Claire
ἰοίην
La chiesa avventista del settimo giorno festeggia oggi San Plutarco da Stintino.
Appena nato era davvero brutto come la fame e nero peggio della mezzanotte ma dopo pochi mesi divenne addirittura un bimbetto talmente ripugnante che la madre a stento riusciva a coccolarlo mentre il padre lo percuoteva sulle esili terga piangendo per l'infausto destino che gli aveva donato quel rospetto orripilante.
Cresceva e veniva deriso dagli altri bambini anche per la prominente gobba e l'andatura incerta e saltellante dovuta alle sue gambette corte ed arcuate mentre il naso, Dio mio quel naso, gli cresceva a dismisura sotto ad una fronte spessa e ruvida. Gli occhi troppo piccoli e il mento sporgente ne completavano poi il corredo fisiognomico: il gobbo di Notre Dame.
Di carattere forte e solare pareva non dare troppa importanza alle burla della gente impegnandosi a scuola, dove eccelleva soprattutto in matematica (conosceva anche la tabellina del 9!) mentre il tempo libero che gli amichetti dedicavano a bruciare le lucertole lui lo dedicava allo studio del catalano e dell'astronomia. Guardava (a stento) le stelle prima di addormentarsi e sognava di essere un maestoso uccello che vola sulle teste degli uomini cattivi e, di tanto in tanto, gli scagazza in testa ma solo per farli riflettere e non certo per cattiveria e per dispetto.
Non conosceva odio né vendetta ma solo amore per il genere umano che un poco compativa per la propria miserabile bassezza e per la poca fede nell'Altissimo che veniva implorato solo per mero tornaconto personale. Lui, al contrario, non chiese mai nulla per sé al Signore, tranne quella volta che Gertrude Melis, figlia del maniscalco del paese, rifiutò le sue avance dicendogli che piuttosto di stare con lui si sarebbe fatta suora di clausura e allora chiese a Dio padre onnipotente di farla diventare zoppa tramite colpo di zoccolo di un asino imbizzarrito.
Ma si penti moltissimo per questo e giurò pertanto che avrebbe dedicato il resto della sua vita ai poveri e ai mentecatti che popolavano quella terra così bella ma tanto piena di buzzurri incolti, fannulloni, miscredenti e fornicatori.
E così fece.
Sempre più gobbo si ammalò di periartrite e gotta e il suo passo si fece sempre più incerto. La vista in compenso se ne stava andando e l'udito... ahi ahi... quello stava pure peggio! Non si lamentava e pregava, aiutava i più malmessi e malcapitati ma siccome ci vedeva davvero una cippa a volte confondeva le persone come quella volta che regalò una pagnotta con le acciughe al vescovo di Arbatax scambiandolo per il barbone della piazzetta che si affaccia sul porto.
Fece opere di bene per tanti anni ancora fin quando un bel giorno, all'alba, passeggiando assorto non si accorse di esser giunto sul pontile e pataciuff cadde in acqua con indosso la veste di lana grossa con le tasche piene di biscotti, pane, patate, polpette, salami, pere, caciotte e vin santo da portare in dono ai derelitti (ma anche un po' per sé perché era ghiotto pure lui di polpette e caciotte e grasso come un maiale)
Affogato.
R.I.P.
Appena nato era davvero brutto come la fame e nero peggio della mezzanotte ma dopo pochi mesi divenne addirittura un bimbetto talmente ripugnante che la madre a stento riusciva a coccolarlo mentre il padre lo percuoteva sulle esili terga piangendo per l'infausto destino che gli aveva donato quel rospetto orripilante.
Cresceva e veniva deriso dagli altri bambini anche per la prominente gobba e l'andatura incerta e saltellante dovuta alle sue gambette corte ed arcuate mentre il naso, Dio mio quel naso, gli cresceva a dismisura sotto ad una fronte spessa e ruvida. Gli occhi troppo piccoli e il mento sporgente ne completavano poi il corredo fisiognomico: il gobbo di Notre Dame.
Di carattere forte e solare pareva non dare troppa importanza alle burla della gente impegnandosi a scuola, dove eccelleva soprattutto in matematica (conosceva anche la tabellina del 9!) mentre il tempo libero che gli amichetti dedicavano a bruciare le lucertole lui lo dedicava allo studio del catalano e dell'astronomia. Guardava (a stento) le stelle prima di addormentarsi e sognava di essere un maestoso uccello che vola sulle teste degli uomini cattivi e, di tanto in tanto, gli scagazza in testa ma solo per farli riflettere e non certo per cattiveria e per dispetto.
Non conosceva odio né vendetta ma solo amore per il genere umano che un poco compativa per la propria miserabile bassezza e per la poca fede nell'Altissimo che veniva implorato solo per mero tornaconto personale. Lui, al contrario, non chiese mai nulla per sé al Signore, tranne quella volta che Gertrude Melis, figlia del maniscalco del paese, rifiutò le sue avance dicendogli che piuttosto di stare con lui si sarebbe fatta suora di clausura e allora chiese a Dio padre onnipotente di farla diventare zoppa tramite colpo di zoccolo di un asino imbizzarrito.
Ma si penti moltissimo per questo e giurò pertanto che avrebbe dedicato il resto della sua vita ai poveri e ai mentecatti che popolavano quella terra così bella ma tanto piena di buzzurri incolti, fannulloni, miscredenti e fornicatori.
E così fece.
Sempre più gobbo si ammalò di periartrite e gotta e il suo passo si fece sempre più incerto. La vista in compenso se ne stava andando e l'udito... ahi ahi... quello stava pure peggio! Non si lamentava e pregava, aiutava i più malmessi e malcapitati ma siccome ci vedeva davvero una cippa a volte confondeva le persone come quella volta che regalò una pagnotta con le acciughe al vescovo di Arbatax scambiandolo per il barbone della piazzetta che si affaccia sul porto.
Fece opere di bene per tanti anni ancora fin quando un bel giorno, all'alba, passeggiando assorto non si accorse di esser giunto sul pontile e pataciuff cadde in acqua con indosso la veste di lana grossa con le tasche piene di biscotti, pane, patate, polpette, salami, pere, caciotte e vin santo da portare in dono ai derelitti (ma anche un po' per sé perché era ghiotto pure lui di polpette e caciotte e grasso come un maiale)
Affogato.
R.I.P.
Ultima modifica:
