MA LE LENTICCHIE CHE HO MANGIATO A CAPODANNO, ESATTAMENTE QUANDO INIZIANO A FARE EFFETTO?

3. Patologie preesistenti
Il grafico presenta le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2) nei pazienti deceduti.

Questo dato è stato ottenuto da 2621 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche.

Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,3 (mediana 3, Deviazione Standard 1,9).

Complessivamente,
101 pazienti (3,9% del campione) presentavano 0 patologie,
393 (15,0%) presentavano 1 patologia,
558 (21,3%) presentavano 2 patologie e
1569 (59,9%) presentavano 3 o più patologie.

Prima del ricovero in ospedale, il 24% dei pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi seguiva una terapia con ACE-inibitori
e il 17% una terapia con Sartani (bloccanti del recettore per l'angiotensina).

Nelle donne (n=850) il numero medio di patologie osservate è di 3,4 (mediana 3, Deviazione Standard 1,9);
negli uomini (n=1771) il numero medio di patologie osservate è di 3,2 (mediana 3, Deviazione Standard 1,9).


End of interactive chart.
 
Al 7 maggio sono 312 dei 27.955 (1,1%) pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni.

In particolare, 66 di questi avevano meno di 40 anni (42 uomini e 24 donne con età compresa tra 0 e 39 anni).
 
E tu mi fermi tutto. Mi chiude la scuole, le università, quant'altro chiudi,
quando la percentuale di morti sotto i 50 anni - 312 deceduti su 27.955 - rappresenta l'1,11% ?????

E se facessimo i tamponi a tutti sotto i 50 anni andremmo a scoprire che coloro che
sono stati infettati, sono almeno il doppio o come dicono alcuni - il triplo ?????
 
Solo a pensare a che po’ po’ di guaio abbiano combinato Salvini prima e Renzi dopo,
a consentire ai grillini di governare, viene una rabbia incontenibile, anche se per essere obiettivi
la colpa di Renzi è stata molto più grave perché la catastrofe gialloverde si era vissuta eccome.

Dopodiché va detto pure che Renzi sia stato agevolato da una forzatura costituzionale
che seppure legittima non tutti i presidenti della repubblica avrebbero consentito,
tanto è vero che nella storia il precedente di Scalfaro del 1994 parla da solo.

Insomma ad agosto scorso quando del virus non c’era l’ombra già la maggioranza del Paese era convinta
che la scelta di Renzi e l’interpretazione della carta per una maggioranza che dava un minimo di garanzia, sarebbero state un pericolo vero.

E non si trattava di essere gufi, prevenuti, ma più semplicemente previdenti sia perché i grillini avevano dimostrato il peggio,
sarebbe bastato pensare a Roma, sia perché assieme alla Lega si era già visto il disastro.

Come se non bastasse il 2020, virus a parte, si annunciava difficile, come difficile era la situazione del paese dopo l’esperienza gialloverde negativa.

Oltretutto in democrazia ad avere paura del voto ci si rimette sempre,
perché per un verso si irritano i cittadini privati temporaneamente dell’unico diritto certo per promuovere o bocciare,
dall’altro si espone il paese ad un governo politicamente ipocrita, che per definizione nasce male.

A mettere insieme infatti gruppi e partiti che se ne sono dette e fatte di ogni colore, che messi alla prova avevano fallito,
che sarebbero stati spinti solo dalla voglia di impedire che scattasse la più importante regola della democrazia,
l’alternanza, più che un rischio è una roulette.

Per farla breve inutile nascondersi dietro le interpretazioni della carta, perché sarebbe come dire che i costituenti
avessero previsto e scelto l’opzione di consegnare l’Italia all’azzardo, allo sbaraglio,
alla guida di una maggioranza ipocrita, abborracciata, inadeguata e disunita.

Ovviamente non è così, le intenzioni dei costituenti erano tutt’altro, nel senso della ricerca per quanto possibile,
di una maggioranza parlamentare sostitutiva di quella venuta meno, ma in grado di assicurare quella armonia,
condivisione di un programma e di capacità d’azione coerente e chiara.

Parliamoci con franchezza nei giallorossi non c’era nemmeno l’ombra di uno di questi presupposti,
anzi c’era l’evidenza del contrario, e tutto quello che si è visto e che catastroficamente si vede,
non è stato un caso, ma la più logica delle conseguenze.

Ecco perché prima del virus abbiamo assistito ad un teatrino spudorato sulla finanziaria,
sui provvedimenti, abbiamo sfiorato la crisi quotidiana e dopo lo scoppio della pandemia a quanto di peggiore che ci sia,
dall’inizio ad oggi, decreto dopo decreto, quello di stanotte compreso.

Si fa presto a cercare di suggestionare gli elettori che in questo momento un cambio di governo sarebbe pernicioso,
a cercare di persuadere tutti che il Conte bis sia il male minore, a cercare di nascondere dietro la paura,
l’incapacità e la mancanza di visione e di statura politica.


Si fa presto, ma non basta a cancellare le divisioni, le incertezze, la mediocrità e l’ignoranza di una strategia
e della comprensione di ciò che servirebbe ora alla nazione, all’economia, al settore privato e della produzione per contrastare davvero la crisi.

Come si fa a non vedere che questo governo ci stia portando a sbattere, che passata l’estate e la paura della malattia che soffoca il malcontento,
ci sarà la rabbia a prendere il sopravvento, ci sarà l’esasperazione, la collera e l’indignazione.

Come non capire che quando l’ossatura produttiva del paese, fatta di piccole aziende, partite iva,
artigiani, commercianti, mondo del turismo, delle minuscole botteghe
, tirerà il conto di questi mesi
e sarà costretta a rinunciare, a portare i libri in tribunale, a dire basta, ci sarà rivolta.

Come non capire che annunciare milioni di cartelle, confermare tutte o quasi le tasse da pagare,
non aver messo subito i soldi necessari a compensare l’obbligo di chiusura sul tavolino,
aver costretto la gente a file estenuanti con le banche, con i moduli, con l’Inps per la cig, con la burocrazia, farà scattare una reazione.

Come non immaginare l’insoddisfazione per un prestito che seppure agevolato non è voluto ma subito,
oppure la collera nel giustificare con calcoli, pezzi carta, una perdita, uno sbilancio dovuto non all’incapacità ma alla impossibilità di lavorare.

Come non rendersi conto che dopo un’estate passata a disperare con le distanze, le separazioni,
la riduzione per decreto dell’offerta, la ricerca di mascherine, di guanti, l’abbattimento enorme del fatturato,
un mondo di persone licenziato, un numero progressivo di serrande che verrà abbassato, non ci sarà furore.

Da ultimo come sperare che questo polmone produttivo ferito a morte non per colpa sua,
non se la prenda con quell’apparato che al contrario è stato fatto dormire beato col bonifico di stato,
con quel pubblico che ha continuato a percepire stipendi da favola,
parlamentari e istituzioni che non hanno rinunciato a nulla pur di spremere fino alla scorza un bilancio disastrato.

Per non dire di ciò che penseranno quei milioni di operatori obbligati alla chiusura e alle contorsioni micragnose da riapertura,
dei soldi che il governo ha speso per i consulenti, le task force, la cooperazione e forse pure per i riscatti
di chi incautamente si è andato a ficcare nei guai, perché sia chiaro molte Ong gettano allo sbaraglio troppe persone
che sperando di salvare il mondo dalle guerre finiscono con alimentarle coi riscatti milionari pagati dallo stato.

E per finire che diranno tutti quelli che avranno subito la fame da chiusura, un fallimento per mancanza di aiuti,
di fronte al condono per gli immigrati, alla scarcerazione dei mafiosi, ai costi che lo stato paga per l’accoglienza ai clandestini
e che mancano o scarseggiano per i cittadini?

Insomma chi vivrà giudicherà se sarà stato meglio tenerci un governo e una maggioranza mediocre ed incapace,
arrogante e fallace, oppure se dopo lo sbaglio gialloverde, quello giallorosso avviato e mai cambiato per mille scuse,
abbia portato alla fine torti e rabbia nel paese.
 
La scorsa settimana l’asta dei titoli di stato del tesoro ha visto dei tassi, non proprio eccezionali,
nonostante la domanda avesse superato di sei volte l’offerta.

Il dubbio evidente è che lo scarso numero di operatori autorizzati al primario in Italia abbia favorito un comportamento di cartello:
tutti hanno offerto più o meno lo stesso in asta marginale
(che premia e fissa per tutti il prezzo dell’ultima offerta, quella più alta in rendimento)
per cui a rimanere fregati sono stati gli italiani.


Ora abbiamo una sorta di controprova evidente.

Ieri si è tenuta un’asta molto consistente di titoli USA,
con un aumento dei volumi offerti per far fronte alle nuove necessità dovute agli aiuti all’economia reale:

10Y-auction-5.12.jpg



32 miliardi di dollari di offerte di acquisto di titoli sono state accettate.

Una bella cifra, senza dubbio, ma nonostante questo c’è stato un Bid to Cover ratio di 2,68, molto buono per il debito USA.

Vuol dire che per ogni titoli emesso vi sono state richieste per 2,68 titoli.

Il risultato dell’asta è stato il seguente:

10Y-may-2020.jpg


Alla fine il tasso di interesse pagato è stato 0,712%, a fronte di una aspettativa del Tesoro di 0,7%,
ma molto meno di quanto pagato sull’asta precedente, 0,77%

In un momento in cui le azioni appaiono evidentemente gonfiate
i titoli obbligazionari privati rischiosi e gli investimenti sulle materie prime ancora più incerti,
chi vuole salvare le penne non ha altro che i titoli di stato.

Inoltre evidentemente il sentire comune è deflazionista, non inflazionista, come si aspettano i tedeschi, quindi un rendimento basso

A fronte di quello che è successo negli USA c’è da chiedersi come abbiamo fatto ad avere
un rendimento del 1,97% dei decennali italiani a fronte di una domanda pari a 6 volte l’offerta.


Solo un sistema sbagliato d’asta,quella marginale, insieme ad una lista di partecipanti troppo contenuta può aver portato a questo risultato.

Evidentemente c’è qualcuno che da questa situazione ci guadagna, perchè, altrimenti,
non si capisce perchè si continui ad utilizzare un metodo d’asta che, evidentemente viene a danneggiare il nostro paese.


Qualcuno ci risponderà ?
 
Di Maio e Conte posano con Silvia Romano, convertita Aisha, nel suo abito da somala musulmana.

Si coprono la faccia con la mascherina, probabilmente per l’incredibile figura di merda che hanno fatto loro e che hanno fatto fare all’Italia.

La questione non è tanto l’aver pagato uno, due , tre o quattro milioni di dollari di riscatto:
anche gli USA li hanno pagati, anche se, magari, non sempre e per obiettivi più delicati,
ma per la pessima, stupida ed indecente idea di fare una passerella politica con lei, convertita ed insacata di verde.

Il problema non è la sua conversione, questione personale, anche se ci sarebbe molto da indagare sulla spontaneità del gesto,
ma il fatto che si sia fatto vincere il messaggio integralista.

Perchè lei così non si è convertita all’Islam, magari ad un ramo moderato (esistono..) ma al Al Shabaab,
un gruppo terroristico che, fra le sue imprese, ha due attentati dinamitardi a Mogadiscio che hanno causato 500 morti.

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Un gruppo che terrorizza l’area al confine fra Kenia e Somalia, ma che a Conte e Di Maio sarà particolarmente simpatico
perchè, se non lo sapete , ha messo un divieto assoluto ai sacchetti di plastica nelle aree sotto il suo controllo.

Assassini, ma ecologici.

Del resto diceva Osama Bin Laden in un suo scritto trovato in Afghanistan:

“La guerra dei media è uno dei metodi più forti per ottenere la vittoria finale ….
Il 90 per cento della preparazione per le nostre battaglie deve essere affidato al bombardamento mediatico”.

Oltre ad Al Shabaab Di Maio e Conte hanno fatto propaganda al “Moderato” Erdogan,
quello che vuole inviare un milione di migranti irregolari in Italia e colui che alimenta la guerra con la Siria
grazie ai suoi gruppi paramilitari che ancora occupano aree di confine e che perseguitano i curdi.

Un altro colpo da maestro.

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Una figura di merda storica, e nonostante questo vanno i TV a vantarsi.

Non sappiamo se siano più fessi o più colpevoli.
 
Criticare Silvia Romano, la cooperante italiana rapita il 20 novembre del 2018 a Chakama,
un villaggio a 80 chilometri da Malindi in Kenya e ritornata in libertà da pochi giorni, si può.

A costo di mandare in bestia i soliti multiculturalisti italiani, non ci va di tenere la bocca chiusa.

Silvia Romano ha diritto al rispetto delle sue scelte di vita come della sua privacy, nessuno lo nega.

Tuttavia, il fatto di essere diventata suo malgrado un personaggio noto all’opinione pubblica,
le circostanze ambigue della sua liberazione, il ruolo avuto dalla nostra Intelligence e da quella turca
nelle varie fasi della trattativa per il suo rilascio, la forte probabilità che lo Stato italiano abbia pagato un riscatto in denaro per riaverla,
ci autorizzano a esprimere qualche contrarietà sull’Happy-end della favoletta della santa che si immola per la pace nel mondo.

Siamo perfettamente consapevoli della tragedia che ha devastato l’esistenza di Silvia Romano.

Bisognerebbe essersi trovati nelle sue condizioni, anche solo per un giorno,
per provare a sentire una minima parte del dolore e della paura che l’hanno attanagliata per 18 lunghi mesi.

Ciò la solleva da ogni responsabilità per le cose dette e per i gesti compiuti nei giorni successivi alla sua liberazione,
perché è evidente che non si possa stabilire se quelle parole e quei gesti siano frutto di libere scelte,
o il prodotto di un lavaggio del cervello subìto, o l’indottrinamento forzato ad opera dei carcerieri, o l’effetto della sindrome di Stoccolma.

Saranno gli esperti che l’avranno in cura ad aiutarla a ritrovarsi e a farle riacquistare piena consapevolezza di sé.

Cionondimeno, alcuni segnali lanciati dalla giovane al ritorno in patria ci hanno scioccati.

A cominciare da quella sorta di barracano verde che indossava all’arrivo a Ciampino.

Non staremmo ad almanaccare sulla foggia dell’abito se non fosse che quella palandrana rappresenti in modo plastico
la subordinazione sessista della donna alla ferocia discriminatoria del radicalismo islamico.

Come ha ricordato nella sua commovente lettera a Silvia Romano la sociologa di origini somale Maryan Ismail,
quella veste non appartiene alle tradizioni del suo popolo. Le vesti delle donne somale sono ricche di colori, di profumi.


La “tenda verde”, come la definisce Ismail, indossata da Silvia è il simbolo della brutale sopraffazione di genere
che è nel Dna dell’islamismo praticato dalla formazione terrorista degli Al-Shabaab,
gli ultimi carcerieri e beneficiari del riscatto nella catena del sequestro della ragazza,
compiuto in Kenya e trasmigrato in Somalia, dove si è concluso.


Sbattere quella veste in faccia agli italiani che l’accoglievano in patria è stato come inviare loro un messaggio,
quanto consapevolmente lo si stabilirà:

“Io non sono più del vostro mondo, ma appartengo a un altro universo”.

Silvia avrebbe potuto chiedere di cambiarsi d’abito prima di mostrarsi alle telecamere, ma non è accaduto.

Se sospendiamo il giudizio sulla consapevolezza del gesto compiuto dalla ragazza,
non possiamo però prendercela con i nostri concittadini colti alla sprovvista
da quella esibizione d’identità religiosa-ideologica nemica dell’Occidente libero ed evoluto.

Condividiamo il paradosso proposto dal direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti:
vedere la giovane così conciata è stato come se nel 1945 le truppe alleate avessero visto uscire da un campo di concentramento
un prigioniero ebreo sopravvissuto all’olocausto con indosso un’uniforme delle SS.

Solo il tempo potrà chiarire se quella manifestazione d’appartenenza fosse la coda avvelenata della cattività somala
o la traccia di un rito di passaggio ad una nuova vita, fondata su valori inconciliabili con la nostra civiltà.

Intanto, è bene ricordarle chi siano i suoi sequestratori.

Sono jiadisti somali, attivi nel Corno d’Africa.

Affiliati alle rete internazionale di Al-Qaida, si costituiscono in gruppo autonomo nel 2006
da una gemmazione dell’Unione delle corti islamiche sconfitta dal Governo Federale di Transizione (Gft) nell’ultima fase della guerra civile somala.

Gli Shabaab, in italiano “I giovani”, gestiscono numerosi traffici criminali da cui traggono risorse finanziarie per le attività terroristiche.

La specialità per cui sono noti nel mondo è la mattanza di cristiani.

Sono le bestie assassine della strage, il 2 aprile 2015, di Garissa in Kenya.

Quando entrarono nel campus universitario della città keniota, separarono i cristiani dai musulmani, come facevano i nazisti con gli ebrei.
Poi aprirono il fuoco all’impazzata, lasciando sul posto i cadaveri di 147 studenti.

E sono gli stessi dell’attentato al centro commerciale Westgate di Nairobi, dove vi furono 63 civili trucidati.

Ora, quello che la giovane cooperante pensi dell’Islam e della vita sotto la legge della Shari’a saranno pure fatti suoi.

Ciò che invece c’interessa di sapere è se la cittadina italiana Silvia Romano sia intenzionata o meno
a collaborare alle indagini fornendo agli inquirenti tutte le informazioni utili alla cattura dei suoi sequestratori.

In mesi di prigionia avrà visto in faccia i carnefici; ricorderà particolari dei luoghi della detenzione.

Silvia Romano dimostri di essere grata all’Italia che si è spesa per la sua liberazione.

Da quando è giunta al sicuro non è stata udita una sola parola di condanna nei confronti dei suoi aguzzini.

Sarà stato per lo stress degli avvenimenti che si sono succeduti.

Ci aspettiamo che quando avrà riacquistato le forze qualche parola contro i terroristi assassini le esca di bocca.

Comprenda la giovane Silvia quanto caro sia costato riaverla tra noi.

I milioni di euro versati agli Shabaab, benché non se ne conosca l’ammontare (forse 4 milioni di euro),
non andranno in opere di bene per i poverelli somali ma serviranno “a comprare armi... per portare avanti la jihad”
all’interno e fuori del Corno d’Africa, come ha dichiarato in un’intervista a la Repubblica Ali Dehere, portavoce del gruppo terrorista Al Shabaab.

Che tradotto significa altre morti, altro sangue e maggiore visibilità ai jiadisti.

Come quella ricevuta improvvidamente dal Governo italiano.

La penosa sceneggiata messa in piedi a scopo di lucro elettorale dal duo Conte-Di Maio, all’arrivo della ragazza a Ciampino, ha fatto il giro del mondo.

Sul suo catastrofico esito in termini di resa mediatica per i terroristi,
volentieri rimandiamo alla lettura del puntuale articolo di Gianandrea Gaiani dal titolo

“L’Italia fa un regalo (anzi due) ai jihadisti”, pubblicato sul sito on-line “Analisi Difesa”.

Si dice che l’abito non faccia il monaco, ma il caso di Silvia Romano è l’eccezione.

Se, aperto il portellone dell’areo, fosse apparsa avvolta in un tricolore ci saremmo sentiti sollevati:
sarebbe stata la prova che il male non aveva intossicato la sua giovane mente.


Tuttavia, se la conversione all’Islam dovesse in futuro essere confermata;
se il cambio d’identità di Silvia in Aisha dovesse essere definitivo; se, risolti gli adempimenti legali in Italia,
la giovane cooperante decidesse di rimettersi indosso la tenda verde e fare ritorno in Africa,
tra coloro che l’hanno privata della libertà, si senta pure libera di seguire il suo cuore, ovunque la porti.

Si premuri però, profittando del soggiorno italiano, di procurarsi un grosso salvadanaio in cui raccogliere i risparmi e le offerte di parenti e amici.

Perché, nella sciagurata ipotesi che i terroristi dovessero tornare a sequestrarla per battere nuovamente cassa con gli italiani,
si prepari a pagarsi la liberazione di tasca propria.

Una volta passi, ma perseverare contro il buon senso e contro ogni logica di prudenza per inseguire un sogno strampalato non le potrà essere perdonato.

La cooperante che oggi ci è teneramente cara se la dovrà cavare da sola
ove mai si rimettesse nei pasticci per giocare a fare l’amica del giaguaro.
 
In uno Stato a sovranità monetaria, le tasse non servono a finanziare la spesa pubblica perché – come ovvio –
lo Stato prima spende e poi incassa: la differenza tra ciò che ha speso e ciò che non ha incassato si chiama deficit pubblico,
che in buona sostanza costituisce ricchezza privata.

Questo sistema funziona se il Tesoro o la Banca centrale si fanno garanti dell’acquisto dei titoli di stato
eventualmente rimasti invenduti sul mercato primario (quelli battuti mensilmente dal Tesoro),
cioè se la banca centrale funge da prestatrice illimitata di ultima istanza.

Ciò assicura, in linea teorica, tassi di interesse ragionevoli ed un rapporto debito pubblico/Pil molto basso.

Vedesi l’andamento fino al 1981, prima dello scellerato divorzio Tesoro/Bankitalia.

Di contro, in uno Stato privo di sovranità monetaria, con una banca centrale
che non funge per suo statuto da prestatrice illimitata di ultima istanza (il QE agisce sul mercato secondario e non su quello primario),
benché anche in tal caso lo Stato prima spende e poi incassa, la spesa pubblica è finanziata dalle entrate.

Ciò vuol dire che, se imprese, commercianti, artigiani e P. Iva non tornassero a lavorare in condizioni pre-virus
(senza quelle scemenze dei protocolli previsti da governo e task-force), si troveranno nelle condizioni (come già lo sono ora) di non pagare le tasse.

La conseguenza è ovvia: tra qualche mese saltano anche le pensioni
e gli stipendi dei dipendenti pubblici, due delle voci più corpose della spesa pubblica.


Le strade sono due
: o lo Stato – come ha detto Mario Draghi al Financial Time a fine marzo – fa “alti e persistenti livelli di debito pubblico” per decenni,
ma in tal caso servirebbe (come lo stesso Draghi ha precisato) un intervento massiccio della BCE a garanzia del maggior indebitamento,

oppure salta tutto.


Il governo Conte ha solo rinviato le scadenze fiscali senza prevedere alcuno sconto o “sanatoria”.

Ciò vuol dire che, di fronte alle evidenti difficoltà economiche delle imprese (che non incassando non possono pagare le tasse),
l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sarà costretta ad andare all’attacco al fine di reperire le risorse per far fronte alla spesa pubblica,
desertificando il tessuto produttivo, imprenditoriale, professionale ed artigianale del Paese.

Dell’Italia non resterà nulla: chi oggi non è garantito perirà presto,
chi invece è garantito vedrà venir meno i suoi diritti più avanti.


E’ solo una questione di tempo.

Ora avete gli strumenti cognitivi di base per comprendere quello che sta accadendo e ciò che accadrà.
 
Stamattina due articoli hanno catturato la mia attenzione:

il primo dal titolo “Se la Germania allontana l’Italia dall’UE” di Repubblica

ed il secondo dal titolo “Se vuole che l’Unione Europea sopravviva, la Germania deve rinunciare alla sua eccezionalità” di Limes.

Con tutta onestà, generalmente evito di iniziare la giornata leggendo La Repubblica,
poiché solitamente i suoi autori mi mettono di cattivo umore per la loro saccenteria
e per il loro evidente scollegamento dalla realtà, che rasenta la falsità.

Tuttavia, i titoli erano accattivanti per cui, dopo essermi preparato psicologicamente, mi sono accinto alla lettura.

Cominciamo da Repubblica.

Nel pezzo l’autore, con grande scoramento, rileva come gli italiani si sentano molto delusi dall’UE ma, parimenti, anche dagli Stati Uniti.
La situazione emerge in maniera inequivocabile da un sondaggio di Demos, commissionato dal giornale stesso.
L’articolo, sempre con grande stupore, riporta questo crollo di fiducia soprattutto nei confronti dei paesi del Centro Nord Europa.

Bene , ho pensato, una volta tanto Repubblica riporta i fatti e non la loro narrazione, ma mi sono sbagliato.

Infatti, verso la fine dello scritto l’articolista conclude, con un autentico colpo di reni, potremmo dire un vero e proprio coup de théâtre‘,
che se gli italiani sono giunti a tanto è perché non hanno valutato ”appieno il significato ed il peso degli interventi, comunque avviati a nostro sostegno.
In primo luogo il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, come ha rammentato il Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni
”.

Cosa dire ? Se lo dice Gentiloni, allora sì che possiamo dormire sogni tranquilli ?

Ma la conclusione è addirittura kafkiana.

Lo stesso sondaggio rileva invece un crescente apprezzamento degli italiani per la Russia (chissà perché) e per la Cina,
determinato, sicuramente, dalla loro “indifferenza geopolitica”.

Questo, in definitiva, il pensiero del giornalista di Repubblica:
quei buzzurri degli italiani non hanno capito niente. Ignoranti in geopolitica e riottosi al verbo di Gentiloni, sono degli autentici ingrati.
Se fossero più colti e conoscessero la geopolitica, sarebbero meno malfidati.

Cosa dire?

Questi sedicenti intellettuali di sinistra, che a buona ragione possiamo appellare “sinistri” di sinistra,
anche se per essi la parola “sinistra” ormai indica solamente un topos, sembra che siano vissuti su Marte
e, tornati in Italia, abbiano trovato questa incomprensibile situazione.

Cari amici di Repubblica, in realtà voi odiate il popolo italiano per cui, ad essere benevoli,
se dite di avere a cuore, come dite, le sorti di questo nostro paese, dovreste emigrare in Germania,
dove tutto è perfetto e potreste aprire colà un quotidiano dal nome “ Die Republik” che, conoscendo un poco i tedeschi, fallirebbe il giorno dopo.

Gli italiani hanno finalmente aperto gli occhi e per questo vendete sempre meno copie del vostro giornale,
poiché capiranno forse anche poco di geopolitica, ma di certo non sono più disposti a dare credibilità alcuna ai saltimbanchi,
ai ciurmatori ed ai cerretani sostenitori di Bruxelles.

Esaminiamo l’articolo di Limes.

Già il titolo è un vero e proprio atto di piaggeria.

La Germania è sicuramente eccezionale ma, se la storia ci ha insegnato qualcosa, è eccezionale per le devastazioni che ha prodotto in Europa.

E’ l’unica nazione europea che nel secolo scorso ha fatto default due volte, l’Italia mai,
e la sua capitale Berlino è stata conquistata ben tre volte dalla Russia.

Infatti, fu presa dai russi la prima volta nel 1760 durante la guerra dei sette anni,
la seconda volta nel 1813 durante la guerra della sesta coalizione contro la Francia napoleonica
ed infine il 2 maggio del 1945 ad opera delle truppe dei marescialli Georgij Žukov ed Ivan Konev.

La Germania è il vero problema dell’Europa, non certo l’Italia.

Una volta che si è riunificata, del progetto europeo ha preso solamente le cose che le convenivano.

L’euro è un marco svalutato e per questo ha tratto grandi benefici.

Non rispetta i limiti di Maastricht del 6% del PIL sulle esportazioni, anche se questo fatto finisce per danneggiare tutti gli altri paesi europei.

Infatti, il suo surplus commerciale determina un apprezzamento dell’euro sulle valute dei paesi importatori netti, come gli USA,
e quindi difficoltà per gli altri paesi europei ad esportare negli stessi paesi importatori.

Comunque, anche questo articolo riporta gli esiti di un recente sondaggio, secondo il quale l’88% degli italiani intervistati
ritiene che l’UE non stia aiutando l’Italia (ingrati!) ed un “impressionante” 67 % dichiara dannosa l’appartenenza dell’Italia all’UE.

A questo punto, come è d’uopo, l’articolista comincia con oscuri presagi e prospettive da tregenda.

Confondendo svalutazione ed inflazione come se i due termini fossero sinonimi
, di cosa ammonisce il giornalista?

Se l’Italia ritornasse ad avere una propria moneta, ci sarebbero inflazione e disoccupazione,
poiché le importazioni sarebbero molto più onerose, oltre alla morte dei primo geniti maschi.

E’ difficile confutare con poche righe un tale coacervo di cazzate, ma ci proveremo.

L’Italia, lo scorso anno, ha avuto un avanzo commerciale di 50 miliardi di euro,
ne consegue dunque che con una valuta più debole le esportazioni non potranno altro che aumentare.

Le materie prime che importiamo sono soprattutto prodotti energetici, ma il petrolio attualmente è ai minimi storici
e la nostra è soprattutto una industria di trasformazione.

Infine, l’inflazione è collegata all’occupazione ( curva di Phillips) , quindi ne consegue ancora,
che con una disoccupazione italiana così elevata ( 13%), purtroppo, è difficile pensare a spinte inflazionistiche, almeno nel breve e medio periodo.

E meno male che Limes si occupa di geopolitica e non di taglio e cucito!

Questi aedi di regime ragliano alla luna come somari!
 

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