ROMA (MF-DJ)--Spunta il paracadute della Sace, la societa' del Tesoro specializzata nelle garanzie all'export delle imprese italiane, nella manovra finanziaria a supporto del piano industriale di Saipem, reduce da una revisione del backlog sulle commesse in portafoglio che ha comportato una perdita nel 2021 di 1,71 miliardi. Il sostegno finanziario al business plan che verra' varato dal cda del 15 e' in discussione in questi giorni con le grandi banche italiane ed estere alle quali e' stata chiesta una cintura di sicurezza di circa 3 miliardi sotto quattro modalita'. Ieri ci sarebbe stata una riunioni fra Intesa Sanpaolo, Unicredit, SocGen, Credit Agricole, Bnp Paribas, Goldman Sachs e gli altri istituti per concordare i termini della manovra finanziaria che, la scorsa settimana, secondo quanto risulta al Messaggero, sarebbe stata illustrata, in riunioni bilaterali, fra il team gestionale del gruppo petrolifero, l'advisor Rothschild e gli uomini dei crediti di Intesa Sanpaolo, Unicredit e gli altri grandi istituti italiani ed internazionali coinvolti nelle linee in essere. La richiesta prevede una garanzia sulla ricapitalizzazione che dovrebbe attestarsi attorno a 2 miliardi: Eni ha il 30,54%, Cdp il 12,55% (il 25% e' stretto in un patto di sindacato) faranno la loro parte e gli istituti dovranno coprire 1,150 miliardi circa. Ma con questi mercato in tempesta a causa della guerra, sara' molto difficile che la raccolta dei mezzi freschi possa avvenire prima dell'estate. Pertanto inevitabilmente slittera' almeno all'autunno. Nel frattempo alla societa' di San Donato milanese bisognera' anticipare le risorse in attesa di incassare la ricapitalizzazione. Per questo alle banche sarebbe stato chiesto un bridge to cash di un importo inferiore (circa 850 milioni): esso dovrebbe avere una durata limitata (circa 6 mesi) e verra' rimborsato con la liquidita' dell'aumento di capitale. Il conto non e' finito perche' ai creditori sarebbero state avanzati altri due tipi di supporto. Rifinanziare la Rcf di 1 miliardi del luglio 2018, in scadenza nel 2023 in modo da ritoccare le condizioni: essa e' parzialmente tirata e comunque le 17 banche del pool sono invitate a mantenere l'utilizzo. E infine rispetto ai 2 miliardi di prestiti obbligazionari in essere (500 milioni scadono il 5 aprile), servirebbe anticipare 1 miliardo per assicurare la liquidita' del rimborso. Difronte a questo pacchetto complessivo, Intesa Sanpaolo, Unicredit e tutte le altre hanno piantato paletti. Almeno tre banche estere non direttamente presenti con l'operativita' in Italia hanno fatto la voce grossa, manifestando indisponibilita', anche se dovranno adeguarsi al regolamento tortuoso del finanziamento. Ma a prescindere da queste posizioni rigide, la maggioranza avrebbe chiesto un committment pieno dei soci forti a coprire pro-quota la loro parte e, se del caso, assorbire parte dell'inoptato. Inoltre le due grandi banche avrebbero sollecitato il coinvolgimento della Sace, specializzata nella garanzia per l'export. Con la societa' romana passata al Mef che fa sapere di non aver ancora ricevuto la formalizzazione della richiesta, sarebbero in corso interlocuzioni per definire i termini del paracadute sul bridge to cash da 850 milioni che dovrebbe aprire in base a Garanzia Italia prevista dal decreto liquidita' con la controgaranzia del Tesoro. pev (END) Dow Jones Newswires
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Direi che per la 22 ci siamo