’Italia non può uscire da un giorno all’altro dall’Ue. L’obiettivo per il momento è creare caos, ingovernabilità, aiutare quelle forze sovraniste che, per costituzione, chiedono meno Europa.

Che vantaggio ne trae?

Se queste forze, una volta al governo, decidono di rimuovere le sanzioni alla Russia, l’Unione Europea non può più implementarle, perché le sanzioni vengono votate all’unanimità.

Non è legittimo che un Paese speri che le sanzioni nei suoi confronti siano abolite?

Certo, infatti non giudichiamo la politica russa. Se ci mettiamo nei loro panni, è evidente che hanno ragione a portare avanti la loro agenda. Da una prospettiva italiana, giova però chiedersi cosa vuol dire stringere degli accordi con Putin e il suo partito, e soprattutto chiedersi se siamo pro-europei o contro l’Ue.

Putin rivendica spesso i suoi ottimi rapporti personali con Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Esiste davvero in Italia una coalizione di governo ostile alla Russia?

In effetti se si osservano i casi-studio di Grecia, Spagna, Francia e Germania, emerge come in Italia i russi abbiano avuto un approccio molto più soft rispetto agli altri Paesi. Da sempre l’Italia è stato uno dei partners strategici della Russia. Lo stesso ministro Alfano da quando è alla Farnesina non ha fatto che ripetere che, dopo il pilastro transatlantico, Mosca costituisce il partner più importante. Eni ha da poco concluso l’accordo con Rosneft e i rapporti economici sono migliorati nonostante le sanzioni.

Berlusconi vanta ottime relazioni con Putin, e ha da sempre sottolineato l’importanza dell’alleanza con Washington. La vittoria del centro-destra può essere una soluzione che compiace tutti?

Nessuno ha ancora le idee chiare su cosa proporrà per la politica estera la coalizione di centro-destra, neanche loro lo sanno. Berlusconi è sicuramente considerato un amico personale di Putin, ma bisogna vedere se chiederà davvero all’Ue di fermare le sanzioni, cosa che certamente farà Salvini.

D’altronde in quest’ultimo anno non sono mancate frizioni fra il governo di centro-sinistra e l’America di Trump.

Nelle relazioni con Trump l’Italia ha seguito le politiche europee e le indicazioni di Bruxelles. È quello che è successo con gli investimenti in Iran, che continuano a prescindere dalle sanzioni americane, non mi sembra che il governo si sia mai distanziato da questo orientamento.

Cosa pensa del rapporto sulle interferenze russe presentato dal Senato americano?

Nelle relazioni internazionali si fa spesso uso della discourse analyisis. Il rapporto del Senato, esattamente come l’articolo di Joe Byden su Foreign Affairs, si basa tendenzialmente sulle dichiarazioni pubbliche del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord, sui loro incontri con i rappresentanti della Duma, o sul fatto che Beppe Grillo parli con Russia Today.

Come si pone la stampa italiana nei confronti della Russia?

In Italia i mass media non sanno nulla di Russia e dello spazio post-sovietico, e creano miti che non esistono o fanno sparire appositamente dalle notizie quel che riguarda quell’area geografica. Quasi nessuno oggi parla della crisi in Ucraina e delle continue violazioni del cessate il fuoco. Quando si tratta di raccontare i conflitti in Ucraina, così come accadde nel 2008 con la guerra fra Georgia e Russia, vengono usate fonti russe, direttamente tradotte, come Interfax. Per di più ci sono pochi inviati, e molti non parlano russo, è un problema anche della Farnesina che ha pochi interpreti russi.

Cosa dobbiamo aspettarci da Putin in queste elezioni?

Quello che doveva fare Putin in Italia è stato già fatto, i contatti sono stati creati, il terreno è fertile. Sa che nei sondaggi sono in testa dei partiti che porteranno avanti un’agenda che gli sta a cuore, impedendo ad esempio l’espansione della Nato in Oriente, come in Ucraina e in Georgia. Certo, i russi sanno che gli occhi della comunità internazionale sono puntati su di loro. Il web però è una zona incontrollabile. Potrebbero circolare degli articoli con dei titoli ben mirati: è una tattica precisa, se si clicca sui titoli appare la scritta “error”, li pubblicano perché sanno che molti si limitano a leggere il titolo. Occhio poi ai finti sondaggi con finti risultati: influenzano il voto, creano la sensazione che ci sia un solo voto utile e invitano all’astensione.

La relazione fra Putin e Salvini non è fake. Lo spiega Nona Mikhelidze (Iai) - Formiche.net



http://formiche.net/2018/01/17/pagnoncelli/
 
BALLE IN RETE: CENSURA MINISTERIALE

Ultime pessime notizie dal palazzo: la parola d'ordine è implementare il controllo tecnologico sulla popolazione. Dallo Stato di diritto al regime di Polizia, spacciatore di verità preconfezionate per reprimere il dissenso critico e sottomettere la gente. Ecco a voi la psicopolizia tricolore. Ora è disponibile uno speciale bottone rosso per segnalare le “falsità” che circolano in rete. Uno scudo governativo contro le cosiddette fake news. Peccato che ad inventare e a far circolare menzogne a tutto spiano sia proprio il governo eterodiretto di stanza a Roma: valga l’esempio delle epidemie inesistenti, usate per imporre la coercizione vaccinale a neonati, bambini e adolescenti sani, in ossequio ad un’imposizione stabilita a Washington il 26 settembre 2014. Le iniezioni di paura nel corpo sociale sembrano efficaci. Peggio del grande fratello orwelliano: è il sistema appena sfornato dal Viminale per fare la spia “a buon mercato” su internet, invece di impegnare la Polizia Postale per dare la caccia a pedofili ed espiantatori di organi umani in Italia. Un altro segno del nostro declino.

Comunque, nel belpaese è vietato parlare, è vietato pensare, è vietato comunicare idee, pensieri e notizie che possano destabilizzare il sistema marcio fino alle fondamenta. In fondo, la censura non è altro che il modo concreto di travestire, escludere, eludere o negare quei contenuti che rischierebbero di mettere in pericolo la presunta legittimità dell’ordine istituzionale.


La diffusione del sapere è uno strumento di controllo per il potere, perché conoscere è sapere leggere, interpretare, verificare di persona e non fidarsi di quello che dicono le autorità e i mass media. La conoscenza ci fa dubitare, soprattutto del potere costituito asservito al dominio.
Il ministro Beatrice Lorenzin nella trasmissione televisiva “Porta a porta”, andata in onda nell'ottobre del 2014, si aggiudicò il primato nazionale delle menzogne: «Ricordo che a Londra l'anno scorso sono morti 270 bambini per una epidemia di morbillo...».
Praticamente secondo lei era avvenuta una strage.
In realtà nel 2013 in Inghilterra morì una sola persona e aveva 25 anni.
Non contenta, la Lorenzin a Piazza Pulita, nell'ottobre del 2015, ripetè la stessa bugia: «L'anno scorso a Londra sono morti più di 200 bambini...». Forse si riferiva al 2013, però se era il 2014 non ci fu neanche un caso di morte per morbillo. Altro che fake news: qui eravamo al procurato allarme nei confronti della popolazione da parte di un ministro della Repubblica. Il quale se sbaglia in modo tanto grave, paga. Invece niente: neanche un fascicolo giudiziario sul conto della Lorenzin, che ripetè pubblicamente le sue dichiarazioni terrorizzanti ma destituite di qualsiasi fondamento. E neanche mi risulta che qualche mammasantissima della sanità o della ricerca - sempre pronto a denunciare le falsità del web diffuse dagli antivaccinisti - abbia detto una parola in merito.

Il compito di un governo illuminato verso il "suo" popolo è la realizzazione del bene comune, vale a dire assicurargli il benessere, ma anche la felicità, non una dittatura per conto terzi nell'Italia senza sovranità.
Su La Testa!: BALLE IN RETE: CENSURA MINISTERIALE
 

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