Val
Torniamo alla LIRA
Il super “Commissario straordinario” sta facendo il Pinocchio proprio come Conte,
mentre gli italiani sono nuovamente costretti ad arrangiarsi.
Non dimentichiamo mai cosa rispose il presidente del Consiglio il 27 gennaio, ospite di Lilli Gruber,
a una domanda sui rischi che il coronavirus potesse colpire anche in Italia?
Rispose: «Siamo prontissimi. Tutti i protocolli di prevenzione sono stati attivati.
L’Italia in questo momento è il Paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri, misure incisive».
La verità è che, in realtà, non avevamo neanche fatto provviste di mascherine (anzi avevamo spedito le nostre scorte in Cina)
e, difatti, il coronavirus, per gli errori e i colpevoli ritardi del governo, ha potuto dilagare indisturbato con un tragico bilancio che ha superato i 30 mila morti.
Da quel lontano giorno di gennaio (e siamo a metà maggio) la questione della mancanza di mascherine
(ma anche di tute, guanti e respiratori durante l’emergenza) non si è mai risolta.
Eppure il governo ha persino nominato un “Commissario straordinario”, nella persona di Domenico Arcuri
(ex-dalemiano molto vicino al “leader minimo” Conte).
Tutto risolto?
Macché.
Pasticci su pasticci, prima con le Regioni e ora anche con i cittadini, come dimostra la vicenda delle mascherine che non ci sono.
Arcuri ha fatto come Conte, dimostrando concretamente di essere anche lui un “Pinocchio” che prende in giro gli italiani.
Per dimostrarlo basta sfogliare le sue dichiarazioni.
Conferenza Stampa del 21 aprile: «Ci sono 40,3 milioni di mascherine nei magazzini delle Regioni, aggiornato a ieri.
Serviranno per fronteggiare picchi di domanda o rigurgiti dell’emergenza.
Ormai questo argomento delle mascherine lo possiamo accantonare, ha lasciato il passo a ulteriori questioni…
Confido che in qualche giorno il problema del prezzo massimo delle mascherine non ci sarà più».
Il 25 aprile arriva la frase clou: «Siamo pronti a distribuire tutte le mascherine che serviranno per gestire la fase 2…
Arriveremo presto a produrre almeno 25 milioni di mascherine al giorno».
Viene, infatti, dato l’annuncio che è stato siglato un accordo
«con due grandi imprese italiane che stanno producendo 51 macchine utensili che serviranno a produrre mascherine nel nostro Paese.
Queste 51 macchine produrranno da 400mila a 800mila mascherine al giorno
. Noi compreremo queste macchine e utilizzeremo luoghi pubblici per produrre le mascherine».
Il 26 aprile, dopo l’annuncio del presidente del Consiglio, Conte, il commissario straordinario Arcuri
firma l’ordinanza che fissa il prezzo massimo di vendita di una mascherina chirurgica a 0,50 euro più Iva al 22%
per un totale di 61 centesimi di euro.
Il 27 aprile viene firmato un accordo da Arcuri con l’Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm
per garantire un rimborso alle farmacie che hanno acquistato le mascherine a un prezzo superiore ai 50 centesimi.
Viene anche diffusa una nota degli uffici del Commissario in cui si afferma che tutte le farmacie e le parafarmacie italiane
«saranno messe in condizione dal commissario Arcuri di vendere a tutti i cittadini le mascherine chirurgiche al prezzo massimo di 0,50 euro al netto dell’Iva».
Nel pomeriggio del 27 aprile Arcuri rende noto che 660 milioni di mascherine chirurgiche
saranno nelle prossime settimane sul mercato italiano ad un prezzo medio di 38 centesimi di euro al pezzo.
Viene anche fatto il nome delle cinque aziende italiane che le produrranno: la Fab, la Marobe, la Mediberg, la Parmon e la Veneta Distribuzione.
Dichiara Arcuri:
«Voglio ringraziare queste eccellenze italiane che hanno mostrato una straordinaria disponibilità e un forte senso di responsabilità».
Per Arcuri si tratta di un «primo importante passo»: si stanno infatti «contattando le altre 108 aziende italiane,
incentivate grazie al “CuraItalia”, e a tutte loro sta giungendo la rassicurazione dagli uffici del Commissario
che acquisteranno le loro mascherine via via che saranno collocate sul mercato…
Nessuno dovrà rimetterci, a partire dalle imprese produttrici, dalle farmacie e dalle parafarmacie…
Stiamo sconfiggendo i vergognosi episodi registrati negli ultimi mesi. Sulla salute non si specula».
La sera del 27, poi, Arcuri, al Tg1 delle 20, afferma:
«Le mascherine in Italia ci saranno per tutti e al prezzo giusto».
Inoltre, aggiunge: «Le polemiche in Italia ci sono sempre. Pensiamo che queste aziende siano solo le prime
e grazie alla loro sensibilità spegneremo anche questa volta le polemiche».
Conferenza stampa del 28 aprile: «Da lunedì (4 maggio, data inizio della fase 2, ndr.)
potremmo distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, tre volte l’attuale fornitura.
Dal mese di giugno arriveremo a 18 milioni, dal mese di luglio 25 milioni e quando inizieranno le scuole a settembre
potremmo distribuire 30 milioni di mascherine al giorno, undici volte quel che distribuivamo all’inizio dell’emergenza».
Il 29 aprile in audizione video alle Commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera afferma:
«Il commissario non distribuisce mascherine ai cittadini, deve metterli in condizione di comprarle a un prezzo più conveniente possibile,
di qui il prezzo calmierato a 0,50 centesimi. La gente dice che non ha mascherine? Io più che darle alle farmacie non posso fare».
Conferenza stampa del 2 maggio: «Da lunedì i cittadini che vorranno acquistare le mascherine,
le troveranno al prezzo massimo di 50 centesimi al netto dell’Iva in 50 mila punti vendita, uno ogni 1.200 abitanti.
Dalla metà di maggio i punti vendita diventeranno 100 mila, uno ogni 600 abitanti».
Arcuri che mostra anche i primi prototipi delle mascherine per bambini, annuncia di aver sottoscritto un accordo
con farmacie, parafarmacie, Confcommercio, Federdistribuzione e Coop, mentre è in corso trattativa con i tabaccai.
Questi i proclami di Arcuri rivelatesi ben lontani dalla realtà, visto che oggi, 12 maggio,
ancora non è in grado di distribuire mascherine sufficienti alle farmacie e agli altri punti vendita che continuano a esserne sprovvisti.
Tanto che, ormai, l’Istituto Superiore di Sanità è arrivato ad autorizzare mascherine confezionate artigianalmente purché siano multistrato
Intanto nella bozza del “decreto maggio” (ex decreto aprile che se va avanti così diventerà “decreto mai”)
viene ipotizzato (e poi smentito…) un prezzo massimo delle mascherine a 1,50 euro, ovvero tre volte quello indicato da Arcuri.
E Arcuri?
Lui continua a fare lo “scaricabarile” accusando i distributori (che millantano di avere nei depositi milioni di mascherine)
e le farmacie (che si rifiutano di vendere sottocosto).
Il commissario ha avuto anche la faccia tosta di dire: «Non sono io a dover rifornire i farmacisti».
Allora cosa ci sta a fare? E cosa promette nelle conferenze stampa e davanti al Parlamento?
Insomma, il pasticcio delle mascherine continua, mentre gli italiani, come al solito, devono arrangiarsi come possono.
mentre gli italiani sono nuovamente costretti ad arrangiarsi.
Non dimentichiamo mai cosa rispose il presidente del Consiglio il 27 gennaio, ospite di Lilli Gruber,
a una domanda sui rischi che il coronavirus potesse colpire anche in Italia?
Rispose: «Siamo prontissimi. Tutti i protocolli di prevenzione sono stati attivati.
L’Italia in questo momento è il Paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri, misure incisive».
La verità è che, in realtà, non avevamo neanche fatto provviste di mascherine (anzi avevamo spedito le nostre scorte in Cina)
e, difatti, il coronavirus, per gli errori e i colpevoli ritardi del governo, ha potuto dilagare indisturbato con un tragico bilancio che ha superato i 30 mila morti.
Da quel lontano giorno di gennaio (e siamo a metà maggio) la questione della mancanza di mascherine
(ma anche di tute, guanti e respiratori durante l’emergenza) non si è mai risolta.
Eppure il governo ha persino nominato un “Commissario straordinario”, nella persona di Domenico Arcuri
(ex-dalemiano molto vicino al “leader minimo” Conte).
Tutto risolto?
Macché.
Pasticci su pasticci, prima con le Regioni e ora anche con i cittadini, come dimostra la vicenda delle mascherine che non ci sono.
Arcuri ha fatto come Conte, dimostrando concretamente di essere anche lui un “Pinocchio” che prende in giro gli italiani.
Per dimostrarlo basta sfogliare le sue dichiarazioni.
Conferenza Stampa del 21 aprile: «Ci sono 40,3 milioni di mascherine nei magazzini delle Regioni, aggiornato a ieri.
Serviranno per fronteggiare picchi di domanda o rigurgiti dell’emergenza.
Ormai questo argomento delle mascherine lo possiamo accantonare, ha lasciato il passo a ulteriori questioni…
Confido che in qualche giorno il problema del prezzo massimo delle mascherine non ci sarà più».
Il 25 aprile arriva la frase clou: «Siamo pronti a distribuire tutte le mascherine che serviranno per gestire la fase 2…
Arriveremo presto a produrre almeno 25 milioni di mascherine al giorno».
Viene, infatti, dato l’annuncio che è stato siglato un accordo
«con due grandi imprese italiane che stanno producendo 51 macchine utensili che serviranno a produrre mascherine nel nostro Paese.
Queste 51 macchine produrranno da 400mila a 800mila mascherine al giorno
. Noi compreremo queste macchine e utilizzeremo luoghi pubblici per produrre le mascherine».
Il 26 aprile, dopo l’annuncio del presidente del Consiglio, Conte, il commissario straordinario Arcuri
firma l’ordinanza che fissa il prezzo massimo di vendita di una mascherina chirurgica a 0,50 euro più Iva al 22%
per un totale di 61 centesimi di euro.
Il 27 aprile viene firmato un accordo da Arcuri con l’Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm
per garantire un rimborso alle farmacie che hanno acquistato le mascherine a un prezzo superiore ai 50 centesimi.
Viene anche diffusa una nota degli uffici del Commissario in cui si afferma che tutte le farmacie e le parafarmacie italiane
«saranno messe in condizione dal commissario Arcuri di vendere a tutti i cittadini le mascherine chirurgiche al prezzo massimo di 0,50 euro al netto dell’Iva».
Nel pomeriggio del 27 aprile Arcuri rende noto che 660 milioni di mascherine chirurgiche
saranno nelle prossime settimane sul mercato italiano ad un prezzo medio di 38 centesimi di euro al pezzo.
Viene anche fatto il nome delle cinque aziende italiane che le produrranno: la Fab, la Marobe, la Mediberg, la Parmon e la Veneta Distribuzione.
Dichiara Arcuri:
«Voglio ringraziare queste eccellenze italiane che hanno mostrato una straordinaria disponibilità e un forte senso di responsabilità».
Per Arcuri si tratta di un «primo importante passo»: si stanno infatti «contattando le altre 108 aziende italiane,
incentivate grazie al “CuraItalia”, e a tutte loro sta giungendo la rassicurazione dagli uffici del Commissario
che acquisteranno le loro mascherine via via che saranno collocate sul mercato…
Nessuno dovrà rimetterci, a partire dalle imprese produttrici, dalle farmacie e dalle parafarmacie…
Stiamo sconfiggendo i vergognosi episodi registrati negli ultimi mesi. Sulla salute non si specula».
La sera del 27, poi, Arcuri, al Tg1 delle 20, afferma:
«Le mascherine in Italia ci saranno per tutti e al prezzo giusto».
Inoltre, aggiunge: «Le polemiche in Italia ci sono sempre. Pensiamo che queste aziende siano solo le prime
e grazie alla loro sensibilità spegneremo anche questa volta le polemiche».
Conferenza stampa del 28 aprile: «Da lunedì (4 maggio, data inizio della fase 2, ndr.)
potremmo distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, tre volte l’attuale fornitura.
Dal mese di giugno arriveremo a 18 milioni, dal mese di luglio 25 milioni e quando inizieranno le scuole a settembre
potremmo distribuire 30 milioni di mascherine al giorno, undici volte quel che distribuivamo all’inizio dell’emergenza».
Il 29 aprile in audizione video alle Commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera afferma:
«Il commissario non distribuisce mascherine ai cittadini, deve metterli in condizione di comprarle a un prezzo più conveniente possibile,
di qui il prezzo calmierato a 0,50 centesimi. La gente dice che non ha mascherine? Io più che darle alle farmacie non posso fare».
Conferenza stampa del 2 maggio: «Da lunedì i cittadini che vorranno acquistare le mascherine,
le troveranno al prezzo massimo di 50 centesimi al netto dell’Iva in 50 mila punti vendita, uno ogni 1.200 abitanti.
Dalla metà di maggio i punti vendita diventeranno 100 mila, uno ogni 600 abitanti».
Arcuri che mostra anche i primi prototipi delle mascherine per bambini, annuncia di aver sottoscritto un accordo
con farmacie, parafarmacie, Confcommercio, Federdistribuzione e Coop, mentre è in corso trattativa con i tabaccai.
Questi i proclami di Arcuri rivelatesi ben lontani dalla realtà, visto che oggi, 12 maggio,
ancora non è in grado di distribuire mascherine sufficienti alle farmacie e agli altri punti vendita che continuano a esserne sprovvisti.
Tanto che, ormai, l’Istituto Superiore di Sanità è arrivato ad autorizzare mascherine confezionate artigianalmente purché siano multistrato
Intanto nella bozza del “decreto maggio” (ex decreto aprile che se va avanti così diventerà “decreto mai”)
viene ipotizzato (e poi smentito…) un prezzo massimo delle mascherine a 1,50 euro, ovvero tre volte quello indicato da Arcuri.
E Arcuri?
Lui continua a fare lo “scaricabarile” accusando i distributori (che millantano di avere nei depositi milioni di mascherine)
e le farmacie (che si rifiutano di vendere sottocosto).
Il commissario ha avuto anche la faccia tosta di dire: «Non sono io a dover rifornire i farmacisti».
Allora cosa ci sta a fare? E cosa promette nelle conferenze stampa e davanti al Parlamento?
Insomma, il pasticcio delle mascherine continua, mentre gli italiani, come al solito, devono arrangiarsi come possono.