Il fondo Algebris valuterà la partecipazione alla ricapitalizzazione di Banca Monte dei Paschi
di Siena, ma è fondamentale che l'operazione includa la conversione dei bond subordinati in azioni. Questo quanto sottolineato oggi dal numero uno del fondo, Davide Serra, che a margine dell'Npl Meeting organizzato da
Banca Ifis , ha precisato di avere "il mandato di guardare tutto, quindi guarderò tutto e poi deciderò in base ai numeri".
Serra si è convinto che per
Mps sia sufficiente una ricapitalizzazione da 3 miliardi di euro, ma l'istituto dovrà prima procedere alla conversione di almeno 2 dei 5,5 miliardi di bond subordinati in seno al suo portafoglio, ovvero "gli 800 milioni di tier 1, più almeno tutti gli istituzionali del tier 2". Su questo dossier, ad ogni modo, il mercato "sta accentuando lo stress in maniera sbagliata", ha contestato. In effetti oggi il titolo
Mps ha aggiornato il minimo storico in borsa a quota 0,2054 euro. Ora crolla del 6,28% a 0,2088 euro.
Eppure proseguono i lavori sul piano di ristrutturazione, in particolare sul prestito ponte per il veicolo che cartolarizzerà i crediti deteriorati della banca senese sul quale "ci sono gli arranger al lavoro, che sono
Mediobanca , JP Morgan e Citigroup", ha indicato quest'oggi Paolo Petrignani, amministratore delegato di Quaestio Sgr, gestore del fondo Atlante, anche lui a margine dell'incontro organizzato da
Ifis a Venezia.
Dando uno sguardo più ampio alle situazioni scottanti del panorama bancario italiano, Serra ha manifestato la sua opinione anche riguardo alla fusione tra il
Banco Popolare e la
Banca Popolare di Milano , merger la cui bocciatura da parte dell'assemblea di
Bpm rappresenterebbe "un disastro per l'Italia". Se si dicesse di no alla fusione, sarebbe "un passo indietro per l'Italia, un suicidio, e non capisco la logica per cui" questo potrebbe accadere, "perché poi la banca deve comunque diventare spa per legge e arriverebbe quindi un'opa ostile che manderebbe a casa il doppio dei dipendenti", ha proseguito il top manager di Algebris, facendo presente di avere "un piccolo investimento" in entrambi gli istituti.
A offrire uno spiraglio di luce al comparto è stato Enrico Risso, senior Expert di McKinsey, secondo il quale è possibile che quest'anno il sistema bancario italiano possa "tornare a vedere un segno positivo, grazie ad alcune nuove iniziative per il miglioramento delle condizioni macroeconomiche," nel delta netto fra entrate e uscite di non performing loans dopo che "nel 2015 siamo arrivati a 10 miliardi" di crescita dello stock. Fra le circostanze che potrebbero aiutare il mercato c'è la previsione che le transazioni nel mercato immobiliare ripartano con prezzi più stabili, l'incremento atteso del pil, le riforme nel sistema legale e fiscale e le iniziative sistemiche come la Gacs e il fondo Atlante.
"La crisi finanziaria ha contribuito a un significativo incremento dei crediti deteriorati e lascia una pesante eredità", ha osservato, mostrando come in Italia, dal 2008 al 2015, i Npl siano cresciuti da 87 a 337 miliardi di euro, 200 miliardi dei quali erano sofferenze: "un euro ogni 5 era non performing". Il 75% delle esposizioni erano societarie e del restante 25% metà era attribuibile al settore immobiliare e alle costruzioni.
Per l'esperto della società di consulenza "gli effetti della crisi sullo stock di Npl sono stati amplificati da alcune debolezze strutturali del contesto italiano" fra cui la diminuzione del pil di circa il 7% rispetto al 2008 e il congelamento del mercato immobiliare, oltre a problematiche intrinseche al sistema bancario. In tutto ciò bisogna considerare il gap nella qualità dei dati raccolti, un livello di copertura non omogeneo e performance di recupero delle banche non in linea con le best practice internazionali.
(MF 16/9/2016)