ETC Natural Gas

siamo sulla prima di 2 tline rialziste altrimenti se va giu, nuovo minimo

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NAT GAS ALLE STELLE ..... CORAGGIO BOYS & GIRLS !

QUANDO MANCHERA' L'OIL .

Petrolio: raggiunto il "Picco di Hubbert"
MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO 2012 12:45 MANUEL CASTELLETTI


E’ da diversi anni che geologi ed esperti della materia si arrovellano per capire quanto vicino è il giorno in cui la produzione mondiale di petrolio avrà raggiunto il così detto “Picco di Hubbert” e, a quanto pare, quel picco è già stato raggiunto.
Il “Picco di Hubbert” è un modello scientifico sull’evoluzione temporale della produzione di qualsiasi risorsa fisicamente limitata, che ha preso il nome del geofisico americano che nel 1957 lo ideò e prevede che per la terza fase, definita “picco e declino”, il graduale esaurimento della risorsa fossile in questione renda sempre più elevati i costi di investimento per estrarla, fino al punto che non sono più sostenibili. Secondo un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista accademica Nature (n. 481, 26 gennaio 2012) da parte di James Murray e David King, il mondo avrebbe già raggiunto il "Picco di Hubbert" per il petrolio, più o meno intorno al 2005. Da quella data, infatti, la crescita della domanda è stata maggiore della produzione convenzionale di petrolio, che in questa fase si sarebbe mostrata inelastica, ovvero incapace di seguire la crescita della domanda. I due autori sostengono che dal 2005 il prezzo annuo del Brent (il contratto europeo) sarebbe cresciuto di circa il 15% all’anno (passando così da un prezzo di 15 dollari del 1998 ai 140 dollari del 2008), a fronte di una produzione mondiale più o meno costante. Non che il prezzo non sia più in grado di seguire la domanda –e lo dimostra il rapido crollo del prezzo del petrolio post fallimento Lehman Brothers della fine del 2008 -, ma la fornitura di petrolio non è più in grado di seguire la domanda in crescita. I due autori, inoltre, sono piuttosto dubbiosi sui dati forniti dall’EIA (l’agenzia americana per l’informazione) sulle riserve di petrolio “proven”, ovvero accertate. Un conto sono le riserve accertate, un altro è l’accessibilità di queste riserve, che sarebbero solo parzialmente estraibili. In più, c’è da tenere conto che per ogni nuova riserva trovata ci vogliono dai 6 ai 10 anni di perforazioni per iniziare ad estrarre il petrolio. Il più grande paradosso deriva dal fatto che a fronte di un continuo aumento delle riserve mondiali di petrolio, la produzione non è più in grado di seguire l’aumento della domanda e come risultato i prezzi salgono. A questo fenomeno, contribuiscono anche le perdite annue dei giacimenti, che variano dal 4,5 al 6,7% -per cui ogni anno l’aumento della produzione deve essere in grado di coprire le perdite fisiologiche dei giacimenti e l’aumento della domanda.
A livello mondiale, la produzione dal 2005 al 2010 è aumentata di un risicato 2,65% (dati EIA), passando dai 30,88 miliardi di barili ai 31,70 miliardi di barili, a fronte di un aumento del prezzo del petrolio del 40,32% (stiamo parlando del WTI, il contratto americano). E’ chiaro quindi, che la produzione non è stata in grado di reggere la domanda ed il prezzo è andato alle stelle, basti pensare che il prezzo medio del 2008 era aumentato del 76% rispetto ai valori del 2005, con la produzione ferma a 31,24 miliardi di barili.
Il Medio Oriente è la prima zona di produzione, che nel 2010 è stata pari a 9,29 miliardi di barili di petrolio (ovvero il 29,32% della produzione mondiale per il 2010), ma è soprattutto l’area con le maggiori riserve mondiali di petrolio, che l’EIA stima essere 746 miliardi di barili di petrolio (cioè il 55,61% delle riserve mondiali di greggio). Al secondo posto troviamo il Nord America, che nel 2010 ha prodotto 5,90 miliardi di barili di petrolio, a fronte di riserve pari a 209 miliardi di barili di petrolio (ovvero 15,60% del totale). Sul fronte dei consumi, gli Stati Uniti sono il paese che ha consumato il maggior quantitativo di petrolio nel 2010, pari a 6,99 miliardi di barili (il 22% del totale dei consumi mondiali), seguito dall’Europa, con 5,54 miliardi di barili e la Cina, con 3,43 miliardi di barili di petrolio.

Analizzando la produzione di Medio Oriente e Nord America (insieme rappresentano circa la metà della produzione del 2010 ed il 71% delle riserve mondiali di petrolio), notiamo che dal 2005 si può scorgere per il primo una stabilizzazione della produzione di petrolio (nel 2005 è pari a 9,33 miliardi di barili, nel 2010 9,29 miliardi di barili), mentre le riserve provate di petrolio hanno mostrato un lieve incremento, arrivando a 753 miliardi di barili nel 2011 da 729 miliardi di barili del 2005. Il Nord America, che sembrava avesse toccato il proprio picco nel 2003 con 5,74 miliardi di barili di produzione di greggio (a cui è seguito un declino fino ad arrivare ai 5,49 miliardi di barili del 2008), ha però beneficiato dello sfruttamento del petrolio non convenzionale (delle sabbie bituminose canadesi e delle formazioni scistose degli Usa), portando così la produzione a 5,90 miliardi di barili nel 2010.
Analizzando la produzione mondiale di petrolio in rapporto alle riserve, dal 1997 al 2010 notiamo che c’è stato un notevole balzo delle riserve fra il 2002 ed il 2003, passando da 1.032 miliardi di barili a 1.212 miliardi di barili di petrolio accertato, un aumento del 17% in un solo anno. Dal punto di vista della produzione mondiale di petrolio, notiamo invece che dal massimo del 2006 -quando furono prodotti 30,91 miliardi di barili di petrolio-, solo nel 2010 siamo riusciti a sforare quel quantitativo, quando la produzione arrivò a 31,70 miliardi di barili (+2,55%), un po’ poco considerando l’alto prezzo del petrolio, con il WTI che nel 2005 viaggiava intorno ai 55 dollari, mentre nel 2010 il prezzo era tornato in fretta attorno agli 80 dollari al barile.
Lo studio degli scienziati Murray e King, pubblicato sulla prestigiosa Nature rinvigorisce di autorevolezza il dibattito sull’imminente “Picco di Hubbert” per il petrolio, risorsa alla base del nostro sistema economico. Pare essere certo che il petrolio convenzionale, cioè quello più facilmente ed economicamente estraibile (quello dei classici pozzi petroliferi) abbia raggiunto il picco della produzione intorno al 2005, così che ora ci rimane da estrarre quello più profondo e difficile da raggiungere o quello non convenzionale. Se poi, come i due autori dello studio sostengono, le stime delle riserve fornite dall’EIA e dalle stesse compagnie petrolifere sono troppo ottimistiche, esagerate, così come lo sembrano essere le promesse di una nuova panacea che arriverà dal petrolio non convenzionale (sulla cui sfruttabilità permangono ancora molti dubbi di vari esperti del settore, dubbi di tipo economico, tecnico ed ambientale), allora forse siamo davvero vicini alla fine del petrolio. Non stiamo parlando della fine dal punto di vista geologico (per quello c’è ancora da aspettare diversi decenni e forse non verrà mai estratto completamente), ma della “fine economica” della risorsa che ha caratterizzato più di tutte il progresso economico del Novecento.
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BUONA LETTURA N GOOD LUCK
 
--Gas inventories expected to show smaller-than-average decline
--Eastern U.S. temperatures above normal through end of month
--Retest of 10-year lows may be coming, analyst says
By David Bird Of DOW JONES NEWSWIRES NEW YORK (Dow Jones)--Natural-gas futures prices were trading lower early Wednesday, as lingering above-normal temperatures in the Eastern U.S. cuts demand and feeds a growing supply glut.
Above-normal temperatures that have sapped homeowners' gas-heating needs are forecast to continue through the end of February, latest indications from the National Oceanic and Atmospheric Administration show.
The weather-related demand cut comes as producers have pushed gas output to record highs, in part due to consistently strong U.S. benchmark oil prices above $100 a barrel. About one-third of the nation's gas output comes from wells that primarily pump oil, analysts said.
Rising output and weak demand means gas companies need to pull less gas from storage to meet consumer needs, leaving inventory levels about one-third higher than normal.
"Weather outlooks to the end of February are still showing warmer-than-norm conditions for the East Coast," said Matt Smith, analyst at Summit Energy. He said prices failed to follow through early Wednesday on Tuesday's 4.2% price jump as the market is "seemingly shifting focus onto a colossally bearish storage withdrawal" expected in weekly inventory data due out Thursday.
Natural-gas futures for March delivery on the New York Mercantile Exchange were down 2.4 cents at $2.508 per million British thermal units, after moving in a range of $2.49 to $2.587/mmBtu.
Jim Ritterbusch, president of Ritterbusch and Associates, said he believes the market already has priced-in expectations of a slim inventory drop of 120-130 billion cubic feet in data due at 10:30 a.m. EST Thursday from the Energy Information Administration. That would be far below the year-ago withdrawal of 230 bcf and the five-year average drop of 178 bcf.
"We still look for this market to grind lower near term with a test and possible violation of last month's 10-year lows still a high probability," he said. Prices settled at a 10-year low of $2.322/mmBtu on Jan. 19.
Natural gas for next-day delivery at the benchmark Henry Hub in Louisiana recently traded at $2.54/mmBtu, according to IntercontinentalExchange, compared with Tuesday's average of $2.515. Natural gas for next-day delivery at Transcontinental Zone 6 in New York traded at $2.7825/mmBtu, compared with Tuesday's average of $2.798.
 
ormai il gas estratto arriva per un terzo dai pozzi oil....praticamente a costo zero...
poke balle..se nn tagliano sono dolores..
 

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