NON SEMPRE CAMBIARE EQUIVALE A MIGLIORARE, MA PER MIGLIORARE BISOGNA CAMBIARE

Che poi questi, che già sapevano da mesi dell'inchiesta, avranno già eliminato tutto e lasciato la fuffa.

Dunque i terminali americani della coppia Occhionero sembrano indicare una strada e un'abitudine già conosciuta.
Una strada e un'abitudine utilizzata in precedenza, come raccontò lo Snowden poi riparato a Mosca,
non solo per raccogliere informazioni alla vigilia di importanti incontri internazionali,
ma anche per sottrarre cruciali segreti a gruppi industriali come Petrobas, la compagnia petrolifera brasiliana considerata determinante,
grazie alle particolari competenze nell'ambito delle trivellazioni marine, nell'ambito delle strategie energetiche.

Ma la curiosità dell'America di Obama non si è fermata neppure davanti all'inviolabilità delle residenze diplomatiche visto che,
sempre stando ai racconti della talpa Snowden, la Cia contribuì a piazzare i microfoni della Nsa in 80 tra ambasciate e consolati di tutto il mondo.
E per capire cosa pensavano e progettavano i capi dell'Unione Europea la Cia e l'Nsa entrarono direttamente nei server
e nei computer di Bruxelles monitorando sistematicamente tutte le loro comunicazioni.

Ed anche la Francia ha goduto di non poche attenzioni. Non a caso quando Le Monde pubblicò le rivelazioni di Snowden sulle oltre
70 milioni di telefonate di cittadini francesi monitorate nell'arco di soli trenta giorni Obama non poté far a meno di chiamare il presidente Francois Hollande per scusarsi.

Per garantire la conservazione e la disponibilità di questa massa di dati quell'America,
in cui sono state convogliate anche le intercettazione messe a segno dai fratellini Occhionero,
ha costruito impianti di stoccaggio di grandi dimensioni, come lo Utah Data Center,
una struttura di oltre un milione di metri quadri dal costo stimato di 1,5 miliardi di dollari.

E per riempire quella struttura sono attivi dal 2010 gli operatori di «Auroragold» l'operazione dell'Nsa progettata e sviluppata,
secondo i pochi dati emersi, per penetrare i circuiti di oltre 700 delle circa 985 compagnie telefoniche che gestiscono il traffico dei telefonini su scala globale.
Un'operazione che ha bisogno di grandi tecnologie, ma anche di un esercito di operatori reclutati tra liberi professionisti.
E proprio per questo i fratellini Occhionero sono, forse, solo la punta di un iceberg assai più vasto.
 
Il mondo bancario ........se lo conosci...cerchi di evitarlo.......ma evita pure di portargli i tuoi risparmi.


Le banche hanno sempre avuto un'attrazione fatale per costruttori e immobiliaristi.
La memoria corre ai protagonisti della calda estate 2005 dei «furbetti del quartierino», copyright di un immobiliarista con le ambizioni di banchiere, Stefano Ricucci.

1482392486-soldi-banche.jpg


Con lui anche Danilo Coppola che nel 2009, dopo dunque i processi per le scalate bancarie,
ha acquistato a Milano l'area di Porta Vittoria pagandola 134 milioni grazie a un finanziamento di 180 milioni ricevuto da un pool di banche, guidate dal Banco Popolare.
E Giuseppe Statuto: alla fine del 2001 l'immobiliare di famiglia era una piccola società che fatturava 79 milioni di euro.
Nel giro di pochi anni ha messo insieme un forziere solidissimo fra azioni, palazzi e alberghi, tra cui il Mandarin Oriental a Milano e il San Domenico a Taormina.
Ora però sta dando grattacapi al Monte (in pool con Popolare Emilia e Aareal Bank) che dopo diverse rate del mutuo da 160 milioni non pagate gli ha pignorato l'Hotel Danieli di Venezia.

Non è un caso se molti istituti oggi in difficoltà hanno finanziato mega-progetti immobiliari.
Il mattone «tira sempre», anche se gli appartamenti restano invenduti e gli uffici vuoti.

Prestare denaro ai «fenomeni» del real estate significava avere nuovi potenziali azionisti della banca
ma anche investire ovvero creare rendite attese molto più convenienti rispetto a concedere un mutuo per l'acquisto di una casa.

Lo sapeva bene Luigi Zunino che è stato in grado di farsi prestare, e non restituire, da Mps e altre banche,
la bellezza di 3 miliardi per il progetto di Milano Santa Giulia firmato dall'archistar Norman Foster.
All'elenco si aggiungono altri nomi meno noti come quello di Gianni Punzo che con la sua Cisfi Spa,
la finanziaria in cima al reticolo di società che ha realizzato l'interporto di Nola, avrebbe titoli in pegno con il Montepaschi e per un ammontare complessivo di 11 milioni di euro.
A Siena si deve fare i conti anche con i crediti concessi alla famiglia di costruttori Mezzaroma noti anche per le vicissitudini sportive che hanno portato al fallimento del Siena Calcio.

Ma la più grossa grana immobiliare per il Monte si chiama Casalboccone.
Partecipata dalla controllata Sansedoni, gestisce un progetto di sviluppo alla periferia nord di Roma.
La società operativa si chiama Eurocity Sviluppo Edilizio (fu comprata dai Ligresti nel 2007) e risulta a sua volta controllata dalla Casalboccone Roma
partecipata dalla Fondazione Mps (al 67%) e da Mps (con il 22%).
Nel 2013 l'assemblea dei soci di Casalboccone spa ha approvato la messa in liquidazione della società.
Colpa del bilancio 2012 chiuso con 28,5 milioni di perdite a fronte di un capitale versato di soli 120mila euro.
E soprattutto della mancata di disponibilità dei tre soci (Fondazione, Mps e la cooperativa Unieco di Reggio Emilia con l'11,2%) a mettere mano al portafoglio per ricapitalizzare.

Il problema è che a fine 2011 l'azionista Mps ha concesso a Casalboccone un prestito di 30 milioni garantito anche da una fidejussione fino a 32 milioni rilasciata dalla Sansedoni Siena spa.
Il prestito però non è stato rimborsato: a maggio del 2013 il Monte ha escusso la fidejussione e la Sansedoni ha versato i 32 milioni alla banca, diventando creditrice della Casalboccone.
 
Anche i maggiori crediti inesigibili di Banca Etruria erano nel settore immobiliare,
con nomi di spicco come Francesco Bellavista Caltagirone, la coop Castelnuovese del presidente Lorenzo Rosi, l'altra coop rossa del mattone Consorzio Etruria.

Esemplare anche il caso di Banca Marche: a minare le fondamenta di questo istituto è proprio la concentrazione degli impieghi sull'immobiliare,
con progetti faraonici basati su valori di mercato stratosferici, in cui gli imprenditori non si assumevano alcun rischio, che cadeva invece interamente sulla banca.
L'allora direttore generale Massimo Bianconi finisce nel mirino di Bankitalia per alcune operazioni poco chiare.
Come l'acquisto per 7 milioni, fatto dalla moglie, di una palazzina ai Parioli dall'immobiliarista Vittorio Casale,
un ottimo cliente dell'istituto e finito poi in dissesto con il suo gruppo Operae.

Chi è Casale? Legato al potentissimo Pci bolognese degli anni Sessanta, nel 2006 il suo nome finisce nelle indagini sulla scalata Antonveneta
quando lo cita il braccio destro di Gianpiero Fiorani, Giancarlo Boni, definendolo l'immobiliarista di fiducia di Giovanni Consorte.
 
Ahahahahahah sotto inchiesta finisce la gente perbene, che si sfoga sui social perchè incazzata.
Magari perchè ha una pensione da 1.200 euro al mese, mentre loro ....si parla sempre di milioni, mai di migliaia.....

Nei giorni scorsi Paolo Bracalini aveva ricostruito che Manuel Poletti
"si è inserito bene nel mondo del lavoro, traducendo la sua passione per il giornalismo in una brillante carriera, già direttore poco più che trentenne".
E lo ha fatto grazie ai soldi pubblici. "Io mi sporco anche le mani - prova a difendersi - mio padre non c'entra nulla con quei soldi".

Eppure prima il figlio di Giuliano Poletti, ex segretario del Pci di Imola e poi consigliere Pds alla Provincia di Bologna, viene preso dall'Unità come corrispondente da Imola.
Poi viene catapultato nel mondo delle coop rosse per le quali guida alcuni settimanali locali controllati dalla Legacoop.
La Media Romagna soc.coop., di cui Manuel è presidente, edita SetteSereQui.
Il giornale, il cui direttore è lui stesso Manuel Poletti, è nato dalla fusione di tre precedenti testate della provincia di Ravenna e si becca i contributi pubblici all'editoria.

Nel 2015 ha intascato 191mila euro, nel 2014 197mila e nel 2013 133mila. "Più di mezzo milione di euro in tre anni", come fa notare Bracalini.

La storia di Poletti junior aveva sollevato un forte scandalo in tutto il Paese che è anche sfociato in violenti insulti sui social network.
Ora i carabinieri del nucleo investigativo di Ravenna, affiancati dai militari milanesi,
hanno perquisito l'abitazione del 65enne che risultata indagato per l'ipotesi di reato di minacce e diffamazione.
Le indagini sono state coordinate dalla procura di Forlì e affidate al sostituto procuratore Lucia Spirito.
Dalla perquisizione è emerso che il profilo Facebook usato per pubblicare i post di minaccia e diffamazione è in uso all'uomo.
Tutto il materiale informatico trovato è stato sequestrato e messo a disposizione della sezione informatica dei carabinieri di Milano
 
:mumble: :mmmm: :tutti: :clava: :censored:

La denuncia arriva da Paolo Bolognesi, deputato Pd, presidente dell’Associazione 2 agosto 1980,
dell’Unione vittime per stragi e componente della Commissione d’inchiesta Moro:

il Senato si preparerebbe ad ospitare un convegno con due ex brigatisti rossi, alla presenza della seconda carica dello Stato e del Guardasigilli.

I due terroristi sono nomi di primo piano delle Brigate Rosse, Adriana Faranda e Franco Bonisoli,
entrambi protagonisti di diverse azioni ma soprattutto del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro.

Bolognesi fa riferimento alla presentazione de Il libro dell’incontro, prevista nei prossimi giorni, alla presenza, tra gli altri,
degli ex brigatisti e delle citate alte cariche istituzionali, Grasso e Orlando, “di cui – dice – sono previsti saluti introduttivi e conclusioni
e che hanno messo a disposizione una sede del Senato.

«Un semplice cittadino, nell’ambito personale, può parlare di libri con chi vuole – afferma Bolognesi –
ma quando sono le alte cariche dello Stato a sostenere dei terroristi che fino ad oggi hanno mentito, e continuano a mentire,
sul sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e spacciato la balla della comoda giustizia riparativa omettendo però fatti molto gravi che in Commissione stiamo appurando,
è una inaccettabile offesa istituzionale nei confronti dei familiari delle vittime che rappresento e della verità sulla storia del nostro Paese».
 
Vi ricordate l'articolo dell'altro giorno su quei due volontari sessantenni che sono partiti per salvare il rifugio.......
iniziativa personale.....fare, non attendere parole....questi invece attendono di avere "il tavolo".

Aule gelate nelle scuole di Roma? Tutta colpa della protezione civile che non ha diramato l’allerta come fece nel 2012.
Il Campidoglio trova così la scorciatoia per giustificare il freddo che ha accolto nelle aule gli studenti romani al ritorno in classe dopo le festività.
Una giustificazione che si aggrappa alla burocrazia ma che fosse in arrivo un’ondata di freddo intenso lo sapevano davvero tutti.

Quest’anno, al contrario, non c’è stata alcuna segnalazione da parte della Protezione Civile di Roma
di una possibile allerta meteo e per questo non si è aperto il tavolo per gestire la preaccensione dei riscaldamenti negli edifici scolastici al rientro dopo le festività natalizie.
A spiegarlo, durante la commissione Trasparenza convocata sulle problematiche che si sono registrate in alcune scuole della Capitale,
è stato l’ingegnere Domenico Leccese, responsabile della Gestione, progettazione, costruzione e manutenzione impianti di riscaldamento e di condizionamento dell’Unità organizzativa Impianti tecnologici del Simu.

L’amministrazione capitolina, è stato spiegato, ha agito sulla base di una comunicazione diretta della sindaca e non in base alla programmazione seguita a un’allerta.
“Nel 2012 c’era stata una allerta della Protezione Civile e si era aperto un tavolo di crisi per programmare – ha spiegato Leccese –
non è arrivato nulla il 5 gennaio di quest’anno, quindi ho suggerito l’accensione anticipata di due ore.
Visto però il freddo, abbiamo anticipato di altre due ore accendendo i riscaldamenti alle 3, ritenendo congrua una pre-accensione di cinque ore prima dell’inizio delle lezioni”.

Leccese ha anche sottolineato che la gestione degli impianti avviene per via telematica,
dunque “il fatto che si sia deciso di accendere i riscaldamenti 33 ore prima dell’apertura dopo le festività non assicura che tutto sia funzionante al rientro degli studenti in aula dopo le vacanze.

“Quando si imposta una programmazione il server comincia a chiamare una per una le centraline dei singoli edifici.
Alcune non hanno preso subito la programmazione e sono partite più tardi. Bisognava quindi allertare le scuole in cui la programmazione non era partita,
ma non si poteva fare fare perché sabato non avevamo accesso alle scuole per eventuali interventi.
Per farlo ci deve essere una programmazione a monte con l’allerta meteo della Protezione Civile comunale che allerta il sindaco e quindi si apre un tavolo.
A noi, però, non è arrivato nulla dalla Protezione civile”.

Leccese ha infine precisato: “Le problematiche ci sono tutte le mattine perché si tratta di macchine termiche.
E noi, oltretutto, abbiamo una diffusione su 1.200 chilometri quadrati con caldaie anche di 25-30 anni o più in edifici con anche più di 100 anni:
quando si va a -5, un impianto programmato per zero gradi va in crisi. Abbiamo riscontrato 62 problemi su 1.137 scuole ‘nostre’, dai nidi alle medie inferiori”.
 
O ingegnere ma tu sei il responsabile. Prendi una decisione.....fai il tuo lavoro.
Altro che scaricare sul altri le tue responsabilità.
 
Questo accade da anni nelle scuole e tutti fanno finta di niente...altro che "la buona scuola". Un mondomarcio.

Padova, Istituto Tecnico F. Severi. Un docente, un prof come usa dire, si vede assegnata una cattedra.
Ma non ci si siede su quella cattedra fin dal primo giorno, neanche per un minuto.
Chiede ed ottiene congedo per motivi familiari fin dal primo giorno dell’anno scolastico.
E fin qui tutto regolare, normale, comprensibile. Ci possono essere eccome motivi familiari che giustificano il congedo e non sono fatti nostri indagare quali siano.

Infatti la scuola provvede e cerca e trova insegnante supplente per la cattedra vacante.
Dirà poi la preside Nadia Vidali che la ricerca del supplente (sarà una supplente) risulterà anche fortunata.
Perché la prof supplente sa del suo lavoro, le piace, è appassionata e piace come lavora agli studenti.
Insomma, ex malo bonum per dirla con lingua antica, da un guaio (i motivi familiari e l’insegnante in congedo)
un esito positivo (una brava prof supplente e relativi vantaggi). Fin qui…

Ma non finisce qui la storia raccontata dal Corriere della Sera.
Il 23 dicembre, lo scorso 23 dicembre, ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, il prof in congedo si presenta in Istituto e formalmente,
solo formalmente per carità, riprende possesso della “sua” cattedra.
La sua apparizione in organico, anche solo per un giorno, cancella dall’organico la supplente.
Dopo le vacanze quindi sarà il prof fino ad allora in congedo a lavorare e insegnare?
No, il prof in congedo si è presentato solo per interrompere il periodo di congedo e quindi a norma di burocratica norma poterlo riprendere…il congedo.

Lui non insegnerà alla ripresa delle lezioni, torna dov’era, in congedo.
La supplente non può tornare, a norma di regolamento e disposizione
il prof in congedo comparendo un giorno l’ha di fatto espulsa dalla scuola.
Bisogna cercare altro/a supplente e che la fortuna la mandi un’altra volta buona alla scuola e ai suoi studenti.
E la supplente brava si rammarichi pure, ha ragione. Ma il prof in congedo l’ha messa fuori gioco.

Ed è qui che preside Nadia Vidali non ci sta, rende pubblica la storia e pubblicamente domanda al prof in congedo:
“Ma lei cosa ci è venuto a fare a scuola il 23 dicembre?”.
Sottinteso e neanche tanto sotto: va bene i suoi diritti ma perché far danno ai diritti altrui?

Buttare la croce sul prof in congedo? Può non piacere la figura di chi va in cattedra ma non ci va.
Ma, si è detto, poteva avere validi motivi familiari.
Però poteva risparmiarsi il bis o forse no. Certo poteva risparmiare alla scuola il danno collaterale della sua visita di un giorno
che cancella la brava supplente e la caccia dal lavoro che faceva bene.

Buttare la croce sui regolamenti? Sulle burocrazie? Sui permessi e congedi più o meno facili?
Non buttiamo la croce su niente e nessuno, non sappiamo a sufficienza per farlo.
Però qualcosa di storto c’è in questa storia e questa storia storta mostra con tutta evidenza che qualcosa di storto c’è
nel come funziona il triangolo diritti dei prof, diritti della scuola, diritti degli studenti.

Lo storto è che ci sono tanti sacrosanti diritti e praticamente nessun dovere.
Ed è uno storto che tanto si vede quanto si è sicuri nessuno lo raddrizzerà.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto