NON ESISTE IL TEMPO PERSO, OGNI TEMPO LO ABBIAMO DEDICATO A CIO' IN CUI ABBIAMO CREDUTO E, GIUSTO

Di articoli come questi se ne trovano a iosa. A me sembra proprio che alcuni responsabili, se fossero persone oneste, se ci trovassimo in un paese civile, dovrebbero dimettersi.

«Mi hanno calpestato. Mi sentivo soffocare dai passi che sentivo sulla schiena, soffocare dal terrore del torace schiacciato.
Ho subito portato le mani a coprire viso e testa. Ero rannicchiata di fianco e sentivo i vetri rompersi tra un piede e l’altro che mi sorpassava le spalle e la testa. Urla, pianti e sirene. Ho temuto di morire».
A parlare è Myriam Giacalone, giornalista palermitana, che affida a un lungo post su Facebook il racconto di una notte di orrore a Torino.

«Travolta dalla folla, ho temuto di morire»
Sabato sera anche lei era a piazza San Carlo a Torino insieme ad alcuni amici e colleghi, arrivati nella città piemontese per la finale di Champions-League,
«per sentirci uniti nello sport e nella fede calcistica, speravamo in una festa. Non è stata una festa. È stato uno dei momenti peggiori della mia vita»

dice, ricordando quei momenti durante i quali «non so quanti miei fratelli juventin’ mi siano passati sopra la schiena.
Mi hanno calpestata dopo avermi travolta, mentre una mandria nel panico fuggiva da piazza San Carlo».

Il dramma quando mancavano pochi minuti alla fine della partita.
«Un botto e un ronzio – ricorda Myriam – ho talmente tanta confusione in testa che non saprei giurare quale rumore sia venuto prima dell’altro.
Sembrava il ronzio di uno sciame. E la mandria impazzita che corre lontana dal maxischermo e mi travolge.
Il panico attorno e il panico in me. Ho voltato le spalle per seguire la direzione della corsa, ma dopo nemmeno due passi sono stata scaraventata a terra».

Nessuno ha controllato borse o zaini
Appena sono riuscita ad alzarmi la piazza era un campo di guerra – continua il racconto choc della giornalista palermitana –
«chiazze di sangue per terra e sui pali, scarpe abbandonate e perse nella corsa, vetri rotti e maglie sporche e insanguinate, zaini e borse disseminati.
Bambini a piedi nudi che correvano sotto i portici, urla di donne disperate e sofferenti. Ho afferrato il cellulare.

“Sono viva, sono viva, avvisa mia madre ti prego! Sono viva!”, gridavo io che temevo ancora per la mia vita. Non sapevo che le notizie erano già diffuse da tv e web. Essere viva mi sembrava già una notizia”».

Nel post c’è spazio anche per una testimonianza dal vivo delle crepe nel sistema della sicurezza.
«Quando siamo arrivati in piazza – racconta – sono rimasta sorpresa da tutta quella gente,
dall’enorme quantità di bottiglie di birra che i ragazzi tiravano fuori dagli zaini, da qualche ubriaco che vagolava tra la folla cantando qualche coro.
Troppa gente oltre quelle due transenne. E quando le abbiamo superate nessuno ci ha controllato borse o zaini».
 
comunque non è stata la prima volta
vandali. per non dire di peggio
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Buongiorno. Bella mattinata. Piove.....anche sul ministro ahahahahahah lo so anch'io che Vittorio Emanuele III è arrivato 100 anni dopo.

Scivolone storico della Fedeli
La ministra, con tanto di carta intestata del Ministero, scrive:

"È qui che nel 1631 venne firmata la Pace che concluse la guerra del Monferrato, durante la peste che fa da sfondo ai Promessi Sposi.
È qui che più tardi, nel 1796, Napoleone impose a Vittorio Emanuele III l’armistizio con cui decretò la capitolazione Sabauda".

Ora non c'è bisogno di riaprire il libro di storia, basta una rapida ricerca per vedere che il "re piccolo" o "sciaboletta",
così soprannominato dagli italiani, salirà sul trono quasi un secolo dopo. Tra l'altro l’armistizio fu firmato da Vittorio Amedeo III.

Ora, come detto in precedenza, si potrebbe fare finta di nulla e derubricare tutto a uno scivolone.
Sorge spontanea una domanda: se la Fedeli non fosse il Ministro dell'Istruzione ma una semplice alunna andrebbe rimandata?
 
Operazione scaricabarile. A cominciare dal vertice.
Per Chiara Appendino, sindaco pentastellato di Torino, è più facile provare ad arrampicarsi sugli specchi che spiegare chiaro e tondo perché in piazza San Carlo, l'altra sera, c'erano bottiglie di vetro a migliaia.

Proprio quelle che nella calca provocata dalla folla terrorizzata per il timore di un attentato - che non esisteva - si sono frantumate contribuendo ad accrescere il numero dei feriti.

Le bottiglie di vetro c'erano, per cominciare, perché il primo cittadino non ha emesso un'ordinanza per proibirne la vendita.
Punzecchiata sul punto, infatti, la Appendino ha dribblato spudoratamente la questione.
Prima chiedendo di «pensare ai feriti» (e non rispondendo) a margine del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
convocato dal prefetto Renato Saccone domenica, poi presentandosi ieri nell'aula del consiglio comunale.
Dove ha ribadito che l'appuntamento con la finale di Champions in piazza ha seguito una «prassi amministrativa e organizzativa consolidata»,
rivendicando la mancanza di «provvedimenti di limitazione alla vendita di alimenti o bevande in vetro» in altri eventi simili,
«alla luce della sanzionabilità della vendita abusiva» già prevista per legge.

Peccato che gli abusivi c'erano - alla faccia dei controlli effettuati invece sui tifosi - e hanno inondato la piazza di bottiglie.

Se la sindaca ha in pratica scaricato la responsabilità sulle forze dell'ordine, a darle una mano, a sorpresa, è arrivato ieri proprio il questore di Torino, Angelo Sanna.
Sostenendo con i giornalisti che «quell'ordinanza», ossia quella che proibiva la vendita di bottiglie di vetro, «era stata dichiarata incostituzionale, non valida».

Una difesa d'ufficio che ha fatto sobbalzare due esponenti di Fdi. Che in una nota congiunta hanno ricordato come quella dell'incostituzionalità sia una panzana,
ipotizzando che sia stata proprio l'Appendino a raccontarla al Questore.

«E invece un parere del 2015 spiega come siano incostituzionali solo le ordinanze che non specificano un limite temporale. Per un evento come quello di piazza San Carlo sarebbe stata perfettamente valida».

E necessaria, nel 2010 era stato Chiamparino a emettere una «delibera-quadro» che chiedeva di proibire il vetro per i grandi eventi,
«prevedendo l'emissione di una ordinanza specifica per ogni singolo appuntamento».

Insomma, l'anticostituzionalità è una bufala, l'ordinanza ad hoc serviva.

A domandarsi come sia stato possibile l'epilogo apocalittico della serata Champions, però, è anche la procura di Torino.
Che nel fascicolo sugli incidenti di sabato si preoccupa anche delle eventuali «omissioni» previste dall'articolo 40, comma 2 del codice penale,
in base al quale «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo».

Un punto sfiorato anche dal ministro dell'Interno Marco Minniti, che oltre a caldeggiare lo stop a eventi che non garantiscano alti parametri di sicurezza,
ha immaginato «altre strade» più consigliabili per «feste» come quella di sabato, pensando anche allo stadio.
Quello della Juve è uno dei pochi di proprietà di un club italiano, e una domanda sul perché si sia preferito concedere il placet in una piazza pubblica,
mettendo a carico della collettività un evento legato a un club privato che poteva organizzarlo allo Stadium, è lecito farla.

Chissà se la Appendino, che ha lavorato come contabile proprio per il club bianconero, avrà voglia di rispondere.
 
Operazione scaricabarile. A cominciare dal vertice.
Per Chiara Appendino, sindaco pentastellato di Torino, è più facile provare ad arrampicarsi sugli specchi che spiegare chiaro e tondo perché in piazza San Carlo, l'altra sera, c'erano bottiglie di vetro a migliaia.

Proprio quelle che nella calca provocata dalla folla terrorizzata per il timore di un attentato - che non esisteva - si sono frantumate contribuendo ad accrescere il numero dei feriti.

Le bottiglie di vetro c'erano, per cominciare, perché il primo cittadino non ha emesso un'ordinanza per proibirne la vendita.
Punzecchiata sul punto, infatti, la Appendino ha dribblato spudoratamente la questione.
Prima chiedendo di «pensare ai feriti» (e non rispondendo) a margine del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza
convocato dal prefetto Renato Saccone domenica, poi presentandosi ieri nell'aula del consiglio comunale.
Dove ha ribadito che l'appuntamento con la finale di Champions in piazza ha seguito una «prassi amministrativa e organizzativa consolidata»,
rivendicando la mancanza di «provvedimenti di limitazione alla vendita di alimenti o bevande in vetro» in altri eventi simili,
«alla luce della sanzionabilità della vendita abusiva» già prevista per legge.

Peccato che gli abusivi c'erano - alla faccia dei controlli effettuati invece sui tifosi - e hanno inondato la piazza di bottiglie.

Se la sindaca ha in pratica scaricato la responsabilità sulle forze dell'ordine, a darle una mano, a sorpresa, è arrivato ieri proprio il questore di Torino, Angelo Sanna.
Sostenendo con i giornalisti che «quell'ordinanza», ossia quella che proibiva la vendita di bottiglie di vetro, «era stata dichiarata incostituzionale, non valida».

Una difesa d'ufficio che ha fatto sobbalzare due esponenti di Fdi. Che in una nota congiunta hanno ricordato come quella dell'incostituzionalità sia una panzana,
ipotizzando che sia stata proprio l'Appendino a raccontarla al Questore.

«E invece un parere del 2015 spiega come siano incostituzionali solo le ordinanze che non specificano un limite temporale. Per un evento come quello di piazza San Carlo sarebbe stata perfettamente valida».

E necessaria, nel 2010 era stato Chiamparino a emettere una «delibera-quadro» che chiedeva di proibire il vetro per i grandi eventi,
«prevedendo l'emissione di una ordinanza specifica per ogni singolo appuntamento».

Insomma, l'anticostituzionalità è una bufala, l'ordinanza ad hoc serviva.

A domandarsi come sia stato possibile l'epilogo apocalittico della serata Champions, però, è anche la procura di Torino.
Che nel fascicolo sugli incidenti di sabato si preoccupa anche delle eventuali «omissioni» previste dall'articolo 40, comma 2 del codice penale,
in base al quale «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo».

Un punto sfiorato anche dal ministro dell'Interno Marco Minniti, che oltre a caldeggiare lo stop a eventi che non garantiscano alti parametri di sicurezza,
ha immaginato «altre strade» più consigliabili per «feste» come quella di sabato, pensando anche allo stadio.
Quello della Juve è uno dei pochi di proprietà di un club italiano, e una domanda sul perché si sia preferito concedere il placet in una piazza pubblica,
mettendo a carico della collettività un evento legato a un club privato che poteva organizzarlo allo Stadium, è lecito farla.

Chissà se la Appendino, che ha lavorato come contabile proprio per il club bianconero, avrà voglia di rispondere.
appunto. si sono fatti il gobbodromo come mega stadio galattico? Che lo usino anche per le feste.
Ma temo che , essendo prevedibili i disordini, abbiano voluto canalizzarli in un luogo pubblico piuttosto che nella propria proprietà privata.
forse son maligno, ma temo che sia la verita-
 

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