Le “fake news” e la Post Verità

set 17
Quando la grande stampa è complottista.
Sugli atleti russi (e sui carabinieri “stupratori”)



Ebbene sî. Esistono due tipi di complottismi:
quello che la grande stampa mainstream disapprova costantemente e con il quale si tende ad etichettare tesi che contrastano troppo la narrativa ufficiale.
Però esiste un altro complottismo, che non solo non è scandaloso ma è indicato e indispensabile, se ad attuarlo è proprio la grande stampa mainstream e se serve a confermare la tesi ufficiale o perlomeno il frame dominante.

Già, perché l’obiettività assoluta è difficile nel giornalismo, che invece si caratterizza per un certo conformismo.
Pubblica le notizie ma già con un’intonazione di fondo, un giudizio di fondo. E quando emergono fatti che contrastano quel frame, spesso anziché ammettere ci si rifugia nel complottismo, quello buono. Perché serve a confortare la tesi iniziale.

Un esempio è proprio di questi giorni. Vi ricordate titoli come questo?



Certo che sì. Dall’autunno del 2015, in seguito a un’inchiesta giornalista tedesca, tutti i giornali del mondo hanno pubblicato, in crescendo, migliaia di articoli sul doping degli atleti russi. Era un coro; anzi un’autentica valanga mediatica, che ignorava e all’occorrenza travolgeva, screditandola, qualunque posizione dubitativa. D’altronde non potevano esserci dubbi. Gli atleti russi erano tutti dopati! Infatti la squadra di atletica russa fu esclusa dai Giochi Olimpici di Rio. E dopo qualche mese addirittura dalle Paraolimpiadi.


Oggi veniamo a conoscere la verità .

La Wada, ovvero l’Agenzia anti-doping mondiale, ha scagionato 95 dei 96 atleti sospesi, perché le prove contro di loro erano insufficienti. Clamoroso non c’è che dire. Ma è a questo punto che scatta il complottismo “giustificazionista” secondo gli schemi dello spin. A fare lo scoop è ancora una volta il New York Times che dà l’intonazione a tutta la stampa internazionale. E infatti si mette in risalto, ad esempio sulla Repubblica, che è
“Una decisione destinata a suscitare polemiche, con l’interrogativo se sia prevalsa l’efficacia del sistema russo nel distruggere le prove o l’approccio soft degli investigatori”.


Capito?
La Wada, che era elogiata e ritenuta una fonte sicurissima un anno e mezzo fa, ora viene ritenuta poco seria perché, tra l’altro, non avrebbe sentito la “gola profonda” dell’inchiesta. Si dubita, improvvisamente, dell’integrità di chi giudica.

Notate bene: l’idea che gli atleti fossero puliti e che la loro esclusione dai Giochi sia stata un’ingiustizia non viene nemmeno presa in considerazione.



Il complottismo necessario traspare anche in una drammatica vicenda di questi giorni, quella del denunciato stupro delle due turiste americane a Firenze. Sia chiaro: saranno i giudici a stabilire cos’è successo e i carabinieri si sono comportati comunque in maniera inaccettabile, avendo violato le regole e il codice d’onore dell’Arma.
L’intonazione di fondo della stampa, però, è colpevolista nei loro confronti. L’altro giorno, ad esempio, il Corriere della Sera aveva un titolo in home page in cui si parlava di ” prime ammissioni” di uno dei due carabinieri. E io, come migliaia di lettori, ho pensato: ecco, ha confessato lo stupro. Poi però leggendo l’articolo, si scopriva che le ammissioni riguardavano il fatto che ci fosse stato un rapporto sessuale consenziente.

E lo stesso atteggiamento traspare ora, dopo l’interrogatorio del secondo carabiniere. Guardate questo titolo.


Entrambi sostengono la stessa tesi però, evidenzia il Corriere nel sommario, “ci sono buchi e violazioni nella notte dei carabinieri”.

Ne converrete: un conto è violare il regolamento, un altro è violentare due turiste, peraltro in circostanze strane, a quanto pare. Una in ascensore, l’altra sul ballatoio di un condominio. Con due ragazze che – a quanto si è letto nei giorni scorsi – avrebbero stipulato la polizza antistupro e che trovano la forza di fotografare uno dei due rapporti. Volendo essere complottisti in loro favore – anche escludendo quelle più controverse come la polizza antistupro, prima annunciata e poi smentita – si potrebbe sostenere che le circostanze rafforzano la tesi dei carabinieri: perché violentarle sul ballatoio? Sarebbe stato molto più semplice in appartamento. Un rapporto in un luogo semipubblico come quello lascia prefigurare più un rapporto impetuoso, fugace, fuori dagli schemi e consenziente che una violenza. E poi: perché la ragazze li hanno fatti salire?

Visto? Volendo si può dare un’intonazione tesa a scagionare i due agenti dall’accusa più infamante. Ma non è questo l’atteggiamento prevalente che, invece, perlomeno sui grandi media (che a loro volta influenzano gli altri media, non dimenticatelo) è quello improntato sul sospetto colpevolista.

E se poi finisce come gli atleti russi?

La verità si saprà fra mesi se non anni, quando la vicenda non interesserà più il grande pubblico. Quel che conta è l’intonazione del momento; perché è adesso che si influenza l’opinione pubblica. Questo conta in termini mediatici. Con poca oggettività e tanto complottismo conformista.

Ma, vi prego, non ditelo alla maggior parte dei miei colleghi; potrebbero offendersi.

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Quando la grande stampa è complottista. Sugli atleti russi (e sui carabinieri “stupratori”) –
 
26/11/2017
di Lorenzo Bernardi

È stato il sito BuzzFeed News, in un servizio di Alberto Nardelli e Craig Silverman, ad accendere i riflettori sulla rete di siti da cui partono migliaia di fake news in grado di influenzare l’opinione pubblica. Una notizia ripresa dal New York Times, che in vista della prossima campagna elettorale ha sottolineato come l’Italia rischia di essere “il punto debole di una sempre più vulnerabile Europa”. Dietro alla campagna di disinformazione ci sarebbe la Russia, sospettata di aver già messo in atto gli stessi metodi nelle presidenziali Usa, nel referendum su Brexit e Catalogna e nelle elezioni in Francia e Germania.

L’INCHIESTA DI BUZZFEED

Cosa ha scoperto Buzzfeed? Sostanzialmente che esiste una rete di siti di notizie che ruotano attorno a ...

Che cosa dicono BuzzFeed e New York Times sul rischio fake news politiche in Italia - Formiche.net


L'inchiesta di BuzzFeed sui siti di notizie false in Italia - Il Post

Perché tutti parlano di nuovo di “fake news” - Il Post
 
Ultima modifica il 19/11/2017 alle ore 22:59
FRANCESCA PACI
ROMA
...
Ed è vero anche che le nuove tecnologie hanno solo semplificato il vicendevole sabotaggio politico in auge tra fazioni opposte sin dai tempi dell’antica Roma. Eppure, nel grafico delle interferenze russe in Europa illustrato dall’ultimo report dell’Atlantic Council (The Kremlin’s Trojan Horses: Russian Influence in southern Europe), c’è qualcosa di più. C’è soprattutto il concentrico e sistematico attacco al mondo che nel bene e nel male ha portato avanti finora l’eredità dell’illuminismo da parte di forze di matrice diversa - sovranista, populista, nazionalista, anti-globalista, passatista, neo-fascista, neo-comunista e via andare - accomunate dall’avversione ai valori liberali e da un multiforme richiamo all’ordine. C’è insomma la prova di quanto facile sia per chi debba compensare la propria debolezza con le difficoltà altrui (Putin oggi ma domani potenzialmente la Cina, la Turchia o qualsiasi altro attore geopolitico) approfittare della nostra società aperta e dunque permeabile, evoluta e un po’ annoiata, confusa dagli smottamenti del Novecento al limite della cupio dissolvi.

Molti dati del report sono noti, almeno a chi frequenta i media. Il groviglio greco per esempio, dove, per un milione di validissimi motivi, non c’è neppure bisogno di seminare il malcontento perché l’antagonismo è mainstream e mette insieme destra, sinistra, monaci ortodossi, militari, tutti sulle barricate contro l’estremo avamposto dell’occidente trincerato a Bruxelles (vedi anche gli infiniti mal di pancia del governo Tzipras, costretto a fare i conti con le richieste della troika, la miseria reale del Paese e il tabù dei finanziamenti alla chiesa e all’esercito). Altre, come l’analisi del contesto spagnolo proposta da Francisco de Borja Lasheras e Nicolás de Pedro, suggeriscono quanto le forze centrifughe che agitano l’Unione Europea si nutrano di percezioni dissociate dalla realtà, quanto poco s’interessino alla sia pur debole ripresa economica del vecchio continente o ai dubbi tardivi del Regno Unito post Brexit, quanto agevolmente guadagnino terreno anche laddove (in Spagna) non erano attecchite finora ma possono all’occorrenza aggrapparsi a temi controversi come l’indipendentismo catalano.

Da questo punto di vista il capitolo sull’Italia, curato da Luigi Sergio Germani e Jacopo Iacoboni (che ne scrive da mesi su La Stampa), è esemplare. Dopo aver documentato l’attivismo del Cremlino nello sparigliare le carte di un Paese impoverito, arrabbiato (con “la casta”) e confuso, gli autori disegnano uno schema della russofilia nazionale che vede giocare in favore di Putin fattori diversi, ideologici nel caso della Lega o del Movimento 5 Stelle, economici nel caso degli imprenditori che, a partire dall’entourage berlusconiano, fanno business a Mosca e mal digeriscono le sanzioni. L’impressione è che i trolls di San Pietroburgo, gli account fantasma, le fake news (di cui oggi tutti si dicono vittima, da Trump a Theresa May a Di Maio) abbiano trovato un terreno fertilissimo nell’Italia senza bussola, dove si grida all’invasione davanti a 180 mila migranti (siamo 60 milioni), le donne si dividono come in nessun altro Paese al mondo sul “molestie-gate” e si può commentare la morte di Totò Riina sostenendo che le campagne abortiste della Bonino abbiano ucciso più della Mafia (e dove il 40% non legge neppure un libro...).

C’è di che meditare sul materiale fornito dall’Atlantic Council.
...

I cavalli di Troia del Cremlino: la rete d’influenza della Russia con i politici europei
 

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