Le “fake news” e la Post Verità

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La Russia si aspetta che la CNN riconosca di aver sbagliato in relazione alle foto del bambino siriano Omran Daqneesh e preparare un testo di scuse, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.
La vicenda di Daqneesh aveva ricevuto una notevole attenzione nell'estate del 2016, quando alcuni media avevano pubblicato le immagini riprese nel Centro Medico di Aleppo di un bambino superstite durante i bombardamenti che avevano distrutto la sua casa nella parte orientale della città occupata dagli islamisti. I media occidentali avevano accusato le forze aeree russe di aver bombardato le case dei civili. La conduttrice della CNN Christiane Amanpour, in un'intervista con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, aveva mostrato la foto del bambino con la scritta "questo è un crimine contro l'umanità."

"Come prima aspettiamo dalla CNN una reazione, esortiamo i giornalisti ad ammettere lo sbaglio e preparare un materiale in cui si spiega l'errore. Credetemi, non sorvoleremo su questo argomento", — ha dichiarato la Zakharova in una conferenza stampa.

Secondo la portavoce del dicastero diplomatico russo, la CNN dovrebbe ammettere il suo errore, in caso contrario si tratterebbe di una manipolazione deliberata dell'opinione pubblica.

"L'assenza di una risposta chiara del canale su questo tema suggerisce l'idea che i giornalisti della CNN erano consapevoli della deliberata distorsione della realtà," — ha osservato la Zakharova.

In un'intervista con RT Ruptly il padre del bambino, oltre a proclamarsi sostenitore di Assad, aveva dichiarato che la gravità delle ferite di suo figlio era stata notevolmente esagerata e le immagini erano state fabbricate dagli insorti siriani per altri scopi, in particolare per screditare il governo di Damasco.
 
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Il giornale Newsweek è stato costretto, dopo un accordo extragiudiziale, a rimuovere l'articolo di Kurt Eichenwald, in cui, per un errore di ex-redattore dell'agenzia Sputnik, Bill Moran, si affermava che presidente Donald Trump "era in combutta con la Russia".

Il famoso giornalista e scrittore americano, autore della rivista on-line Newsweek, Kurt Eichenwald, l'anno scorso ha accusato l'allora candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump, di essere sotto il controllo di Mosca. Le accuse di Eichenwald si basavano su un errore di Moran. La teoria del giornalista è stata smitizzata dai suoi stessi colleghi in Occidente.

Moran stesso ha dettagliatamente documentato il tentativo di Eichenwald di mettere a tacere il caso con minacce.

L'ex editor di Sputnik ha scritto in un comunicato inviato a Ria Novosti che è riuscito a soddisfare le sue esigenze. "L'azione legale è stata risolta senza crediti reciproci, a mia completa soddisfazione. Con un accordo extragiudiziale con Newsweek, Eichenwald ha cancellato gli articoli" ha scritto. "Per quanto riguarda le domande sulle condizioni di questo contratto, non voglio commentare. Le parti hanno concordato che le condizioni sono confidenziali" ha aggiunto Moran.

Bill Moran il 10 ottobre 2016 ha trovato su internet estratti dalla corrispondenza del circolo di Hillary Clinton. Queste informazioni, ottenute dagli hacker, le ha postate il sito di Wikileaks. Moran aveva creduto nell'accuratezza delle informazioni su Twitter, ampiamente diffuse su internet, e ha citato in un articolo su Sputnik una lettera di un consigliere vicino alla Clinton, Sidney Blumenthal, che avrebbe ammesso la responsabilità dell'ex segretario di Stato USA per la morte degli americani durante l'attentato in Libia, a Bengasi.

Dopo 20 minuti l'editor ha capito che non si trattava delle parole Blumenthal, ma di un articolo di Eichenwald che Blumenthal aveva citato. Dopo Moran ha commesso un secondo errore, eliminando l'articolo senza formale modifica o cancellazione.

Il tweet del redattore è stato "beccato" dal candidato presidenziale repubblicano Donald Trump, che lo ha citato nello stesso giorno a un comizio elettorale. Eichenwald lo ha notato e ha concluso che Sputnik e Trump sono coordinati o addirittura ricevono istruzioni contemporaneamente, dal Cremlino. Il giornalista ha affermato che questa conclusione è condivisa dalla comunità dell'intelligence americana.

L'articolo di Newsweek si è ampiamente diffuso su internet e subito ha attirato critiche. Tra i critici c'era il quotidiano Washington Post, che di solito, non mette in dubbio in alcun modo le teorie dell'intelligence americana sulla "mano di Mosca" alle elezioni. In questo caso, il giornale ha affermato senza mezzi termini, che Eichenwald "in questo modo risulta fuorviante".

Un giornalista di BuzzFeed John Passantino ha dimostrato che Trump e l'editor di Sputnik hanno citato lo stesso tweet erroneo, ampiamente diffuso su internet e che le ipotesi di collusione sono prive di fondamento. Dubbi sulla teoria del complotto inventata da Eichenwald li hanno espressi anche quei media che di solito criticano duramente la Russia, tra cui l'organizzazione giornalistica Bellingcat. I giornalisti hanno ricostruito la sequenza degli eventi e hanno dimostrato che Trump non ha citato un articolo di Sputnik, ma lo stesso tweet sfortunato.

Autore di numerosi best-seller, Eichenwald è stato citato anche dal sito Snopes, che è interamente dedicato alle teorie del complotto, storie dell'orrore e fake news. Gli autori di Snopes.com hanno riportato dettagliate prove che la teoria di Newsweek non è corretta.

Moran ha detto che il giornalista americano ha cercato di mettere a tacere la cosa, offrendogli un lavoro in un prestigioso giornale americano, ha minacciato conseguenze nel caso di rifiuto delle offerte. L'ex-dipendente di Sputnik ha paragonato la situazione all'epoca del maccartismo, triste periodo della storia americana, quando la società "è stata ripulita" da presunti comunisti, quando masse di innocenti furono dichiarati colpevoli. L'agenzia di Sputnik all'inizio ha allontanato Moran per il suo errore, ma poi, dopo aver esaminato la situazione, gli ha proposto di tornare al lavoro, ma lui ha rifiutato. Moran si è allontanato dal giornalismo, ha terminato la laurea in giurisprudenza e ha superato l'esame da avvocato. Ora ha intenzione di impegnarsi nella tutela dell'onore e della dignità.
 
I blogger avevano ragione, la grande stampa torto.
Vogliamo dirlo?
Ebbene sì, i blogger, i “liberi pensatori”, i giornalisti davvero liberi continuano ad aver ragione e la grande stampa mainstream torto, nel senso che quest’ultima tradisce da troppo tempo quella che dovrebbe essere la sua funzione primaria e irrinunciabile, di voce critica e coraggiosa della società democratica.
Mettiamoci nei panni di un analista – politico o finanziario o strategico – che vuole capire come va il mondo. Se si fosse limitato ai principali media internazionali o di grandi Paesi come Francia, Gran Bretagna, Germania o Italia, i suoi report sarebbero stati lacunosi e, soprattutto, per nulla preveggenti.
Le analisi più accurate e le denunce più coraggiose non le avrebbe infatti trovate su quelle colonne, bensì sui blog e sui siti della cosiddetta stampa alternativa, di qualunque orientamento politico, che negli ultimi anni ha saputo leggere molto meglio la realtà.

Ecco qualche esempio:

– per anni economisti alla Bagnai o alla Sapir, quelli che partecipano ai convegni di A/Simmetrie, hanno denunciato l’assurdità, per evidente inefficacia e crudeltà sociale, delle cosiddette misure di salvataggio della Grecia. In perfetta solitudine, perché la stampa “ortodossa” ripeteva la solita litania. A distanza di anni il FMI ha ammesso i propri errori e oggi veniamo a scoprire che gli unici ad arricchirsi sono stati i tedeschi, che non solo hanno evitato di sopportare i costi di un default greco ma hanno poi lucrato 1.34 miliardi sui bond della salvezza.

Idem sull’euro: era un tabù persino parlarne in maniera dubitativa. La grande stampa ha negato spazio alle voci critiche, come invece avrebbe dovuto, salvo ricredersi… a distanza di 16 anni. Ora, timidamente, anche sui giornali color salmone si odono voci critiche.

in Siria i grandi media hanno evidenziato denunce clamorose come quelle su “esecuzioni di massa e corpi bruciati nei forni crematori di Saydnaya“, subito messe in dubbio da diversi blogger, esperti di politica estera e di comunicazione. Era chiaramente un’operazione di spin, ma chi dubitava veniva ignorato o tacciato di complottiamo. Dopo qualche settimana il Dipartimento di Stato Usa ha rettificato la notizia, che però è stata comunicata in sordina dalla stampa mainstream.

– Il flop mediatico sulla vittoria di Trump e sul sì Brexit è ormai noto a tutti

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Immigrati e ONG: c’è voluto un giovane di 23 anni, Luca Donadel, per documentare un fenomeno sconcertante per la sua vastità, quello delle navi delle ONG che vanno a prendere gli immigrati al largo della Libia. Nessun giornalista se n’era accorto e per settimane i grandi media hanno ignorato lo scoop del bravo Donadel (a proposito: dargli un premio di giornalismo, no?) rompendo il silenzio solo quando il rumore mediatico sul web è diventato così alto da non poter essere più ignorato.

Potrei continuare con tanti altri esempi ma mi fermo qui. Mi limito a due considerazioni.

La prima: la grande stampa internazionale si segnala soprattutto per conformismo e per eccessiva compiacenza con l’establishment. Quando diventa coraggiosa lo fa sempre in coro e sempre in modo strumentale, sapendo di avere le “spalle coperte”.
Quel che accade negli Stati Uniti è emblematico: Washington Post e New York Times sono diventate delle “caselle postali”, in cui mani compiacenti depositano anche documenti coperti dal segreto di Stato, con una disinvoltura senza precedenti, che sarebbe stata denunciata come scandalosa e perseguita legalmente con qualunque altro presidente, ma che diventa bene accetta se è frutto di un’evidente saldatura tra il cosiddetto Deep State e il 90% della stampa.
Una saldatura che, peraltro, non riguarda solo gli Usa, ma quasi tutte le grandi democrazie occidentali, che è nefasta per la democrazia ed è una delle ragioni della crescente sfiducia di ampie fasce di lettori. La stampa non rinascerà se non recupererà il senso della propria missione e tornerà a servire innanzitutto i lettori, anziché l’establishment.

La seconda: l’ho già scritto e lo ribadisco. La polemica sulle fake news mira non a garantire un’informazione più corretta ma, innanzitutto, a mettere a tacere le voci davvero libere, quelle che rompono la narrativa ufficiale. Ogni proposta di regolamentazione in realtà punta a imporre una censura, a intimidire chi esercita davvero la propria funzione critica, ignorando, e questo è davvero gravissimo, che a generare fake news e disinformazione sono, troppo spesso, gli spin doctor al servizio delle istituzioni.

Quelle proposte vanno respinte. E il giornalismo davvero libero, davvero coraggioso va difeso con forza.


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Islam e terrorismo: ecco la foto che smaschera l’ipocrisia dei media
Islam e terrorismo: ecco la foto che smaschera l’ipocrisia dei media –

Dunque riepiloghiamo: la Cia aveva avvertito i servizi spagnoli sul rischio di un attentato proprio alla Rambla. L’Isis già in febbraio aveva minacciato azioni terroristiche nelle aree frequentate dai turisti e il rischio era così elevato che, come ha sottolineato ieri Germano Dottori durante lo speciale su Rai3, alcuni tour operator hanno reclutato in segreto più di 100 ex membri delle truppe speciali britanniche, affinché controllassero siti sensibili, come le spiagge di Ibiza.

Sulla strage di Barcellona è già stato detto quasi tutto, mi limito a due osservazioni.

La prima. Considerato l’altissimo livello di allarme era così difficile blindare le Ramblas con delle protezioni anti intrusione, come avviene in molte piazze europee? Purtroppo siamo di fronte, come già avvenuto a Parigi e a Nizza, a un clamoroso fallimento dei servizi di intelligence, in questo caso spagnoli.

La seconda. E’ giunto il momento di smascherare l’ossimoro dietro a cui si trincerano le autorità dopo fatti come questi. Il refrain è sempre lo stesso: orrore per gli attentati, ma noi siamo migliori, noi non dobbiamo aver paura; dunque dobbiamo continuare a mantenere le frontiere aperte e ad accogliere gli immigrati islamici. Paradossalmente fino ad oggi questo approccio è stato vincente, ma razionalmente non sta in piedi.

Anche l’ultimo attentato in Finlandia è avvenuto al grido di Allah Akbar.

E questo perbenismo porta a inaccettabili forme di autocensura. Guardate queste immagini:



Vi ricordano qualcosa? La prima la conoscete tutti. I media non si sono fatti scrupoli nel mostrare l’immagine del piccolo Aylan, perché serviva a giustificare moralmente l’immigrazione, ma la seconda immagine, segnalata su twitter, non diventerà una hit mondiale. La maggior parte del pubblico non la vedrà mai, eppure mostra un altro bambino di tre anni ucciso assieme alla madre dei terroristi islamici sulla Rambla. Viene censurata. Perché se venisse diffusa susciterebbe un’altra ondata emotiva ma nel senso contrario a quello desiderato dal mainstream multiculturale e globalizzante. E’ un’ipocrisia, ma rivelatrice. Così si gestisce l’opinione pubblica.

Sia chiaro: sebbene le cause del terrorismo non possano essere banalizzate e ha ragione chi sostiene che a destabilizzare il Medio Oriente siamo stati noi occidentali, in primis gli americani in Irak, Afghanistan, Libia e Siria, è innegabile che l’immigrazione incontrollata a cui stiamo assistendo da mesi e che riguarda principalmente l’Italia, sia fonte di destabilizzazione sociale, per la mancata integrazione di masse enormi di migranti a cui è impossibile garantire un lavoro e una normale accoglienza, e dunque di fenomeni estremi, come l’aumento della violenza, della criminalità, dell’estremismo religioso e, infine, del terrorismo.

Ecco perché ha ragione chi manifesta gridando “io non ho paura”. Ma quel grido andrebbe accompagnato con l’urlo: “Enough is enough” come dicono gli inglesi. Ovvero l’immigrazione incontrollata, soprattutto quella islamica, non è più accettabile. Ovvero, in italiano, abbiamo sopportato abbastanza.
 

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