OGNI ERRORE, PRIMA DI ESSERLO, E' STATA UNA SCELTA. MAI SCORDARLO

Vista l’estrema chiarezza di questa sintesi, che non saprei far meglio, ve la giro con molto piacere.

La Germania ha fortemente “A CUORE” l’Unione Bancaria, causalmente
ora che sono le banche tedesche più importanti a essere sull’orlo del baratro per la mega – ESPOSIZIONE in derivati.

Dopo la fregatura paurosa che ci hanno dato con la crisi Greca con EMS: non eravamo esposti con la Grecia (solo 4 miliardi di euro)
e nonostante questo abbiamo contribuito con 50.000.000.000 di euro, in piena crisi economica! per salvare non la Grecia, ma le banche Francesi e Tedesche.

E creando un esposizione verso la Grecia del “sistema Italia” per oltre 40.000.000.000 di euro,
mentre la Francia che era esposta per 70.000.000.000 si è ritrovata con esposizione 0,00 euro!!!

Dementi o governati da VICERE’ FRANCO TEDESCHI?

Visti i curriculum dei protagonisti propendo per la seconda e quindi risiamo nell’ipotesi dell’art. 264 del codice penale
che ho già menzionato il 18 novembre scorso nel articolo “gemello” ALLARME ROSSO ITALIA.

I tedeschi ci vogliono far credere che i rischi per le banche sono i NPL (sofferenze bancarie nel credito) e nell’eccessiva detenzione di titoli di stato,
MICA LA MONTAGNA DI DERIVATI TOSSICI CHE STANNO STRITOLANDO LE BANCHE TEDESCHE!!

Ma ci prendono proprio per dementi cui si può sfilare tutto come rubare le caramelle ai bambini,
questi tedeschi credono proprio che siamo minderwertige Rasse (razza inferiore sub umana)
mentre loro si credono überlegene Rasse (razza superiore destinata a dominare il mondo).

Vergognoso è inoltre il fatto che in Germania una Banca Pubblica (secondo loro e la nuova commissione neanche ancora in carica dice di essere concorde)
può essere salvata con soldi pubblici, senza violare le norme europee, MENTRE LE NOSTRE BANCHE IN CRISI (Etruria e c.)
CHE ERANO PRIVATE E CHE SAREBBERO STATE SALVATE CON SOLDI PRIVATI (del fondo interbancario) CI E’ STATO NEGANTO DICENDO CHE ERANO “AIUTI DI STATO”.

I danni enormi per risparmiatori e per la fiducia nella tutela del risparmio (PUNTO CHIAVE CHE REGGE L’INTERO SISTEMA) li abbiamo già visti e subiti e replicati con le banche venete.

La Commissione U.E. è una diretta emanazione dei potentati USUROCRATICI tedeschi e francesi
che con sistemi Usurocratici vogliono ridurre tutto il Sud Europa a una colonia totalmente sottomessa.

E la cosa gravissima è che la nuova Commissione Europea ha avuto il via libera (almeno iniziale perché ora non riescono a nominare gli ultimi commissari europei,
volano coltelli fra i paesi europei e sarebbe un grande successo che si dovesse cercare un nuovo Presidente di Commissione Europea e nuovi Commissari)
col l’elezione a Presidente della Commissione di una pupilla della Merkel , con i voti determinanti del movimento 5 stelle
(chiamarlo ancora movimento è un offesa all’intelligenza, è una creatura maligna creata ad arte proprio da quei potentati che fingeva di combattere, sveglia Paragone!)
che ha quindi dimostrato di essere totalmente asservito ai potentati usurocratici di Aquisgrana (franco-tedeschi)!

La riforma bancaria non deve passare perché è solo l’ennesima trappola per spolparci, in questo caso del risparmio italiano, per ripianare le mostruose perdite tedesche in derivati.

RICORDATE LA PARABOLA DELLA PAGLIUZZA EVIDENZIATA, MENTRE VIENE NASCOSTA LA TRAVE?
 
La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) che dovrebbe vedere la luce nel prossimo mese di dicembre,
rappresenta per il nostro Paese una ulteriore perdita della sovranità economica e finanziaria essendo da collocare
nell’ambito del deprecato disegno ordoliberista di graduale e progressiva erosione degli istituti di democrazia
rappresentativa degli Stati nazionali a favore di entità sovranazionali prive di legittimazione popolare.

Non può essere revocato in dubbio che le misure di governance dell’eurozona finalizzate a mantenere sane le finanze pubbliche
con il progressivo rientro del debito pubblico, l’aumento del prelievo fiscale, la contrazione della spesa pubblica,
l’introduzione di sistemi di controllo sulle politiche di bilancio nazionali, hanno determinato una progressiva devoluzione dei poteri
a favore della Commissione UE unitamente al ridimensionamento generalizzato dei livelli di welfare previsti dagli ordinamenti costituzionali.

In tale contesto, l’esigenza di mobilitare risorse e fornire sostegno agli Stati dell’eurozona in difficoltà finanziaria,
ha portato all’istituzione di organismi atipici esterni al diritto primario della UE che includono istituzioni europee,
ne escludono altre e comprendono altre istituzioni che nulla hanno a che fare con la UE.

E’ il caso del MES, il cosiddetto fondo salva Stati, istituito nel 2012 come organizzazione intergovernativa sulla base di un accordo
stipulato da alcuni Stati UE intervenuti come soggetti di diritto internazionale al di fuori del diritto dell’Unione Europea
così come avvenuto per il Fiscal Compact (e prima ancora con il Patto Europlus) che ha comportato
la perdita pressochè totale dell’autonomia in materia di politiche di bilancio da parte degli Stati aderenti.

Il MES, come ben si sa, è un soggetto finanziario internazionale con sede in Lussemburgo con una governance
formata dal Consiglio dei governatori di cui fanno parte i Ministri delle Finanze degli Stati membri;
dal consiglio di amministrazione composto da tecnici; da un direttore generale posto sotto il controllo decisionale del consiglio dei governatori.

Appare di meridiana evidenza che l’importanza del MES nella gestione delle crisi del debito sovrano, il suo status di creditore privilegiato,
il ruolo ad esso attribuito nel cosiddetto processo di integrazione economica europea collidono con la totale mancanza di legittimazione democratica
resa evidente dalla estromissione dal processo decisionale e da ogni funzione di controllo del Parlamento Europeo,
dall’inclusione in qualità di osservatore del FMI che nulla ha a che fare con la UE e, infine, dalla completa irresponsabilità dei gestori del MES.

La riforma alla quale, con molta probabilità, ha già prestato acritica adesione il Governo italiano attribuisce al MES i poteri sulla gestione delle crisi
che ha ora la Commissione Europea ed è sempre il MES e non la Commissione a valutare la solvibilità dello Stato
che chiede assistenza finanziaria concessa solo a condizione che il debito sia giudicato sostenibile,
non sia stata attivata la procedura di deficit eccessivo e che negli ultimi due anni siano state rispettate le previsioni del Fiscal Compact ovvero zero deficit,
rapporto debito/PIL inferiore al 60% ed un tasso di riduzione del debito in eccesso nella misura di 1/20 all’anno.


Appaiono evidenti le criticità per l’Italia che, non essendo in regola con i requisiti di deficit e di debito,
potrebbe subire una valutazione di non sostenibilità del debito pubblico con conseguente obbligo di ristrutturazione ex ante
del debito stesso e conseguente default di fatto ben prima di ottenere il finanziamento
e questo nonostante il considerevole impegno finanziario già assunto nell’ordine di 15 miliardi di euro versati e 125 miliardi di capitale autorizzato.

In altri termini, la ristrutturazione del debito che deve avvenire in vista del finanziamento equivale ad un bail in generalizzato a danno dei risparmiatori
che hanno dato fiducia allo Stato sottoscrivendo titoli del debito pubblico che potranno essere decurtati nel loro valore nominale così come avvenuto in Grecia nel recente passato.


E’estremamente grave che il Governo abbia prestato acquiescenza a clausole capestro per l’Italia
senza ravvisare l’esigenza di informare preventivamente le Camere dal momento che la riforma del MES
dovrà essere oggetto di ratifica da parte del Parlamento che ben potrebbe porre il veto considerata la natura di Trattato intergovernativo
e non di vincolo derivante dall’ordinamento comunitario immediatamente precettivo ai sensi del famigerato art. 117 della Costituzione.

A sommesso parere dello scrivente, l’istituzione di un Fondo Monetario Europeo (tale è in sostanza il MES)
potrebbe essere prodromica all’avocazione della potestà impositiva finalizzata all’inasprimento generalizzato del trattamento fiscale
dal momento che l’entità delle entrate erariali incide sull’obiettivo del saldo strutturale di bilancio e sulla riduzione del debito
e soprattutto per impedire che l’imposizione diretta possa essere utilizzata come strumento di politica sociale e di redistribuzione del reddito
in conformità con l’impostazione ordoliberista dell’intera architettura UE che vede come fumo negli occhi la vocazione sociale
di alcune Costituzioni contemporanee tra le quali quella italiana che tutelano il lavoro, il risparmio, la sicurezza sociale.

Non a caso la gestione della crisi del debito sovrano di alcuni Paesi periferici dell’area euro ha comportato la concessione di aiuti finanziari
(finiti nelle tasche di investitori professionali tedeschi e francesi) in cambio di riforme strutturali che hanno comportato liberalizzazioni,
tagli alla spesa pensionistica e sociale, alla sanità, all’istruzione, il ridimensionamento della Pubblica Amministrazione,
l’introduzione di meccanismi di flessibilità del mercato del lavoro e, sul versante delle entrate, privatizzazioni e cessione di infrastrutture strategiche.

E’ accaduto in passato e potrà accadere anche in futuro per l’Italia se la sciagurata riforma del MES non sarà bloccata dal Parlamento con un sussulto di dignità.
 
Questi poveri diavoli invece che attaccare la democrazia - DEMOCRAZIA - del paese
farebbero meglio a protestare contro l'ems.......ma cosa voleta che capiscano questi elementi,
il loro massimo problema è organizzare lo spritz serale.

Le democratiche sardine, i presunti cittadini modello osannati dalla sinistra
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Il dialogo virtuale avvenuto sul social network tra alcuni aderenti al movimento.

L'insegnante di un conservatorio di Napoli, il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella,
e un suo allievo hanno speso parole al vetriolo all'indirizzo di Salvini e dei leghisti.

“Qui ci vorrebbe una nuova piazzale Loreto. Tutti a sprangate nelle arcate gengivali andrebbero presi!” dice il ragazzo.

Rinfrancato subito dopo che rincara la dose. “Credimi, non ci sarà bisogno di sporcarsi le mani!”.

La ciliegina sulla torta porta la firma dell'allievo: “Io li prenderei a sprangate lo stesso!”.
 
Dovrebbero prestare più attenzione perchè così facendo stanno creando i presupposti per la guerra civile!

L'Italia non è solo la Lega e se succede, perderanno anche i loro tanto decantati privilegi.

Anche Ceausescu credeva di essere invincibile, perchè appoggiato dall'URSS e guardate la fine che ha fatto!
 
Anche questi hanno scoperto l'acqua calda.......i sindacalisti ? Buoni quelli.
Prima si mettevano in tasca l'aumento (per loro), poi iniziavi la trattativa.

La notizia è veramente clamorosa, ti potrebbe avere in futuro delle evoluzioni impensabili.

La General Motors ha formalmente accusato il gruppo Fiat Chrysler di aver corrotto i sindacalisti durante le trattative di rinnovo dei contratti degli ultimi anni.

Gli episodi corruttivi sarebbero avvenuti nel 2009, 2011, 2015, cioè durante l’amministrazione di Sergio Marchionne.

La denuncia è stata fatta dalla casa di Detroit perché in questo modo il concorrente italo-americano si sarebbe irregolarmente avvantaggiato sul mercato.

Non si tratterebbe di piccole cifre, ma di milioni di dollari pagati ai sindacalisti per poter ottenere grosse facilitazioni dal punto di vista degli orari di lavoro e del pagamento degli straordinari.

Il sindacato coinvolto è lo UAW, quello dei metalmeccanici americani, la cui sede fu perquisito dalla FBI
la scorsa estate nell’ambito di un’inchiesta sul corretto uso dei fondi associativi.

Secondo la GM la FCA avrebbe conseguito un vantaggio illecito ed ingiusto dalle proprie pratiche e la denuncia viene presentata
proprio quando la casa di Detroit è riuscita a concludere proprio contratto di lavoro dopo il più lungo sciopero della storia americana.

All’uscita della notizia le azioni FCA hanno subito un forte calo, viste le possibili implicazioni economiche della vicenda





La denuncia appare molto interessante perché apre lo sguardo su di un mondo molto opaco, cioè quello delle contrattazione sindacali.

Negli USA diverse inchieste hanno ormai accertato che diversi leader sindacali facevano la a vita coi fondi degli associati.

Ed in Italia?
 
Le smentite ufficiali non servono a niente, aggiungono solo silenzio a silenzio, nebbia a nebbia.

E' una follia, questa riforma, che garantisce perdite astronomiche ai risparmiatori ed agli investitori sui titoli di Stato, ed un guadagno certo e sicuro agli speculatori.

Mentre erano tutti distratti, il 7 novembre, a Bruxelles,
l'Eurogruppo ha concluso l'esame del pacchetto di riforme che sarà portato alla approvazione del Consiglio europeo del prossimo 5 dicembre.

Per l'Italia è pronta una bordata micidiale, con la riforma del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità.

E' nato come un Fondo Salvastati, finanziato da tutti gli aderenti al fine di concedere aiuti finanziari ai Membri in difficoltà.
Finora, le condizioni per la concessione degli aiuti sono state decise di volta in volta dalla Commissione europea, d'intesa con la BCE
.

La condizione preliminare che fu posta alla Grecia in difficoltà, quella di ristrutturare il suo debito pubblico,
facendo partecipare gli investitori privati al costo della operazione secondo il principio "PSP" (Private Sector Partecipation),
e che causò il panico sui mercati facendo guadagnare centinaia di miliardi agli speculatori, diviene la regola. Una follia.

Quella che allora fu una sorpresa piacevole per gli avvoltoi, ora diviene la certezza di fare affari d'oro.
Nella riforma del MES, si stabilisce infatti che gli aiuti finanziari potranno essere concessi solo se viene verificata la sostenibilità del debito pubblico.

Per l'Italia, è più che una trappola, è una vera e propria dichiarazione di guerra che spiana la strada alla speculazione.

Se, infatti, come è il caso dell'Italia, il rapporto debito/PIL è superiore al 60% ed il Paese che chiede aiuto non ha rispettato
la regola prevista dal Fiscal Compact di ridurre l'eccesso di debito rispetto a questo livello di 1/20 l'anno,
si deve procedere innanzitutto alla ristrutturazione del debito.

Gli avvoltoi non aspettano altro: scateneranno la crisi sul mercato vendendo, anche allo scoperto, titoli del debito pubblico,
abbattendo così il valore delle emissioni in circolazione ed aumentando correlativamente il loro rendimento sul mercato secondario.

Le nuove emissioni si dovranno allineare al nuovo rendimento corrente sul mercato, aumentando il costo di finanziamento per lo Stato.
La richiesta di aiuti, e quindi la necessità di ristrutturare il debito, diventano una certezza.

Nel frattempo, il processo di svalutazione dei titoli sul mercato si autoalimenta, perché sono i risparmiatori terrorizzati a svendere, e gli speculatori a comprare a prezzi irrisori.

I risparmiatori accusano subito perdite terrificanti: se hanno comprato i titoli a 100, al momento della emissione, si accontentano di molto meno.

Il prezzo sul mercato diminuisce giorno dopo giorno, prima scende a 90, poi ad 80, poi a 60, fino a 30. Esattamente come è successo già in Grecia.

Sono perdite immense per gli investitori: figuratevi le pressioni sulle banche e sulle assicurazioni italiane,
che hanno in portafoglio titoli di Stato italiani per centinaia di miliardi, e che devono portare le minusvalenze in bilancio secondo il principio mark-to-market.
Perderanno comunque, anche se non vendono allo sbaraglio, perché il meccanismo della ristrutturazione andrà comunque avanti.
E le loro perdite ricadranno sui detentori di azioni e di obbligazioni bancarie, e sui depositanti, questo è sicuro.


Gli speculatori comprano comunque, ben sapendo che siederanno al tavolo del negoziato per la ristrutturazione:
lo fisseranno al livello che conviene loro, guadagnando la differenza tra il nuovo valore del debito ed il prezzo a cui lo hanno comprato sul mercato.

Se lo Stato si trova a beneficiare di una riduzione del debito in circolazione, perché con la ristrutturazione il suo valore passa ad esempio da 100 ad 80,
e quindi il debito scende di 20, gli speculatori guadagneranno comunque, tutta la differenza che intercorre tra nuovo valore del debito
ed il prezzo a cui hanno acquistato i titoli sul mercato (da 79 in giù, fino a 30 ed ancor meno come successe in Grecia).

E' una vera e propria bomba, questa condizione, che farà guadagnare centinaia e centinaia di miliardi alla speculazione finanziaria, pronta a mettere nel mirino l'Italia.

La riforma che si prospetta per il MES va nel senso esattamente contrario a quello che era stato auspicato mesi fa da Paolo Savona, quando era Ministro agli Affari Europei.

Savona proponeva di usare il MES come istituzione finanziaria capace di emettere sul mercato obbligazioni di rating molto elevato,
safe asset che pagano dunque interessi estremamente bassi vista la solidità dell'emittente.
La raccolta sarebbe stata girata a Stati come l'Italia, che invece pagano un prezzo alto sulle proprie emissioni,
sulla base di chiare garanzie per il rimborso di queste somme: in questo modo, l'Italia avrebbe ridotto il peso degli interessi sul debito pubblico,
azzerando il deficit che, da anni, deriva solo ed esclusivamente, dall'elevato tasso di interesse che paghiamo sulle emissioni.

Invece di abbattere il deficit pubblico e quindi la tendenza del debito pubblico italiano a crescere solo per via dell'elevato onere per interessi, come auspicava Savona,
si abbatte il valore dei risparmi e degli investimento in titoli del debito sottoscritti da privati, banche, assicurazioni e fondi previdenziali italiani che detengono oltre il 70% delle emissioni.


Mai e poi mai, si deve offrire alla speculazione la certezza che il debito sarà ristrutturato a suo favore dopo una crisi.

La regola vuole che intervengano le Banche centrali, acquistando senza limiti come "lender of last resort"
i titoli posti in vendita sul mercato secondario e sottoscrivendo le nuove emissioni.
E' la tanto vituperata monetizzazione del debito, che non fa crollare i corsi e non fa impennare i rendimenti:
la banca centrale stampa moneta e ritira titoli al valore di rimborso maturato.

Questo ultimo criterio, d'altra parte, è già stato adottato dalla BCE con il programma ONT, per battere la speculazione,
dopo gli episodi critici dell'estate del 2012: prevede acquisti sul mercato di titoli del debito pubblico, senza limiti quantitativi prefissati,
nel caso che il mercato richieda tassi di interesse non accessibili.

Affermare che con questa riforma il MES diviene finalmente il "lender of last resort" della Eurozona,
colmando una grave lacuna, è una sciocchezza sesquipedale: non solo il MES non ha i mezzi finanziari illimitati,
che invece sono a disposizione solo della BCE e che sono gli unici che mettono al tappeto la speculazione, ma spiana la strada agli avvoltoi.

Considerando approssimativamente un debito pubblico italiano di 2300 miliardi di euro ed un PIL attorno ai 1800 miliardi,
si arriva ad un rapporto debito/PIL del 130% (aritmeticamente, con questi dati, è il 127%).

Immaginando che, di fronte ad una richiesta di aiuti da parte dell'Italia attaccata dalla speculazione,
il livello di sostenibilità del debito sia posto tra l'80% ed il 90% del PIL, (semplificando, tra i 1400 ed i 1600 miliardi),
il debito oggi in essere deve essere rispettivamente abbattuto tra i 900 ed i 700 miliardi di euro.

A voler essere generosi, considerando come sostenibile un rapporto debito/PIL del 100%,
il debito dovrà essere comunque ridotto di 500 miliardi tond
i (che è la differenza tra i 2300 miliardi di debito attuale ed i 1800 miliardi del pil attuale).

Questa è la perdita minima che graverebbe sui risparmiatori e gli investitori.

Se ci aggiungiamo i guadagni per la speculazione, che compra dagli investitori che svendono per paura, la botta sarà superiore, anche di centinaia di miliardi.

Nessuno reggerà la botta.
 
A me piace essere chiaro. Alcuni articoli sono scritti proprio da giornalai ignoranti, che non hanno neppure la capacità di scopiazzare il vero.

Nella legge di Bilancio 2020 trova spazio anche la riforma della riscossione delle entrate degli Enti locali.

In particolare, la riforma potenzia le attività di riscossione relative agli atti degli enti emessi a partire dal 1° gennaio 2020,
prevedendo il ricorso all’istituto dell’accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già accade per le entrate erariali:
l’accertamento esecutivo consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo.
Viene, inoltre, disciplinata la dilazione del pagamento delle somme dovute: l'ente creditore o il soggetto affidatario, su richiesta del debitore,
concede la ripartizione del pagamento delle somme dovute fino ad un massimo di 72 rate mensili,
a condizione che il debitore versi in una situazione di temporanea e obiettiva difficoltà.


L’art. 96 della legge di Bilancio 2020 si occupa della riforma della riscossione delle entrate degli Enti locali
(province, città metropolitane, comuni, comunità montane, unioni di comuni e consorzi tra gli enti locali).

Le disposizioni della riforma possono essere suddivise in aree:

1) di valenza organizzativa/interna:
a) è previsto che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell’ente;
b) è disciplinato l’accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione;
c) è disciplinata la procedura di nomina dei funzionari responsabili della riscossione;
d) è istituita una sezione speciale nell’albo dei concessionari della riscossione, cui devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti
che svolgono le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate locali;
e) è prevista la gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche richiesti dal soggetto che ha emesso l'ingiunzione o l’atto esecutivo;

2) di valenza operativa/esterna:
a) viene previsto anche per gli enti locali l’istituto dell’accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali,
che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo;
b) è disciplinata la dilazione del pagamento delle somme dovute.

Accesso agli atti
Per quanto riguarda l’accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione si applicano le seguenti regole:

- ai fini della riscossione, anche coattiva, gli enti locali e i soggetti affidatari del servizio di riscossione locale
(ivi compresi i concessionari della riscossione della TARI) sono autorizzati ad accedere alle informazioni relative ai debitori presenti in Anagrafe Tributaria,
per il tramite dell’ente creditore affidante e sotto la responsabilità di quest’ultimo;

- l’ente locale è tenuto a consentire al soggetto affidatario l’utilizzo degli applicativi per l’accesso ai servizi di cooperazione informatica già forniti dall’Agenzia delle Entrate all’ente stesso,
nel rispetto delle prescrizioni normative e tecniche vigenti, e previa nomina del soggetto affidatario quale responsabile esterno del trattamento ai sensi della normativa sulla privacy;

- restano ferme, per i soggetti affidatari dei servizi di riscossione, le modalità di accesso telematico per la consultazione delle banche dati catastale e ipotecaria nonché del pubblico registro automobilistico.

Accertamento esecutivo
Per le entrate degli enti locali, tributarie e patrimoniali, con esclusione delle contravvenzioni stradali, è introdotto l’istituto dell’accertamento esecutivo,
in analogia a quanto disposto per le entrate erariali.

L’accertamento esecutivo è destinato a operare a partire dal 2020, con riferimento alle annualità non ancora prescritte.

L'avviso di accertamento relativo ai tributi degli enti locali, nonché agli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali,
emessi dagli enti medesimi e dai soggetti affidatari dei servizi di riscossione, nonché il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni
devono contenere anche l'intimazione ad adempiere entro il termine di presentazione del ricorso,
ovvero entro 60 giorni dalla notifica dell'atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali,
all'obbligo di pagamento degli importi ivi indicati, oppure, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, l
'indicazione dell'applicazione delle disposizioni generali in tema di esecuzione delle sanzioni tributarie.

Gli avvisi di accertamento devono recare espressamente l'indicazione che gli stessi costituiscono titolo esecutivo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari,
nonché l'indicazione del soggetto che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, procede alla riscossione delle somme richieste, anche ai fini dell'esecuzione forzata.

Per quanto riguarda la procedura di esecuzione forzata è chiarito che gli atti di accertamento esecutivo acquistano efficacia di titolo esecutivo
decorso il termine utile per la proposizione del ricorso, ovvero decorsi 60 giorni dalla notifica dell'atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali,
senza la preventiva notifica della cartella di pagamento e dell'ingiunzione fiscale.

Decorso il termine di 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata in carico al soggetto legittimato alla riscossione forzata.

Nel caso in cui il procedimento di esecuzione è affidato ad un soggetto legittimato alla riscossione forzata,
la riscossione è sospesa per un periodo di 180 giorni a decorrere dalla data dell’affidamento in carico degli atti in questione al soggetto legittimato.

Tuttavia, la sospensione non si applica alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore;
essa non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione.

Nell'ipotesi di fondato pericolo per il positivo esito della riscossione, decorsi 60 giorni dalla notifica degli atti di accertamento esecutivo,
la riscossione delle somme in essi indicate, nel loro ammontare integrale comprensivo di interessi e sanzioni,
può essere affidata in carico ai soggetti legittimati alla riscossione forzata, anche prima del termine di 60 giorni o l’eventuale termine per il ricorso.

In tale ultima ipotesi, ove il soggetto legittimato alla riscossione forzata, successivamente all’affidamento in carico,
venga a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione,
la sospensione automatica non opera e non deve essere inviata l’informativa sull’affidamento.

Gli enti e i soggetti affidatari dei servizi per la riscossione si avvalgono della disciplina generale per la riscossione coattiva delle entrate,
di cui al Titolo II del D.P.R. n. 602/1973, con l’esclusione di quanto previsto (art. 48-bis) in materia di pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

Ai fini dell’espropriazione forzata, l’esibizione dell’estratto dell’accertamento esecutivo trasmesso al soggetto legittimato alla riscossione tiene luogo,
a tutti gli effetti, dell’esibizione dell’atto stesso, in tutti i casi in cui il soggetto legittimato alla riscossione ne attesti la provenienza.

Decorso un anno dalla notifica degli atti esecutivi, l'espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell'avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.

L'atto di accertamento esecutivo locale non acquista efficacia di titolo esecutivo con importo minimo, pari a 10 euro.

Tale limite si intende riferito all’intero debito dovuto, anche derivante da più annualità e può comunque essere oggetto
di recupero mediante successivi atti che superano, cumulativamente, tale importo minimo.

È previsto l’obbligo di invio, da parte degli enti e dei soggetti affidatari, di un sollecito di pagamento, per il recupero di importi fino a 10.000 euro,
prima dell’attivazione di una procedura esecutiva e cautelare: con tale atto si avvisa il debitore che il termine indicato nell'atto è scaduto
e che, se non si provvede al pagamento di norma entro 30 giorni, sono attivate le procedure cautelari ed esecutive.

Dilazione del pagamento
Nell’ambito della riforma della riscossione degli enti locali, la legge di Bilancio 2020 prevede la dilazione del pagamento delle somme dovute.

L’ente concede la ripartizione del pagamento delle somme dovute fino a un massimo di 72 rate mensili,
a condizione che il debitore versi in una situazione di temporanea e obiettiva difficoltà e secondo il seguente schema:

fino a 100 euro nessuna rateizzazione

da 100,01 a 500 euro fino a 4 rate mensili

da 500,01 a 3.000 euro da 5 a 12 rate mensili

da 3.000,01 a 6.000 euro da 13 a 24 rate mensili

da 6.000,01 a 20.000 euro da 25 a 36 rate mensili

oltre 20.000 euro da 37 a 72 rate mensili

L’ente, con propria deliberazione può ulteriormente regolamentare condizioni e modalità di rateizzazione delle somme dovute,
fermo restando una durata massima di almeno 36 rate mensili per debiti di importi superiori a 6.000,01 euro.

In caso di comprovato peggioramento della situazione del debitore, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta,
per un ulteriore periodo e fino a un massimo di 72 rate mensili, o per il periodo massimo disposto dal regolamento dell'ente.

Si decade automaticamente dal beneficio della rateazione in caso di mancato pagamento di due rate consecutive
nel corso del periodo di rateazione e il debito non può più essere rateizzato; l'intero importo ancora dovuto è immediatamente riscuotibile in unica soluzione.

Le rate scadono nell'ultimo giorno di ciascun mese indicato nell'atto di accoglimento dell'istanza di dilazione.

È prevista l’applicazione degli interessi di mora su tutte le somme dovute, di qualunque natura (escluse sanzioni, interessi, spese di notifica e oneri di riscossione),
decorsi 30 giorni dall’esecutività dell’atto di accertamento esecutivo e fino alla data del pagamento;
tali interessi sono pari al tasso di interesse legale che può essere maggiorato di non oltre due punti percentuali con apposita deliberazione dell’ente.

Funzionari responsabili
I funzionari responsabili della riscossione degli enti e dei loro soggetti affidatari, nominati dai dirigenti dell’ente o dagli organi apicali dei concessionari,
esercitano le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, nonché quelle già attribuite al segretario comunale in ordine all’assistenza alle procedure di vendita all’incanto
e sono scelti tra i soggetti in possesso almeno di un diploma di istruzione secondaria superiore e che hanno superato un esame di idoneità,
previa frequenza di un apposito corso di preparazione e qualificazione.
Restano ferme le abilitazioni già conseguite in base alle vigenti diposizioni di legge. Il mantenimento dell’idoneità all’esercizio delle funzioni
è subordinato all’aggiornamento professionale biennale da effettuarsi tramite appositi corsi.

Albo dei concessionari e regole diverse
È affidato a un decreto di natura regolamentare il compito di istituire una sezione separata nell’albo dei soggetti privati abilitati
ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento e riscossione delle entrate locali.

Per l'iscrizione nell'albo dei privati abilitati all’accertamento e alla riscossione delle entrate locali, ovvero nella sezione separata degli esercenti attività collaterali,
è previsto l’obbligo di adempiere a specifici adempimenti patrimoniali, sotto forma di capitale interamente versato in denaro o tramite polizza assicurativa o fideiussione bancaria.

I soggetti iscritti all’albo e alla sezione speciale devono adeguare il proprio capitale sociale entro il 31 dicembre 2020.

Con uno o più decreti il MEF:
- stabilisce le linee guida sui controlli che gli enti devono porre in essere con riferimento al rispetto degli adempimenti richiesti al soggetto affidatario,
alla validità, congruenza e persistenza degli strumenti fideiussori esibiti in fase di aggiudicazione dal soggetto medesimo,
nonché alle condizioni di inadempimento che possono dar luogo alla rescissione anticipata dei rapporti contrattuali e all'avvio delle procedure di cancellazione dall'albo dei soggetti concessionari;
- indica gli obblighi di comunicazione e pubblicazione, da parte dell'ente, degli estremi dei contratti in materia di affidamento in concessione,
anche disgiunto, di servizi di accertamento e riscossione delle proprie entrate, nonché delle informazioni sintetiche relative all'oggetto
e alla remunerazione stabilita per ciascuna delle attività affidate, con particolare riguardo alle misure degli eventuali compensi stabiliti in percentuale delle entrate tributarie e patrimoniali;
- definisce i criteri relativi all'affidamento e alle modalità di svolgimento dei servizi di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti oggetto di concessione,
al fine di assicurarne la necessaria trasparenza e funzionalità, definire livelli imprescindibili di qualità,
anche con riferimento al rispetto dei diritti dei contribuenti, nonché linee guida in materia di misure dei compensi, tenuto anche conto delie effettive riscossioni.
 
Povera povera gretina

Con un’operazione in perfetto stile svedese, la polizia di Malmoe ha portato a termine un’ingloriosa operazione denominata “Fiocco di neve” (!)
che intendeva riunire in una ridente pizzeria i capi delle gangs criminali, le vittime delle violenze, i magistrati e gli stessi agenti,

ribadendo il concetto tanto caro ai pacifisti “mettiamo fiori nei loro cannoni“.

Scopo dell’iniziativa parrebbe essere stato quello di stemperare le tensioni tra le varie parti aprendo al dialogo con le frange criminali gestite per lo più da immigrati.

Ma la “pizzata” (e risparmiamo di definirla in termini più crudi…) non ha avuto l’esito sperato. Poche le adesioni e, ovviamente, nessun risultato pratico.

A fronte di un bilancio di circa 100 assalti con l’utilizzo di granate esplosive condotti nel solo 2019,
di un aumento vertiginoso dei crimini sessuali e la presenza di ben 61 aree a rischio di islamizzazione forzata,
la Svezia non si sveglia, quindi, dal suo torpore ormai decennale.

È dal 2015 che la Svezia assiste impotente a una drammatica escalation di attacchi con armi ed esplosivi improvvisati
che hanno preso di mira posteggi di autovetture, piccole e grandi imprese, interi quartieri e posti di polizia.

Nel 2018, la violenza delle bande ha provocato più di 300 sparatorie con 45 morti e 135 feriti, ma nonostante il panorama desolante,
le autorità non hanno adottato nessun cambio di strategia nell’approccio con la crescita esponenziale dei fenomeni legati all’immigrazione incontrollata ed alla criminalità ad essa connessa..

È innegabile che la politica delle porte aperte abbia fornito un riscontro devastante per il Paese,
così come la stessa strategia “soft” messa in campo dalle forze di polizia dimostratasi deleteria per la popolazione indigena.

Certo, ricordare, oltre all’immobilismo nazionale che sa tanto di dedizione al martirio, che un noto mobilificio scandinavo
ha addirittura abolito i simboli cristiani dai suoi cataloghi ribattezzando le festività natalizie come “festa dell’inverno”,
in effetti provoca un sentimento di rabbia e di ribellione, anche nelle menti più pacate.

Ed è per questo che, sulla scorta di quanto accade a Stoccolma e dintorni, abbiamo deciso di riproporre alcune immagini provenienti dalla Svezia,
corredate da didascalie liberamente tratte dal catalogo online del “noto mobilificio” che illustrano il panorama offerto negli ultimi anni da quella che fu la terra dei vichinghi.
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Non serve un analista politico per capire che l’Italia versa in una situazione disperata.

Ovviamente starete pensando che questa è una non notizia, se non proprio una notizia del menga,
perché d’altronde il nostro Paese è sempre stato dipinto sull’orlo del baratro ma poi non è morto mai.

Il solito piagnisteo “chiagne e fotte” dei soliti italiani, la solita sterile polemica condita del solito “benaltrismo”.
Ma c’è un di più costituito dal fatto che questa volta a mettere in crisi il nostro Paese sono fatti ben circoscrivibili,
concreti e non le solite considerazioni filosofiche.

Questo Governo non ha una cattiva politica industriale. Questo Governo una politica industriale non ce l’ha per niente e rischia di rimanere vittima degli eventi.

Prendiamo ad esempio il caso Ilva: il Governo fa finta di ascoltare tutti, ma nei fatti è così debole da non avere la forza di toccare palla e di prendere decisioni.
E così diventa lo spettatore ebete delle forze in campo che si stanno facendo la guerra: da una parte ci sono quelli che pretendono la chiusura dello stabilimento
(onde poi lagnarsi quando il siderurgico non verrà smantellato e la crisi occupazionale si farà sentire),
dall’altra c’è chi quello stabilimento lo vuole tenere aperto a tutti i costi, poi c’è la magistratura e infine c’è il Gruppo Mittal
che è arrivato in Italia a fare un po' come gli pare stante la debolezza della controparte politica.

Se ci fosse un potere esecutivo, esso dovrebbe fare sintesi tra le diverse esigenze pretendendo di non chiudere un asset fondamentale per la Nazione
assicurandosi (sul serio) che vengano impiegate le migliori tecnologie esistenti in tema di ambientalizzazione.

Invece c’è il vuoto, così come c’è il vuoto sul caso Alitalia, c’è il vuoto sul caso Whirlpool e su tutti i 158 tavoli di crisi aziendali aperti al Ministero del Lavoro.

Venezia è l’esempio plastico di un Paese che affonda morente per l’incuria incrostatasi negli anni senza che nessuno se ne sia mai preoccupato.

Questi sono fatti reali, esempi tangibili che giacciono lì a certificare che l’Italia è immobile mentre pian piano si disgrega il suo tessuto produttivo,
il suo tessuto sociale, la sua arte, la sua cultura, la sua credibilità, la sua storia.

A questo bisogna aggiungere l’ennesima delusione di un popolo che ancora una volta aveva creduto nella rivoluzione portata avanti dai Cinque Stelle
e invece si è trovato di fronte a degli incompetenti scappati di casa che – per giunta – si comportano come gli altri (vedi il caso di Elisabetta Trenta e della casa del Ministero).

La gente è delusa ed esasperata dall’ennesimo spettacolo indegno.
Va da sé che un esecutivo sorretto da una maggioranza invisa ai più sia debole per definizione e quindi incapace di muoversi.

Ma l’instabilità politica si arguisce anche dalla litigiosità in seno alla compagine che sostiene il Governo.

Basti pensare che sulla manovra economica la maggioranza ha presentato duemila emendamenti contro se stessa come se si giocasse allo sfascio.

Un provvedimento rabberciato, scritto contro le imprese e per giunta rinnegato da tutti come se fosse figlio di nessuno.

Di fronte a questa crisi (politica, economica e istituzionale) ognuno mette in campo le ricette che ha o quantomeno quelle che appaiono più appealing per l’elettorato.

A Nicola Zingaretti deve essere sembrata una gran figata rispondere alle difficoltà del Paese invocando subito un provvedimento per mettere in pista lo Ius soli. Un genio.

Questi devono aver avuto una malattia grave da piccoli perché altrimenti non si capisce come facciano ad essere così indisponenti, fuori contesto ed irritanti.

Questi sbagliano una mossa dietro l’altra.

Come ad esempio quella di non staccare la spina al Governo permettendo così a Matteo Renzi di organizzare il suo nuovo partito
drenando gli ultimi voti al Partito Democratico così come ha fatto Emmanuel Macron con i Socialisti in Francia.

Dal canto suo, Renzi, nel suo delirio megalomane, già ha dimenticato di aver affermato, all’atto dell’insediamento del Conte bis,
che esso nasceva per salvare l’Italia dal baratro, sterilizzare le clausole di salvaguardia e rilanciare l’economia.

Adesso invece dice chiaro e tondo che la maggioranza deve restare in sella per eleggere un Capo dello Stato amico e per evitare che vinca il centrodestra.

Chissà se gli italiani sono d’accordo sul fatto che costui usi per fini privati la cosa pubblica tenendo una maggioranza asserragliata nel palazzo
a grattarsi le pere nella speranza di rimontare nei sondaggi. E Sergio Mattarella cosa ne pensa?

Chiaro che poi, nel vuoto della politica, nascano movimenti spontanei come quello delle sardine in Emilia-Romagna
i quali – in mezzo a tanto odio verso il nemico e al netto del tentativo di disturbare la propaganda altrui – sono un grido di allarme alla volta di un sistema dei partiti che sembra in coma.

Come se tutto questo c’entrasse qualcosa con il Paese.
 
Il titolo poteva anche essere “Chi troppo in alto sal, spesso discende, precipitevolissimevolmente”
perchè le prestazioni di Artgo sono il classico esempio di come si posso gonfiare e far esplodere un qualsiasi asset, dalle azioni ai bond alle criptovalute.

Artgo Holdings è una società che, nonostante il nome raffinato, non è altro che una società mineraria un po’ più raffinata
specializzata nella realizzazione di un ciclo integrato dalla cava di marmo al prodotto marmoreo finito.

Nata nel 2011 dopo la sua quotazione alla borsa di Hong Kong ha avuto un successo incredibile, sia a crescere del 3800% nel 2019.

Una crescita impressionante ed autoalimentata dal fatto che il titolo più cresceva, più veniva incluso nei vari indici gobali della azioni.

La crescita aveva sorpreso gli operatori più esperti che avevano gridato alla bolla, notando che la crescita non era giustificata nè dal settore nè dalle prospettive di crescita,
anche considerando i problemi che stanno colpendo ora l’economia di Hong Kong

Due settimane fa la notizia della possibile inclusione della Artgo Holdings nell’indice globale MSCI ACWI aveva fatto esplodere ulteriormente il titolo, ma… tutto finisce.

Ieri MSCI ha annunciato che Artgo non sarebbe stata più inclusa, dopo aver ascoltato i pareri degli operatori sul mercato, dubbiosi sulla liquidità del titolo.

Questa notizia ha fatto precipitare a zero il titolo, con una perdita che nel brevissimo ha raggiunto il 97%, per poi ridursi ad un più modesto 94%.



MSCI aveva già fatto un pasticcio con la Ding Yi Feng Holdings Ltd, società cinese inclusa nell’indice che aveva avuto una crescita di valore del 8500% nonostante fosse in perdita.

Questa volta ha voluto essere più prudente sgonfiando un’evidente bolla.

Purtroppo i mercati orientali sono spesso come il casinò, ma questa volta la speculazione ha avuto una brutta sorpresa.
 

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