OGNI ERRORE, PRIMA DI ESSERLO, E' STATA UNA SCELTA. MAI SCORDARLO

Questa è una pericolosa deriva, che potrebbe portare ad esiti incerti ed imponderabili.

L’invito riportava un ordine ben preciso: vietato portare bandiere o simboli di partito e associazioni.
Le sardine di Modena cercavano di restare apartitiche, un movimento "nato dal basso".
Proprio come avevano provato a fare i colleghi bolognesi una settimana prima.
Spulciando nella vita dei leader modenesi dei pesci anti-Salvini,
però, emergono diversi legami, pure profondi, con la sinistra locale e il Pd emiliano.

I due promotori si chiamano. Lui, studente di Ingegneria, è marchigiano con genitori libanesi.
Lei, iscritta a Filosofia, è arrivata a un anno dalla Tunisia.

Entrambi di 21 anni, non sono due giovani a caso cui un giorno viene in mente di “reagire a questo modo di fare politica che alimenta la cattiveria delle persone”.
Nessuno dei due, infatti, nasconde sui social la propria appartenenza politica.

È noto il post di Samar con Salvini a testa in giù, di quelli che "dopo aver ucciso vengono marchiati come anarchici".

Ma c'è dell'altro. Il 3 maggio scorso la "sardina" condivide su Facebook un post de La Sinistra Emilia-Romagna:
lei è in posa sotto lo striscione "alzare i salari, non i muri".

Il messaggio è indirizzato - guarda caso - al leader del Carroccio, che in quei giorni si trovava a Modena in vista delle Comunali.

Lo stesso giorno anche l’Udu, sindacato di sinistra degli studenti universitari, pubblica sulla propria pagina uno scatto dalla stessa manifestazione anti-leghista.

Samar
è ancora lì, sorridente, al fianco della bandiera dell’Unione degli universitari.

È proprio l’Udu il vero legame (oltre all’amicizia) che unisce i due leader delle sardine modenesi.
Anche Jamal infatti milita nel sindacato studentesco, sotto le cui liste è stato pure eletto al consiglio di Dipartimento di Ingegneria.

"Sia a Bologna che a Modena tutti sanno che l’evento era organizzato dal Pd e dalle sue associazioni giovanili.
Giovani Democratici, UdU e Sinistra Universitaria hanno fatto decine di chiamate e inviato sms per invitare gente ad andare in piazza".

In effetti, due giorni fa l’Udu si è riunito appositamente per prepararsi al flash mob promosso da Zaoui e Hussein.

"Tutti gli organizzatori sono organici a questi movimenti".

Allora viene da chiedersi: è vero, come sostiene Salvini, che "se gratti il sardino trovi il piddino"?

Basta scorrere le pagina Facebook dei Giovani Democratici di Modena e provincia per capire che il partito di Zingaretti
si è mobilitando in massa per aumentare il numero di pesci in piazza Grande.
Quasi tutti i componenti della segreteria provinciale della costola giovanile del Pd ieri sfoggiavano foto del profilo Fb corredate da sardine.
Certo: Gd ha aderito al divieto di portare bandiere di partiti e associazioni, ma può l’assenza del simbolo de-politicizzare un corteo?

"La verità è che il Pd si vergogna a scendere in piazza con il simbolo di partito e sa bene che non ci andrebbe nessuno".

In effetti Jamal Hussein qualche contatto col Pd ce l’ha eccome.
In fondo a Modena il legame tra Udu e Gd è fortissimo, una collaborazione "che si protrae ormai da diversi anni".
Ad aprile del 2018, in vista delle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti degli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Gd scende in campo per conquistare l’Ateneo.
Gli allora segretari provinciale e cittadino, Alessandro Poggi e Salvatore Mirabelli, diramano un comunicato a sostegno dei “17 candidati” militanti del movimento giovanile del Pd.
È un "appello al voto" in favore dell’Udu e in cui si chiede agli elettori di dare la preferenza "ai nostri candidati Giovani Democratici".

Indovinate chi c’è tra loro? Proprio la "sardina-in-chief" Jamal, che sperava di conquistare un posto nel Consiglio di amministrazione con la spinta del Pd giovanile.

Ma non è l’unico indizio.

L’anno scorso Jamal va a Strasburgo per far visita al Parlamento Europeo.
Su Facebook pubblica foto entusiaste, scatti con le bandiere Ue e un ritratto in posa con Cecile Kyenge.
Ad accompagnarlo in gita ci sono, guarda caso, Matteo Manni (attuale segretario provinciale di Gd),
Matteo Cardinazzi
(consigliere comunale di Carpi in quota Pd)
e Raffaele Bruschi (membro della segreteria dei Giovani Democratici dell’Emilia Romagna).

Era il giugno del 2018. Poco più di un anno dopo, Hussein “s’inventa” il flash mob contro Salvini.

Quello che ha tutti gli ingredienti per essere una raduno di sardine in salsa dem.
 
Nelle prossime ore farà gli scatoloni e traslocherà dall'alloggio che le è stato assegnato quando aveva assunto la guida della Difesa. http://www.ilgiornale.it/news/polit...alloggio-roma-pago-540-euro-mese-1786423.html

Centottanta metri quadrati in pieno centro, a Roma, per la modica cifra di 540 euro al mese.
http://www.ilgiornale.it/news/polit...alloggio-roma-pago-540-euro-mese-1786423.html
Conducendo "una vita di relazioni", ha bisogno di "una casa grande".

Nella notte, poi, il repentino cambio di idea e la comunicazione a 24 Mattino su Radio 24 dell'istanza di rinuncia.
Il marito la avrebbe già presentata, "pur essendo tutto regolare", per "salvaguardare la famiglia".

Ovviamente non se ne andranno subito.

"Lasceremo l'appartamento nel tempo che ci sarà dato per fare un trasloco e mettere a posto la mia vita da un'altra parte
sono una cittadina come gli altri, chiedo e pretendo rispetto".

Così, scaricata da tutti e sotto il fuoco incrociato di maggioranza e opposizione, la Trenta ha dovuto fare un passo indietro.

Lo ha fatto dopo quarantotto ore di polemiche e ultimatum che hanno dato l'ennesima riprova del doppiopesismo pentastellato.
 
Quarantanove virgola nove percento. Non è il 50% tondo tondo, ma poco ci manca: il centrodestra unito vola.

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E se al 49,9% delle indicazioni di voto messo insieme da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia
si sommasse anche l'1,1 di Cambiamo! di Giovanni Toti, ecco che l'intera coalizione toccherebbe il 51% dei consensi.

Ecco cosa racconta l’ultima rilevazione dell’istituto demoscopico Swg per il consueto "sondaggione" del lunedì durante la diretta del telegiornale di Enrico Mentana, su La7.
Il sondaggio fotografa quelli che sono i rapporti di forza tra i partiti politici nostrani
e al primo posto, incontrastata, troviamo la Lega di Matteo Salvini. Il Carroccio, pur lasciando sul terreno lo 0,5%, tocca il 34% dei voti, quasi doppiando il Partito Democratico.

Già, perché il Pd di Nicola Zingaretti – in calo dello 0,3% – raggiunte un poco soddisfacente 18,3%
che certo non può far contenta la compagine dem, insoddisfatta di essere data ormai al di sotto della soglia del venti percento.

Terza forza politica del Paese è il Movimento 5 Stelle, che si trova però ormai in una crisi irreversibile:
i pentastellati di Beppe Grillo e Luigi Di Maio guadagnano lo 0,4%, ma si attestano a un risicatissimo 16,2%.
Dato ancor più basso di quel deludente 17% raccolto dai pentastellati in occasione delle Europee del maggio 2019,
e la metà scarsa di quel 33% de M5s alle Politiche del 4 marzo 2018.

Alle spalle dei grillini, ecco Fratelli d'Italia, che sta vivendo un ottimo momento.
Il partito di Giorgia Meloni, infatti, si mantiene stabile e a pochissima distanza dal 10%: FdI, oggigiorno, vale il 9,5% dei consensi.

Dunque ecco Forza Italia: gli azzurri di Silvio Berlusconi guadagnano 0,2 punti percentuali e raggiungono il 6,4% dei fanta-voti.

Sesta forza politica dello scacchiere italiano la neonata Italia Viva: il partito di Matteo Renzi, però, delude,
visto che perde nell’arco dell’ultima settimana più di mezzo punto percentuale (0,6%) e crolla al 5%,
molto lontano da quella doppia cifra agognata dal suo leader e da tutti i renziani.

Infine, un ultimo dato relativo ai partiti minori: sono tutti in crescita.
Sinistra Italiana-Mdp, cresce dello 0,3% e arriva 3,3%.
Anche i Verdi salgono dello 0,4% e si portano al 2,3%,
così come +Europa di Emma Bonino, che prende 0,2 punti percentuali e si assesta all'1,7%.
 
Destino amaro. Paura. Paura. Paura.

Il leader di Italia Viva, dalle colonne del quotidiano di via Solferino, torna a dettare l'agenda all’esecutivo Conte,
sferzandolo anche sul cosiddetto "Sbloccantieri"; i renziani, infatti, da azionisti di minoranza di questa raffazzonata maggioranza giallorossa,
puntano a tramutare il progetto in un decreto legge. "La situazione italiana è seria: la crescita zero fa male alle aziende e fa crescere il rapporto debito/Pil.
Noi proponiamo di sbloccare i 120 miliardi di euro che sono fermi nei cassetti attraverso l’utilizzo di procedure straordinarie come abbiamo fatto a Milano con l’Expo.
Il modello Expo ha rilanciato Milano, il modello Expo può rilanciare l’Italia. Ma non c’è un secondo da perdere, serve uno shock.
Con noi il Pil cresceva, adesso invece è a zero…", l’affondo del fiorentino. Che, a seguire, rincara la dose:
"Per questo sogno di ottenere non la maggioranza ma l’unanimità sul testo che Italia Viva sta predisponendo per il progetto Italia Shock.
Perché tutti sono d’accordo a parole con l’esigenza di sbloccare i cantieri. Ora che finalmente qualcuno propone un decreto, nessuno può tirarsi indietro. I soldi ci sono, serve la volontà…".

Dunque, Renzi mostra i muscoli e ostenta ottimismo:
"Noi di Italia Viva siamo nati pronti e non ci fa paura nulla. Ma faremo di tutto per eleggere un presidente della Repubblica non sovranista. Questa è la nostra sfida. E Italia Viva la vincerà"

"Andare a votare oggi significa regalare a Salvini il Paese, il Quirinale, i pieni poteri".
 
Gli eurodeputati della Lega Marco Zanni, Francesca Donato, Valentino Grant e Antonio Maria Rinaldi hanno in data odierna
presentato una interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione riguardo ad aiuti di Stato per il salvataggio della banca tedesca NORD/LB. Di seguito il testo:

Secondo indiscrezioni dei principali giornali tedeschi e dell’agenzia Reuters, la Commissione Europea sarebbe prossima a dare il via libera
al piano di salvataggio da 3,6 miliardi di euro della Banca tedesca NORD/LB, non prefigurando nessuna violazione in materia di aiuti di stato.

Il piano prevede l’immissione di 1,7 miliardi di euro da parte dei due azionisti pubblici, il Lander della Bassa Sassonia e Sassonia Anhalt, più ulteriori 800 milioni di alleggerimento di requisiti patrimoniali.

A questo intervento pubblico si affiancherà il contributo da 1,1 miliardi dell’Associazione delle casse di risparmio tedesche (DSGV).

In una nota del 22 agosto 2019 la stessa NORD/LB ha dichiarato che l’operazione sul capitale prevista dal piano di salvataggio avverrà nel quarto trimestre del 2019 in seguito alla discussione con la CE.

Considerato quanto precede, si domanda alla Commissione:

– per quale motivo non si sia stata data precedenza alla soluzione privata nel febbraio 2019 con l’offerta dei fondi Cerberus e Centerbridge come prevedono le norme europee1;

– qualora confermasse l’approvazione del piano di salvataggio, come mai questo intervento non costituisca aiuto di Stato illegittimo;

– per quale motivo inoltre l’intervento del DSGV non sia considerato illegittimo come fu considerato illegittimo l’intervento del FITD (fondo interbancario tutela dei depositi) nel caso italiano TERCAS.
 
Ha scoperto l'acqua calda.

Ha suscitato molto scalpore tra il pubblico di Piazza Pulita – noto programma in onda su La7 tutti i giovedì sera –
la notizia che la bresaola, il più valtellinese dei prodotti, non è realizzata con carne italiana bensì con quella degli Zebù,
bovini allevati prevalentemente in Brasile.

Il focus del servizio del programma condotto da Corrado Formigli, andato in onda la scorsa settimana,
è stato incentrato sui luoghi di provenienza degli animali destinati al macello ma, a suscitare lo stupore del pubblico,
è stata proprio la notizia – nota da anni ai consumatori della provincia di Sondrio
che la carne utilizzata per realizzare il salume valtellinese proviene, per il 75%, da animali allevati e macellati in Brasile.

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La scelta dello Zebù, che a prima vista potrebbe sembrare strana, è stata giustificata dai produttori dal fatto che la sua carne,
molto magra, è l’ideale per produrre la bresaola e che la quasi totalità di bovini presenti sul territorio valtellinese è destinato all’industria casearia e non al macello.

Proprio per cercare di limitare l’utilizzo della carne brasiliana nel 2017 è stato firmato un accordo tra Filiera agricola italiana e Rigamonti Spa
– tra i maggiori produttori di bresaola – allo scopo di creare una struttura in grado di incrementare la produzione di bresaola prodotta con carne italiana.
 
Giornalai. Ecco la data : 06 luglio 2017
....ma Vi dico la verità. Non compro bresaola con questo marchio.

Prove di divorzio, fra la bresaola della Valtellina e lo zebù (Bos taurus indicus, con corna arcuate, gobba e grande giogaia).

Le pratiche saranno lunghe ma l’iter è stato avviato.

Fra la Filiera agricola italiana della Coldiretti e la Rigamonti spa, azienda leader del settore, è stato infatti firmato un accordo
che prevede l’uso di bovini italiani al posto degli zebù nati e cresciuti in Brasile e in altri Paesi dell’America del Sud.

Diventeranno bresaola, entro tre anni, trentamila capi italiani ma l’obiettivo è più ambizioso
.

"Per la bresaola tutta italiana – dice Alberto Marsetti, presidente della Coldiretti di Sondrio – vogliamo arrivare presto alla produzione di 500.000 bovini all’anno.

Si creerà lavoro e soprattutto verrà ricostruita la filiera della carne italiana, ormai quasi scomparsa".

Oggi è prodotta con carne di zebù brasiliano

Trattativa lunga e difficile, come era un tempo per i divorzi fra gli umani.
Tutto inizia nel gennaio 2008, quando l’Europa mette limiti pesanti alle importazioni di carne dal Brasile.
La notizia finisce sui giornali e gli italiani scoprono che la carne per la bresaola non viene fornita dai manzi della Valtellina
ma da quegli strani animali dalle corna arcuate."Senza lo zebù – dichiarò Emilio Rigamonti, allora titolare dell’azienda
e presidente del Consorzio per la tutela della bresaola della Valtellina – dovremmo chiudere le aziende.
Lo zebù ha una carne magra e va benissimo per la nostra produzione. I bovini italiani ed europei hanno una carne troppo grassa.
E poi, perché prendersela con lo zebù? È un bovino come gli altri, ha solo quel nome strano che ricorda Belzebù…".
Claudio Palladi, amministratore delegato di Rigamonti spa (nel 2009 acquistata dalla multinazionale brasiliana Jbs)
conferma: "Lo zebù è una razza bovina stupenda. È anche allevato bene: nelle fazende ogni capo ha a disposizione un ettaro di pascolo.
Con questo accordo siamo però felici di sostenere gli allevatori italiani e di aumentare la quota di produzione 100% italiana.
Ci siamo impegnati a comprare tutta la carne che verrà messa a disposizione dagli allevatori del territorio.
Certo, avremo bisogno di un bovino speciale: sui 18 mesi, un ‘giovane – adulto’, e anche tonico, abituato al movimento.
Insomma, un animale che non può venire da un allevamento intensivo".

Il manzo dovrà essere di altissima qualità, magro e con un ettaro a disposizione per ogni animale

I numeri raccontano che la strada sarà lunga. "In Valtellina nel 2016 sono state prodotte 18 mila tonnellate di bresaola, 12.700 delle quali sono Igp.
Rigamonti è leader, con 110 milioni di fatturato e il 31% del mercato.
Per produrre le 18 mila tonnellate serve il doppio di carne, perché nella lavorazione e nella stagionatura il peso si dimezza.
Tenendo conto che noi usiamo solo una parte dei quarti posteriori – la punta d’anca – per portare la bresaola sulle tavole degli italiani e non solo,
dobbiamo avere a disposizione circa 6 milioni di bovini. Questo per dire che lo zebù e l’altra carne straniera non scompariranno, almeno per molti anni, dalle nostre tavole.
E non è per una questione di prezzo. La bresaola viene venduta cara perché la materia prima che usiamo, italiana o di oltre confine, deve essere di primissima qualità".
Le bresaole che si preparavano nelle case o nelle macellerie della Valtellina sono solo un ricordo.
Come del resto, i salami, i prosciutti e tutto ciò che veniva preparato nelle case contadine.
"La bresaola della Valtellina è nata con l’industria negli anni ’80 e si è sviluppata subito con la carne estera.
Dove sono, in Italia, i territori dove un bovino può avere a disposizione un ettaro di pascolo?".


Negli ultimi 15 anni il consumo è cresciuto – caso unico nel mondo dei salumi – del 43%.
La bresaola è presente su otto tavole italiane su dieci.
Secondo un sondaggio Doxa del 2016, voluto dallo stesso Consorzio di tutela della bresaola della Valtellina Igp,
l’84% dei consumatori chiedono di “sapere da dove vengano i bovini utilizzati per produrre la bresaola” e vogliono che l’origine sia indicata in etichetta.

"Le bresaole Made in Italy al 100% - dice Alberto Marsetti della Coldiretti – avranno l’etichetta ‘Firmato dagli Agricoltori Italiani’.
Anche nell’allevamento da carne, siamo tornati in pista".
 
Lecco ha ricordato la battaglia tra francesi e russi che, tra il 25 e il 28 aprile 1799, ha interessato tutto il territorio,
dalla Chiusa Visconti fino a Ballabio, ma soprattutto la zona compresa tra il ponte Azzone Visconti, Villa Manzoni, e il borgo in riva al lago.

Cominciata la commemorazione con un momento di preghiera, i consoli della Repubblica Francese e della Federazione Russa hanno portato il loro saluto,
rallegrandosi che anche fatti poco noti, come lo scontro di Lecco, siano ricordati e che questi incontri internazionali possano essere un passo in avanti verso l’amicizia tra i popoli.
È intervenuta anche la dottoressa Kiseleff del consolato romeno di Milano, quale discendente diretta di un generale russo al tempo delle guerre napoleoniche.
 
La battaglia interessò gran parte del Nord d'Italia.
E terminò con la Battaglia della Trebbia (1799)

L'esercito austro-russo guidato da Suvorov venne diviso in tre colonne il 18 giugno:
la prima e la seconda, composte prevalentemente da truppe russe, erano guidate dal generale Rosenberg,
mentre la terza, composta perlopiù da austriaci, era comandata dal generale della cavalleria Melas.
Le forze austriache erano composte da 9851 fanti e 4586 cavalieri,
mentre i russi potevano contare su 16.219 fanti e 2000 cosacchi per un totale di 32.656 soldati esclusi i reparti di artiglieria.

L'esercito francese era composto da un'avanguardia guidata dal generale di brigata Salme e da cinque divisioni,
comandate rispettivamente dai generali Olivier, Rusca, Montrichard, Watrin e Dombrowski. Le restanti divisioni di fanteria erano guidate dal generale Victor.
A questi si aggiungevano i 526 uomini dell'artiglieria.
Le truppe a disposizione di MacDonald alla fine di maggio ammontavano quindi a 35.684 così suddivise:
Salme 2997, Olivier 5826, Rusca 5397, Montrichard 5773, Watrin 4880, Dombrowski 3555 e Victor 6750,
a queste cifre vanno tuttavia sottratte le perdite subite nella battaglia di Modena
 

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