Un viandante si imbatté in un grande fiume che gli tagliava la strada. Non poteva guadarlo a nuoto perché avrebbe rovinato i preziosi semi che voleva portare integri alla mèta, ma non si perse d’animo. Con pazienza segò il tronco di un albero e lo gettò in acqua per farne un ponte. Ma l’albero era troppo corto, e scivolò via lungo le correnti. Il viandante provò con un altro albero, un altro e un altro ancora, ogni volta con lo stesso deludente risultato.
Così cominciò a disperarsi per il fallimento del suo viaggio.
“Sono uno sciocco. Non è servito arrivare sino a qua, né tagliare gli alberi. Ho sbagliato tutto”, pensò.
Deciso a tornare su suoi passi, si addormentò sconsolato all’ombra dell’unico cespuglio rimasto. Ma prese a piovere forte.
“Sono sfortunato. Tutto va male. Come farò ora?”
Non gli rimase che correre lungo il fiume verso un bosco dove trovare riparo. Costeggiando la riva pensava a tutti i suoi errori con biasimo e con rassegnazione. Gli sembrò di vagare senza senso.
Ad un tratto, scoprì un passaggio nel letto del fiume.
A poche centinaia di metri dal luogo dei suoi inutili tentativi, i tronchi che aveva gettato, portati dalla corrente, si erano incastrati tra le rocce che spuntavano a pelo d’acqua e avevano formato un ponte.