Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Trascina per riposizionare
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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
8 h ·
QUANDO IL POPOLO NON VOTA COME VUOLE IL POTERE SI SENTONO STRILLARE SEMPRE LE STESSE PAROLE: POPULISMO! DEMAGOGIA! "VOTO DI PANCIA"! "HANNO VOTATO SOLO GLI IGNORANTI"!
E QUELLO È UN FASCISTA, RAZZISTA E XENOFOBO!

Quando sentite questa tiritera, forse qualcosa sta andando bene


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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
Ieri alle 11:48 ·
E il muro di silenzio si sgretola, anche grazie a uomini come questo. Condividete gente, condividete queste parole in modo virale !

https://m.youtube.com/watch?v=h7hLZ2V9gig


Sgarbi su UE e stati sovrani
Sgarbi: "L'Europa è una menzogna e una truffa, perché gli stati sovrani sono la realtà sola che dà un senso alla democrazia. I due stati sovrani che danno se...
m.youtube.com


"}'>Mi piaceCommentaCondividi
 
posted by Maurizio Gustinicchi
PAROLE, PAROLE, PAROLE! MINA? na volta era Mina a lamentarsi del fiume di parole che Alberto Lupo pronunciava sul loro rapporto senza però cambiare mai davvero:

“una parola ancora”

“Parole, parole, parole”

“ascoltami”

“Parole, parole, parole”

“ti prego”

“Parole, parole, parole”

“io ti giuro”

“Parole, parole, parole”

“ecco il mio destino, parlarti come la prima volta”



E parla allora, suvvia. Cosa vuoi comunicarci?

Come dici? Aspetta che prendo appunti!

Dunque, vediamo:

  1. IL PIL DA NEGATIVO SOTTO MONTI (-2,5%) E LETTA (-1,9%) SOTTO ME E’ POSITIVO, +1,6%
  2. IL DEFICIT L’HO RIDOTTO DI UNO 0,4%
  3. IL DEBITO PUBBLICO E’ DIMINUITO DI UN 43 MILIARDI IN AGOSTO E SETTEMBRE 2016
  4. I CONSUMI DELLE FAMIGLIE SONO AUMENTATI DEL 3% DAL 2014 AD OGGI
  5. LA PRODUZIONE INDUSTRIALE E’ CRESCIUTA IN QUESTI 2 ANNI DEL 2,3%
  6. L’EXPORT IN QUESTI 2 ANNI E’ CRESCIUTO DEL 7,4% E LA BILANCIA COMMERCIALE E’ OGGI A +18,3 MILIARDI DI EURO
  7. GLI OCCUPATI SONO CRESCIUTI DI 656 MILA UNITA’ DI CUI IL 70% A TEMPO INDETERMINATO, EFFETTO DEL JOBS ACT
Una domanda caro , pensi che noi ci crediamo?



PIL

In 1000 giorni sei riuscito a far ripartire…..GLI ALTRI…..siamo penultimi….penultimi nella UE a 28….:


Solo la Lettonia ha fatto peggio di noi!

Ci sarà un perché no?

In aggiunta a ciò, lo sbandierato miglioramento del 2016 nasce dalla rivisitazione della crescita 2015 ridotta per spalmarla su questo anno:





PRODUZIONE INDUSTRIALE E CONSUMI

Come per il PIL, gli effetti positivi derivano dall’assorbimento del sistema delle operazioni di FISCAL RETRENCHMENT di Monti le quali, in Lettonia venne sperimentato, dopo 3 anni dalla loro applicazione vengono interiorizzate dai consumatori che riprendono a spendere normalmente:



L’articolo dove questi temi sono illustrati adeguatamente è questo:







EXPORT E BILANCIA COMMERCIALE

In realtà il miglioramento di export e bilancia commerciale è l’unico brillante risultato di Mario Monti, che è riuscito grazie alla moria di milioni di PMI, ha mettere l’EXTERNAL COMPACT che impedisce l’indebitamento in valuta estera:







LAVORO E IMPIEGO

Ti rimane solo il miglioramento in questo campo ma poiché il JOBS ACT è stato attuato tramite DEFISCALIZZAZIONE DEL LAVORO, ciò significa che tramite questa manovra sei riuscito solamente a far rientrare in fabbrica i lavori in modo neoclassico: ABBASSANDONE IL COSTO ORA UNITARIO:



Il libero mercato fissa il prezzo del lavoro considerato come fosse ferro o farina!

BELLA CONQUISTA!





DEFICIT E DEBITO PUBBLICO

La riduzione del deficit significa continuare nel perseguimento di quel pareggio di bilancio che è frutto della durezza del vivere!

In pratica, per parafrasare Borghi quando critica Calenda, TI FAI BELLO CON GLI EUROCRATI SACRIFICANDO LE VITE DEL POPOLO CHE DOVRESTI PROTEGGERE!

Leggi il tuo caro Calenda come si comporta con i nostri fratelli inglesi, è disposto a sacrificare le vendite del nostro spumante pur di fare pressioni su Boris Johnson:





“L’italia perderà la vendita del prosecco ma voi perderete la vendita di fish and chips in 27 paesi”!



In pratica, per farsi bello agli occhi di JunckerDruncken, sta sacrificando il nostro export quando UK è il principale importatore di tutto dall’Europa!

Per quanto riguarda la riduzione del debito trattasi di riduzione della liquidita’ a disposizione del tesoro!

Ossia di una semplice ed ininfluente partita di giro:

“Il fabbisogno del mese (15,2 miliardi) è stato più che compensato dalla diminuzione (25,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro (risultate pari a 39,3 miliardi alla fine di settembre)…”

(Fonte: REPUBBLICA 15/11/2016)



Che dire? Solo una cosa?

CI LIBEREREMO DA QUESTE CATENE, DOPODICHE’ CI LIBEREREMO DA UNA CERTA CLASSE POLITICA!

Ad maiora.






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SUPERDOLLAR: JANET'S (ACCIDENTALLY?) SELF-FULFILLING PROPHECIES. MA SI STA "RISCALDANDO" VERAMENTE? [/paste:font]


US economic malaise extends into March as new work inflows hit post-recession low





US non-farm payrolls
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Se volete, prima date un'occhiata a questi grafici e poi capirete ancor meglio il post: capirete, poi, molto meglio, la differenza tra un banchiere centrale e un policy-maker...non posto "al riparo dal processo elettorale" (come dovrebbero essere, secondo Barroso, i governanti "ideali" dell'€uropa)

1. Sicuramente è colpa mia che scrivo post troppo lunghi, nell'illusione di dare il massimo delle informazioni (sintetiche) sul maggior numero possibile di variabili.
L'ipotesi formulata nell'ultimo post (appunto troppo lungo...), non è stata compresa da alcuni commentatori, che mi riportano le fonti degli ital-giornaloni e dei big-media come se fossero delle "prove", cioè delle rappresentazioni DIRETTE dei fatti, e non invece, - come cerco di spiegare da tanto tempo- delle mere valutazioni CONTINGENTI, a fini orientativi E PRECOSTITUITI, di controllo dell'opinione pubblica.
La mia ipotesi è che, nel breve-medio periodo, misurabile quindi in anni, seppure relativamente pochi, ai fini delle politiche di Trump, cioè di rilancio dell'economia industriale USA, di correzione dei conti con l'estero e di creazione di occupazione "buona" - quella non considerata nelle statistiche U3 su cui pubblicamente si fonda la Fed e...l'ital-propaganda pro-Clinton-, UNA RIVALUTAZIONE DEL DOLLARO NON ABBIA SENSO.

2. A questo scenario di base, ho aggiunto una complementare "proiezione" delle possibili mosse geo-politiche preannunziate da Trump, nel suo insistere sull'autonomia del versante (militar-difensivo) €uropeo all'interno della Nato.
L'ipotesi complementare, nel senso di "coerente" con gli obiettivi di Trump suddetti, è che, se gli USA dessero il "via libera" all'eurodissoluzione, questa strategia sullo scenario €uropeo potrebbe riuscire molto meglio.
Cioè, con vantaggio per l'industria/occupazione USA e per i suoi conti pubblici; non dimenticando, infatti, l'enorme risparmio USA in spese militari che ne deriverebbe, portando alla liberazione di risorse pubbliche rimodulabili per altri scopi, (ove smettesse di costituire il presidio difensivo del vecchio continente). Inoltre, certe tecnologie, dai droni all'armamento nucleare, alle armi da scenario tattico più (supposedly) moderne, dovrebbero essere importate dagli €uropei che spenderebbero alimentando le esportazioni USA.
Ma anche con reciproca soddisfazione degli Stati dell'eurozona, non più costretti ad asfissiare i propri cittadini e i propri sistemi indistriali, solo per mantenere in vita la moneta unica.
3. L'eurodissoluzione, oltretutto, fruendo di un placet di Washington, diverrebbe pilotabile tramite accordi tra paesi dell'eurozona, disinnescando:
a) sia la sua attitudine generatrice di instabilità finanziaria mondiale, ove, (diversamente) l'eurobreak derivasse da iniziative di singoli paesi o da un crisi finale €uropea incontrollata (disorderly):
b) sia la bomba ad orologeria dell'Unione bancaria e del suo mucchio di follie, ordoliberiste e hayekiane, sul bail-in e il burden sharing, che rischiano di precipare prima l'€uropa, e con essa tutto il mondo, in insolvenze a catena (oltre che a un riflesso di distruzione industriale che nessuno vorrebbe).
Come segnalava solo pochi mesi fa proprio il FMI.
3.1. Rammento infatti che l'Unione bancaria si applica solo ai paesi euro e finché esista l'eurozona.
Come pure il fiscal compact; e ciò quand'anche se ne predicasse l'incorporazione nel trattato UE (nel TFUE; qui, pp.5-8).
Entrambi, sono e rimarrebbero applicabili solo all'eurozona, con il loro carico di distruzione del risparmio, delle insolvenze - e quindi delle basi imponibili- e con il loro concomitante vincolo al pareggio strutturale di bilancio ed alla deindustrializzazione che complessivamente ne consegue (gradita solo alla Germania che si libera dei concorrenti interni all'area valutaria).
Tutte condizioni che, in pratica, sono ostacoli insormontabili alla ricalibratura della spesa pubblica per la difesa: l'unica per cui, nota bene, persino la Commissione UE, ammette le'sistenza di un moltiplicatore ben >1: addirittura tra 2,2 e 2,4!!!
Una spesa pubblica, finalmente non "brutta", che sarebbe funzionale alla politica industriale occupazionale e di correzione dei conti con l'estero, propugnata da Trump.
4. Ma allora perchè in questi giorni, immediatamente successivi alle elezioni presidenziali, il dollaro raggiunge i suoi massimi storici?
Questa la caduta dell'euro - ovvero il rafforzamento del dollaro- proseguita negli ultimi 10 giorni (un record di durata, ci dice Zerohedege, v. poi):
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Il "perchè", detto in termini sintetici, ha tre ragioni:
a) una tecnica di (probabilmente "molto") breve periodo, cioè l'aspettativa scontata da tutti i mercati (alla disperata ricerca di rendimenti decenti, almeno in termini di sicurezza da perdite in conto capitale), dell'aumento del tasso di sconto da parte della Yellen;
b) un politica di tipo tattico: la Yellen, non a caso vista come "resistente e ferma al suo posto di combattimento" rispetto al nuovo corso trumpiano, non può non sapere quale ostacolo costituisca il suo ennesimo "allarme" - su un pericolo di eccessivo riscaldamento inflazionistico (!) dell'economia USA- per le politiche reflazioniste di public spending che Trump vuole intraprendere;
c) una terza, politica e anche economica, di tipo precauzionale-previsionale che ho già illustrato nelle risposte ai commenti del precedente post (che integro per completezza):
La Yellen può pure rialzare i tassi e rafforzare il dollaro: ma questo accelererà soltanto le probabilità di esplosione di una nuova bolla. E può darsi che, politicamente, sia proprio quello che vuole la sua "appartenenza".
Non tanto perché renda un "non senso" un nuovo afflusso di capitali in USA, che nessuno, nel quadro attuale, saprebbe bene dove investire (se non affidandosi all'insider trading di breve periodo), ma perché una politica monetaria deflazionista, ora, a mercato del lavoro invariato, accelererebbe soltanto l'accumulo di debiti sub-prime e il collocamento dei relativi titoli "junks" strutturati; e quindi l'esplosivo stockato nella Santa Barbara del Titanic.
Un rialzo dei tassi, se porta a deflazione aggiuntiva (o a un livello di inflazione "insano"), accelerando esplosioni di bolle e contrastando qualsiasi aspirazione reflazionista e di incremento occupazionale voluti da Trump (se ancora li vorrà), ha però anche il grande vantaggio di lasciare alla Yellen, in caso di scoppio della bolla, un MARGINE SUL TAGLIO DEI TASSI, CHE ORA NON HA PIU'.

E CHE POI POTREBBE CONSENTIRLE DI PRESENTARSI COME LA SALVATRICE DELLA PATRIA, IN CONTRAPPOSIZIONE A UN TRUMP "INETTO" NEL GESTIRE LA CRISI FINANZIARIA PROSSIMA VENTURA...
5. E, aggiungiamo, il paradosso sarebbe che la Yellen si comporterebbe da perfetto banchiere centrale indipendente: cioè inibirebbe preventivamente il deficit spending comunque implementato da Trump, facendone salire il costo fiscale.
Un capolavoro se volete: farebbe, proprio in prossimità dello scoppio di una crisi finanziaria, una politica pro-ciclica (dunque molto "neo-classica"), rafforzando uno dei presupposti di una mancata ripresa dell'economia reale; e, al momento cruciale, si potrebbe proporre come unica "seria e credibile" soluzione della crisi finanziaria che avrebbe lei stessa accelerato.
6. Il commento di Flavio, conforta questa possibile interpretazione, sul piano di logiche incalzanti relative al profilo monetario-finanziario:
"Concordo perchè coi livelli di debito attuali, un rialzo dei tassi non farebbe altro che far esplodere la bolla. Alcuni giorni fa Zerohedge pubblicava questo interessante articolo sulle foreclosures (in USA), mentre se diamo un occhio alla Cina con il suo debito corporate ci ritroviamo a livelli abnormi.
I due "giganti" mondiali hanno i piedi d'argilla. Non so quanto sia salutare per la Yellen alzare i tassi... Il rialzo dei tassi d'interesse introdotto dal 2004, effettuato in vista della ripresa in corso dell'economia statunitense, portò via via allo scoppio della bolla sub-prime...
Non so se Trump abbia vinto solo per suoi meriti o anche perchè possa servire da "utile idiota" (ndr; per essere il caprio espiatorio di una crisi finanziaria che i democratici hanno, in un modo o nell'altro, evitato di doversi intestare).
Ma se la Yellen dice che "non vuole la riforma di Wall Street" e che "a breve ci sarà un rialzo dei tassi" in uno scenario di debito elevato, sottoccupazione mascherata da piena occupazione, commercio mondiale fermo, parte di conto corrente nazionale in affondo, debiti privati esteri (quasi) fuori controllo, o ci troviamo di fronte al precipizio, per cui Trump è davvero l'utile idiota a cui addossare le colpe del prossimo scoppio bolla, oppure la Yellen dice quello che in realtà NON vuole: quindi si andrà avanti con la riforma di Wall Street, cercando nel frattempo di contenere il debito in qualche modo lasciando i tassi come stanno, ma lasciando pure correre il corso del dollaro fino ad una sua stabilizzazione "di mercato" chiamiamola così...
Il dollaro è già sopravvalutato in questo momento visto l'abnorme disavanzo di parte corrente, non vedo come una sana politica monetaria possa insistere in questa strada, pena lo strozzare ulteriormente e definitivamente ogni qualsivoglia velleità di ripresa manifatturiera interna... scenario davvero complicato per me mente semplice... vedremo nelle prossime settimane...".
Ma Flavio non è affatto una "mente semplice", proprio perchè dice cose tecnicamente più che ragionevoli e obiettivamente contestabili.
7. La conferma ce l'abbiamo da uno degli ultimi post di Zerohedge, che si trova piuttosto in linea con quanto abbiamo affermato; e Zerohedge può piacere o non piacere, ma di certo non è a digiuno di conoscenze dei mercati finanziari e neppure fatto da sempliciotti.
Il titolo è tutto un programma: "Euro In Historic Slide As Dollar Surge, Bond Rout Continues". La traduzione è intuitiva, una volta che si sappia che "Rout" sta per "disfatta".
E questo articolo si impernia molto sulle oggettive intenzioni attribuibili alla Yellen.
La Yellen, registra Zerohedge, rafforza il segnale che il rialzo dei tassi sia imminente, anche per evitare, con la "gradualità", un rialzo ulteriormente posposto, ma troppo alto e repentino, in funzione di un riscaldamento dell'economia USA che vede...solo lei (v. grafici nelle immagini intrduttive del post); un riscaldamento che non potrebbe, oggettivamente, avere nulla a che fare col mero afflusso di capitali verso il dollaro in "surge".
Ed infatti, la Yellen, più che giustificare in base ai soliti dati macroeconomici questa immaginata ripresa inflazionistica, visto che investimenti non residential (e non meramente finanziari), occupazione industriale e risalita dell'inflazione, non giustificano tale valutazione. anzi, risultano negativi tra il 2015 (Q4) e il 2016 (Q1). E non sono mai andati "forte" nel post crisi del 2007:
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8. Ma così, la Yellen pare rivelare il suo vero scopo, facendo sorgere la domanda se si sarebbe comportata allo stesso modo anche in caso di vittoria della Clinton. Infatti, prosegue Zerohedge:
"(La Yellen) ammonisce il Congresso contro il fornire all'economia un'eccessiva spinta fiscale e suggerisce che, piuttosto, dovrebbe tarare gli obiettivi dello stimolo (in deficit) verso la produttività di lungo periodo dell'economia"
Ci facesse capire: quali sarebbero i requisiti e i contenuti di politica fiscale che aumenterebbero la produttività di lungo periodo?
Secondo la teoria monetarista e neo-classica (pp.3-4), questi "indirizzi" sono, lo ricordiamo, la stabilità dei prezzi, accompagnata da una politica monetaria "credibile"; cioè idonea a prevenire ogni aspettativa di inflazione crescente, che spiazzerebbe gli investitori, scoraggiati da prospettive di ricavi crescenti solo in termini nominali, e perciò, ammettendosi esclusivamente limitate politiche pubbliche sul lato dell'offerta, tipo investimenti in innovazione e ricerca e sgravi fiscali alle imprese.
Il tutto sul presupposto, condiviso dai neo-keynesiani (come, in teoria la Yellen), di un mercato del lavoro perfettamente flessibile.
E davvero la Yellen crede, dopo anni di semistagnazione USA, connesse a queste complessive politiche, rigorosamente seguite finora (e a cui lei pareva essersi tiepidamente opposta, come "novità" della sua ascesa ala Fed), la medicina sia proprio...l'aumento dell'inoculazione di dosi dello stesso veleno?
9. Una cosa sorprendente.
Invero, se si pensa che la Yellen ad agosto gridava al successo sul quasi (molto "quasi") raggiungimento del target del 2% di inflazione, solo perché si sono potuti registrare dall'estate del 2016, dei picchi inflattivi (relativamente) "record", ma da prendere con le pinze, essendo legati agli stimoli, appunto, fiscali "prelettorali", tarati per dare il massimo effetto nella fase più calda della campagna presidenziale.
Questi sarebbero i dati trionfali sull'inflazione considerati soddisfacenti dalla Yellen:
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Che poi fino al 2015, era una gara che gli USA vincevano "solo" col Giappone
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O magari con l'Italia:
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E più o meno pareggiando con la Germania!
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10. La verità è che la Yellen appare concordare con questa previsione di Gavyn Davies (v. sotto; "L'inflazione USA finalmente risale?") considerando le proiezioni future già acquisite; naturalmente senza too much fiscal stimulus e, cioè the Clintonian way; e invece si ritrova Trump. Da sgridare "a prescindere".

Non sia mai che l'inflazione, nel 2017, andasse al 2,1%!!!
E poi il lavoro perfettamente flessibile chi lo tiene più a freno?

Notare che la previsione, comunque la si metta, includeva una pronta ridiscesa dopo i primi mesi del 2017: qualsiasi presidente (democratico) avrebbe infatti raffreddato l'economia dopo i primi mesi, post-elettorali, del 2017. Stabilizzando il livello dell'occupazione: U3 e U6. Cioè sempre perfettamente flessibile.
E, va anche detto, sempre con un Congresso e un Senato a maggioranza repubblicana. Forse i migliori alleati della Yellen per limitare Trump?

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11. Ma intanto, la situazione del debito (privato) delle famiglie dei lavoratori flessibili, rimane questa (ve la ribadisco):
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E dentro questa montagna di debito privato (ormai prossima all'85% del PIL USA: nel 2015, 17.947 miliardi) ci sono questi settori di sub-prime, cioè di prestiti non restituibili, "indicativi" di...un certo malessere sociale; gli americani non possono più permettersi la casa ma "esagerano" a comprare auto...che non si possono permettere, e a tentare di studiare al college, per non finire al minimum wage (siamo a livelli complessivi, solo di questi sub-prime, esclusi quindi quelli "ipotecari"e per altri "consumi", pari circa al 13% del PIL 2015!).
Con esiti poco rassicuranti che, con rialzo dei tassi, deflazione e, perciò, dollaro forte, sono tutt'altro che migliorabili. Anzi.
Ma, a quanto pare, non per la Yellen:
091015-DRE-Student-and-Auto-Loan-Debt-Chart1.png

...A meno che non si preferisca una nuova bella crisi a qualsiasi mutamento dell'assetto economico, e dell'occupazione, degli Stati Uniti.
Cosa sempre possibile: never let a serious crisis go to waste...


Pubblicato da Quarantotto a 18:03 Nessun commento: Link a questo post
 
DOLLARO UP OR DOWN? TRUMP TRA WAL-MART E IL PIANO MARSHALL (politically inverted)? [/paste:font]


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1. Discorrendo e "corrispondendo" con amici che di economia ne sanno molto più di me, ci si poneva la questione se il ciclone Trump assumerà una veste di svalutazione o rivalutazione del dollaro.
E tenete conto che la svalutazione del dollaro va a neutralizzare i pochi effetti benefici del QE e porta praticamente al collasso finale l'eurozona...semplicemente per "termination" degli espedienti a disposizione per mantenerla in vita (visto che ci attende pure il redde rationem della crisi bancaria, laddove le "soluzioni di mercato", cioè senza oneri per le nostre finanze pubbliche, ovvero per i contribuenti-risparmiatori, non si presentano all'appello)...
Le ragioni in un senso o nell'altro, ora raccordate con l'attuale percezione di un ritorno alla "aspettativa" di un aggancio del dollaro alla pressocché parità con l'euro (1:1 o giù di lì), le avevamo viste nel corso del tempo, in relazione all'evoluzione della trattativa per il TTIP.

Oggi poi, l'amico Mattia Corsini, nel sollevare la questione della cooperazione di Sanders, - ove mai Trump volesse veramente risolvere il problema del mercato del lavoro e della crescita salariale reale negli USA-, rinvia implicitamente alla relazione tra l'aspetto del corso della valuta statunitense e il livello dell'occupazione.


2. Per livello dell'occupazione ci riferiamo alla crescita di quella "buona", cioè non rilevante solo ai fini statistici ufficiali (elettoralistici in sostanza): la dura lezione subita dalla Clinton, come abbiamo già evidenziato, appartiene proprio ai pesanti effetti collaterali di questo equivoco, (o trucco propagandistico).
Un trucco, peraltro, come dovrebbero attentamente considerare tutti i governanti degli Stati UEM, generalizzato in tutto l'Occidente sottomesso al paradigma del Washington Consensus; fino alla sua forma più hard, che è l'eurozona (in quanto mercantilista e quindi deflazionista a-qualsiasi-costo, come auspicava Einaudi per "il mercato comune" fin dagli anni '50).
E che l'eurozona sia un'area mercantilista aggiogata alla Germania ce lo conferma l'ennesima pantomima della Commissione sugli squilibri eccessivi della Germania nel surplus delle partite correnti.
A parte la già vista risibilità delle sanzioni, (qui, p.5) ove mai applicate, a parte che sono almeno tre anni che viene tirato fuori questo surplus senza alcun esito concludente, l'attuale (ennesimo) risveglio tardivo della Commissione, nasce dalla prevalente intenzione di mettere i puntini sul "debito pubblico eccessivo" italiano, facendone la leva con cui catapultare l'austerità sul deficit-fabbisogno pubblico annuale (amplificando il drenaggio di liquidità per via fiscale, che è alla base delle sofferenze che travolgono il nostro sistema bancario...per spostarne il controllo in mani estere).
3. Ora, per trovare un filo conduttore che raccordi alla domanda iniziale (che farà il dollaro con Trump), il problema del mercato del lavoro USA, dovremmo cercare anzitutto di assumere il punto di vista di Trump: è un tycoon, ha relazioni personali e ambientali con altri grandi employers (cioè datori di lavoro), è repubblicano, quindi non certamente incline all'interventismo statale di tipo "socialista", che agisce sulla tutela del lavoro legiferando in modo esplicito, in genere in conseguenza di apposite norme costituzionali proprie delle "democrazie sociali" (queste clausole costituzionali, come sappiamo, sono dichiarate "fondamentali" e non revisionabili: aspetti impensabili rispetto alla Costituzione federalista americana, sia storicamente, sia ideologicamente, cosa che conta ancora di più della risalenza al XVIII secolo di quella Costituzione).
Ma la digressione sulla tutela costituzional-legislativa del diritto al lavoro, lo chiudo qui rammentando il suo intreccio con la riforma costituzionale.
4. Tornando a "bomba" (senza "er", sia chiaro), possiamo escludere quindi che Trump faccia qualcosa di simile al rinforzare (o meglio "rigenerare") la legislazione del lavoro che prese vita dopo il New Deal.
Consigliamo di andarsi a rileggere, nella Storia dell'economia di Galbraith (pagg. 280-283), come già lo Employment Act of 1946 fu in realtà una trasformazione (intrinsecamente di respingimento del keynesismo) dell'originario - e ben diverso- Full Employment Bill of 1945.
E' pur vero che nel 1978, la legge del 1946 fu emendata con una normativa chiamata "the Full Employment and Balanced Growth Act": ma nel frattempo era passata l'idea che l'intervento fiscale diretto, di sostegno pubblico all'occupazione, fosse comunque connesso alla crescita "bilanciata" con la stabilità dei prezzi, e quindi i vari Comitati esecutivi della legislazione del lavoro assumono ormai il loro compito come vigilanza, (dell'Esecutivo e del Congresso), sull'azione della Fed conforme al suo mandato misto (o "dual").
Oggi, quindi, nessuno dubita di dover annettere un peso minore, e comunque un'assenza di qualsiasi vincolo automatico, al "compensatory spending" dello Stato, ormai circondato da una diffidenza che è giunta fino a Star Trek, come paradigma del futuro (pop): "In the Star Trek: Deep Space 9 episode Past Tense, the Employment Act was repealed, one of the changes in the future of 2024".

5. Insomma, Sanders appare un attore marginale, e un alleato di Trump attualmente improbabile, in questo contesto consolidato: anche se non si può mai dire, di qui a pochi anni, come sostiene Reich, v.qui, infine, p.6,, alla faccia di Star Trek. Ma attenzione, nella premonizione di Reich, c'è prima una gigantesca crisi finanziaria ulteriore che affliggerà la presidenza corrispondente a quella di Trump!

Cosa rimane dunque a Trump per rilanciare l'occupazione "vera" - non walmartizzata-, senza dover tradire le aspettative dei suoi elettori (che certo non possono per sempre essere tenuti a freno dalla crociata contro il "politically correct")?
Escluso il perseguimento diretto del "Full Employment" legato a interventi di spending esclusivamente mirati a ciò, gli si prospetta, anche per vocazione naturale, la Balanced Growth.
Di qui, anzitutto, un ovvio programma di investimenti pubblici in infrastrutture (non necessariamente "pubbliche": basta siano di "interesse pubblico", con commesse ai privati: e lui è un costruttore..).
Non a caso Zerohedge, collegando i puntini della curva di Phillips, parla di "Trump Reflation Rally", implicando una correlazione (inversa) tra livello dell'inflazione e livello dell'occupazione.

6. Ma il fiscal stimulus di Trump non può che essere repubblicano, anche se più "nazionalista" di quelli dei suoi ultimi predecessori, di entrambi i partiti: cioè "including a pledges to cut taxes, spend more than $500 billion on infrastructure and restrict imports". Promette tagli di tasse e 500 miliardi di spesa pubblica in infrastrutture. E "restrizione delle importazioni".
Sì perché aumentare il deficit, e promuovere più occupazione, porta sicuramente a un aumento della domanda interna, e quindi a una spinta inflazionistica, ma anche, date le condizioni della dislocazione della produzione mondiale dei beni, all'aumento dello squilibrio estero dei conti. Circostanza che, come sappiamo, contribuisce a rendere fuori controllo il deficit pubblico, aumentandone l'impatto inflazionistico "puro" (cioè non legato all'aumento della produttività nazionale), e rendendo insostenibile la sua posizione.
I dati su disoccupazione, vera e "ufficiale", deficit pubblico e spesa pubblica USA, afflitta dai costi sociali propri del tipo di mercato del lavoro che si è andato affermando, potete verificarli qui.
7. Ma, sebbene la Cina già si sia posta in allarme, non basta limitare le importazioni per promuovere la creazione rapida di "real jobs" (task affidato a imprese di dimensioni consolidate, possibilmente manifatturiere, e che possano contare sulla stabilità della domanda creata da redditi interni "solvibili").
Occorrono politiche industriali, l'altro grande strumento a disposizione di qualsiasi presidente, e compatibile con la filosofia politico-economica attuale, applicativa dell'Employment Act: anche se molto meno compatibile con il ruolo del dollaro e il suo "esorbitante privilegio" di essere valuta degli scambi internazionali, sopravvalutata, a prescindere dai conti con l'estero.

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7.1. L'ideale dunque è riuscire a contemperare la creazione di reddito e lavoro "effettivi", (e fuoriuscenti dai numerini U3, riducendo cioè U6), con una ragionevole correzione delle ragioni di scambio commerciale con l'estero, senza dover proseguire nel liberoscambismo che, sul versante USA, ha finora puntato sulla forza relativa della finanza di Wall Street, che procura entrate nella partita "redditi" (e dei servizi), ma non rilancia l'occupazione "buona"; ed anzi, vincola a proseguire nella crescita affidata solo ai consumi, che divengono una montagna di sub-prime.
La situazione, abbastanza aggiornata, delle partite correnti USA è questa, infatti (i saldi del grafico di cui sopra, semmai, ci dicono di un lieve peggioramento nel 2016):

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E questa la situazione complessiva dell'indebitamento della famiglie, tornato nel 2016 (a stime confermate) praticamente ai livelli del 2007; anzi un po' oltre:

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7.2. E ciò in contrapposizione alla distribuzione del reddito che coinvolge almeno l'80% della popolazione USA (come abbiamo già visto qui):

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E il fenomeno include la divergenza tra dinamica salariale e produttività persino del settore manifatturiero:

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DOLLARO UP OR DOWN? TRUMP TRA WAL-MART E IL PIANO MARSHALL (politically inverted
8. La situazione che Trump deve risolvere è dunque ricca di variabili negative e di difficoltà tra scelte difficilmente conciliabili, proprio nella sua ottica di appartenenza sociale, prima che politica.
Ma c'è una via d'uscita un po' ardita.
Che è quella che passa per le relazioni geo-politiche con l'€uropa e per il ragionevole principio che, se devo migliorare i conti con l'estero e creare occupazione "buona" (non necessariamente ben pagata, come ci dice il grafico appena sopra), devo passare per il rafforzamento delle filiere industriali in cui ho un qual certo vantaggio tecnologico e di "specializzazione", non essendo utile a tal fine il settore dei servizi finanziari (che è già una voce positiva delle partite correnti e non è idoneo a incrementare il livello occupazionale, dato il basso rapporto numero addetti/prodotto complessivo).

Ecco dunque che si inserisce anche la questione della rivalutazione o svalutazione del dollaro: in sintesi, ricalca la dicotomia "svaluto per vendere all'estero il mio prodotto <=> rivaluto per acquisire il controllo dell'industria concorrente".
In definitiva, una questione di rapporti geo-politici, se consideriamo che l'industria più solida degli Stati Uniti è quella dell'armamento (il famoso "complesso militar-industriale di Eisenhower, p.1").
9. La cosa potrebbe funzionare più o meno così.
E' vero che Trump spinge al rientro dei capitali, anche con un condono fiscale a aliquota ridotta, - e dunque questo può far supporre una rivalutazione del dollaro-, ma è anche vero che le attese sono reflazioniste (non disgiunte da misure di "razionamento"sui prodotti cino-asiatici...detesto l'uso allargato di "protezionismo" finchè ci sono BC indipendenti e libera circolazione dei capitali).

Non solo ma il dollaro debole può ben servirgli per proporre un trade-off tra eurobreak e (auspicato) riarmo euro-NATO (la cui dimensione di spesa sarebbe fiscalmente insostenibile dentro l'eurozona).

9. Sul punto il quadro delle prospettive stabilite dal paradigma normativo UE è contrastante.
Infatti, anche facendo leva sulle direttive difesa UE e sulle conseguenti raccomandazioni di Consiglio e Commissione, l'idea sarebbe di farci importare moooolte armi, intanto che gli americani entrano (o almeno negoziano di entrare) nei megaconglomerati produttivi UE, da sviluppare (obbligatoriamente)...cedendo il controllo sulle nostre (fiorenti) industrie del settore.

Inoltre, lo stesso trend UE, già patrocinato dalla NATO, è quello di ridurre i dipendenti pubblici della difesa (truppe incluse) e affidarsi a contractor privati "operativi", settore in cui le corporations USA sono leader.
A tal fine, al dollaro conviene stare basso nella prima fase di riarmo, che per loro è un export (ammesso che la loro tecnologia sia così appetibile; ma per gli F-35 non è stato un problema).
Un business enorme in rapporto all'incremento di spesa su PIL: in media, per sopperire allo sganciamento USA dalla Nato, occorrerebbero approssimativamente circa due punti di PIL a paese-membro ALL'ANNO.
Mercenari included (qui, attenzione, i britannici pure sono piazzatissimi).
10. Questo sarebbe il neo-Piano Marshall: farci pagare o affittarci ciò che prima elargivano gratis...ma avendoci imposto UE e euro...
Ci si potrebbe persino stare, ma a condizione di saper negoziare il mantenimento del controllo della nostra filiera del settore.
Invece, per gli IDE-acquisizioni-joint venture, conviene naturalmente che il dollaro sia ragionevolmente alto.
E questo in una seconda fase, che non si può prevedere, allo stato, "quando" debba prevalere sulla prima (dipende da quando riescono a imporre la ristrutturazione industriale dei "conglomerati" europei: magari proprio come trade-off rispetto all'eurobreak). Le due fasi potrebbero pure "intrecciarsi" fino a che non ne prevalga una...
Ma se questa dinamica risulterà verosimile, il trend di svalutazione o rivalutazione del dollaro, legato alla presidenza Trump, sarà rilevabile solo nel medio periodo, lungo lo sviluppo (industriale) di questo processo di "sganciamento USA vs. riarmo europeo".

11. Da notare che, dal punto di vista politico, si tratta di una vera e propria inversione, rispetto al Piano Marshall: questo serviva a finanziare consumi ed investimenti nell'economia civile di un'Europa da ricostruire, in modo che gli Stati coinvolti poteressero spendere per acquistare beni strumentali e di consumo statunitensi, e dunque acquistabili solo in dollari.
In cambio, gli USA spendevano in armi e personale militare, all'interno del loro bilancio fiscale, per fornire protezione armata sul territorio europeo.

In questo caso, all'opposto, si tratta di far finanziare agli €uropei, con la loro spesa pubblica, un riarmo che sostituisca il venir meno (progressivo) del "presidio" militare USA.
E in cambio, forse, si consentirebbe alla maggior parte dell'Europa, cioè agli Stati dell'eurozona, di respirare un po', grazie alla recuperata sovranità monetaria e fiscale, in modo di potersi...autoproteggere, importando armi (e servizi militari) dagli USA.
Forse...

Pubblicato da Quarantotto a 19:05 19 commenti: Link a questo post
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martedì 15 novembre 2016
 
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SIGNORAGGIO SECONDARIO: PRIME AMMISSIONI DA BANCHE E GIUSTIZIA
Posted on 25/09/2016 by admin


SIGNORAGGIO SECONDARIO:

PRIME AMMISSIONI DA BANCHE E GIUSTIZIA

Il 6 settembre di quest’anno è stato un giorno di svolta per l’emersione del signoraggio secondario.

Fino all’inizio di questo mese, ogni volta che in qualche causa contro le banche e in difesa dei loro clienti mutuatari eccepivo che il contratto di mutuo era nullo per violazione di legge poiché gli euro prestati dalla banca erano anche stati creati, dal nulla e con mezzi contabili, dalla banca stessa, in violazione dell’art. 128 del Trattato di Lisbona (che riserva al Sistema Europeo delle Banche Centrali la facoltà di creare euro) e dell’art. 10 del Testo Unico Bancario (che non dispone che le banche possano creare moneta), i vari giudici o fingevano che non avessi posto l’eccezione e non decidevano su di essa; oppure affermavano che era infondata perché le banche prestano il denaro della raccolta (cosa notoriamente non vera, anche perché il “denaro della raccolta” arriva alla banca sotto forma di bonifici e assegni, cioè come denaro creato da qualche altra banca; oppure la respingevano scrivendo che la banca eroga il prestito mettendo a disposizione del cliente la somma non materialmente, ma giuridicamente, ossia come saldo attivo di un conto di disponibilità o mediante assegno circolare o in altro modo equivalente (questa è la tesi consolidata della Corte di Cassazione).

Il 6 settembre, sollecitata dalla stessa banca contro cui mi opponevo (in una esecuzione immobiliare che stava portando via al mio cliente e alla sua famiglia, in un colpo solo, casa e bottega – e finora non vi è riuscita) il giudice dell’esecuzione ha finalmente riconosciuto la verità: la banca crea denaro. Ma andiamo con ordine.

In un altro procedimento, in cui, rappresentando Marco Saba e una società inglese, cerco di far emergere l’attivo reddituale derivato a una primaria banca dalla predetta attività di creazione monetaria, e a tal fine sto facendo presente al giudice come alcune recentissime dichiarazioni della BCE confermano che le banche (non centrali di emissione) creano moneta nell’atto e con l’atto di erogare prestiti (o di eseguire pagamenti), generandola ex nihilo con operazioni contabili.

Il 7 luglio 2016 a Madrid, in Spagna, il vice presidente della BCE ha ammesso: “Una motivazione fondamentale per la regolamentazione bancaria si riferisce al fatto che, quando concedono credito, le banche creano denaro creando un deposito corrispondente. Questa attività, che è al centro del nostro sistema di moneta-credito, comporta una significativa trasformazione di liquidità poiché i depositi sono molto più liquidi dei crediti.”

Quanto sopra è stato ultimamente confemato da KPMG, che scrive: “La predominante fonte di moneta nel presente Sistema monetario è il prestito bancario, in cui I depositi sono create nel processo del prestare. La creazione monetaria nel presente sistema monetario, perciò, espande I bilanci delle banche e accresce l’indebitamento di famiglie e imprese.”

Oramai dunque questa realtà, ossia ciò che in Euroschiavi ho denominato “signoraggio secondario”, è ammessa ufficialmente a vari livelli (solo i governi continuano a nasconderla), è nota a tutti coloro che si occupano di finanza, e sarebbe ora che fisco e potere giudiziario ne prendessero atto. Negarla definendola una fantasia, come talora fanno le banche e i giudici, non è più sostenibile di quanto fosse sostenibile la negazione delle teorie di Galileo dopo che tutti gli interessati avevano guardato nel telescopio e sapevano come stanno le cose.

La prassi di creazione monetaria da parte delle banche di credito è stata ammessa ultimamente dalla Banca Popolare dell’Alto Adige nel procedimento esecutivo immobiliare 216/2014 avanti al Tribunale di Bolzano: “Il Trattato di Maastricht non riserva alla BCE la creazione di moneta, ma testualmente l’emissione di banconote ed il conio di monete. Il codice civile non conosce affatto soltanto la moneta legale (se fosse così, in base alla normativa antiriciclaggio, oggi sarebbe vietato qualsiasi affare che prevedesse il pagamento di un prezzo pari o superiore ad euro 3.000; simili limiti sono peraltro in vigore nella maggioranza dei paesi dell’Unione Europea). … … La “creazione di moneta” da parte delle banche commerciali, l’esistenza di “moneta scritturale”, il fenomeno della “riserva frazionaria” sono caratteristiche assolutamente lecite del nostro sistema economico e monetario ed espressione della libertà contrattuale. Se una banca eroga un mutuo ad un cliente, si ha un semplice fenomeno di espansione dello stato patrimoniale (“Bilanzverlängerung”)”.

Il giudice di quella causa ha dichiarato che questa prassi sia effettiva e legittima, scrivendo, nell’ordinanza 06/07/16: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo…”.

Riconoscendo che la banca crea moneta, quel giudice ha riconosciuto, in fondo, ciò che era già notorio tra chi si occupa di banche e moneta; ma l’importante è che, grazie a lui (e alla banca che gli ha dato il la), finalmente la giurisprudenza incomincia a recepire questa realtà – un risultato notevole, considerando che la mentalità dei magistrati è molto conservatrice e restia a revisioni di fondo della realtà, soprattutto quando toccano interessi costituiti nelle istituzioni.

Riservandomi al finale dell’articolo una critica a questa statuizione, qui faccio presente che la banca eroga sì, in un (logicamente) secondo momento, il denaro (deposito) creato, ma che in cambio introita un pari credito capitale verso il prestatario. La fase che interessa noi non è quella dell’erogazione – nella quale viene contabilizzata sia l’uscita del prestito che l’introito del credito – ma quella (logicamente) anteriore, della creazione del denaro che verrà prestato e della sua non contabilizzata immissione in cassa – cioè del fatto che la banca prima crea i 100 euro (+ 100), poi presta 100 (-100) ricevendo in cambio il credito di 100 (+100), quindi il saldo dell’operazione è + 100 (profitto) se si contabilizza la creazione e immissione in cassa (passaggio per cassa, mentre è 0 se si omette di contabilizzarla, con ovvie conseguenze sul conto economico e sullo stato patrimoniale (espansione).

Ossia, essendo stato ampiamente provato che le banche creano l’oggetto del prestito in un momento funzionalmente anteriore all’erogazione, e che ciò si traduce in un accrescimento dell’attivo, esse evidentemente hanno il dovere di dichiarare l’entrata in cassa (il passaggio per cassa) di questa creazione monetaria, di questa espansione del bilancio, con tutte le conseguenze di bilancio e sui redditi; ma per ora non lo fanno, dando luogo da un lato a difficoltà o crisi per la banca e i suoi azionisti e stakeholders nonché per il fisco e l’economia, e dall’altro lato a profitti extracontabili per l’importo della creazione monetaria, i quali, restando extracontabili, restano nella disponibilità dei gestori della banca per operazioni che essi intendono fare nei loro interessi particolari.

L’emersione delle ridette componenti positive dell’attività bancaria salverebbe l’Italia stessa dal pericolo che la minaccia in relazione alle note e meno note angustie causate dalle perdite bancarie e porrebbe fine allo scempio dei bail in e bail out, perfettamente ingiustificato, inutile, quindi illegittimo, in considerazione della facoltà delle banche di creare la propria liquidità.

Poiché ciò che la banca crea nel prestare è definito e ritenuto moneta dalla BCE, poiché è accettato dallo Stato e dagli enti pubblici in pagamento di tributi, sanzioni e altro; poiché è utilizzato da tali soggetti per i loro pagamenti; per tutte queste ragioni e altre che si potrebbero aggiungere, la moneta creata dalla banca col metodo in questione, sebbene contabile, è moneta reale, anzi, essendo il suo uso addirittura imposto dalla legge per pagamenti sopra un determinato ammontare, essa è divenuta moneta legale, anche se non è l’euro, per le ragioni che esporrò in seguito.

Riprendiamo ora in chiave critica le affermazioni del giudice di Bolzano: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo…”.

Queste argomentazioni sono errate perché in evidente contrasto con il dettato degli artt. 127 e 128 del Trattato di Lisbona nonché con l’art. 41 della Costituzione. La loro erroneità, purtuttavia, non toglie il fatto che la moneta bancaria è moneta e ha ormai corso legale, e che quindi la sua creazione espande gli attivi di bilanci costituendo un ricavo, con tutto ciò che ne consegue.

Vediamo le norme che confutano l’errore del giudice:

Art. 127: “1. L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso denominato “SEBC”, è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all’articolo 119….”

Articolo 128 “1. La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione…. “

Art. 41 Cost.: “L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla

sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. “

Orbene, dato che il grosso, circa il 90%, del money supply (M1) è creato dalle banche mediante l’erogazione di prestiti e pagamenti, il SEBC semplicemente non potrebbe perseguire il suo “obiettivo principale” di mantenere stabili i prezzi (cioè di evitare inflazione e deflazione” se il suo potere di regolare, cioè dosare, la moneta in circolazione fosse limitato alla moneta cartacea e metallica, restando la creazione di una “moneta euro contabile” nella libera facoltà e discrezione delle banche di credito, come ha affermato il G.E. E non si potrebbe nemmeno fare i controlli e gli interventi imposti dall’art. 41 Cost., commi 1 e 2. Né si può dire che la BCE regoli la creazione di moneta bancaria attraverso l’aggiustamento dei tassi e l’acquisto o vendita di titoli pubblici, anche perché, di fatto, non riesce a farlo, cioè neppure azzerando i tassi e ricorrendo al Quantitative Easing riesce a far ripartire il credito e a invertire la deflazione in corso.

E’ dunque evidentemente necessario che il controllo della BCE si intenda esteso anche alla moneta contabile. E che l’art. 128 sia interpretato nel senso che l’unica forma dell’Euro come moneta legale sia quella cartacea o metallica, e non quella contabile, e che quindi non esiste un euro di creazione creditizia, esterna al SEBC. Infatti, giuridicamente, ciò che le banche contabilmente creano nell’erogare prestiti (e pagamenti) è non euro, bensì promesse di euro (saldi di conti correnti, assegni, depositi a vista, titoli di pagamento a vista), promesse di valuta legale, cioè di banconote e conio. Promesse che, come tali, possono essere accettate fiduciariamente, ma perdono valore se la banca emittente diviene insolvente – cosa che non potrebbe avvenire col denaro vero. E che non siano euro “veri” è dimostrato dall’esistenza del sistema Target (coinvolgente il SEBC) per i pagamenti inter-statali, mentre i pagamenti da banca a banca del medesimo stato sono diretti.

Quando una banca italiana eroga un prestito denominandolo in euro è esattamente come quando ne eroga uno -poniamo- in Yen: non è che consegni al prestatario gli Yen veri, la valuta legale nipponica, dopo averla acquisita effettivamente. Essa gli eroga un prestito che dello Yen ha solo la denominazione (e il tasso di interesse). Eroga simboli dotati di potere d’acquisto (come i simboli acquisiscano il potere d’acquisto è molto importante, l’ho spiegato altrove, e presto ritornerò sul punto).

La tesi che l’assenza di divieto di emissione di euro contabili nel Trattato di Lisbona e nel TUB implicherebbe la facoltà di crearla, è altresì insostenibile alla luce della considerazione che, se questa tesi fosse vera, cioè l’applicazione del principio “tutto ciò che non è espressamente proibito, è lecito fare”, allora tutti, non solo le banche, potrebbero creare denaro contabile fiduciario denominato in euro, perché a nessuno viene vietato di farlo. Del resto, riservare il privilegio di creare moneta alle banche cozzerebbe contro il principio di eguaglianza.

In quanto all’art. 10 TUB, si deve applicarlo secondo il principio “qui dicit de uno negat de altero”; quindi esso elenca le operazioni che la banca può compiere in modo tassativo; sarebbe assurdo che il core business dell’attività bancaria nel mondo reale – cioè la creazione monetaria come sopra descritta – non fosse nemmeno menzionata, però implicitamente ammessa, dalla legge bancaria.

In quanto, infine, all’affermazione della banca, che il Codice Civile non conosca solo la moneta legale della banca centrale (ma anche quella scritturale), essa è semplicemente falsa: il CC non parla di moneta scritturale o creata dalle banche di credito.

Tirando le somme:

Abbiamo un sistema monetario in cui la quasi totalità della moneta è creata con metodo puramente scritturale, dal nulla, senza copertura, dal settore bancario privato, che non ne contabilizza l’entrata in cassa, e in tal modo elude la tassazione, e insieme crea disponibilità extracontabili peggiorando al contempo il conto economico delle banche (sono le banche che vanno in default, non i banchieri, i quali si arricchiscono sempre).

Per omissione intenzionale o dovuta a incompetenza, le leggi e i trattati non menzionano questa creazione monetaria e non la sottopongono alla regolazione da parte di alcuna autorità pubblica, nemmeno della banca centrale, la quale invece regola la creazione della cartamoneta da parte propria, e delle monetine da parte del governo.

La moneta scritturale così creata si presenta come saldo attivo di conti di disponibilità, bonifici, assegni circolari, tutti denominati in valuta legale (non necessariamente quella del paese in cui si trova la banca), ossia ha la natura giuridica di un insieme di promesse di pagamento, cioè di consegna di date quantità di moneta legale (cartamoneta della banca centrale), che la banca emittente però non possiede se non in minima parte.

La moneta scritturale suddetta ha quindi natura giuridica di obbligazione di pagamento, ed è soggetta a rischio emittente (ossia perde valore se la banca emittente fallisce); in questo si differenzia qualitativamente dalla moneta legale consistente nella cartamoneta emessa dalle banche centrali. Essa pure però ha acquisito la qualità di moneta legale poiché lo Stato, il settore pubblico, la richiede, la accetta e la impone come mezzo di pagamento, proibendo l’uso di moneta legale della banca centrale (cartamoneta) per pagamenti sopra un dato importo.

La moneta scritturale, diversamente dall’euro cartaceo, è nazionale, nel senso che può essere scambiata (mediante bonifici e compensazione) direttamente solo tra le banche appartenenti al circuito nazionale (l’ABI per l’Italia), mentre, per scambi interstatali anche entro l’eurozona, i trasferimenti possono avvenire soltanto attraverso la mediazione delle banche centrali (sistema Target 2).

Le banche contabilizzano, forniscono e fatturano questa loro moneta scritturale senza distinguerla dalla moneta legale della banca centrale, ossia denominandola come se fosse tale moneta, mentre non lo è; e chi riceve la moneta scritturale non è consapevole della differenza. Si è creato e coltivato un equivoco tra le due monete, che ostacola la percezione della loro diversità giuridico-economica e tende a far sì che la moneta scritturale di creazione bancaria privata sostituisca interamente quella legale delle banche centrali, anche grazie alle sue forme virtuali e di plastica.

Resta da chiarire che la moneta di creazione scritturale deve la sua piena accettazione come moneta da parte del mercato, nonostante la sua natura giuridica di promessa con connesso rischio emittente, sia al fatto che lo Stato la richiede e la usa appunto esso stesso come moneta, che al fatto che le banche aderenti ai vari sistemi bancari nazionali, nel comune interesse, si riconoscono e accreditano tale moneta trattandola come moneta legale. Gli utenti delle banche, cioè la società generale, considerano moneta tutto ciò che le banche considerano moneta, senza porsi problemi e senza percepire differenze. E il gioco è fatto.

25.09.16 Marco Della Luna
 
economici.
usa novembre 21, 2016 posted by Mitt Dolcino
Perché Trump si circonda di militari? Semplice, per difendere se stesso e la sua agenda (riappacificatrice)

Abbiamo letto delle recenti nomine di Donald Trump, in particolare il Senior Defense Advisor (gen. Michael Flynn) ed il capo della CIA (Mike Pompeo): due ex militari, di cui uno di altissimo rango. Ma non deve sfuggire la futura nomina a segretario della difesa, accostata forse troppo frettolosamente al gen. James Mattis – che comunque avrà un ruolo nell’amministrazione – o al coinvolgimento del nostro stimatissimo oriundo gen. Pace ex capo supremo della difesa USA nella short list dei candidati al ministero.



La domanda sorge spontanea: perché tanti militari? Si vuol fare una guerra?
Direi il prefetto contrario, tanti militari servono per scongiurare un conflitto, non a scatenarlo.
Il problema è che l’amministrazione Obama a dispetto del Nobel per la Pace dato in forma preventiva verrà ricordata come la più guerrafondaia dai tempi di Truman in termini di numero di focolai accesi durante la sua presidenza. Non a caso anche Obama è un democratico: i grandi scontri, quelli ideologici, partono sempre da una presidenza Dem USA. Ed infatti oggi circolano ancora i metaboliti di tale policy basata su una impostazione destabilizzante delle azioni governative obamiane. Da qui la pericolosità del momento, sia in termini di sicurezza del presidente eletto (volto a cambiare radicalmente impostazione) che di colpi di coda dell’entourage in uscita mirati a limitare la futura azione presidenziale atta quanto meno a razionalizzare il numero dei teatri di scontro.

Oggi solo i militari sono in grado di frenare derive potenzialmente antidemocratiche del sistema statunitense, mettendo a repentaglio la struttura decisionale operativa dal di dentro: sapendo che Flynn, Mattis o Pace saranno al governo difficilmente verranno avallate operazioni “ardite” da parte dei comandi sul campo specialmente nel tempo che ci separa dalla nomina del nuovo presidente a gennaio 2017 (a cui seguirà la successiva epurazione dei vertici legati alla precedente amministrazione). In tale contesto mai dimenticare che gli USA detengono il record mondiale di presidenti che hanno subito attentati alla vita durante il loro mandato (…).



Non è per altro un segreto che lo stimatissimo gen. Flynn, ex capo dei servizi segreti militari USA che ben conosciamo in Italia, ex democratico ma assai critico con la linea operativa della presidenza Obama, è contrario all’uso di agenti destabilizzatori infiltrati nelle fila dei terroristi, gli stessi infiltrati che portarono alla morte l’ambasciatore Stevens a Tripoli. O che è propenso ad una rappacificazione con la Russia. O che il gen. Mattis è osannato dai suoi soldati, che difende a spada tratta (non avrebbe mai e poi nei permesso un epilogo come quello libico sopra citato, parlo dei suoi Marines di scorta all’ambasciatore, un po’ come fece il gen. Carter Ham rimosso per essersi rifiutato di lasciar morire i suoi Marines durante la rivolta libica, periti a difesa del diplomatico). Varrebbe la pena di aggiungere che negli scorsi giorni è stranamente decollato un cd. “Doomsday Plane” dalla base di Travis in California, uno di quei voli che vengono attivati solo in caso di minaccia serissima alla sicurezza nazionale (sembra che l’ammiraglio Rogers sia andato urgentemente a New York dal presidente eletto a riportare le circostanze di tale inusuale evento, poi inspiegabilmente rientrato sembra per suo preciso ordine, rumors).


Insomma, non è un momento facile. Gli USA sono nel bel mezzo di una transizione epocale causata dagli eccessi evidenti di un solo presidente, Barack Obama, in seno ad un indirizzo politico-affaristico condensato nella corrente clintoniana. Chiaro che gli interessi in gioco sono enormi. Il problema nasce se oltre ad interessi ci sono segreti indicibili da non divulgare, magari anche atti illegali compiuti durante l’espletamento di funzioni: più questi sono gravi più giustificano azioni ardite.
Con quello che abbiamo letto via wikileaks – e soprattutto con quello che non ci hanno fatto leggere – c’è da supporre che le verità taciute siano letteralmente esplosive per gran parte dell’establishment uscente. In questi casi, considerato che non è praticabile un accordo in continuità viste le incessanti critiche preventive degli stessi media che supportavano H. Clinton alla nuova amministrazione Trump, gli epiloghi possono essere solo due: o azioni reazionarie, proprio quelle che Trump sta cercando di prevenire con i militari al suo fianco per poi imporre la sua agenda; o la cancellazione delle prove (leggasi anche, fare in modo di evitare imbarazzanti testimonianze/presenze diventate scomode).
Comprendendo la tragicità dei due scenari, è comunque da preferire il secondo. E non per scelta politica e/o ideologica ma per mera umana sopravvivenza.

Fantomas per Mitt Dolcino
 

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