NON HO TEMPO DI ODIARE CHI MI ODIA...

Il garantismo genuino di Piero Sansonetti, uomo di sinistra a tutto tondo.

Alcuni giorni fa, interpellato sul suicidio di Angelo Burzi,
uno dei fondatori di Forza Italia in Piemonte e oggetto di una vera propria persecuzione giudiziaria,
lo stesso Sansonetti ha usato parole molto dure,
prendendo esplicitamente posizione a favore dei referendum sulla giustizia.


“Sarebbe ora di tornare allo Stato di diritto”, ha tuonato il direttore de “Il Riformista”,
il quale ha sostenuto che l’assoluzione di Burzi in primo grado,
poi ribaltata nell’Appello promosso dalla procura di Torino,
avrebbe dovuto rappresentare quel ragionevole dubbio da mandarlo definitivamente assolto.

Ma nel nostro sistema molto medievale, purtroppo, anche con due assoluzioni consecutive,
vedi il caso Alberto Stasi, si può finire condannati alla fine di ben cinque processi,
il cui lungo estenuante iter rappresenta di per sé già una brutale pena da scontare.


Ebbene, quando invece si entra nel tema della pandemia,
anche nel buon Sansonetti si annichilisce completamente quella spiccata propensione dei garantisti,
almeno nella gran parte di essi, ad analizzare con lucidità le prove e i fatti.

Fatti i quali, così come vengono distorti da quasi due anni dalla preponderante propaganda del terrore,
stanno contribuendo in maniera determinante alla sospensione a tempo indeterminato
di quello stesso Stato di diritto che sembra stare tanto a cuore al giornalista romano.

Tanto è vero che alcuni giorni fa, ospite di Controcorrente in onda su Rete 4,
Sansonetti ha sparato a raffica tre balle spaziali sul Coronavirus che gridano ancora vendetta.

In contraddittorio con il sempre molto efficace e chiaro Daniele Capezzone, il nostro ha dichiarato che

“ci troviamo ad affrontare la peggiore pandemia della storia”,

"che in Italia sono morte di Covid-19 150.000 persone in un anno"

e che "negli ultimi giorni nel Regno Unito stanno morendo come mosche”.


Ovviamente tutto ciò ha suscitato l’immediata reazione dello stesso Capezzone,
il quale ha giustamente accusato Sansonetti di sparare numeri a caso.


Ora, per considerare la pandemia da Sars-Cov-2 peggiore della peste,
visto che secondo l’Oms prima dei vaccini essa aveva un tasso di letalità stimato intorno allo 0,25 per cento, ci vuole parecchia fantasia.

Ma sui dati certi utilizzare la medesima fantasia con un mezzo potente come la tv,
soprattutto da parte del direttore di una prestigiosa testata giornalistica, non è assolutamente accettabile.

Infatti, per precisione, segnaliamo dopo quasi due anni i decessi dei soggetti positivi al tampone
sono circa 137.000 ed i morti nel Regno Unito nei giorni appena precedenti all’intervento di Sansonetti
erano addirittura inferiori a quelli italiani.

In sostanza, ho la netta sensazione che gli stessi elementi suggestivi che, al di là dei fatti,
da tempo orientano quasi tutti i processi finiti sotto i riflettori dei media,
costituiscono il principale sostegno per quella sempre più allarmante sospensione sanitaria dello Stato di diritto
che lo stesso Sansonetti non sembra minimamente avvertire.

Anzi, quest’ultimo, coadiuvato nel discorso da un imbarazzante Davide Faraone,
durante il dibattito ha praticamente invocato, per questa infinita emergenza sanitaria,
una sorta di supremazia dei virologi i quali, a suo dire,
sanno cose che noi umani neppure immaginiamo e, dunque, la politica deve solo eseguire le loro indicazioni.


Una sostanziale resa della politica, dunque,
immediatamente colta dalla acuta Maria Giovanna Maglie, che ha chiosato:

“Stando così le cose, mi chiedo a cosa serva tenere in piedi il Parlamento”.


Francamente ce lo chiediamo in molti da quasi due anni.
 
Il primo gennaio del 2002 entrava in vigore,
per la maggioranza dei Paesi membri della Unione europea, la moneta unica.

L’euro, durante questo primo ventennio di esistenza, ha già attraversato più di una vicissitudine.

La più importante e impegnativa è stata senz’altro la crisi economica globale esplosa nel 2008
e seguita poi dal cortocircuito delle finanze pubbliche di alcuni membri Ue, fra i quali l’Italia.

In quel frangente storico sembrò davvero che dovesse venire giù tutto da un momento all’altro,
quindi sia l’impalcatura istituzionale della Unione che la valuta comune europea.

All’epoca, l’euro era ancora una moneta giovane, ma in tanti si spingevano a prefigurarne una morte prematura.

Tuttavia, la cosiddetta euro zona è riuscita poi a guadare il fiume dei vari shock economici e finanziari
senza lasciare annegare il pargolo nato nel 2002 e oggi ne ricordiamo il ventesimo anno di vita.


Ma una larghissima parte del Vecchio Continente non se la sente di festeggiare in maniera gioiosa e appagata.

Proprio la crisi economica mondiale ha rivelato come in Europa
vi siano Paesi con il ruolo da attori protagonisti e altri, anche se fondatori della Comunità come, per esempio, l’Italia,
destinati invece a fare da comparsa o animare la claque.

Non a caso, i primi hanno superato lo tsunami finanziario molto meglio rispetto ai secondi, e talvolta a loro discapito.


La narrazione ufficiale dell’europeismo acritico può indorare la pillola quanto vuole,
ma la diminuzione del potere d’acquisto reale, che è peraltro l’indicatore più attendibile
per stabilire il benessere o il malessere di una determinata comunità,
è un fatto che più categorie sociali e più aree del Continente hanno concretamente percepito dall’avvento dell’euro a oggi.

Si tratta della vita di tutti i giorni e non di pregiudizi ideologici euroscettici.

Chi non tollera dubbi verso lo status-quo europeo, in particolare per quanto riguarda il nostro Paese
tende a dare le colpe maggiori, per l’impoverimento generale degli ultimi vent’anni, ai governi nazionali succedutisi nel tempo.


Certo, la classe dirigente italiana, purtroppo anche di centrodestra,
in tante circostanze si è dimostrata inconcludente,
ma un certo abbassamento del tenore di vita comportato dalla moneta unica
è stato registrato anche in quelle nazioni europee governate un po’ meglio rispetto all’Italia.

Tutto questo, persino in un Paese di serie A come la Germania,
altrimenti non si spiegherebbe l’avanzata elettorale degli euroscettici di Afd.

La Germania, ricordiamolo, insieme a pochi altri membri Ue del Nord Europa,
non ha patito le medesime sofferenze di Italia, Spagna, Grecia e altri.


Sempre circa il caso italiano, si dice che l’euro abbia protetto la Penisola da un sicuro default e da aggressioni esterne alla lira inimmaginabili.

Manca però la controprova e per il momento vi è una sola certezza, incontrovertibile,
e cioè che l’italiano medio guadagnava e spendeva meglio prima del fatidico 2002.


Questo sarà pure un giudizio terra-terra,
ma a volte le considerazioni più semplici sono quelle che meglio descrivono la realtà.

L’euro ha forse garantito finora una sorta di stabilità,
ma si è trattato e si tratta di un immobilismo quasi mortifero,
privo di slancio e crescita economica.

Infatti, l’Europa cresce di solito a velocità più contenute se paragonata alle altre aree macroeconomiche del mondo.


La moneta unica europea ha altresì il limite di non avere dietro di sé uno Stato vero e proprio.

Alcuni membri Ue (Svezia, Danimarca e i Paesi dell’Est),

utilizzano tuttora le loro rispettive valute nazionali

e non sembrano impazienti di abbracciare l’euro.


La zona euro è piena di fragilità e fare finta di nulla significa anzitutto non voler bene al Continente in cui viviamo.
 
Ci pensate?

Novak Djokovic rinchiuso in un albergo nel quale ci sono i reietti della società moderna,
i rifugiati, gente cresciuta sotto i bombardamenti cercando di salvarsi da una guerra.

Insomma, i Djokovic che non sanno però giocare a tennis, vedi la fortuna delle volte.


Sulla storia sapete praticamente tutto,
tutto il mondo è in attesa di un verdetto che arriverà lunedì
e che deciderà se il numero uno del mondo potrà entrare o meno in Australia
(o se avrà un ban della durata di tre anni).

Ne hanno scritto ovunque, chiunque ne ha parlato.

Cioè abbiamo visto tweet di Gabanelli come di Mentana,
tutti avevano un'opinione netta sulla vicenda,
a spanne la gran parte era per la linea dura,
convinti come sono che tutti sono uguali di fronte alla legge.

Tanto è vero che Novak ha chiamato avvocati e politici serbi,
sono stati convocati ambasciatori e giuristi
e quindi c'è un mini processo che definirlo kafkiano è riduttivo.

La prassi comune insomma per chi prova ad entrare in un Paese con un visto acquistato su Telegram.

Volevamo fare un'edizione solo di commento dei commenti,
una cosa che ci avrebbe dato tanta soddisfazione e che vi avrebbe fatto tanto ridere,
ma siamo agli inizi quindi scaldiamoci con calma.


Quindi menzioniamo solo Giuliano Ferrara,
che ne ha scritto su quel giornale pagato con i soldi dei contribuenti
e letto solo dai contribuenti (insomma) che siedono in parlamento o sono colleghi del suddetto.


Leggete qua:

Tuttavia ogni regola ha la sua eccezione,

un talento eccezionale val bene una messa in calzoncini e scarpette che celebra palline e racchette.

Autorità, piagnoni di mestiere, invidiosi di riporto, moralini che non hanno letto nemmeno Eco, per non dire Kant,

e tutti coloro che non capiscono la gioia incommensurabile per il numero uno

e per chi lo vuol battere di una lunga e dura e leale partita di tennis,

volete darvi una calmata e riconoscere, con il marchese della commedia all'italiana,

che lui è lui e voi non siete un cazzo?



Per Giuliano le regole non valgono per i più forti, d
eve averlo imparato quando era responsabile del PCI per la Fiat,
tanto è vero che ha capito che si stava più comodi dall’altra parte.


Ne ha scritto anche Gramellini, che ha criticato Ferrara
(“il suo è un realismo marxista”, crederà che Marx sia quello che da Fazio arriva dopo la Littizzetto)
ed ha plaudito alla frontiera australiana, che ha bloccato chi provava a forzare le regole.


E pazienza se la Border Police aussie sono mesi che blocca anche gli australiani che volevano tornare a casa
o rispedisce a casa seduta stante i rifugiati che chiedono asilo
oppure li manda in qualche isola, disposta com’è a pagare - ad esempio - la Papa Nuova Guinea per detenere i rifugiati.


Cioè quindi un elogio a una delle polizie più fasciste del mondo, tutto pur di non averli in casa.



Ma ci sta: è povera gente, puzzano, bevono il Tavernello se qualcuno gli dà i soldi per strada,

mentre loro sono il nuovo mondo,

quelli moderni,

che chiudono i cittadini per 262 giorni in casa per il loro bene cercando di azzerare i casi.


Poi adesso sono con i casi in aumento e strutture e policy sanitarie scarse

tanto è vero che la gente è incavolata, a dir poco,

e quindi si rende necessario il pugno di ferro anche contro Djokovic,

per far vedere che le regole si rispettano.


Questione politica quindi, ma figuriamoci, siamo alle carte bollate, di che altro poteva trattarsi?

Ah, in Australia si vota fra qualche mese


Rientramo più verso il tennis. Le reazioni dei tennisti? Mogie.

Medvedev ha detto che è una questione di carte,
de Minaur che è “una cosa interessante”,
Jamie Murray ha detto che “si fosse trattato di me non credo che avrei avuto l’esenzione”,
Nadal ha detto che “se Djokovic avesse voluto, avrebbe potuto giocare qui senza alcun problema”, cioè vaccinandosi.

Tutti si aspettavano un gran commento da parte di Kyrgios,
uno a cui Djokovic non sta particolarmente simpatico.

Infine è arrivato:

Mi sono vaccinato per proteggere la salute degli altri e di mia madre,
ma come stiamo gestendo la situazione di Novak non va bene.
Alla fine lui è uno dei più grandi del nostro sport. Bisogna fare di meglio
”.


E niente, vacillano anche le nostre certezze all’inizio di questo 2022.

Meno male che a difesa di Nole ci sono due capisaldi del tennis tutto Stars, Stripes e Trump: Tennys Sandgren e John Isner.

Tennys ha dichiarato che non rientra in nessuno dei criteri che giustificavano l’esenzione dal vaccino
e di sperare che Novak entri e vinca il torneo.
Quindi Tennys non è in Australia e a causa di ciò uscirà dai primi 100 con ciò che ne consegue.
In pratica, secondo Gaudenzi, tornerà all’università dei Challenger. Un po’ fuoricorso diremmo.

Quindi, siamo tutti in attesa degli sviluppi.

Comunque vada sarà divertente.

C’è chi dice che Novak potrebbe iniziare il torneo e poi venire cacciato a gara in corso, dovesse tardare il giudizio.

Noi guardiamo più con attenzione a cosa sta facendo il papà di Nole in Serbia,
dove va ciarlando di suo figlio che sarebbe come Gesù Cristo,
che lotta per la libertà del mondo contro le iniquità dei potenti che vogliono crocifiggerlo.

A proposito di Tavernello, appunto.


Comunque, a Djokovic è stata concessa la possibilità di tornare a casa quando vuole, la famosa magnanimità australiana.

Novak ci pensi a quanto è fortunato a saper giocare a tennis, altrimenti potrebbe fare la fine di Mehdi,
uno che è scappato dalle persecuzioni in Iran e che ha festeggiato NOVE COMPLEANNI al Carlton’s Park hotel.
“Non ho mai visto tante telecamere, spero che la vicenda Djokovic ci aiuti in qualche modo” ha detto al Guardian il rifugiato.


Non vogliamo andare oltre in pesantezza,

quindi sorvoliamo sulle deportazioni di massa australiane nell’isola di Nauru,

tanto gli Australian Open sono lo Slam migliore del mondo, no?


E poi in Australia non c’è nessuna tennista scomparsa,

quindi a posto, Paese democratico,
daje col sorteggio.
 
Ahahahahah che cervelli in circolazione nelle zone di potere.
Per fortuna che dovrebbe essere un medico.
Curare la gente a casa, no vero ? Troppo semplice.

Io ho pagato il servizio sanitario per decenni, senza usufruire di un posto letto,
di un'operazione, neppure le tonsille ed oggi HO DIRITTO a farmi curare gratis
perchè ho PAGATO IN ANTICIPO.

Io ho fatto 2 vaccini, ma ho PAGATO - PAGATO NON GRATIS - anche per fare l'esame IgG
che mi dice quanti anticorpi ho. Ne ho già fatti due di questi esami.
E non farò la terza dose di un siero genico non testato
sinchè avrò gli anticorpi, con un prossimo controllo IgG.


Agostino Miozzo
, il medico della Protezione civile che da febbraio 2020 al 15 marzo 2021
è stato coordinatore proprio del Cts per l’emergenza Covid, è stato intervistato dal Corriere della Sera.

Ai microfoni del quotidiano ha parlato della situazione sanitaria in Italia,
dando anche un parere per quel che riguarda le sanzioni ai no vax.

Multe vaccinati da 100 euro una tantum?

Ci vorrebbe l‘arresto, oppure paghino un giorno di terapia intensiva“, ha proposto.
 
La sfiga è sfiga.

E le coincidenze nella vita a volte davvero incredibili:
Massimo Galli, virologo dalle numerose partecipazioni tv,
grande sostenitore della vaccinazione e della terza dose
s’è preso il virus ed ha pure sviluppato la malattia.

Il tutto per colpa di Omicron, pare, e soprattutto nonostante le tre dosi di immunizzazione
e le tante precauzioni che, dice, ha sempre osservato.



La rivelazione l’ha fatta oggi La Verità e la conferma è arrivata per voce dello stesso Galli a Mattino 5.

“Stamattina sto discretamente meglio, ma sono stato una schifezza“,
spiega il virologo del Sacco di Milano, ormai in pensione, in diretta tv.

Quando se l’è preso? A Natale? A Capodanno?
“Verosimilmente il 31 dicembre o qualche giorno prima qualcuno mi ha passato omicron – aggiunge – nonostante sia in pensione,
nonostante abbia condotto in quest’ultimo periodo una vita ritiratissima vedendo pochissime persone”.


Per carità.

Lo stesso Galli qualche giorno fa aveva detto che “il vaccino non è democratico“,
che “non tutti rispondono allo stesso modo”
e che una percentuale di “boosterizzati” può comunque “aver bisogno del ricovero”.


Però cribbio, proprio lui.

Lui che ormai i pazienti li sente per telefono o per mail. (E CHE I SOLDI PER LE VISITE SE LI FARA' DARE IN CONTANTI)

Lui che ha “visto pochissime persone e, a livello conviviale, senza mascherina, le posso contare: una dozzina in tutto e mai tutte assieme”.

Lui che è “pieno di anticorpi” ed aveva “risposto discretamente al vaccino”.


Cosa sarà successo?


“È cominciato tutto con una notte – racconta – saltando nel letto con brividi potenti, p
oi pizzicore al naso, ho perso un po’ di gusto e olfatto, voce roca.
Sono qui per rassicurare gli altri, ma quando dicono che è una brutta influenza,
posso allora dire che è stata la più brutta della mia vita“.

Galli è sicuro:
“Se qualcuno dice che omicron è una passeggiata per gli anziani come me, dice male.
Se non avessi avuto le tre vaccinazioni sarebbe stata molto ma molto peggio, per uno della mia età e con la mia storia”.


Colpevole dell’infezione è senza dubbio Omicron: c’è la certezza del sequenziamento in laboratorio.

Quindi sostanzialmente la variante ha “bucato” la terza dose, almeno la sua.

E certo non è l’unico in Italia.


E pensare che una decina di giorni fa su questo i giornali spacciavano certezze:

“Omicron, terza dose per evitare nuovi focolai e reinfezioni”, scriveva il Corriere.

“Terza dose altamente efficace dopo 2 settimane”, giurava due giorni fa l’Iss.

Secondo il nostro Istituto sanitario il booster aiuterebbe non solo contro la malattia e il ricovero in ospedale
(i vaccini servono a questo, lo ripetiamo da tempo) ma anche nella “prevenzione dell’infezione”.


Sicuri?


E che fine hanno fatto quelli che “i vaccinati non si infettano e non trasmettono”?

Burioni, 11 dicembre:
“Con la terza dose (…) ristabiliamo la protezione contro l’infezione”.

Pregliasco, 29 dicembre:
“Il booster può arginare Omicron”.

Ancora Burioni, fine dicembre: “C’è una bugia che viene raccontata continuamente,
cioè che i vaccinati si infettano e trasmettono il virus quanto i non vaccinati…Non è vero”.


Lo vada a dire a Galli.
 
La borsa è chiusa.
Si possono fare 4 chiacchiere da bar e fare delle riflessioni?
Fa bene al mio neurone, pensare, rimanere in attività.



Piccolo, piccolissimo dettaglio dell’ultimo decreto licenziato dal consiglio dei ministri un paio di sere fa.

L’obbligo vaccinale per gli over 50, con tanto di multa calata dall’alto,

entrerà in vigore dal 1 febbraio e non varrà solo per quelli che ad oggi hanno già varcato la fatidica soglia,

ma anche per tutti gli italiani che spegneranno le candele entro il 15 giugno.



Direte: e quindi?

Il fatto è che, ad oggi, lo stato di emergenza,

quella “eccezione” normativa che ci portiamo dietro da due anni

e rinnoviamo sine die ogni sei mesi,

in teoria sarebbe stata prorogata solo fino al 31 marzo.


Dunque, riassumendo: allo stato attuale l’emergenza finirà l’ultimo dì di marzo,

ma i 50enni nati dal 1 aprile al 15 giugno dovranno comunque vaccinarsi.


Perché?



Dal punto di vista giuridico, le due questioni non sono direttamente collegate.

Gli accorti costituzionalisti diranno:

“I decreti legge non riguardano lo stato di emergenza,
che è scollegato e serve per tenere in piedi la struttura commissariale del generale Figliuolo eccetera eccetera”.


Vero. Giuridicamente non fa una piega,
in fondo siamo o non siamo il Paese degli azzeccagarbugli?


Però qui occorre sottolineare almeno un paio di questioni, non di poco conto.

1. Per prima cosa, appare oggettivamente assurdo che una persona
– nata il 15 aprile e che non ne vuol sapere di vaccinarsi – sia costretta a farla ad emergenza teoricamente “finita”.

2. Per vaccinare tutti i neo 50enni dal 31 marzo in poi, servirà pur sempre Figliuolo e tutta la sua baracca logistica. No?


Quindi delle due, l’una.

O il governo è già consapevole che prolungherà lo stato di emergenza ben oltre marzo, diciamo almeno fino a fine giugno.

Oppure evidentemente sa di poterne fare a meno
(visto dovrà somministrare dosi a gogo a 2 milioni e passa di no vax over 50),
e quindi ci si chiede per quale motivo abbia continuato a prorogarlo negli scorsi mesi.
 
Questa è l'amara REALTA'


Il quotidiano tedesco Die Welt ci fornisce un quadro delle vere vittime del Covid-19,
o meglio delle cosiddette misure di prevenzione, per lo meno il Germania.

Non abbiamo motivo per pensare che in Italia sia diverso.


Circa 500 bambini sono stati curati in unità di terapia intensiva a livello nazionale tedesco,

dopo aver tentato il suicidio tra marzo e la fine di maggio 2021.


Ciò corrisponde a un aumento di circa il 400 percento rispetto al periodo precedente la pandemia.
Si è passato da 100 bambini circa a 500 bambini circa .



Questo è il risultato di uno studio della clinica universitaria di Essen,
come riportato dal capo dell’unità di terapia intensiva pediatrica lì, Christian Dohna-Schwake, nel cast del video ” 19 – la visita“.

Questo sviluppo, che si basa sui dati di 27 unità di terapia intensiva pediatrica tedesche, lo ha “sorpreso”.

Il blocco e la chiusura delle scuole nella primavera dello scorso anno sarebbero stati l’elemento scatenante,
ha detto Dohna-Schwake sulle possibili cause.

Ciò era particolarmente stressante per i bambini che in precedenza avevano sofferto di depressione o disturbi d’ansia.

“I contatti sociali al di fuori dei social media hanno avuto un effetto preventivo”,
ha detto Dohne-Schwake nel cast del video.


Sulla base dello studio presentato per la pubblicazione internazionale,
la sua raccomandazione è quindi di tenere aperte le scuole fino a quando possibile.


Però sta arrivando Omicron e a tanti fa così paura che vorrebbero chiudere tutta la vita dell’uomo, e del bambino, entro quattro mura.

Sino a farli morire.
 
Una delle politiche più inutili e frustranti legare al COVID inizia a scricchiolare.

Come riporta anche il Jerusalem Post

“Dalla mezzanotte di oggi per quanto ci riguarda non ci sono più ‘Paesi rossi’ "

per Nachman Ash direttore del ministero della sanità israeliano.
Questo significa che i vincoli per i viaggiatori israeliani all’estero, e che dall’estero si recano in Israele,
vengono a cadere e non verrà più richiesta quindi una quarantena obbligatoria per chi entra, o rientra, nel paese.

Per viaggiare sarà sufficiente il certificato vaccinale o di guarigione.

“Il tasso R di contagio – ha spiegato – è giunto a 2.
Ieri abbiamo avuto 16 mila contagi, fra tre giorni saranno 30 mila, fra una settimana 50 mila”,

prosegue il direttore del ministero della sanità.

Chiaro che, con questi numeri, la distinzione fra paesi rossi ed altri paesi non ha più nessun senso:
e Israele è estremamente contagiato e sicuramente non rischia di importare il covid dall’estero.

In questa situazione la categoria dei ‘Paesi rossi’ viene dunque rimossa dal suo ministero,
che tuttavia consiglia ancora agli israeliani di recarsi all’estero il meno possibile.

In Italia, dove tasso di contagi è altissimo, tanto da porci fra i paesi più a rischio l’Europa,
invece viene chiesto un test prima di entrare o rientrare,
quando ormai il rischio di importare casi dall’estero è pari a zero.


Un bel colpo al nostro già morente turismo che, evidentemente, non ha molto peso per il governo.
 
Sarà, ma io preferisco "fare la spesa" toccando e vedendo con mano.
Compra un filetto. Trovi quello con grasso e quello senza.
Quello venato e quello no. Quello tagliato nel verso giusto e quello tagliato sbagliato.
Tu compri quello che vuoi.
"loro", prendono e ti mandano a casa di tutto.....anche quello più vecchio.


Per decenni il mondo del retail ha ritenuto che per un punto vendita
fosse fondamentale accaparrarsi la migliore location,
perché ciò assieme a un assortimento in linea con le preferenze di un target ben definito
avrebbe facilitato tutto il resto.

Ma l’evoluzione tecnologica ed i progressi nella logistica dei nostri tempi
hanno permesso l’abbattimento dei confini del negozio fisico.


Tesco, il principale gruppo di distribuzione britannico,
ha lanciato in Corea del Sud il primo “negozio virtuale” per venire incontro al popolo sudcoreano,
che avendo gli orari di lavoro più lunghi al mondo, fa fatica ha trovare il tempo per fare la spesa.

Il negozio virtuale è stato realizzato posizionando delle speciali affissioni sulle pareti di luoghi pubblici molto frequentati,
come stazioni della metropolitana e fermate degli autobus, che ricreano gli scaffali di un supermercato.

I clienti di passaggio possono fare gli acquisti mentre aspettano il treno o l’autobus
semplicemente inquadrando con il proprio smartphone il QR code dei prodotti che vogliono acquistare,
per poi vederseli consegnati direttamente a casa al ritorno.

In questo modo Tesco è riuscito a proporre una selezione dell’offerta presente in negozio senza l’onere di allestire uno store.

Il supermercato ha semplicemente raggiunto le persone.


Per aiutare i clienti che hanno difficoltà a ricevere a casa i pacchi con i propri acquisti,
i retailer hanno iniziato a offrire presso i propri punti vendita il servizio “click-and-collect”
che permette di ritirare in apposite aree i beni acquistati precedentemente online.

La catena di grandi magazzini John Lewis ha proposto una specifica applicazione di questo servizio.

Presso la stazione ferroviaria di St. Pancras a Londra ha aperto il primo “click-and-commute store”:
un negozio posizionato in un luogo strategico per permettere ai consumatori di passaggio (commuters)
di ritirare gli ordini effettuati online, persino durante il tragitto che di solito percorrono per raggiungere scuola, università o luogo di lavoro.


A chi ha poco tempo da dedicare allo shopping si può offrire il servizio “click-and-try”
che permette di ordinare online una serie di prodotti per poi provarli in un negozio o a domicilio prima di completare la transazione.

Mediante questo servizio la catena britannica di centri commerciali Hearvey Nichols
dà la possibilità allo shopper di consultare il catalogo online e di chiedere gratuitamente di riservare il prodotto che più desidera.

Una volta che ha inoltrato la richiesta viene contattato da un consulente di stile
per concordare un appuntamento personale nelle suite dedicate all’interno dei centri Haervey Nichols
dove può provare il capo e l’accessorio prescelto, insieme ad altri prodotti accuratamente selezionati dal punto vendita.

La soluzione click-and-try può essere anche adatta per far fronte alla ritrosia di certi clienti a pagare un prodotto prima di averlo ricevuto fisicamente;
ma non solo permette anche al retailer di operare strategie di up selling e cross selling direttamente in negozio.


Un’altra opzione oltre a quelle già citate (click-and-collect, click-and-try, click-and-commute)
che permette di superare i confini dello store fisico è il “click-and-reserve”.

Con essa si possono prenotare beni e servizi su un sito web o un’applicazione per smartphone
verificandone in tempo reale la disponibilità all’interno del negozio.

Il click-and-reserve è particolarmente adatto per i prodotti difficili da trovare,
ma nello stesso tempo può essere utile per i clienti che frequentano diversi punti vendita
in un’unica spedizione d’acquisto e non vogliono perdere tempo rischiando di non trovare ciò che desiderano.

Inoltre può essere applicato al settore alimentare, in particolare al segmento del “fresco”.


Un’azienda di carni, latticini, pasticceria ecc… può unire i vantaggi dell’e-commerce con le caratteristiche dei punti vendita di prossimità,
offrendo ai clienti la possibilità di ritirare i prodotti scelti online presso i piccoli negozi che hanno aderito al programma.

I consumatori possono scegliere il punto vendita di riferimento, controllare i prodotti che sono subito disponibili
ed ordinare quelli che non lo sono per poi passarli a ritirarli in un orario prestabilito.

Da sottolineare che in questo modo le persone hanno la possibilità di verificare con i propri occhi la freschezza degli alimenti che stanno per acquistare.


La concezione tradizionale del negozio fisico è dei suoi confini può essere superato anche attraverso i “tempory story”,
negozi, chiamati anche “pop-up-store, che operano solo per un periodo di tempo prefissato,
poche settimane o al massimo qualche mese, in aree del centro cittadino molto trafficate, centri commerciali, stazioni o aeroporti.

Questa formula è particolarmente utile per retailer digitali che non hanno una presenza fisica
e cercano modalità efficaci per stabilire una relazione con i clienti-consumatori.

I negozi temporanei riescono subito a capire le mutate esigenze dei consumatorie e, mediante la tecnologia,
possono far fronte alla minore profondità dell’offerta, permettendo di consultare l’intero catalogo online
grazie a dei totem interattivi o anche alle tecnologie di realtà aumentata e virtuale.

Ci sono anche dei player che fondano le dimensioni ridotte dei negozi temporanei
con la possibilità di intercettare i consumatori in diversi luoghi, mediante una soluzione itinerante chiamata “moving store”.


In Italia sono in circolazione 23.000 negozi a tre o quattro ruote che le marche della moda e alimentari usano per operazioni di marketing e di vendita.


In ultimo le mura del negozio fisico possono essere superate del tutto dalla “realtà virtuale immersiva”,
una novità ancora in fase di sperimentazione,
che permette all’utente di interagire con un ambiente tridimensionale simile al negozio fisico
in cui è presente anche un commesso virtuale.

Da tenere presente che con la realtà virtuale immersiva si avrà a casa propria il negozio.


L’ascesa di queste modalità di servizio che abbiamo analizzato frutto della digitalizzazione e del progresso tecnologico
richiederanno ai retailer per continuare ad operare un notevole sforzo.

“A sopravvivere alla selezione naturale, all’alba di questa nuova era,
saranno coloro che sapranno reinventarsi senza subire le conseguenze del cosiddetto darwinismo digitale” ( Kotler, Stigliano, 2018, p.22).
 
Il petrolio greggio è balzato bruscamente giovedì ed è rimasto alto venerdì
dopo le notizie secondo cui le proteste in Kazakistan avevano interrotto la produzione nel suo più grande giacimento, Tengiz.

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Il greggio Brent era scambiato a oltre $ 82 al barile al momento della stesura,
con il West Texas Intermediate a oltre $ 80 al barile
dopo la notizia che la produzione di petrolio a Tengiz, nel Mar Caspio, è stata ridotta.

Secondo un rapporto Reuters, la riduzione era legata ai disagi alle linee ferroviarie
causati da alcuni appaltatori che lavorano sul campo che avevano dichiarato il loro sostegno ai manifestanti.

“Le operazioni di produzione TCO continuano, tuttavia, c’è stato un adeguamento temporaneo alla produzione a causa della logistica”,
ha affermato Chevron, l’operatore del campo come parte del consorzio Tengizchevroil, o TCO.


Il Kazakistan produce circa 1,6 milioni di barili al giorno di greggio, di cui 700.000 barili al giorno provenienti da Tengiz.

Con l’accordo OPEC + oil cut, il paese dell’Asia centrale ha prodotto meno,
anche se è stato criticato dai suoi partner per non aver rispettato i tagli.

Per febbraio, la quota del Kazakistan è di 1,589 milioni di barili al giorno.


All’inizio di questa settimana sono scoppiate proteste in Kazakistan per l’aumento dei prezzi del carburante.

Il governo aveva revocato i controlli sui prezzi del gas di petrolio liquefatto (GPL),
che molti kazaki usano per alimentare i loro veicoli convertiti a GPL perché è più economico della benzina.

L’aumento dei prezzi del carburante ha portato anche a un’impennata dei beni di consumo.

Le proteste sono continuate anche dopo che il governo si è dimesso per placare i manifestanti ed è diventato violento.


In risposta, il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha affermato che il tetto massimo del prezzo del GPL sarà modificato e i prezzi saranno ridotti.


La Russia sta inviando paracadutisti per aiutare a sedare le proteste in base a una decisione dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva.

La CSTO è un’alleanza di sicurezza intergovernativa tra diversi ex stati sovietici, tra cui Russia, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan.

Le proteste sono state sedate in modo violento, con decine di morti fra le forze dell’ordine e molte di più fra i rivoltosi.

Russia e Kazakistan hanno accusato gli Stati Uniti di essere dietro a una sorta di fallita rivoluzione gialla.


La situazione rimane sempre estremamente tesa e questo potrebbe farsi sentire sui prezzi delle materie prime anche in futuro.
 

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