Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.
sabato 19 agosto 2017
L'OVETTO DEL QE CONTRARIO AI TRATTATI NON SCALDA LA GERMANIA QUANTO LA GALLINA DELLA NUOVA GOVERNANCE L€UROPEA. [/paste:font]
1. Mi asterrò dal commentare l'ennesima "
eco della non guerra con l'Islam" per il semplice fatto che, in questo come in ogni altro argomento nell'agenda de L€uropa,
in questa estate apparentemente movimentata (anche se meno di quella precedente, come ben sanno ormai
i terremotati e gli
adoratori di Ventotene),
si intravede una forte stabilità.
L€uropa si trascina nei suoi riti abusati, che includono la trita litania delle frasi standard altisonanti, di circostanza, sul sangue per le strade (
frasi divenute ormai "patrimonio comune" di una certa vuota ipocrisia, di cui si devono accorgere persino gli €uro-cantori mainstream), l'invocazione di ulteriori riforme strutturali (
sempre per allineare il costo del lavoro PIGS all'andamento tedesco e mai viceversa), la presa d'atto del problema della dilagante povertà, assunto come un fenomeno casuale e inevitabile, un po' come le "migrazioni", da risolvere allargando la platea degli aventi diritto al reddito di inclusione "fino a 485 euro al mese" (ma solo nella migliore delle ipotesi), nonché la necessità di
ulteriori misure sul lato dell'offerta per abbattere il costo del lavoro.
2. In un crescendo che, a quanto è dato oggettivamente di constatare, non ha precedenti nella pur rimarchevole storia dei media italiani, si invoca il mantenimento di questa stabilità decantando la
ripresa e la crescita, sempre, ovviamente, con uno
sfacciato cherry picking dei dati (specialmente occupazionali, come sappiamo).
E si sacralizza, come non mai, la stabilità,
la continuità con ogni mezzo, anche il più (in apparenza) stravagante, attraverso questo inusitato sforzo mediatico-propagandistico, che risulta direttamente proporzionale alla
perdita di consenso (per di più, quella "ufficiale") che si vuol occultare in vista delle prossime elezioni (specialmente quelle politiche, passando per quelle siciliane).
3. In questo scenario (di stracca stabilità senza senso) rientra perfettamente pure la notizia della
rimessione alla Corte €uropea, da parte della corte costituzionale tedesca, della questione di legittimità, secondo i trattati, del quantitative easing intrapreso dalla BCE. Intrapreso ormai da oltre due anni e presumibilmente da portare fin oltre il terzo, e forse,
taperizzato e distillato, anche oltre il quarto, in coincidenza con lo scadere del mandato di Draghi che, però interverrà a €uroriforme presumibilmente già realizzate;
qui, pp. 5-8.
Ho visto vari commenti, talora tra l'allarmista e il millennarista, al riguardo.
Ma vorrei "rassicurare" un po' tutti:
da questa iniziativa non scaturirà nulla di effettivamente rilevante, salvo il subentrare di un'imprevista (a rigor di...illogica) nuova crisi finanziaria globale.
4. Anzitutto,
a favore della prosecuzione del QE giocano i tempi di decisione della Corte €uropea: lo abbiamo già visto nel caso della precedente rimessione, sempre ex Corte tedesca, della questione dell'OMT.
Tra il momento della
rimessione e quello della
effettiva decisione, sono passati all'incirca 16 mesi.
E, in quel precedente, peraltro, non era in gioco alcuna attuale azione operativa della banca centrale: l'OMT è rimasto e rimarrà sulla carta, specie dopo le condizioni imposte dalla linkata sentenza CGUE. Perciò, la sentenza della Corte €uropea non rischiava di mettere a repentaglio alcun programma effettivo di sopravvivenza dell'eurozona. Si poteva permettere, la CGUE, di decidere relativamente presto.
In questo caso, c'è da dubitare che la Corte si affretti (anche solo moderatamente) a decidere, ben potendo, diciamo alla soglia della scadenza di un paio d'anni da oggi, uscirsene persino con un'interpello alla Corte tedesca per sondarne il permanere dell'interesse alla decisione, appunto in concomitanza con un ben possibile avvenuto esaurimento del programma di acquisti della BCE. E questa tecnica di "interpello" può essere utilizzata
per qualsiasi lasso di tempo, anche inferiore, in cui, comunque, vada ad esaurirsi il QE stesso.
5. Ma al di là di questo aspetto tecnico-processuale (relativo alla c.d.
sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, e quindi alla prospettiva di un "non liquet" della CGUE),
neppure una decisione di merito a loro sfavorevole avrebbe effetto per i tedeschi: questi, infatti, come abbiamo visto nel caso OMT - e come risulta conforme alla dottrina "Lissabon", già preventivamente enunciata dalla Corte di Kalrsruhe (
qui pp.2-3)- possono sempre contare su un'autonoma dichiarazione di contrarietà alla LORO Costituzione del QE stesso e tirarsene fuori a livello di singolo Stato. E, se la Corte tedesca ha ripetuto lo schema di rimessione già seguito nel caso OMT, - non ho rinvenuto una versione tradotta dell'ordinanza- ciò potrebbe in teoria avvenire prima e a prescindere da qualsiasi decisione della CGUE.
Il tirarsi fuori dal QE uti singuli, tra l'altro, è esattamente l'obiettivo che Reuters, e il Financial Times, attribuiscono alla Germania in caso di sentenza L€uropea di accoglimento delle loro tesi: ma in ciò errano sul piano tecnico-processuale.
5.1. Se infatti la sentenza della Corte L€uropea ritenesse che il QE violasse un qualche divieto di aiuto economico-monetario agli Stati in difficoltà finanziaria dell'eurozona,
il programma dovrebbe essere interrotto per tutti, non solo per la Germania.
Non a caso, riporta sempre Reuters, uno dei principali promotori del ricorso alla corte costituzionale tedesca, "
il partito populista di destra AfD", lamenta che la presa di posizione della Corte di Karlsruhe sia
troppo timida e arrivi troppo tardi, non potendo, come abbiamo visto, sortire quegli effetti immediati che per buona parte della classe dirigente tedesca andavano ottenuti in vista delle elezioni.
I vari generi di "falchi" tedeschi, infatti, ammaniscono ai propri elettori che
dal QE deriverebbero oneri per i mitologici "contribuenti tedeschi"; in realtà i primi tedeschi colpiti sono i loro virtuosi risparmiatori, che si vedono attribuiti interessi negativi o comunque prossimi allo zero, proprio a seguito della sovradomanda di bund tedeschi (ormai praticamente, proprio per questo, difficilmente
eleggibili nel programma), bund che, invece, scarseggiano, dato l'andamento dei conti pubblici della Germania i quali, complice il gigantesco surplus estero (e come vuole l'interdipendenza dei saldi settoriali,) risultano in attivo negli ultimi tre anni, con un corrispondente calo del rapporto debito/PIL.
E sempre dimenticando, però, che gli stessi contribuenti tedeschi, nella fase della crisi del debito pubblico susseguitasi alla grande crisi finanziaria del 2008, hanno ottenuto, in forza dei meccanismi degli spread e dell'afflusso di capitali sui loro bund, un risparmiuccio di oltre 100 miliardi di interessi.
6. Insomma, la questione potrebbe essere complicata, specialmente se la CGUE dovesse (in remota ipotesi) velocemente scendere nel "merito": in particolare se stabilisse che il QE non viola tanto il divieto di acquisto
diretto di titoli pubblici, art.123 TFUE (fuori questione), quanto che violi
il divieto di accesso privilegiato, di uno Stato dell'eurozona, alle istituzioni finanziarie UE (art.124), ovvero il divieto di responsabilità dell'Unione, o di uno Stato, per il debito contratto da un altro Stato dell'eurozona, (art.125; v. qui, p.8).
E la complicazione consiste nel fatto che l'abbassamento dei rendimenti dei titoli di Stato (in tutta l'eurozona "investita" dal QE), - peraltro in termini esattamente inversi a quelli prospettati nel caso dell'OMT, in cui i rendimenti sarebbero calati solo per lo Stato "aiutato" in modo mirato dalla BCE (i tedeschi non sono mai contenti e vedono contribuenti danneggiati per tutto e per l'opposto di tutto)-,
costringe la Germania a non sapere come finanziare il proprio sistema previdenziale e a rifluire sull'investimento in titoli pubblici di altri paesi: ma anche questi rendimenti, proprio per via degli acquisti, tendono a deprimersi e, quindi, ci
sarebbe il rischio di dover aumentare la spesa pubblica (e appunto le tasse per i
contribuenti) per garantire almeno le pensioni pubbliche, o per integrare il reddito da pensione privata dei
previdenti risparmiatori tedeschi, rimasti con un mercato di investimento in cui gli
spread permangono ma non bastano a garantire i rendimenti attesi.
7. Ma i tedeschi sanno pure di aver già lanciato, con un'entusiastica adesione da parte delle forse politiche L€uropeiste italiane, quelle famose
riforme dei trattati che includono l'istituzionalizzazione della trojka a regime e il sistema di rating dei titoli pubblici detenuti dalle banche (
qui, p.10): sicché il problema di finanziamento del sistema previdenziale tedesco per mezzo degli interessi (riaumentati in termini reali) pagati con le tasche dei contribuenti degli altri paesi dell'eurozona, specialmente italiani, risulta in una prospettiva già ben avviata (
qui, pp.6-8).
L'effetto che deriverebbe da un'arresto del QE con una sentenza della Corte €uropea, dunque,
è minore e meno stabile di quello ottenibile con le riforme ormai in gestazione anche nella
versione più "informale" predicata da Schauble, v. qui p.15 (che infatti ha minimizzato il problema del QE e la portata della rimessione alla CGUE da parte della Corte costituzionale tedesca): cioè attraverso un accordo intergovernativo che, da subito, e senza attendere la lunga procedura di modifica dei trattati, consenta la
trasformazione dell'ESM in un fondo monetario L€uropeo, dedito in tempi brevi a imporre condizionalità e a far prestiti da cui i tedeschi ricaverebbero lucrosi rendimenti.
Com'è accaduto in Grecia, ma su scala enormemente amplificata.
8. Insomma, la rimessione alla CGUE della questione QE, appare una escogitazione in chiave elettorale e non molto di più: se la
Corte costituzionale tedesca avesse voluto immediatamente portare fuori la Germania dal QE, avrebbe potuto farlo pronunciandosi direttamente e senza alcuna rimessione,
rifacendosi alla dottrina Lissabon che consente il sindacato costituzionale di qualsiasi misura proveniente da L€uropa, e dichiarando costituzionalmente illegittimo il coinvolgimento tedesco, quantomeno sulla base del, più volte affermato,
controlimite omnibus del mancato coinvolgimento del parlamento tedesco nella decisione della BCE relativa al QE stesso (infarcendo il tutto di un qualche ulteriore richiamo alla protezione dei rendimenti dei propri risparmiatori...e contribuenti).
9. Ma avrebbe assunto una
posizione politicamente non conveniente: anzitutto per quanto riguarda le prospettive di un
ritorno degli spread (atteso e ben caldeggiato per un dopo QE che comunque arriverà) e dell'afflusso di acquisti nel
rifugio dei bund tedeschi (anche a rendimenti negativi, come si sa), e quindi nella prospettiva di un vantaggio competitivo non trascurabile rispetto ai partners L€uropei, costretti a un'austerità distruttiva e disperata che li porrà in condizione di non nuocere come concorrenti industriali.
Ma la mossa del "tirarsi fuori" ex abrupto, sarebbe sconveniente anche
in vista di un'istituzionalizzazione del sistema trojka (formalizzato o meno che sia all'interno dei trattati): comunque, la Germania può incassare un quadro di vantaggi molto più ampio del mero "abbattimento" del QE per via giurisdizionale.
Perchè inimicarsi le opinioni pubbliche (mediatiche) degli altri paesi dell'eurozona, sempre cedevoli e ben disposte di fronte a qualsiasi "riforma" etichettata come "più €uropa", quando può abilmente
estendere a tutti i partners le condizionalità e la percezione degli interessi sui prestiti di "salvataggio" che ad esse si legano?
10. Perché poi compromettere, sollevando sul QE una questione "di principio" ormai di retroguardia e quasi superata dagli eventi,
l'inclusione nel sistema di rating dei titoli pubblici dell'eurozona, - ottenuto sia come naturale corollario "condizionale" degli interventi di tale fondo monetario €uropeo, ovvero direttamente istituzionalizzato nella nuova governance dei trattati (le due cose non si escludono: sono semplicemente realizzabili in tempi diversi e successivi)- ,
e quindi l'ampia possibilità di lucrare sui rendimenti dei titoli pubblici altrui all'interno dell'eurozona?
Tutte queste escogitazioni di "pace & fratellanza L€uropea" sono ormai in rampa di lancio.
E con l'aiuto decisivo dei nostri L€uropeisti faranno persino passare tutto questo come "solidarietà".
L€uropea naturalmente...
Pubblicato da
Quarantotto a
16:16