Parliamo di libri

Se vuoi prova a ragionare su questo. Il FQ e soprattutto Travaglio hanno corso spesso rischi a scrivere certi articoli.
Se uno punta a farsi un bacino di lettori ci sono modi meno rischiosi rispetto a farsi tanti nemici tra i potenti.
Quindi penso ci creda veramente al lavoro che fa. Poi anche lui ha delle idee e forse tende a omettere le notizie che vanno contro quelle idee, come tutti i giornalisti credo.
Sta a noi lettori estrarre l'informazione buona e integrarla con altre provenienti da altre fonti per farci un quadro il piu' completo possibile della sitazione.
Ok ma se una fonte di informazione è - a mio avviso, per quel che mi risulta - particolarmente inutile se non dannosa, in quanto house organ del M5S, faccio prima a non leggerlo che a esaminare 100 articoli per trovarne 10 che siano equilibrati o unbiased, come dite voi a Parma.

Ho letto un libro di Berrino e ha certamente spunti interessanti. Poi ho visto che ne ha pubblicato un altro, e un altro ancora sempre sullo stesso tema.
E allora ho pensato: ma non che ci sta marciando sopra? Che novita' ci saranno a distanza di 1-2 anni da un libro all'altro?
L'alimentazione è una scienza, e ci sono periodicamente delle scoperte.
Tu comunque limitati a bere the verde tre volte al giorno, astieniti dai salumi, fai attività fisica (non solo pippe), prega o bestemmia con regolarità, e sei a posto senza lèggere ulteriori tomi Berriniani.
 
COME L’ARANCIO AMARO
(Milena Palmintieri - Bompiani)

Agrigento, 1960. Carlotta Cangialosi, direttrice dell'archivio notarile di Agrigento, trova un documento che la riguarda e che accende dubbi sulla sua nascita.
Si torna così a Sarraca, paesino inventato, negli anni 20, in cui la storia di Carlotta ha inizio.
La trama è avvincente, il linguaggio sontuoso, ricchissimo di dialettalismi, atmosfere, sole, profumi, fa calare chi legge a fondo nella storia e nell'essenza dei personaggi: la debole e sconfitta Nardina, il buon avvocato, la ruvida e selvaggia Sabedda, il mafioso Don Calogero, Stefano il meschino dal cuore crudele, l'intrigante Bastiana e molti altri.
“Come l’arancio amaro” è il romanzo d’esordio di Milena Palmintieri, scrittrice palermitana di nascita e trasferitasi poi sulla penisola, autrice non proprio giovanissima, che racconta, in modo chiaro, esauriente ed esaustivo, molto più di tanti saggi e trattati, attraverso una trama avvincente, e dolorosa, una storia di maternità per interposta persona, e insieme racconta minuziosamente quello che era l’isola da un punto di vista di usi e costumi, diremmo meglio di malcostumi, ai primi del secolo scorso, all’epoca dell’avvento in Italia del ventennio fascista. Una società gattopardesca, feudale e latifondista, arcaica e medievale, restia a cambiamenti e progressi di ogni tipo, arretrata e sfacciatamente basata soprattutto sul pregiudizio culturale che ai nobili, ai ricchi e ai possidenti tutto è dovuto e tutto è permesso, e ai poveri, naturalmente, tutto è negato. Per gli uni e per gli altri, quasi a ristabilire una certa equità di trattamento, è asserita per volontà di Dio e degli uomini la netta, naturale e inscalfibile superiorità dell'uomo rispetto alla donna.

Il tutto, ed è quanto amareggia di più, si presenterà tale e quale anche ben dopo l’immediato dopoguerra, malgrado i tempi, le aperture mentali e materiali, il progresso d'idee e conoscenza.
Anche se nemmeno al giorno d’oggi si scherza, direi, non è che le cose siano effettivamente mutate in toto. Tant’è che per una donna, oggi, è meglio che sia come l’albero dell’arancio amaro, con spine per difendersi e fiori per amare. Amare come solo una donna sa veramente amare. Gli uomini talora camminano ancora sotto il sole a picco, che non fa bene.

Bellissimo. Bellissimo.
Quasi un classico.
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"La grande sete"
(E. Cassano - Garzanti)

Siamo a Napoli, nel 1943, a vivere con Anna, la giovane protagonista e narratrice, quanto avviene durante la cacciata dei nazi-fascisti e l’arrivo degli americani.
Il romanzo prende il titolo e l’avvio (e gran parte del significato) dalla mancanza d’acqua che assetò la città contrapposta alla “miracolosa” disponibilità della stessa proprio nella modesta casa di Anna e della sua famiglia.
Si sviluppa poi con le vicende della famiglia, dei vicini, della città tutta e, ovviamente, della protagonista, immergendoci nel quotidiano di chi visse quel tempo di guerra affannandosi a sopravvivere e, nello stesso tempo, a cercare di “vivere”, di trovare e affermare se stessa e i valori in cui credere. È questa, in fondo, la “grande sete” di Anna.
Ben scritto, con una prosa scorrevole e, direi, semplice. Ricco di vicende, di relazioni e di tutti quei particolari che fanno respirare una “realtà”.

L’autrice, la giovane Erica Cassano, racconta di aver tratto ispirazione da antichi appunti della nonna (Anna, appunto) che poi ha opportunamente integrato e approfondito.
Con questo romanzo è al suo esordio narrativo.

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