non mi stupisco più
NEI GIARDINI DEL QUIRINALE STATO PADRONE E CORTIGIANI
di GILBERTO ONETO
Venerdì Napolitano ha invitato nei giardini della sua reggia del Quirinale duemila ospiti “che contano”, e cioè tutto il peggio d’Italia. C’erano i Vip della casta, politici, giornalisti di regime, guitti, manutengoli, nani e ballerine. Di tutto e di più, compreso quel peccato di gioventù della Lega che è Irene Pivetti. C’erano più inquisiti e “avvisati” di garanzia che a San Vittore, compreso qualche fiancheggiatore e amico di mafiosi: sarebbe stato più rappresentativo e meno ipocrita fare intervenire di persona dei “mammasantissima” fra i più noti. Questo succedeva il 1 giugno, un venerdì, giorno lavorativo per tutti tranne che per i musulmani e per questi distinti ospiti, che però non ne fanno una questione di religione: per loro è sempre festa.
E infatti, ieri, 2 giugno, che era di sabato, hanno fatto festa un’altra volta. E anche qui non c’entrano i precetti ebraici. Questa volta non si sono affollati come gabbiani affamati attorno ai tavoli delle tartine e del cartizze, ma si sono allineati compunti sul palco per assistere alla sfilata della “Nazione armata” ai Fori Imperiali.
Entrambe le occasioni sono state celebrate all’insegna della più dignitosa sobrietà: niente portantine, baldacchini o danzatrici seminude che sbucano da gigantesche torte al Palazzo, e niente Frecce Tricolori alla parata. Nessuna paura: ci saranno mille altre occasioni per inquinare e buttare via soldi in carburanti e fumogeni cromatici. Si sono suonati i tamburi e si è fatto un minuto di silenzio per i morti del terremoto: invece che restare estasiati per tanta sensibilità, i cittadini – terremotati e non – hanno però avuto la poco patriottica impressione di venire presi per il culo. Perché invece che fare sfilare i baldi guerrieri mediterranei non li hanno mandati a scavare nelle macerie e ad aiutare la gente? Perché tutta la bella comitiva di incravattati e ingallonati non è andata a lavorare per devolvere il guadagno in assistenza? Avrebbero fatto un’opera buona e conosciuto una esperienza di vita – il lavoro – con cui hanno solo labile dimestichezza o di cui hanno solo notizie di terza mano.
Qualcuno ha stimato per la sfilata una spesa di tre milioni di Euro. Ma nessuno ha calcolato il costo di tutte le presenze istituzionali. Dei duemila festaioli di venerdì, almeno una buona metà sono stipendiati pubblici, proprio come i tre o quattrocento che hanno assistito compunti al passaggio delle Quadrate Legioni: facciamo in tutto e per difetto circa 1.300 cicisbei che costano al contribuente ciascuno fra i 150 e i 200 mila Euro l’anno in stipendi, pensioni, gettoni e prebende. Una giornata di ognuno di loro “vale” almeno 500 Euro, così nei due giorni di festa se ne sono andati solo lì almeno 650mila Euro di “bella presenza”. Se poi andiamo a fare i conti delle mille cerimonie che si sono inventati in giro per la penisola, si arriva a una bella manciatina di milioni buttati in liturgie patriottiche. Non si parla di lucro cessante o di mancato lavoro (perché per le mansioni e occupazioni della quasi totalità degli interessati il termine “lavoro” è poco appropriato) ma solo di soldi buttati e basta.
Non è azzardato dire che in due giorni costoro siano costati 6.000 mensilità di pensioni al minimo, o almeno il doppio, se si considerano anche le spese vive della parata e del rinfresco.
Sarà anche un ragionamento demagogico, ma è tristemente reale. Ed è anche più drammatico in periodo di terremoti e disgrazie, di recessione economica, di disoccupazione in rapido aumento, di rapina fiscale, di suicidi fra i sudditi oppressi. È l’eterna Italia dello spreco, del furto e della fregatura. É il solito Stato padrone e romano che coccola i suoi regnanti, cortigiani, gerarchi, capataz e giullari, che si ritrovano nei giardini della reggia a gozzovigliare mentre fuori la gente fa fatica a campare ed è taglieggiata. Come a Versailles. Lo schifo di Versailles era finito sulle ghigliottine. Oggi viviamo tempi meno sanguinari: basta la secessione.
