l'inferno fiscale in Italia

La pressione fiscale al 64% è ormai un dato acquisito

La mia azienda chiude: grazie Renzi!
La mia azienda chiude: grazie Renzi! - Officina


Lettera Numero: 107
La mia azienda chiude. Il sogno di mio padre svanisce. L’avidità dello Stato e la miopia di governanti inetti ha vinto. La qualità non ha pagato. Essere rimasti onesti non è servito. Altre persone senza stipendio. In Italia non c’è futuro. Non è giusto.
Mentre non riesco a trattenere le lacrime, sono queste le frasi che mi rimbalzano nella testa e me la spaccano in mille pezzi.
Voglio raccontare che cosa si prova quando un giovane vede svanire il sogno imprenditoriale, il sogno di creare posti di lavoro, il sogno di portare avanti i sacrifici di un padre. Il sogno di essere attori del ben-essere di un territorio. Ed è ciò che sto vivendo.
Quando tre anni fa ho accettato di prendere in mano le redini dell’azienda la situazione non era facile e sapevo che il rischio di perdere la sfida era alto. Ma fissati gli obiettivi e definite le tappe per raggiungerli in poco tempo sono riuscito ad ottenere molto di più di quanto mi aspettassi e stavo per uscire da una fase di riassetto aziendale ad una fase di sviluppo che seguisse precise direttrici: politica commerciale, internazionalizzazione, innovazione, eco-sostenibilità. Ma non avevo fatto i conti con un fattore esterno che ha lanciato la sua scure sulla nostra testa: lo Stato.
La pressione fiscale al 64% è ormai un dato acquisito, l’insensatezza degli studi di settore pure ed è inutile che mi dilunghi sul peso della burocrazia in Italia. Ciò che però ha determinato mortalmente il proseguo del sogno imprenditoriale è stata l’inettitudine di politicanti-burattini che a livello centrale hanno accettato i capricci di Usa, UE, Francia e Germania in materia di politica estera.
Tutto ha avuto inizio con le tensioni ucraino-russe in Crimea, il cui apice è stato raggiunto con le stupide sanzioni imposte a Mosca, la svalutazione del 30% del rublo e il conseguente contro– embargo che la Russia ha fatto su settori strategici per il made in Italy e il basso veronese come arredamento, ortofrutta, latticini. Quando nell’estate 2014 abbiamo avuto notizia di queste decisioni a livello europeo, a mio papà ho detto che dovevamo prepararci a tempi duri e cercare di prendere le necessarie contromisure in tempo. Game over. Una piccola impresa come la nostra non aveva la forza né le risorse per cambiare repentinamente mercati di riferimento così come fanno i grandi gruppi industriali. E il fatturato inizia a scendere, prima del 25% nel 2015, poi del 50% nel 2016, e del 65% negli ultimi mesi fino a che per ottobre ci siamo trovati a non avere alcun ordine di lavoro. Zero.
Non sono serviti gli interventi di risparmio energetico, il controllo serrato dei costi, e i licenziamenti in quattro mesi della metà dei dipendenti. Si chiude.

E allora si apre la voragine della depressione, della frustrazione, del senso di fallimento che logora la mente e stringe il petto come per la morte di una persona cara. Otto persone che nel giro di un anno hanno perso il lavoro. Otto famiglie che hanno perso una fonte di reddito. E ciò che fa ancora più male è sapere che chi ha cinquant’anni con una licenza media e per tutta una vita ha lavorato nel mondo del mobile, oggi completamente in crisi, difficilmente troverà nuova occupazione. La povertà è dietro l’angolo.
E allora si apre la pericolosa porta della rabbia e dei cattivi pensieri per cui si è tentati a gesti estremi se non fosse che si è attorniati da persone che fanno da cuscinetto, se non da sfogatoio.
La mia azienda chiude perché ha sempre lavorato di qualità, come sanno fare i cultori del made in Italy. La mia azienda chiude perché ha sempre pagato le tasse mentre committenti della Sicilia si presentavano in ufficio per dire che loro “lavorano per il 99% con il nero”. La mia azienda chiude perché non ha voluto cedere alla guerra del prezzo, altrimenti detta guerra tra poveri che ammazza i poveri ed ingrassa i soliti ricchi.
La mia azienda chiude perché lo Stato, oltre a fare la parte del socio occulto di maggioranza, si è permesso il lusso di penalizzare settori strategici per le economie dei nostri territori strutturate per distretti produttivi sanzionando partners strategici come la Russia. E quando un distretto muore, un territorio sta morendo.
Per questo aver visto Renzi a Treviso che elogiava le imprese in una delle terre con il maggior numero di suicidi tra imprenditori, e aver sentito Benetton che voterà sì al referendum mi fa una gran pena. Perché a pagare il prezzo della stupidità politica sono tante, troppe aziende come la mia.
Né Renzi, né Boschi né i leccaculo di questo governo si sono mai dimostrati realmente interessati a togliere le sanzioni alla Russia, diminuire la pressione fiscale infame, migliorare i servizi da terzo mondo e garantire un’effettiva libertà d’impresa.
Infatti i nostri giovani sono costretti ad emigrare al ritmo di 100mila l’anno mentre ci riempiono l’Italia di “risorse”, e chi rimane ha la prospettiva di un lavoro ormai senza tutele con stipendi da fame.
Le leccate reciproche tra il Benetton di turno e il ducetto fiorentino stridono maggiormente quando la Caritas denuncia l’aumento della povertà in Italia, e la Camera di Commercio di Verona segnala l’aumento di imprese straniere a fronte di una costante diminuzione di quelle italiane. Ma ricordiamoci sempre che siamo noi i razzisti.
Lo Stato ha dichiarato guerra ai piccoli imprenditori, alle famiglie, ai giovani, ai bambini, agli anziani. E’ lo Stato anti-sociale contro il quale bisogna unirsi e ribellarsi, prima che sia troppo tardi.
 
io penso che per 2/3 tornero' in europa ma non faro' assolutamente nulla
lavorare e' una rottura di scatole con questo sistema fiscale che ti depreda

faccio il pescatore e aspetto in riva ....
 
«Evadere tasse non è grave»
Multa da un milione


Un modulo per la dichiarazione dei redditi



Indagato per reati fiscali, non aveva rinunciato ad andare in tv per sentenziare in un programma della Rai, nel luglio 2010, che «evadere non è un reato grave». Per questa uscita Andrea Ghiotto, vicentino di 43 anni, ex imprenditore della concia ad Arzignano, si è visto multare dal collegio dei Giudici del Tribunale di Vicenza per un milione di euro, come conseguenza del ’danno di immaginè all’Agenzia delle Entrate. Era stato l’ufficio Veneto dell’Erario - che oggi ne ha dato notizia - a costituirsi nell’ambito di un procedimento più ampio su bancarotta ed evasione fiscale. Nella trasmissione incriminata alla domanda del conduttore, Ghiotto aveva risposto «tasse? Sono una parola complicata» e incalzato dal giornalista, che gli chiedeva se si sentisse un evasore totale, aveva aggiunto: «tranquillo. Dov’è il problema? Io non ho nè ammazzato nè stuprato, non ho ucciso nessuno. Ho fatto un pò di evasione ma non lo vedo come un reato così grave». Ghiotto, dopo una verifica fiscale, era finito in un’indagine complessa in cui era accusato di corruzione, bancarotta ed evasione fiscale, per un ’sistemà che avevano prodotto un’evasione accertata di 13 milioni di euro. In sostanza le verifiche della Gdf aveva portato alla luce un sistema attraverso il quale Ghiotto avrebbe utilizzato la squadra di calcetto a cinque «Arzignano Grifo» per distrarre fondi e non pagare le tasse sulla pelli attraverso un sistema di false fatture. Un meccanismo fraudolento che aveva visto molti altri indagati. Al termine dei vari processi cui è stato sottoposto, Ghiotto ha collezionato una condanna complessiva a 10 anni di reclusione, per la quale ha fatto appello. L’ultima tranche processuale riguardava proprio la bancarotta e l’evasione - e in quest’ambito è entrata come parte civile l’Agenzia delle Entrate - per la quale è stato condannato a sei anni e mezzo di carcere e ad una provvisionale di due milioni di euro, con la confisca di una serie di opere d’arte e di un conto corrente da 36mila euro. I giudici hanno anche disposto le provvisionali con pagamento immediato (che andranno definite in sede civile se da maggiorare) per le parti civili. Così, per il danno di immagine l’Agenzia delle Entrate dovrà essere risarcita con un milione di euro.

«Evadere tasse non è grave» Multa da un milione
 
se evadi l'esproprio fiscale come fai a pagare il voto di scambio?

in italia non si puo' parlare di tasse, le tasse sono cosa e giusta se motivato da un servizio verso il cittadino,
Quello attuale in italia si chiama esproprio come per la casa pignorata e consegnata a clandestini.
MA scusate come si fa a togliere la casa a uno che non riesce a pagare le tasse ma ne ha gia' pagate tente e darla gratis al primo arrivato illegalmente? che razza di stato e' questo?
 
Ultima modifica:
Dall’inizio della crisi del 2008 ad oggi sono fallite nel nostro paese più di 95mila imprese e il 2016 verrà ricordato come l’anno in cui si taglierà il traguardo delle 100mila imprese chiuse dal 2009 ad oggi. Il ritmo dei fallimenti è impressionante: nel nostro paese chiudono per insolvenza cinquantasette imprese ogni giorno lavorativo. In conclusione la pressione fiscale è un’emergenza nazionale.
Read more at Gli italiani i più tartassati d'Europa. Ecco le prove

si ma e' chiaro per chi e' di sinistra e' tutta colpa di Craxi, Silvio e Putin
non certo dagli ultimi governi di sinistra Monti, Letta, Renzi
 
infatti ora si trovano immobili a prezzi da quasi default in italia
per non contare di capannoni e aziende che nessuno vuole causa esproprio fiscale
 
L’imposta «occulta» sulle partite Iva
per recuperare due miliardi nel 2017

I professionisti: con le nuove scadenze più costi annui da 480 a 720 euro
di Dario Di Vico

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Matteo Renzi ha bloccato via Twitter gli emendamenti alla legge di Bilancio che avrebbero comportato una maggiore tassazione per gli affittuari di Airbnb («finché sarò al governo non ci saranno nuove tasse») ma finora non si è mosso per evitare una nuova imposta occulta sulle partite Iva. Il decreto legge fiscale che è stato approvato dalla Camera ed è al vaglio del Senato prevede infatti per tutte le partite Iva (imprese artigiane, commercianti e professionisti) un carico di 8 nuovi adempimenti che comportano costi stimati in 480 euro annui nel 2017 e 720 già dal 2018 per ciascun soggetto. L’accusa che viene dalle associazioni dei professionisti è che in questo modo si inflaziona un calendario di scadenze fiscali già fitto perché quelle che erano disposizioni da osservare una volta l’anno diventano trimestrali. Stiamo parlando della trimestralizzazione del cosiddetto spesometro e la comunicazione ogni tre mesi dei dati delle liquidazioni periodiche dell’Iva. In questo modo il governo pensa di recuperare 2 miliardi nel 2017, una posta di bilancio significativa per chiudere i conti di quella che ormai abbiamo ripreso a chiamare «la finanziaria».

L’imposta «occulta» sulle partite Iva per recuperare due miliardi nel 2017

Lotta all’evasione
In nome della sacrosanta lotta all’evasione si rischia però di mettere in croce le partite Iva che già devono penare per tenere una rotta di mercato apprezzabile vista la tendenza delle stesse amministrazioni pubbliche e delle imprese committenti a seguire la logica del massimo ribasso. «Non si comprende - sostiene Andrea Dili presidente di Confprofessioni Lazio - come a fronte di provvedimenti governativi che vanno nella giusta direzione ovvero studi di settore, superammortamenti, disegno di legge sul lavoro autonomo si introducono invece contestualmente norme che accrescono il peso della burocrazia, scoraggiano gli investimenti e finiscono per pesare su chi le tasse le paga già». Confprofessioni Lazio è arrivata anche a fare delle previsioni sull’ammontare complessivo dei nuovi adempimenti burocratici e tira fuori la cifra-monstre i 10 miliardi nel triennio 2017-20, un ammontare che supera di un miliardo il gettito atteso nello stesso periodo. «Sarebbe stato meglio concentrarsi su strumenti meno onerosi per le imprese e su soluzioni meno anacronistiche».

Contrasto di vedute
Ma come mai il governo così attento all’effetto-immagine connesso con le scelte fiscali ha invece scelto diversamente per quel che riguarda le partite Iva? Le spiegazioni che circolano rimandano a un contrasto di vedute tra palazzo Chigi da una parte e l’agenzia delle Entrate e il ministero dell’Economia dall’altra.
I primi sostengono la linea del fisco 2.0 che deve dare fiducia ed evita di costruire norme sulla patologia dei comportamenti,
i secondi a costo di dare messaggi contraddittori hanno necessità di immediata di inserire coperture nella legge di Bilancio e sicuramente anche di dare una svolta alla lotta all’evasione dell’Iva.
Ma obbligando imprese e professionisti a fare quattro invii di dati all’anno invece di uno non è detto né che i controlli riescano a essere tempestivi né che si riescano a reperire i 2 miliardi della discordia. Infatti adesso l’Agenzia delle entrate sta ancora vagliando le dichiarazioni dell’anno 2014 e se dovesse passare la norma contestata si troverebbe a dover controllare una mole di dati moltiplicata per quattro negli stessi tempi. Le controindicazioni non finiscono qui, c’è anche il rischio di una violazione dello Statuto del contribuente perché l’aggiornamento dei software degli operatori richiede realisticamente un tempo più lungo.
 
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Questa è la riprova che MONTI è stato il peggior governo i9n assoluto.... voleva il suicidio degli italiani e c'è riuscito.

Grazie alla depressione economica innescata ora anche le banche ne risentono infatto ha distrutto l'economia del veneto e della toscana.....
 

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