Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo


Dinaro africano: perché Hillary fece assassinare Gheddafi
28/6 •

Le mail appena rivelate mostrano che la Nato intervenne in Libia perché Gheddafi voleva creare una propria moneta, agganciata all’oro, per competere con l’euro e il dollaro. Lo afferma Brad Hoff su “Foreign Policy”. A capodanno sono state pubblicate oltre 3.000 nuove e-mail della Clinton quando era al Dipartimento di Stato. «La “Cnn” ovviamente si è concentrata sulle più futili», mentre gli analisti si sono soffermati «sulle conferme esplosive ivi contenute: ammissioni di crimini di guerra, infiltrati in Libia sin dall’inizio delle rivolte, la presenza di Al-Qaeda nell’opposizione appoggiata dagli Usa, paesi occidentali che si combattono per il petrolio libico e la preoccupazione per le riserve d’oro e d’argento di Gheddafi che minacciavano l’euro». Il 27 marzo scorso, una nota di Sidney Blumenthal, storico consigliere dei Clinton e raccoglitore di intelligence per Hillary, contiene evidenti testimonianze di crimini di guerra compiuti dai ribelli sostenuti dalla Nato. Citando come fonte un comandante dei ribelli, Blumenthal riferisce confidenzialmente che «sotto l’attacco delle forze aeree e navali degli alleati», le truppe libiche «hanno cominciato sempre più ad unirsi ai ribelli». Commento della fonte: «In confidenza, un comandante ribelle ha detto che le sue truppe continuano a uccidere tutti i mercenari stranieri catturati nei combattimenti».
Mentre l’illegalità degli omicidi degli “squadroni della morte” di Hillary è facilmente riconoscibile, dietro al riferimento ai “mercenari stranieri” potrebbe esserci una sinistra realtà, non immediatamente evidente alla maggior parte della gente, scrive Hoff in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «Gheddafi era noto per avvalersi di aziende europee e internazionali per lavori di sicurezza e infrastrutture, e guarda caso nessuna di queste è stata presa di mira dai ribelli. Ci sono invece molte testimonianze che dimostrano che civili libici e lavoratori sub-sahariani, popolazione favorita da Gheddafi nelle sue politiche per l’Unione Africana, sono stati obiettivi della “pulizia razziale” dei ribelli, che vedevano i neri libici come troppo legati al regime. Questi ultimi sono stati comunemente etichettati dai ribelli come “mercenari stranieri” per la loro fedeltà assoluta al leader, sono stati soggetti a torture ed esecuzioni e hanno subìto una pulizia etnica. Ne è un esempio Tawergha, città popolata interamente da 30.000 libici “scuri”, scomparsi nell’agosto 2011 dopo la sua presa da parte delle brigate Nrc Misratan, sostenute dalla Nato».
Questi attacchi erano ben noti fin dal 2012 e spesso filmati, come conferma il report del “Telegraph”: «Dopo la cattura di Gheddafi ad agosto, centinaia di lavoratori migranti provenienti dagli Stati vicini sono stati imprigionati da combattenti alleati alle nuove e provvisorie autorità. Accusano gli africani neri di essere mercenari del defunto leader». In più, «sembra che la Clinton venisse personalmente informata dei crimini dei suoi amati combattenti anti-Gheddafi ben prima che questi avvenissero». La mail di Blumenthal, aggiunge Hoff, conferma anche il sospetto che le forze speciali di addestramento avessero collegamenti con Al-Qaeda. Sempre Blumenthal ammette che unità speciali britanniche, francesi ed egiziane stavano formando militanti libici lungo il confine egiziano-libico e nelle periferie di Bengasi. «Questa è la prova definitiva che forze speciali erano sul territorio subito dopo l’inizio delle proteste scoppiate a metà febbraio 2011 a Bengasi». Dal 27 marzo di quella che si era presunto fosse una semplice “rivolta popolare”, operativi esterni stavano già «sovrintendendo al trasferimento di armi e forniture ai ribelli», tra cui «una fornitura apparentemente infinita di fucili Ak-47 e relative munizioni».
Solo alcuni paragrafi dopo questa ammissione, aggiunge Hoff, si invoca invece cautela sulle milizie che queste forze speciali occidentali stavano formando. C’era infatti la preoccupazione che «gruppi radicali terroristici come il Gruppo dei combattenti islamici libici e Al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqim) infiltrassero l’Ntc e il suo comando militare». Anche se la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza Onu proposto dalla Francia diceva che la “no-fly zone” sulla Libia era per proteggere civili, una mail di aprile 2011 inviata ad Hillary con l’argomento “il cliente francese e l’oro di Gheddafi” svela altri fini. Indica infatti che Sarkozy «era in prima fila nell’intervento in Libia, per cinque ordini di motivi: ottenere il petrolio libico, consolidare l’influenza nella regione, aumentare la propria reputazione a livello nazionale, affermare il potere militare francese e togliere l’ascendente di Gheddafi sull’“Africa francofona”». La cosa più sorprendente, aggiunge Hoff, è la lunga sezione che descrive l’enorme minaccia posta dalle riserve d’oro e argento del leader, stimate in 143 tonnellate ciascuna, al franco francese (Cfa), che circola come prima moneta africana. Altro che “responsabilità alla protezione”, a tutela dei civili. La spiegazione “riservata” è la seguente: «Questo oro è stato accumulato prima della ribellione attuale ed era destinato a creare una moneta pan-africana basata sul dinaro».
Il piano, continua l’email riservata, era di «dare agli africani francofoni un’alternativa al franco». Secondo gli esperti, questa quantità d’oro e d’argento valeva più di 7 miliardi di dollari. «L’intelligence francese ha scoperto questo progetto poco dopo l’inizio dell’attuale ribellione e questo è il motivo della decisione di Sarkozy». Da notare che il salvataggio dei civili non viene neanche menzionato, chiosa Hoff. «Invece, la grande paura era che la Libia potesse dare indipendenza al Nord Africa col dinaro. L’intelligence francese “ha scoperto” l’alternativa libica all’euro: non poteva essere concesso». All’inizio del conflitto libico, la Clinton accusò formalmente Gheddafi e il suo esercito di usare lo stupro di massa (con l’aiuto del Viagra) come strumento di guerra. «Sebbene numerose organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty, dimostrarono subito la falsità di queste affermazioni, le accuse vennero pompate da politici e media occidentali: visto che infangava il leader libico, la cosa venne presa per buona dai network».
Altra fiaba: il regime “sposta cadaveri” là dove cadono le bombe Nato. E’ lo stesso Blumenthal ad ammettere che sono semplici “rumors”, cui ha dato eco Robert Gates, allora segretario alla difesa, mentre la «narrativa degli stupri» è stata rilanciata da Susan Rice, ambasciatrice Usa all’Onu, nell’accusare pubblicamente la Libia davanti al Consiglio di Sicurezza. «Queste mail confermano che il Dipartimento di Stato non solo sapeva della natura spuria di ciò che Blumenthal chiama “voci” che avevano come fonte esclusiva il lato dei ribelli, ma anche che non ha fatto nulla per impedire che tali false notizie arrivassero ai piani alti, che ne hanno poi dato “credibilità”», conclude Hoff. «Sembra inoltre che la storia del Viagra probabilmente sia stata inventata di sana pianta da Blumenthal stesso». Interamente falso, dunque, il castello di accuse: Gheddafi, semplicemente, doveva cadere. Rappresentava una sfida all’impero euro-atlantico dell’euro e del dollaro, nonché un argine allo jihadismo, che è funzionale alla Nato: andava eliminato, per poter costruire la leggenda successiva, quella dell’Isis.
Le mail appena rivelate mostrano che la Nato intervenne in Libia perché Gheddafi voleva creare una propria moneta, agganciata all’oro, per competere con l’euro e il dollaro. Lo afferma Brad Hoff su “Foreign Policy”. A capodanno sono state pubblicate oltre 3.000 nuove e-mail della Clinton quando era al Dipartimento di Stato. «La “Cnn” ovviamente si è concentrata sulle più futili», mentre gli analisti si sono soffermati «sulle conferme esplosive ivi contenute: ammissioni di crimini di guerra, infiltrati in Libia sin dall’inizio delle rivolte, la presenza di Al-Qaeda nell’opposizione appoggiata dagli Usa, paesi occidentali che si combattono per il petrolio libico e la preoccupazione per le riserve d’oro e d’argento di Gheddafi che minacciavano l’euro». Il 27 marzo scorso, una nota di Sidney Blumenthal, storico consigliere dei Clinton e raccoglitore di intelligence per Hillary, contiene evidenti testimonianze di crimini di guerra compiuti dai ribelli sostenuti dalla Nato. Citando come fonte un comandante dei ribelli, Blumenthal riferisce confidenzialmente che «sotto l’attacco delle forze aeree e navali degli alleati», le truppe libiche «hanno cominciato sempre più ad unirsi ai ribelli». Commento della fonte: «In confidenza, un comandante ribelle ha detto che le sue truppe continuano a uccidere tutti i mercenari stranieri catturati nei combattimenti
 
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#OPINIONECONOMICA. Schauble contro l’America First di Trump
Preludio di un conflitto, anche militare
Pubblicato il 28 giugno 2017 in Economia da Marco Rocco


Leggo incredulo le parole ostili del potente membro del governo tedesco W. Schauble, da sempre in rappresentanza degli esportatori teutonici, in cui si chiede a Donald J. Trump di rinunciare all’America First, ossia di andare contro gli stessi interessi nazionali americani. In alternativa – afferma il ministro tedesco – la presidenza Usa dovrà assumersi la responsabilità di una transizione geostrategica verso un nuovo ordine mondiale con un’Europa francotedesca non più necessariamente alleata degli Usa.

Purtroppo gli errori – nascosti da Schauble con la menzogna, si noti bene, ben sapendo di mentire – sono molteplici.

Il primo: gli Usa, continuando a indebitarsi per consumare stampando moneta verde sempre meno tangibile, stanno scavandosi la fossa quanto meno “economica” (ricordiamo che invece Berlino da sempre predica la morigeratezza nei propri consumi interni) determinando come conseguenza bolle enormi in tutti i mercati, sostenuti solo dalla liquidità in eccesso erogata a tassi simil zero dalle banche centrali (che ormai acquistano indirettamente e anche direttamente in borsa, Giappone, Svizzera e Italia su tutti, ndr). Dall’altra i paesi che beneficiano di tali smisurati acquisti a credito di beni fisici – con la Germania in prima fila – letteralmente approfittano degli Usa, ad esempio per la propria difesa Nato senza contribuire a finanziarla. Tale comportamento asimmetrico di Berlino tradotto in austerità EUroimposta sta anche alla base delle tensioni economiche con i paesi che subiscono il rigore, impoverendoli a vantaggio del centro Europa (i cosiddetti PIIGS).

Insomma possiamo dire che le parole di Schauble colpevolmente nascondono il fatto che Berlino sta – a proprio vantaggio – spingendo per una “soluzione insostenibile”, sperando di mantenere uno status quo [con gli USA che si indebitano in eterno] che comporta a termine l’inevitabilmente fallimento economico di Washington, mirando in tale modo ad una resurrezione economica tedesca globale visto che Berlino è l’unico grande paese con i conti veramente a posto. È chiaro che Schauble desideri per propri interessi nazionali un surreale ritorno alle scelleratezze dell’era Obama, una presidenza che ha affossato economicamente gli Usa con un accumulo di debito federale durante il suo doppio mandato senza pari nella storia americana. Senza considerare che – restando in ambito democratico – prodigarsi per far ulteriormente indebitare Washington non è solo illogico, ma anche una vera e propria ingerenza.

Considerato che Obama, ex presidente, è oggi praticamente a libro paga europeo se non specificatamente tedesco (con il suo diretto o indiretto supporto ad acquisizioni tedesche di aziende Usa [Monsanto], con convegni strapagati in Europa, diritti di suoi libri pagati da aziende tedesche decine di milioni di dollari ), tutto ciò depone per un rischio se non una conferma di un tragico allineamento (collaborazionismo economico?) tra un ex presidente Usa e una potenza straniera: che Barack Hussein Obama abbia mortalmente indebolito durante il suo mandato il dominio globale a stelle strisce come nessuno prima di lui è infatti una tragica fattualità.

In fondo è facile combattere un paese come la Germania da parte del primo consumatore mondiale: appunto, basta smettere di consumare, cosa che avviene normalmente svalutando la propria moneta.

Il problema è che Berlino ha costretto nella moneta unica i paesi eurodeboli – senza permettere loro (MAI!) di uscirne – come Grecia e Italia, senza per altro voler risolvere le loro crisi, ma anzi esacerbandole se non direttamente creandole (migranti?), in modo da giustificare la debolezza dell’euro contro le altre valute ossia favorendo il sistema degli esportatori targato Germania.

L’acquisizione di fattori produttivi continentali concorrenti da parte franco-tedesca, soprattutto se in competizione con le aziende core -Europe, sono una normale conseguenza di un progetto geostrategico che, data dalla caduta del muro di Berlino, i cui iniziali effetti economici furono non a caso affrontati da un presidente Dem Usa molto vicino alla scorsa amministrazione americana (Bill Clinton, da qui la radice degli ottimi rapporti tra i Dem-Clinton-obamiani e l’establishment EU attuale).

Per il fine di una egemonia continentale, una parallela assimilazione pan Europea dei valori culturali dell’universo germanico è inevitabile. Ecco spiegata la recente inondazione di programmazioni televisive (soprattutto telefilm, normalmente a più basso costo) massivamente trasmesse ovunque in Europa da circa un lustro a questa parte.

La reazione eurotedesca ad una contrapposizione (solo) inizialmente economica con gli Usa, i quali inevitabilmente useranno l’arma della riduzione dei consumi tramite la svalutazione del dollaro, si tradurrà nel costringere i paesi eurodeboli a consumare di più, facendoli indebitare, con il fine di sostituire i consumi americani. Con un doppio fine: indebolire i paesi mediterranei (Italia e Grecia su tutti), guarda caso i più contrari al progetto dell’euro che – encore guarda caso – sono gli stessi strutturalmente più filo americani per questioni storiche.

Visti gli enormi interessi in gioco, è praticamente certo che l’epilogo vedrà un conflitto anche militare con la Germania come controparte. L’Italia sta ancora cercando – come sempre accade – il coraggio per prendere una posizione che chi scrive ritiene non possa che essere a fianco di Washington. Che per altro ha tutti gli assi in mano.
 
Dolcino
Schauble contro l’America First di Trump, minaccia l’uscita di Berlino dalla sfera di influenza USA. Preludio di una guerra?



La copertina del celeberrimo settimanale tedesco Der Spiegel in cui si paventa una risorgenza tedesca in stile nazista dice molto, “Germania Uebermacht” (…). Che fa da consequenziale e logica premessa all’articolo molto interessante di ofcs.report. [si faccia anche click sull’immagine sopra per il link]. Si noti bene: chiunque abbia una minima nozione di causa sa che in ogni manuale di geopolitica viene espressamente citato un caso secondo cui gli USA entrerebbero inequivocabilmente in guerra, ossia in caso di aggregazione Germania-Russia.

Schauble di fatto annuncia tale possibilità*. Siamo prossimi ad una guerra? Probabile, infatti i carri armati inviati dagli USA per ipoteticamente difendere i confini Europei verso Mosca in realtà sono in gran parte parcheggiati …. in Germania!

Dico io, finalmente qualcuno – ofcs.report – che ha il coraggio (e le fonti) per dire le cose come stanno. Guarda caso ofcs.report fu la prima (o la seconda) a spiegare in italiano comprensibile che gli emigrati del Bangladesh che arrivano coi barconi in Sicilia in realtà vengono inviati da Ankara in aereo fino in Libya (con volo pagato con soldi europei concessi da A. Merkel a nome dell’EU, ndr) per poi imbarcarli con gli scafisti verso l’Italia. Chissà come mai succede questo…

Finirà molto male. Be ready

MD

#OPINIONECONOMICA. Schauble contro l’America First di Trump




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economica del diritto.






























mercoledì 28 giugno 2017
RES PUBLICA DELENDA EST! TRA EMERGENZE KALERGICHE E PREOCCUPAZIONI PRE-ELETTORALI [/paste:font]

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Questo nella immagine sopra è il preannunzio, in attesa di future e graduali, inevitabili, "riforme", di un futuro invadente, (fossi stato un po' più giovane)...

Qui sotto invece troviamo un diverso argomento. In apparenza. Indaghiamo sulle correlazioni:

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1. Il titolo la dice già lunga e l'Huffington lo classifica, non senza un inconscio (o involontario) humor (nero) come notizia politica: e sarà pure un'ammissione involontaria, o forse un messaggio politico subliminale post-trauma elettorale, ma ci conferma l'analisi di Chang (qui, pp. 8 ss.) sulla natura squisitamente politica delle politiche seguite da qualsiasi Stato sull'apertura all'immigrazione, in relazione al livello salariale che si intende riservare ai cittadini già residenti.
Ma tra questi residenti colpiti dalle scelte politiche sull'apertura all'immigrazione no-limits, a ben pensarci (perché ESSI, non voi, finché perdura il vizio del gioco...elettorale, ci pensano benissimo) vanno inclusi milioni di cittadini non italiani: e non senza conseguenze di ritorno sperato del consenso, nel caso in cui, come pare, gli si volesse rendere più agevole l'acquisto della cittadinanza, attraverso regole più elastiche sia quanto alla durata della presupposta permanenza in Italia che per i requisiti legittimanti, sia quanto all'allargamento agevolativo del già esistente ius soli "temperato".

2. Insomma, i primi a capire che aggiungere qualche centinaio di migliaia di "concorrenti" all'anno, ancor più disperati, nelle fila dell'esercito industriale di riserva dei disoccupati, è lesivo delle proprie prospettive di "sopravvivenza" lavorativa, non potrebbero che essere gli immigrati già residenti da anni e, ancor più, i loro stessi figli, che non potrebbero non constatare il peggioramento del mercato del lavoro (flessibile e voucherizzato, se non direttamente "in nero"), rispetto alla situazione di "primo arrivo" dei loro stessi genitori.
Una prospettiva che, semmai ce ne fosse ulteriormente bisogno, indica come seguire il modello €uropeo, non porti neppure sicuri vantaggi elettorali se ci si dedica senza "gradualità" alla realizzazione del modello di "sostituzione" etnica kalergico.
Sempre dando per "non pervenuti" i millennials autoctoni che vorranno sempre andare a fare i lavapiatti nel Regno Unito e che dunque si preoccupano della Brexit, o di piazzarsi in Germania in assistenza Hartz (che, dicono, in apposite interviste televisive, è sempre meglio che morire di inedia nei paesi desertificati del meridione italiano).

3. La soluzione ideale sarebbe quella di sopprimere il suffragio universale, cosicché non si debba più rincorrere questa fastidiosa mitologia del consenso, che, si sa, è inefficiente e porta alla spesa pubblica che è clientelare (il parlamento, dovendosi procurare la rielezione, è sotto ricatto e diviene un'istituzione benefica per gli interessi di particolari malcontenti, cioè viene deviato dalla "durezza del vivere": Hayek dixit, qui, p.8): la spesa pubblica, si sappia una volta per tutte e si taccia per sempre, mica soccorre l'essere umano quando, nella sua fisiologica evoluzione esistenziale, ha bisogno della solidarietà della collettività di appartenenza organizzata in uno Stato pluriclasse.
L'essere umano, in sé, conta finché è produttivo: poi, invoca solo immeritati privilegi e, col suo voto egocentrico, si "approfitta", dello Stato (che deve essere governato dalla minoranza libera e naturalmente saggia...e ricca).
E ce lo dice Attali, parlando di vecchiaia beneficiata da un nuovo "diritto" (lui, a modo suo, gli vuole bene all'umanità): il diritto di autosterminio, con suicidio assistito, previa induzione alla totale disperazione mediante l'abolizione del clientelismo dei corrotti parlamenti (cioè abolizione dell'assistenza sanitaria pubblica e di un sistema pensionistico pubblico).

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4. Ma, nell'orizzonte di breve periodo, questa soppressione del suffragio universale farebbe un "brutto effetto".
Se non altro sui risultati delle elezioni del parlamento che, per poterla votare (probabilmente recependo una "direttiva" €uropea nel nuovo quadro dei trattati "riformati" da Merkel e Macron), dovrebbe essere composto da una maggioranza di partiti che avessero tale "punto" nel loro programma.
Da qui, prevedibilmente, la sicura prospettiva di molti e fantasiosi governi tecnici che della previa legittimazione del consenso e del rispetto di un programma elettorale, se ne fregano altamente.
Ora come ora, almeno fino al 2018 (parte prima...), la soppressione del voto (persino dopo la scadenza delle legislature più sgangherate) non passerebbe inosservata: già è tanto che si riesca a far passare inosservato che l'indirizzo politico non si ritrae più dalle previsioni costituzionali fondamentali della Costituzione "lavoristica", ma, totalmente, da decisioni tecnocratiche di istituzioni sovranazionali ordoliberiste.

5. Il Papa, a sua volta, ci dice qualcosa di simile alla visione di Attali circa le linee di tendenza della società auspicata, ma lo fa muovendo da soluzioni più sottili, cioè con una ben diversa abilità comunicativa: millenni di raffinata pratica della caritas e della temperanza insegnano qualcosa al principale e più duraturo organismo mondialista propugnatore della virtù del governo del libero mercato.
Infatti, in un articolo che, sull'Huffington, non appare casualmente accostato a quello sulla "dichiarazione di emergenza sbarchi" ammonisce: "Basta con le pensioni d'oro e gli anziani che lavorano a lungo mentre i giovani restano a casa!". Parola del Papa."
Sentite perché, forse non sarà un "economista", ma Bergoglio sa il fatto suo, in materia di regole attuali del mercato del lavoro e della previdenza, regole che, di certo, non contesta, anzi:
"E' urgente un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell'ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare" ha detto aggiungendo che "è una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti".
5.1. Capite? L'anziano non è che proprio debba andare in pensione: gli si riducano le ore di lavoro, in modo che il calcolo con metodo retributivo della pensione sia meno oneroso per la previdenza (che sia pubblica o privata non importa: quanto predica Bergoglio porta comunque a una riduzione dell'assegno pensionistico). Sulle ore così ridotte, facciamo lavorare i giovani: cioè diffondiamo il part-time involontario (e risparmioso per i datori di lavoro, cioè in favore di supply side), e facciamo dilagare i working poors.
Tanto, per gli anziani a pensioni ancor più miserabili, che comunque, nel tempo, coincideranno con gli attuali giovani all'atto del futuro pensionamento, e per i working poors attuali, in crescita esponenziale, il rimedio è...la caritas, agevolata dal crescente contributo statale verso il "terzo settore"; che si appropria dei compiti che "La Repubblica", un tempo sovrana e fondata sul lavoro, assumeva solennemente come propri.

6. E dunque, pagheremo le tasse non per ospedali, scuole, strade (percorribili), forze di tutela dell'ordine pubblico, trasporti e servizi, pubblici, no: ma per mantenere le ONG, cioè associazioni PRIVATE, che faranno "rete" in chiave nazionale (cioè tenderanno ad assumere posizioni di oligopolio "concentrato", come avvertiva Lelio Basso), ma sempre - e qui fate veramente attenzione- nella prospettiva dei "partenariati internazionali" con altre ONG, cioè associazioni private internazionali, dalle non chiare fonti di finanziamento che possano spiegarne l'incredibile espansione operativa a livello "mondialista", gettando luce sulle intenzioni e i fini politico-strategici dei veri finanziatori.
Ma il messaggio in essenza rimane: Res Publica delenda est!

6.1. Bergoglio, con la sua critica selettiva, in sostanza ci dice: facciamo proliferare i working poors, giovani e vecchi, e colpiamo le "pensioni d'oro", cioè qualsiasi pensione che, pur essendo giustificata da un cumulo di contributi già versati, non sia da miserabile costretto a ricorrere alle premure assistenziali del "Terzo Settore" dei privati caritatevoli, che espropriano lo Stato delle sue funzioni pubbliche più caratterizzanti la legalità costituzionale democratica. Che la sovranità democratica, guerrafondaia e xenofoba (qui, p.1), sia mandata in soffitta dalle reti nazionali di soggetti privati "non governativi", sostitutivi della burocraziabrutta e nutriti dalla spesa pubblica residuata.
Ma sempre nel quadro del "partenariato" coi maggiori soggetti "non governativi" che...governeranno il mondo.

7. Magari, in una sintesi dialettica tra posizioni "miti" ecclesiastiche e posizioni malthusiane attalistiche, si arriverà comunque, dopo un "acceso dibattito" di apparente contrapposizione tra mondialisti delle due fazioni che agiscono separate ma colpiscono unite, anche ad introdurre, laicamente e "da sinistra" (radical-pannelliana), forme crescenti - la pazienza non è mai mancata ad ESSI- di eutanasia "volontaria" di anziani e improduttivi "costosi" in quanto tali.
Queste (programmate) categorie in espansione, infatti, potrebbero sottrarre le future crescenti risorse da devolvere al "Terzo Settore": e poi, come si può fare del bene, - specialmente se si mette nello Statuto-tipo, di derivazione mondialista che si è "buoni&altruisti", cioè tanto preoccupati dell'accoglienza, della "inclusione", dell'ambiente e del riscaldamento globale- se lo Stato, corrotto e clientelare, continua a dedicarsi agli sprechi?

8. Ma torniamo alla emergenza immigrati.
Sempre muovendo dal titolo riportato a inizio post, notare l'emergere improvviso della.."emergenza" (bisticcio di parole intenzionale), scoperta proprio...oggi (cioè non appena assestatisi i conteggi delle elezioni amministrative).
Clamorosa pare questa "ipotesi" di "negare l'approdo nei porti per le navi che non battono bandiera italiana e non facciano parte di missioni europee. Fonti comunitarie precisano che l'eventuale blocco nei porti italiani riguarderebbe solo le navi gestite dalle Organizzazioni non governative".
Notare che l'esistenza di "fonti comunitarie" sull'eventualità (ancora non si sa...) di un blocco, lascia intendere che L€uropa non sia in disaccordo e che, dunque, ci protegga.

9. Dal contesto parrebbe altrettanto deducibile che "fonti comunitarie" siano pure benevolmente non avverse al piano di emergenza, curiosamente sopravvenuta, così schematizzato:
"Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, è dovuto tornare in Italia mentre era in volo per gli Stati Uniti per affrontare l'emergenza sbarchi. In un articolo pubblicato sul quotidiano la Stampa viene riportato come il Governo stia pensando a mini-tendopoli per l'accoglienza dei migranti.

La questione principale, al di là dei numeri, è la sempre maggiore complessità nella sistemazione degli extracomunitari sul nostro territorio nazionale. All'esame del ministro ci sono due ipotesi: delle mini tendopoli (due per provincia in modo da non creare dei ghetti, sempre nell'ottica della distribuzione equa e diffusa) al ricorso alle caserme. Non solo: si procederà a una verifica della potenzialità di accoglienza di tutti gli edifici pubblici in disuso (ndr: ma non dovevano essere tutti privatizzati da un pezzo per ridurre il debitopubblicobrutto?) dalle scuole ai capannoni utilizzati in passato come magazzini.
Il piano d'emergenza prevede poi altri due punti:

Uno riguarda l'intensificazione della collaborazione con la guardia costiera libica, formata da nostro personale e dotata di 10 motovedette ristrutturate dall'Italia, e la guardia libica di frontiera, lungo i 5 mila chilometri al confine con Ciad e Nigeria. L'altro si concentra una maggiore collaborazione a livello europeo per stabilire che chi soccorre in mare deve poi farsi carico anche dall'accoglienza. L'obiettivo del Viminale, insomma, è che anche Spagna, Francia, Malta, ma anche Olanda e Irlanda dopo aver recuperato in mare i migranti facciano la loro parte e li accompagnino sul loro territorio invece che sulle nostre coste meridionali."
10. Beh, ecco, per comprendere criticamente la portata di questo "programma" gli elementi ve li ho già forniti: si vede la torsione dialettica determinata da due opposte tendenze.
Da un lato, cercare, nel breve periodo, di non perdere eccessivamente consenso. La gradualità metodologica ha il suo peso in fase pre-elettorale.
Dall'altro, non interrompere il disegno comunque da portare avanti: in attesa del consolidamento delle reti nazionali di associazioni private no-profit, dedite all'accoglienza ma anche alle politiche di sviluppo, si aprono comunque nuove ampie prospettive di affidamenti e "convenzioni" con associazioni e expertise private dato che lo Stato, si sa, non ce la può fare, di questi t€mpi, a stare dietro a tutto.
E poi è troppo impegnato ad autolimitare il proprio "perimetro" per non dover trovare "forme nuove" di intervento. Retribuito a privati. Ma a carico del bilancio pubblico.

11. La spesa pubblica non è sempre brutta: dipende. E poi non può essere bella solo se si concretizza in intervento pubblico di soccorso bancario (privato):
"Nel decreto del governo si legge però che Intesa riceverà dallo stato un “supporto finanziario” per “un importo massimo di 3.500 milioni”, “risorse a sostegno delle misure di ristrutturazione aziendale per un importo massimo di 1.285 milioni” con cui accompagnerà all’uscita circa 4mila bancari; e altri 400 milioni come garanzia sui crediti in bonis che Intesa si porta a casa.
Il tutto a carico del “fondo salva risparmio” creato lo scorso dicembre per le banche in difficoltà. A questi esborsi immediati vanno aggiunte garanzie a copertura del rischio di retrocessione dei crediti che non risultino in bonis, fino a 6,3 miliardi, e fino ad altri 4 per i crediti “attualmente in bonis ma ad alto rischio”."

Pubblicato da Quarantotto a 19:16 15 commenti:
 
il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.






























sabato 24 giugno 2017
ARGENTARII BONI VIRI; SISTEMA BANCARIO MALA GESTIO? [/paste:font]

Ma sì...mettiamoceli tutti che ci stanno comunque bene...

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1. Come risulta del tutto prevedibile, la stampa mainstream si affretta a ri-raccontare la storia dell'insolvenza delle banche venete in termini di casta-cricca-malcostume, in modo da escludere, agli occhi del suo lettore-tipo, ogni possibile connessione tra l'euro, le politiche fiscali indispensabili per mantenere l'Italia dentro l'eurozona, e la disciplina dell'Unione bancaria. La narrazione è la stessa che c'è stata propinata con riguardo ai precedenti delle "3 banche" e del MPS:
"Consoli e Zonin sono stati travolti dai prestiti che loro stessi hanno concesso, spesso ad amici e senza valutazioni obiettive, perché anno dopo anno si sono trasformati in sofferenze che hanno eroso il patrimonio delle loro banche. Un patrimonio, per di più, che non sempre era vero capitale, perché in non pochi casi le azioni che le due banche emettevano per rafforzarlo venivano sottoscritte dai correntisti finanziati dalla stessa banca. Era solo un circolo vizioso".
1.1. Se ne deduce che se i prestiti fossero stati fatti ai "nemici", o comunque, seguendo non ben identificabili (e diversi) criteri di merito del credito, che avessero prudenzialmente giustificato la "fiducia" elargita in un dato momento storico, nessuna banca, specie quelle "locali-brutte" che fanno gestioni allegre e poco trasparenti, sarebbe incorsa in una procedura di risoluzione.

2. Il credito, sostiene il mainstream, in Italia c'è chi è bravo e onesto nel concederlo e chi no: problemi SOPRAVVENUTI di difficoltà sistemica di restituzione non sono in alcun modo contemplati nelle sue spiegazioni.
E non solo, ma a nessuno viene in mente, in queste occasioni, di parlare di credit crunch e di come, amici-brutti o beneficiari-meritevoli che siano, la situazione delle imprese - e di un numero crescente di famiglie, con mutuo e concomitante perdita o precarizzazione del lavoro- era ed è tale che, senza erogazione o mantenimento delle linee di credito, ogni attività e ogni asset, nel mondo reale, andrebbero perduti.
E infatti, siccome il credit crunch invece c'è, poi accade che, ai suoi effetti di soffocamento senz'altro sistemico, si uniscano le perdite di questa strana categoria mista, che non è certamente casuale ma piuttosto congiunturale: la categoria delle famiglie e imprese che, in quanto beneficiarie di credito (di sopravvivenza), divengono pure azionisti e/o obbligazionisti della banca erogatrice.
A questa erano abituate a rivolgersi, in condizioni fisologiche, come interlocutore territoriale naturale.

3. Ma, nonostante nessuno si interroghi sul perché non ci siano più queste condizioni fisiologiche nei vari "territori", la reiterata spiegazione che viene standardizzata per tutti i casi di insolvenze bancarie, più o meno "risolte" all'€uropea, continua ad essere che non ci sarebbe alcun problema per il sistema bancario italiano.
Perfettamente in linea con questa spiegazione ostinatamente fondata sulla esclusiva efficienza causale della malagestio, Visco di recente conferma:
"E' grave che si parli della crisi del sistema bancario italiano, perché potrebbe essere strumentalizzato dai mercati. Non c'è una crisi del sistema bancario, ma una gravissima crisi italiana che ha colpito alcune banche''. Così il governatore Ignazio Visco in audizione al parlamento ''Ci siamo accorti della crisi banca per banca e una per una abbiamo informato sempre gli organi giudiziari''.

3.1. E quindi, dobbiamo supporre che la pubblica opinione che si forma sul mainstream mediatico sia fermamente convinta che l'euro, l'austerità fiscale e i suoi effetti sulla domanda e sull'occupazione - quindi sulla solvibilità di imprese e famiglie- non c'entrino nulla.
Con fiera pervicacia, autorità bancarie e espertologia mediatica rivendicano la correttezza metodologica del non interrogarsi mai sull'esistenza di cause sistemiche. E procedono empiricamente, a posteriori: ogni volta è come se fosse una sorpresa, un inconveniente anomalo in cui ci si imbatte e di cui ci si deve rammaricare a posteriori.

4. Ma questa foglia di fico, naturalmente autorazzista e basata sul senso di colpa - ogni male economico e sociale che ci troviamo a fronteggiare, è conseguenza di un modo di essere degli italiani e va corretto con dosi aggiuntive di €uropa-, non dovrebbe accontentare l'italianomedio (a meno che non "sappia di sapere").
E notare che sulla "colpa di popolo" esistono già precedenti teorizzazioni giuridiche e politico-morali che si riteneva di non dover mai più considerare in Europa.

4.1. Alberto Bagnai, un anno e mezzo fa, aveva invece descritto con ben maggiore attendibilità il meccanismo in cui si trovavano gli imprenditori (e investitori e azionisti nelle "banche" di riferimento territoriale) "in quanto veneti", ovviamente cercando di far inutilmente capire che questo riguardava tutti gli italiani "in quanto €sternamente vincolati":
"Ai cari amici imprenditori del Veneto, dai quali sarei dovuto andare oggi, ma mi sono rifiutato di farlo quando ho visto che l'evento prendeva una piega non costruttiva, mi limito a dire una cosa.

Voi avete difeso finora l'euro per due motivi: uno etnico e uno economico.

Il motivo etnico: purtroppo voi veneti prendete il meglio delle altre regioni italiane: siete spocchiosi come un fiorentino (prendete me ad esempio), e piagnoni come un napoletano. Voi credete veramente che se non vi avesse rovinato Campoformio (pianto), a quest'ora potreste competere da pari a pari con la Germania (spocchia), e quindi che se siete costretti a chiudere le vostre aziende la colpa non è del fatto che l'euro soffoca l'economia italiana, ma dello Stato ladro, dei terroni, ecc.

Preciso subito una cosa: voi non siete la Germania (perché non avete il suo peso geopolitico): siete meglio della Germania, e lo avete dimostrato tutte le volte che avete avuto le mani libere. E allora perché avete difeso un sistema che vi legava le mani?

Subentra il motivo economico: purtroppo voi imprenditori (rectius: i meno brillanti di voi) siete entrati nel simpatico schema Ponzi che qui descrive un vostro collega: le banche, pare, vi finanziavano se voi partecipavate alla loro ricapitalizzazione. Non è mica una novità, succede dappertutto. Sarà la magistratura a accertare i fatti e la loro rilevanza giuridica. Quella economica la si può intuire.

Ora, cari amici, vorrei farvi notare una cosa. Per anni avete creduto che, una volta entrati in questo giro, l'euro vi tutelasse, e questo perché persone prezzolate dal grande capitale (che non siete voi, e che è vostro nemico) vi dicevano che recuperare sovranità monetaria vi avrebbe fatto perdere dall'oggi al domani il 20% del vostro capitale. Una cosa che non è mai successa: mai e da nessuna parte una svalutazione è stata accompagnata da un pari crollo della ricchezza in termini reali (motivo e dati per l'Italia sono qui). Lo capite ora che è l'euro che distrugge i vostri risparmi, e non il ritorno alla lira? Perché se lo capite, vi consiglio di dare un cenno concreto di appoggio a questo progetto. Se invece ancora non lo capite, mi dispiace, ma vale per voi quello che vale per gli altri: vi meriterete quello che vi accadrà. E vi accadrà, purtroppo per voi, per i vostri dipendenti, e per noi.

Questo dovevo dirvi, e per dirvelo non ho bisogno di ascoltare le supponenti menzogne di Brunetta. A voi documentarvi. Qui gli elementi li avete. Senza il vostro sostegno il paese non può liberarsi. Quelli che creano il valore di cui le banche altrui vogliono appropriarsi siete (anche) voi. Siete veramente sicuri che farsi espropriare da uno Stato altrui per odio ideologico verso il proprio Stato sia un'ottimissima idea? Perché se avete accettato l'euro è per questo: perché pensavate che avrebbe costretto lo Stato ladro a disciplinarsi (e per tutelare il valore nominale di quei risparmi che ora i tedeschi vi hanno detto in faccia che si prenderanno).

Amici: avete fatto una grossa stupidaggine.

Qualsiasi imprenditore ne fa: solo chi non fa non sbaglia.

Ma solo i grandi ammettono l'errore e si adattano alle mutate circostanze".

5. Eppure, quando non ci si trova di fronte all'immediata esigenza di "risolvere" una specifica crisi bancaria in qualche modo, un qualsiasi modo purché subordinato alla imprevedibile e capricciosa supervisione €uropea, la consapevolezza della dimensione sistemica del problema bancario italiano (quella negata da Visco a tutt'oggi), emerge.
Le banche a rischio travolgimento sotto il "peso abnorme di sofferenze e incagli", come ci dice il Sole 24 ore, sarebbero ben 114 (su 500 banche complessivamente monitorate da uno studio di Mediobanca), la maggior parte delle quali istituti legati al territorio: cioè a quel rapporto fiduciario che lega il credito alla conoscenza diretta della realtà produttiva locale.
Se sono 114, non solo pare un problema molto poco episodico e molto sistemico, ma imporrebbe di interrogarsi sulle cause di questo vertiginoso aumento delle sofferenze e delle difficoltà di restituzione.

5.1. L'Espresso concorda sulla dimensione del problema e parrebbe scartare la spiegazione episodica. Il problema rimane sempre la malagestio ma (almeno) è generalizzato (cioè, più che mai, "colpa di popolo"): infatti a rischio sono "quegli istituti che dovrebbero sostenere l’economia dei territori, erogando il credito alle piccole e piccolissime imprese. Di fatto le centinaia di piccole banche sparse per l’Italia sono strumenti di potere sempre più spesso autoreferenziali e collusi con i partiti, che se ne servono per alimentare su scala locale i loro interessi affaristico-clientelari. Ed è proprio la commistione tra banche, politica e affari (lo stesso tarlo che ha divorato Monte dei Paschi) ad avere messo in ginocchio decine di piccoli istituti salvati a un passo dal baratro con i soldi dei contribuenti."
Salvo poi dare un po' di cifre che si compendiano nel dato comune dell'ammontare delle sofferenze:
"Il 66 per cento delle banche del campione è considerato a rischio: un terzo abbondante a rischio elevato e oltre un quarto mediamente rischioso . Le banche a basso rischio rappresentano il 34 per cento, la minoranza.
Per determinare il livello di rischio, il parametro più frequentemente utilizzato è il rapporto tra crediti deteriorati netti e patrimonio netto tangibile. Quando il rapporto supera il 100 per cento l’equilibrio patrimoniale della banca comincia ad essere compromesso
".

6. Prescindiamo ipoteticamente dalla capacità delle grandi banche di riconoscere il "merito" del profilo di rischio, elemento che pure ci fornisce dati non dissimili sull'incremento di sofferenze e incagli (specialmente perché L’80% DELLE SOFFERENZE E’ DELLE GRANDI IMPRESE). Prescindiamone, dunque, sapendo che...

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i, tutta la versione ufficiale della crisi di "singole" banche si può logicamente fondare solo su una sopravvenuta obnubilazione cognitiva e sensoriale del relativo management circa le condizioni dell'economia territoriale di riferimento e italiana in genere.
Ma cosa potrebbe spiegare questo impazzimento collettivo che prolifera, ben distribuito, in ogni ambito territoriale e, dunque, questo subentrare di un'irreferenabile voglia di far "clientelismo & cricca", anche a costo di mandare a rotoli l''impresa in cui si lavora magari da una vita intera?

7. Vediamo la (già vista in precedenza) storia delle sofferenze e degli incagli in Italia.
La crisi del 2008 non c'entra (più) e con ogni evidenza. Basta guardare a questo arcinoto grafico dell'Economist su dati BCE:

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I non performing loans scendono tra il 2009 e il 2010, dopo un aumento tra il 2007 e l'inizio del 2009 stesso. L'aumento era stato comunque contenuto e la situazione si avviava ad un certo ritorno alla normalità.
Ma ecco che dall'estate 2010, quando già si concretizzano i six packs e il fiscal compacts, nei vari Consigli europei brillantemente dediti alla soluzione della crisi finanziaria da oltreoceano, iniziano le manovre correttive di Tremonti, che, come ormai dovrebbe essere noto, si moltiplicano e intensificano nell'estate del 2011, fino ad arrivare a Monti.
L'austerità fiscale, nell'arco di pochi mesi successivi all'adozione delle misure "di bilancio", dispiega i suoi effetti (molte disposizioni agiscono sull'anno fiscale successivo a quello dell'adozione delle manovrone). Tra il 2010 e il 2015 i NPLs decollano.

8. Dalla fine del 2011 e fino a tutto il 2013, a sua volta, il credit crunch aumenta, in un modo senza precedenti (e non spiegabile con la crisi dei subprime...).
Tanto da far ragionevolmente pensare che, essendo gli istituti bancari costretti dalle condizioni recessive fiscalmente indotte (un violento drenaggio di liquidità tramite tasse & tagli che serve a correggere il deficit della partite correnti con l'estero, uccidendo la domanda interna), specie a partire dal governo Monti, il credito concesso, e finito in sofferenze, sia in buona parte coincidente con quello, elargito in precedenza all'acutizzarsi dell'austerità fiscale, quando, tra il 2010 e la prima parte del 2011, si pensa che la crisi e la recessione siano state messe alle spalle.

9. Accade poi, come si può vedere da qui, che il fenomeno si stabilizzi, nei primi mesi del 2015: ma il suo livello in rapporto al PIL non scende sostanzialmente, indicando solo che una massa di insolvenze pesano, appunto, sui patrimoni bancari:
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E possiamo vedere la stessa vicenda anche in correlazione alla produzione industriale:

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9.1. Non a caso il PIL, passando per la crescita praticamente 0 (virgola) del 2014-2015 (che almeno non è recessione), risale nel 2016, ovviamente di poco, sebbene neppure al livello del 2010, anno in cui eravamo sostanzialmente usciti dalla crisi "importata" del 2007-2008 (sono i dati più "ufficiali", cioè governativi, rinvenibili):

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10. Ma poi... oggi (e non solo da oggi), ci si viene a dire che la colpa di popolo degli italiani è di crescere meno del resto dell'UE e, specialmente, dell'eurozona. Il nostro governo questo lo sa benissimo:

1_1.jpg


10.1. Ma forse una ragione c'è: la ragione del differenziale di crescita del PIL è quasi riscontrabile icto oculi. E questa ragione si chiama, proprio nel raffronto con l'eurozona, saldo primario:
Saldo primario di bilancio: Italia ed Eurozona
(% del PIL – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea)
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Le sofferenze e gli incagli, dunque, si legano alla crisi fiscalmente indotta per ragioni di correzione dei conti con l'estero: è nella fase di "aggiustamento" che decollano e in relazione a crediti erogati presumibilmente per lo più (ovviamente su scadenze pluriennali) prima che si intraprendesse l'aggiustamento stesso.

11. Ma le sopravvenute insolvenze giungono in concreto a mettere in crisi il nostro sistema finanziario con l'entrata in vigore dell'Unione bancaria (sulla cui escogitazione neo-hayekiana, v.qui, pp.2-4), che obbliga a svalutare i crediti in sofferenza e incagliati, iscritti in bilancio; e tutto questo sulla base dell'ipotesi normativizzata - cioè de iure fiscale €uropeo condito- che, come vuole l'€uropa, gli italiani non possano mai più essere in grado di restituirli.
Chi impone di svalutare i NPLs in bilancio in una misura drastica e repentiva, infatti, sa che "l'aggiustamento" deve proseguire e la domanda interna deve continuare a essere soffocata, in modo da portare la disoccupazione strutturale a livelli tali da completare la svalutazione interna (via salari).
Questo, (nel sottostante grafico, sempre "governativo") infatti, è l'andamento della spesapubblicaimproduttivabrutta.
Nonostante si neghi persino l'esigenza di qualsiasi indagine sistemica sul "perché" dell'aumento e della conclamata impossibilità di restituzione dei debitori, il grafico sottostante ci dice invece come, senza la volgare spesa primaria corrente (cioè al netto di investimenti e onere degli interessi sul debito pubblico), l'incapacità di restituzione non possa che permanere ed aggravarsi.

2_3.jpg


E, quindi, le 114 banche in potenziale crisi di insolvenza rimarranno tali. Semmai ne aumenterà il numero. E l'intero sistema è sempre più a rischio domino, in modo del tutto ovvio


12. Anzi, a dirla tutta, la futura stretta fiscale, pre-elettorale ma pure, a maggior ragione, quella post-elettorale, dovrebbe, a rigor di numeri autoevidenti, portare ad un nuovo aumento dei NPLs, per la stabilizzazione dell'effetto cumulativo dei tagli di spesa che, prontamente, hanno continuato ad essere effettuati al minimo accenno di crescita, nonché dei tagli ulteriori che verranno acuiti a furor di "sogno €uropeo".
Infatti, non dimentichiamo che la riforma dei trattati va decisamente nel senso di rendere più cogente e sanzionabile, da parte dell'€uropa, la stessa austerità fiscale.

13. Rammentiamo infatti (qui, p.10) che dopo i pronunziamenti favorevoli di Parlamento e Commissione europea, la prospettiva è questa:
"Ferma la "irrealistica" praticabilità di un adeguato bilancio fiscale federale, il massimo che si tenterà di fare, e che Macron è predisposto ad accettare per sua "forma mentis", è un inadeguato bilancio di tal genere: cioè composto con risorse fornite, da tutti i paesi dell'eurozona, in proporzione maggiorata in rapporto al PIL, rispetto all'attuale contribuzione, ma senza alcun intervento solidale-compensativo a carico della Germania.
Questo pseudo bilancio federale - che non avrebbe alcuna funzione di riequilibrio delle asimmetrie interne, ma solo la veste di un'esosa esazione aggiuntiva aggravante la situazione fiscale dei paesi in crisi di competitività -, sarebbe semmai, in più, farcito di un ESM trasformato in trojka permanente, intenta a "sorveglianze" di bilancio direttamente sostitutive delle politiche fiscali residue dei paesi dediti all'aggiustamento (quindi moltiplicando il "trattamento Grecia" per chiunque non correggesse di qualche decina di punti percentuali il costo del lavoro, tramite il dilagare della disoccupazione e la distruzione del welfare) e con un ministro euro-finanziario fantoccio della "guida" tedesca".

14. E per quanto riguarda il fronte bancario, poi, la "solidarietà €uropea", a guida tedesca, ma col contributo entusiasta della Francia macronizzata, sarà immediatamente orientata a realizzare il rating del debito pubblico come risk weighted asset che, inevitabilmente porta a ulteriori perdite di bilancio, inoppugnabilmente sistemiche, sui titoli detenuti dal nostro settore finanziario (che non sono pochi...):
"Parliamo della proposta della Commissione UE di ulteriore regolamento e (anche) direttiva sui requisiti patrimoniali delle banche che, in mezzo a un oceano di bla-bla-bla, per cui si vuole uscire dalla crisi e aumentare la stabilità finanziaria, senza dire una parola sulla generazione della crisi €uropea da parte della stessa...disciplina €uropea (e fingendo sfacciatamente di non vedere l'applicazione discriminatoria e distruttiva, unicamente per Italia, dell'Unione bancaria), si parla, con nonchalance, di "ridurre i costi di emissione/derivanti dalla detenzione di determinati strumenti (obbligazioni garantite, strumenti di cartolarizzazione di alta qualità, strumenti di debito sovrano, derivati a fini di copertura).
Insomma, si vuol introdurre una graduazione di rischio, una sorta di rating, concernente il debito sovrano, e porre l'intero sistema bancario italiano (o, più o meno, rimasto tale) di fronte all'obbligo di cederne comunque la parte eccedente un certo ammontare "limite", nonché, in aggiunta, di cedere i titoli, deprezzati drasticamente in base a tale indicizzazione di rischio, se non si sia in grado di aumentare in misura adeguata, - e oggi impensabile, senza ricorrere a capitale estero, e quindi perdendo il controllo proprietario del capitale-, il capitale di "garanzia".


15. Intanto Schauble si "avvantaggia" e, appunto, mette il cappello sul nuovo corso, preannunziando il Macron-convergente in una soluzione, drastica e immediata, che non esige neppure di cambiare i trattati:
"Ma il suo Ministro delle Finanze comune ha altre caratteristiche, no? Lei vorrebbe che avesse possibilità di intervento sui bilanci.
"Sì, altrimenti non ha senso. E Macron e io la pensiamo esattamente allo stesso modo. Però bisognerebbe cambiare i Trattati europei".

...E non si può fare? Neanche dopo le elezioni tedesche?
"Non è certo un problema della Germania. Il trasferimento di pezzi di sovranità nazionali all'Europa non è mai fallito per colpa della Germania o l'Italia, ma piuttosto della Francia. Il presidente Macron e io siamo totalmente d'accordo su questo: ci sono due modi di rafforzare l'eurozona: cambiare i Trattati oppure farlo con pragmatismo attraverso l'intergovernativo. Modifiche dei Trattati richiedono l'unanimità e la ratifica nei Parlamenti nazionali o in alcuni Paesi addirittura un referendum. Siccome al momento non è realistico, dobbiamo provare ad andare avanti con gli strumenti esistenti, dunque attraverso uno sviluppo del trattato che regola il fondo salva-Stati Esm".
Il fondo salva-Stati Esm deve diventare un Fondo monetario europeo, come lei lo sostiene da tempo?
"Sì, ne ho parlato spesso con Mario Draghi: bisognerebbe rafforzare le istituzioni perché la Bce non debba sempre portare il peso di tutto. Ma ci vogliono cambiamenti dei Trattati. Però non possiamo neanche non fare nulla, perché rischiamo che si disgreghi l'Europa. La seconda migliore soluzione, dunque, è quella di creare un Fondo monetario europeo, sviluppando lo statuto dell'Esm".


16. Per le banche italiane non c'è alcuno scampo: ma, prima di tutto, perché non c'è alcuno scampo per la sopravvivenza del nostro tessuto industriale "territoriale", (che possa realmente ancora ricorrere o meno al credito).
Tutto ciò è molto sistemico: Schauble lo sa e a lui piace molto. La nostra classe di governo (dei vari settori), NON LO SA: MA GLI PIACE LO STESSO.
Continueranno a credere in episodi di malagestio e a negare il problemino fino alla fine...di tutti noi.

Pubblicato da Quarantotto a 18:46 15 commenti: Link a questo post
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posted by Maurizio Gustinicchi
FINALMENTE BCE E MEDIA AMMETTONO L’EUROTRUFFA

Tempo di pubbliche dichiarazioni.

Comincia la Banca Centrale Europea la quale, nello studio



scrive



ossia



Ma non finisce qua! Il carico da 11 è del Corriere della Serva che nell’articolo:



candidamente e involontariamente confessa: il debito pubblico non rappresenta un problema per gli Stati sovrani con propria BC.



Ma quante belle ammissioni di colpa cari miei!

Neurimberga si arricchisce ogni giorno di taaaante belle testoline piene di semi di zucca!

Ad maiora.
.
 
ACHTUNG! COSTITUZIONALIZZARE L'EURO VIA RIFORMA COSTITUZIONALE DELLE PENSIONI [/paste:font]


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1. Riprendo questo commento di Gianni Pinelli all'ultimo post e vi ragguaglio brevemente sul disegno di legge costituzionale di revisione dell'art.38 Cost., in materia di pensioni, proposto sia dall'on.Mazziotti che dall'on. Ernesto Preziosi. Interessante è comunque sapere che:
Il ddl a prima firma Preziosi è stato firmato da tredici parlamentari del Partito democratico, il disegno di legge a prima firma Mazziotti (Cl) è stato firmato da trentacinque deputati di diversi partiti, dal Partito democratico a Fratelli d'Italia, passando Per Forza Italia e Area popolare.
A parte qualche differenza di drafting, le due proposte di riforma costituzionale sulla questione pensioni coincidono pure "lessicalmente", come viene spiegato dall'Ansa.
2. Vediamo la relazione di accompagnamento di questa nuova iniziativa volta a modificare la Costituzione in uno dei suoi aspetti più essenziali.
Cominciamo dalla fine. Questo è il testo (appunto "lessicalmente" coincidente nelle due iniziative obiettivamente convergenti) del proposto nuovo quarto comma dell'art.38 (su cui si appunta la revisione):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 1.
1. Il quarto comma dell’articolo 38 della Costituzione è sostituito dal seguente: « Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato secondo princìpi di equità, ragionevolezza e non discriminazione tra le generazioni ».


3. Esaminiamo e commentiamo i passaggi giustificativi fondamentali della Relazione di accompagnamento (che potete leggere per intero qui), cioè quelli che fondano come presupposti dimostrativi il resto delle affermazioni:
"Perchè questa proposta di legge
Il rapporto Pensions at Glance 2015, diffuso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il 1° dicembre 2015, mette in luce in maniera molto netta alcune difficoltà del sistema previdenziale italiano."
Commento: dunque, come invariabilmente accade da qualche anno - o meglio decennio- a questa parte, le riforme costituzionali devono appoggiarsi su qualche esigenza o problema che emerge da una qualche organizzazione internazionale di natura economica che, in qualche modo, si preoccupa di monitorare e dettare l'agenda politica italiana, fino al punto da incidere sulla Costituzione nei suoi principi fondamentali.
Rammentiamo l'incipit giustificativo, in chiave di adeguamento alla nuova governance impostaci dall'appartenenza all'Unione politica e monetaria europea, della fatidica maxi-riforma costituzionale oggetto del referendum dello scorso 4 dicembre.

4. Ci vengono poi riportati una serie di numeri e di dati che si compendiano nella consueta affermazione che, quanto alla spesa pensionistica, "l’incidenza sul PIL è cresciuta di 0,2 punti percentuali, dal 16,97 per cento del 2013 al 17,17 per cento del 2014".
Tuttavia, come già abbiamo visto seguendo gli studi del più attento economista italiano nella materia, sulla base dei dati correttamente assunti, sovrastimati dalL'Eurostat, così come dall'OCSE, le cose stanno in modo diverso:
"In tutti i paesi europei, tranne l’Irlanda, la voce di spesa più importante è la previdenza (15,1% nell’EU-16); questa voce in Italia è pari al 18,8%, in Francia al 16,5% e in Germania al 13,6%.

La superiorità del nostro dato previdenziale di 3,7 punti rispetto alla media europea è tuttavia viziata da diverse disomogeneità presenti nelle statistiche.
Ad esempio, l’Eurostat include nella spesa pensionistica italiana i trattamenti di fine rapporto (pari all’1,7% del Pil) che non sono prestazioni pensionistiche.
C’è poi che le spese pensionistiche sono confrontate al lordo delle ritenute d’imposta, ma le uscite pubbliche sono quelle al netto.
Tuttavia, mentre in Italia le aliquote fiscali (sulle pensioni) sono le stesse che si applicano ai redditi da lavoro, per un ammontare trattenuto pari a circa il 2,5% del Pil, in altri paesi spesso sono inferiori e in Germania sono addirittura nulle, cosicché i confronti operati al lordo sovrastimano i nostri trasferimenti pensionistici che, in realtà, non sono affatto anomali.
In ogni caso, dopo le riforme del 1992 e 1995, fin dal 1998 il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali nette è sempre stato attivo; l’ultimo dato, del 2011, è di ben 24 miliardi di euro. Dunque, il nostro sistema pensionistico pubblico non grava sul bilancio pubblico, anzi lo migliora in misura consistente (pari a sei volte le entrate Imu sulla prima casa!)".


5. Probabilmente il dato di Mazziotti sconta già la sottrazione del trattamento di fine rapporto (le due indicazioni sulle prestazioni puramente pensionistiche tendono a coincidere sul 17 e qualcosa rispetto al PIL).
Ma come al solito si evita di considerare la prestazione al netto dell'imposizione diretta, il cui prelievo porta al consistente attivo sopra visto (circa 24 miliardi di euro) e smentisce in partenza qualsiasi problema attuale di insostenibilità.
Tanto più che, nella stessa Relazione, l'aumento del numero di prestazioni pensionistiche è distrattamente ammesso come puramente transitorio, senza esplicitarne le cause: cioè la prolungata recessione €uroindotta per l'aggiustamento dei conti con l'estero, da cui l'esigenza di piazzare gli esuberi dei settori desertificati dalla crisi, nonché i pensionamenti anticipati dovuti alle norme-ponte di salvezza per coloro che erano prossimi alla pensione e, avendo maturato i requisiti ultrattivi del vecchio regime, hanno concentrato in pochi anni le richieste di quiescenza per salvaguardarsi dall'entrata in vigore della rifoma "Fornero".

6. Il problema, infatti, e lo dice pure l'OCSE citato da Mazziotti, non è la sostenibilità finanziaria "di sistema", ma la sostenibilità della vita dei pensionati futuri, cioè gli attuali giovani.
Qui è il punto chiave che fa crollare tutta l'impalcatura logica delle due proposte di revisione dell'art.38:
"Come avverte l’OCSE, è forte il rischio che i lavoratori più esposti al rischio di una carriera instabile, a una bassa remunerazione in lavori precari non riescano a maturare i requisiti minimi per la pensione contributiva anche dopo anni di contributi elevati.
Più semplicemente, come ha affermato il Presidente dell’INPS, Tito Boeri, i trentenni potrebbero essere costretti ad andare in pensione a 75 anni per ricevere, se matureranno i requisiti, una pensione inferiore del 25 per cento rispetto a quanto ricevono i pensionati di oggi. Sul fronte contributivo, poi, giovani e donne potrebbero scontare in maniera molto più pesante di altre categorie periodi di assenza dal lavoro, disoccupazione e inattività
".

7. Come si vede, nè l'OCSE nè Boeri, a saper capire il senso delle loro affermazioni collegano in alcun modo l'ammontare delle pensioni future dei giovani all'eccesso di prestazioni attribuite ai "vecchi", come invece insinua la relazione di Mazziotti che, su questo aspetto, giustifica la "disuguaglianza".
Il problema è esclusivamente dovuto al combinato del nuovo regime del rapporto di lavoro dipendente, del tutto flessibilizzato e precarizzato, per il sovrapporsi delle note riforme supply-side, cioè pro-impresa, "a ondate" volute dall'€uropa, e del simultaneo innalzamento progressivo dell'età pensionabile dovuto alle altrettanto continue riforme pensionistiche, che si basano su un aumento delle aspettative di vita che si sta rivelando, oltretutto, piuttosto fallace, via via che, come ci dicono dati accuratamente trascurati dai neo-legislatori costituzionali, si smantella la sanità pubblica rispetto ad una platea crescente di working poors.
Cioè la violazione della parità di trattamento è dovuta al Legislatore, €uro-osservante e "austero", e non a comportamenti abusivi o moralmente riprovevoli delle precedenti generazioni.
Il Legislatore ha peggiorato irragionevolmente la condizione di lavoratore e, di conseguenza, la base di retribuzione su cui applicare i contributi e ricavare la futura pensione: nel far ciò ha violato sia l'eguaglianza sostanziale (art.3, comma 2, Cost.) che il parametro dell'adeguatezza della prestazione (futura ma già deteminabile), cioè l'art.38 Cost (e, prima ancora, l'art.36, durante la vita lavorativa di tutti i dipendenti, da almeno qualche decennio). Invece di rimediare a queste stortute con una legge, si tende a sanare la illegittimità costituzionale, di quanto fatto in nome dell'€uropa, aggiustando il parametro costituzionale!

8. Dunque, su queste basi logicamente labili e confuse si vuol forzare il principio di eguaglianza (Ma non si può considerare equo un Paese nel quale il sistema pensionistico discrimina fra pensionati di generazioni diverse. Viene meno un caposaldo della Costituzione, il principio di uguaglianza), per giustificare il taglio delle prestazioni in godimento, e delle aspettative basate sull'attuale ed effettivo livello contributivo dei "vecchi", in nome della non discriminazione tra le generazioni?
Ma la discriminazione è avvenuta per via del peggioramento legislativo e €uro-osservante, cioè deflattivo e competitivo, del mercato del lavoro!
La sintesi di tutto ciò è che, come al solito, si vuol giustificare l'espropriazione della condizione previdenziale legislativamente sancita delle precedenti generazioni, in quanto conforme a Costituzione, per appiattire tutti sulla condizione peggiorativa delle generazioni future determinata da una sopravvenuta disciplina palesemente incostituzionale del mercato del lavoro!
E si vuol sanare il tutto introducendo una nuova norma costituzionale che, nella sostanza, introduca illimitate restrizioni retroattive della condizione dei pensionandi e dei pensionati, in nome del principio di eguaglianza!

9. Trattandosi della già vista mistica della solidarietà intergenerazionale, richiamiamo quanto detto in proposito (qui p.6), segnalando la gigantesca contrarietà al modello costituzionale lavoristico (artt.1, 3, comma 2, 4 e 36 Cost.) di questo "curioso" concetto:
[Nel caso del disegno della Costituzione del 1948] (qui, p.4) si tratta della redistribuzione ex ante che implica l'intervento dello Stato per rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena parità di ciascun cittadino nell'esprimere appieno le proprie capacità.
Lo Stato, perciò, interviene con l'istruzione pubblica (gratuita), il sistema delle borse di studio, e, più in generale, col sostegno al reddito delle famiglie dei lavoratori, e quindi alla loro effettiva possibilità di risparmio, realizzato tramite redditi aggiuntivi indiretti, tipica l'assistenza sanitaria pubblica universale, e differiti, tipico il sistema previdenziale pubblico alimentato da prelievi sia sul salario che sul datore di lavoro.

Tutto ciò non ha nulla a che fare con la solidarietà intergenerazionale invalsa sotto il regime €uropeista, e accettata dalla nostra Corte costituzionale, fondata sull'idea della scarsità delle risorse conseguente alla privazione della sovranità monetaria statale.
Questo euro-concetto di solidarietà intergenerazionale, corrisponde in essenza a una revanche del neo-liberismo che si "riprende il maltolto": essa, infatti, si concretizza in forme di prelievo a posteriori sul reddito previdenziale o sullo stock di risparmio delle classi lavoratrici, prelievo giustificato da limiti di bilancio istituzionalizzati per favorire la "stabilità monetaria".
Questo tipo di prelievo è dunque teso a riappropriarsi, espropriandoli, del reddito e della ricchezza derivanti dalla precedente redistribuzione ex ante, per finanziare la carenza di reddito delle più giovani generazioni dovuta essenzialmente all'effetto del regime di mercato del lavoro conforme all'obiettivo della stessa "stabilità monetaria".

10. Ma se tutto quanto abbiamo visto risulta illogico, privo di giustificazione nei dati economici e improntato al ribaltamento o alla grossolana incongruenza ricostruttiva dei rapporti causa/effetto, il problema è che si tratta:
a) di proposte, abbiamo visto identiche e convergenti, ampiamente bipartisan: perciò, ove mantenuta la rappresentatività dei partiti proponenti anche in prossime legislature, siamo e saremmo in presenza di condizioni politiche tali da rendere probabile il compimento del disegno;
b) di un modo per alterare in via indiretta, cioè agendo addirittura su parametri offerti cosmeticamente come "equità" (che manca a monte nel regime del mercato del lavoro, contra Constitutionem) e "non discriminazione tra generazioni" (che sul piano pensionistico è la diretta conseguenza di questa disciplina del lavoro incostituzionale e peggiorativa), i principi fondamentali dell'obbligo di attivazione dello Stato ex artt.3, comma 2, e 4 Cost., che non sarebbero altrimenti assoggettabili a una lecita revisione;
c) nella sostanza più brutale, originando tutto questo dalla idea di scarsità di risorse pubbliche, determinata dalla privazione della sovranità monetaria e fiscale della Repubblica italiana, di un modo (surrettizio, ma nondimeno efficace) di costituzionalizzare l'euro, (prima ancora che siano riformati i trattati nel senso voluto dalla Merkel).

Pubblicato da Quarantotto a 11:03 Nessun commento: Link a questo post
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mercoledì 28 giugno 2017
RES PUBLICA DELENDA EST! TRA EMERGENZE KALERGICHE E PREOCCUPAZIONI PRE-ELETTORALI [/paste:font]
 
ciao stfefano
posted by Mitt Dolcino
Sostegno al ministro Minniti: ha reso pubblico il piano organizzato dall’EUropa per destabilizzare l’Italia coi migranti!



Ieri alla notizia di alcuni organi di informazione (non parlo dei grandi giornali italiani, quelli sono come la CNN ormai, ormai diventata FNN, Fake News Network – chissà quante balle/propaganda ci hanno propinato in passato!) che riportavano della nave della Guardia Civil spagnola che aveva sbarcato a Salerno migranti che non provenivano da zone di guerra, mi è andato andato il sangue alla testa. Di più, tali migranti sembra fossero stati raccolti in acque territoriali spagnole!
Tale caso si aggiunge ai “migranti” del Bangladesh che arrivano dalla Libya e che si è scoperto giungere in aereo dall’India fino in Turchia, poi Ankara usando i soldi concessi da Angela Merkel e pagati dall’EU li manda in aereo in Libya dove si imbarcano per l’Italia, vengono raccolti dalle ONG EUropee e arrivano in Italia dove incrementano il numero di residenti, abbassando per altro il PIL pro capite ossia peggiorando i parametri economici italiani….

Ve ne dico un’altra: questa storia va avanti da un pezzo. Vi ricordate l’onorevole Buonanno, quello ucciso in uno strano incidente in una autostrada deserta vicino a Malpensa circa un anno fa? Egli – già oggetto di minacce di morte per la sua attività divulgativa estremamente fastidiosa – era appena arrivato dalla Libya dove aveva incontrato il generale Haftar per capire la genesi della stranissima invasione dei migranti: non fece a tempo a dirci cosa aveva scoperto a causa di un provvidenziale incidente, incidente che oggi è molto più chiaro nella genesi…. (sembra sia stato investito mentre aiutava due inglesi feriti in un incidente – inglesi poi spariti – e non morto per un colpo di sonno, vedasi link). [per altro sono certo che il Ministro abbia avuto occasione di valutare le tesi sopra, ndr].



Vogliamo parlare del bravo ministro Minniti? Bene, egli già mesi fa scoperchiò il vaso di Pandora dei migranti, anzi per la precisione (per primo) pubblicizzò l’ovvio ossia che l’Europa faceva e fa arrivare i disperati in Italia per poi NON riallocarli abusivamente entro i confini dei paesi partner contravvenendo agli impegni europei. Lo affermò pubblicamente e La7 lo riportò. Poche ore dopo tale notizia era stata fatta sparire dalla stessa emittente, fortunatamente noi riuscimmo a farne una copia, che vi riproponiamo nel pezzo di allora.

LA7 cancella la notizia dal suo sito in cui il Ministro Minniti denuncia l’abuso UE nel non riallocare i migranti. E noi la ripubblichiamo…


Dunque, la conclusione è che vogliono inondare l’Italia di migranti per poi lasciarli entro i confini italici. Qualcuno ha azzardato anche che ciò avvenga per il tramite di un accordo tra Renzi ed Angela Merkel. E che grazie a tale accordo al furbone fiorentino (un vero traditore degli interessi nazionali) sia stata concessa licenza europea di governo, dunque di arricchimento personale ed anche qualche sforamento dei parametri di Maastricht fino al redde rationem, a partire dal giorno successivo al prossimo voto elettorale italiano. Poi si diventerà come la Grecia.

Ora finalmente in un posto di comando, qualcuno (Minniti) si è il ribellato. Alcuni falsi consiglieri gli sussurrano in queste ore di dimettersi se non viene ascoltato: non lo faccia, costoro sono gli stessi che consigliarono ad Enrico Letta di andare all’inaugurazione delle olimpiadi di Sochi, visita che poi determinò il suo licenziamento (…).
Minniti deve rimanere dove sta e rispondere alle interrogazioni parlamentari che arriveranno, poi il tempo farà maturare questi preziosi semi (fate click sull’immagine sotto o andate al link)



Non smetto di ripetere il motivo dell’interesse EU ad inondare l’Italia (e la Grecia) di migranti: vogliono destabilizzarla, per poterla conquistare a termine anche oltre il livello economico. Oggi con il ricatto del debito vogliono costringere il Belpaese ad accettare questi disperati, nel breve termine utilissimo diluente sociale per evitare che la gente si accorga che è l’EU e soprattutto l’euro la causa dei problemi italici incluso l’annesso crollo del benessere nazionale. In più così facendo si fanno passare in secondo piano le tentazioni di uscire dall’euro da parte dei due paesi, Italia e Grecia, più critici. Aggiungiamoci che indebolire Roma significa anche neutralizzare il principale alleato USA non anglosassone nel vecchio continente ed il panorama è completo, soprattutto oggi che l’EU non fa mistero di volersene emancipare. Anzi no, bisogna aggiungere un incentivo ad impossessarsi della Penisola: le famiglie italiane sono ancora ricche e possono essere spremute dei loro risparmi. Ed anche le aziende italiche sono un obiettivo, come vediamo ogni giorno sulla stampa economica, acquisizioni senza fine… Per arrivare finalmente alla manovra mostre da 80 mld di di euro successiva alle elezioni del 2018 che farà diventare l’Italia come la Grecia ed anche peggio (visto che l’Italia è molto più ricca), verso un fascismo fiscale di matrice EUropea finalizzato al pagamento del debito in euro (…).

Qualcuno potrebbe dire che ci vorrebbe un novello Mussolini per ottenere rispetto da questa EU, comprensibile. Io dico invece che basterebbe una persona ragionevolmente integra e molto capace. Come Minniti. Che ringrazio a nome degli italiani (anche all’estero).

Pazienza.

Fantomas
 
IUS SOLI: I CALCOLI ELETTORALI DI BREVE PERIODO E LA PROSPETTIVA ELISYUM [/paste:font]

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1. Mi perdonerete se nell'affrontare il problema dello ius soli svolgerò alcune premesse, traendole da argomenti già trattati.
Il problema, come vedremo, è complesso.
Non di meno, se avrete la pazienza di seguire fino in fondo, si tratta di una questione che può essere assunta in una prospettiva diversa da quella che suscita oggi le più grandi (e peraltro legittime) resistenze. E questa prospettiva si può riassumere in un detto: "il diavolo fa le pentole ma non i coperchi".
Tutto, abbastanza naturalmente, parte dalla crisi demografica del nostro Bel Paese...
Ma prima di affrontare un "richiamo" su questo aspetto, mi piace rammentare le parole di Mortati, (per chi si fosse messo "in ascolto" da poche puntate, si tratta del maggior costituzionalista italiano del dopoguerra) il cui senso, vi parrà chiaro leggendo il seguito del post (dalle "Istituzioni di diritto pubblico, Tomo I, pagg.125-126):
"Il criterio per il conferimento della qualità di cittadino è diversamente determinato dai vari diritti positivi, ai quali pertanto è da fare riferimento. In generale può dirsi che criteri possibili sono quelli desunti:
a) dal rapporto di discendenza naturale (ius sanguinis) per cui è cittadino colui che è nato, anche all'estero, da un padre (ndr; oggi qualunque genitore) che sia cittadino;
b) dal fatto della nascita nel territorio dello Stato, all'infuori di ogni considerazione della cittadinanza dei genitori (ius soli). Criterio questo che, quando è applicato con carattere di assolutezza, (come avviene in Stati a basso livello di natalità e che quindi tendono ad aumentare artificiosamente il numero dei cittadini), conduce a conseguenze aberranti..."
Mi fermerei qui perchè tanto basta a trarre una prima conclusione: nell'odierno universo massmediatico, Costantino Mortati verrebbe considerato un fascista xenofobo! Costantino Mortati...

2. A proposito di crisi demografica, cioè del "perchè", prima (in nome del lovuolel'€uropa) gli italiani siano indotti a non fare figli e, poi, ciò gli venga imputato come colpa giustificatrice dell'obbligo (altamente "etico"?) di accettare l'immigrazione, ci pare giusto, preliminarmente, rammentare che tutto ciò:
"...presuppone l'avvenuto consolidamento del sistema di "costituzione materiale" neo-liberista globalizzato, che sancisca, (ordoliberisticamente in UEM)...la "durezza del vivere", (del cittadino, da privare delle sue parassitarie "sicurezze") come nuovo principio eticamente sano, da imporre extra e contra Constitutionem ai propri cittadini; non a caso tale durezza è implicitamente esaltata, come grund norm del nuovo "ordo", dalla corrente culturale €uropeista che discende da Ventotene.
Quindi smantellamento progressivo, e intensificabile, dello Stato sociale, mediante tetti al deficit e politiche monetarie deflazioniste, e, inevitabilmente, svuotamento del diritto al lavoro e all'abitazione, nonchè alla piena assistenza sanitaria pubblica, sanciti dalla Costituzione: artt.1, 4, 32, e 47 Cost..
Tale progressivo e, dopo la crisi del 2007-2008, accelerato svuotamento, non può non essere alla base di una ben prevedibile crisi demografica, determinata dall'obiettivo scoraggiamento della natalità (che, infatti, inizia a manifestarsi proprio con l'affermarsi del vincolo esterno, all'inizio degli anni '80);


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DA NOTARE COME IL RECENTE INCREMENTO "RELATIVO" DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, cioè NON DEI NATI DI CITTADINANZA ORIGINARIA ITALIANA, SI COLLOCHI IN PIENO IN TEMPI DI EURO, CIOE' DI VINCOLO ESTERNO €UROPEO INTENSIFICATO, E QUINDI DI ACCELERAZIONE DELLA DE-SOVRANIZZAZIONE DEMOCRATICA ITALIANA.

2.1. Aggiungiamo una serie di eloquenti dati complementari, che confermano come l'aumento più recente della popolazione residente in Italia - residente ma non titolare di cittadinanza- sia dovuto al fenomeno della immigrazione.
Le nascite in Italia diminuiscono col minor benessere delle famiglie coincidente con il "più €uropa".
E questo, come abbiamo visto nel soprastante grafico, non inizia da ieri, ma almeno dall'entrata in vigore dello SME: il decennio di "arresto" della nascite, non casualmente, inizia nel 1981, anno del fatidico divorzio tesoro-Bankitalia.
Certo, al "miglioramento delle prestazioni" della de-natalità, conformi ad un sistema neo-liberista deflattivo e fondato sull'alta disoccupazione strutturale (considerata "piena occupazione" compatibile col target inflattivo indispensabile per la conservazione della moneta unica), contribuisce decisivamente il post-crisi finanziaria, in cui l'€uropa dà il meglio di sé, ricorrendo al concetto che la crisi si cura con la flessibilità dei prezzi e, soprattutto, del costo del lavoro, cioè con l'austerità espansiva.
(grafico su dati Istat elaborati da G.C.):

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Ecco quindi la curva di Phillips demografica da "più €uropa" e da austerità espansiva:
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3. Il principio è dunque brutalmente semplice: la spinta deflattiva necessaria per conservare la moneta unica e ridiventare "competitivi" si ottiene essenzialmente attraverso la limitazione della domanda interna che riduce, con immediatezza, le importazioni, ma anche produzione-investimenti e occupazione, e quindi il costo del lavoro, potendo ciò, poi, favorire un recupero delle esportazioni.
Il pareggio di bilancio, che implica che il risparmio sia esclusivamente realizzato attraverso l'eventuale saldo attivo dei conti con l'estero, è dunque di per sè uno strumento ottimale di limitazione dei costosi diritti sociali: pensioni, assistenza pubblica, assistenza sanitaria "universale", istruzione pubblica, ed erogazione di ogni tipo di servizio di interesse collettivo in regime di diritto pubblico.

4. Gli immigrati (in Italia), ove aventi un titolo di residenza legittimo (secondo le leggi dello Stato), sono esclusi da questo fenomeno?
Ovviamente no: anche loro sono stati e sono tutt'ora soggetti alla deflazione salariale e ai vincoli di bilancio, per cui, rispetto alla situazione iniziale di arrivo in Italia, - che può collocarsi anche in vari anni o decenni addietro rispetto ai giorni attuali- avranno necessariamente visto la rispettiva situazione peggiorare.
Questo fenomeno è peraltro del tutto prevedibile ed è il riflesso della degradazione dei diritti fondamentali di tipo sociale, - quelli su cui sarebbe fondata la visione umanista della nostra Costituzione- a diritti comprimibili (indefinitamente) in funzione di esigenze di bilancio imposte dall'appartenenza alla moneta unica.

4.1. I non cittadini, legittimamente residenti, infatti, sono, già oggi, a diritto vigente, titolari dei diritti fondamentali, inclusi quelli di prestazione.
Come abbiamo visto qui:
Se, come accade nel fenomeno della immigrazione sul territorio italiano, cittadini non italiani si trovino in relazione con le istituzioni democratiche repubblicane, ciò porterà all'applicazione di tutte quelle forme di assistenza umanitaria e dei diritti civili che vengono riconosciuti a "tutti": per capirlo, basti vedere le norme della Parte I "DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI", che sono talora formulate in modo da rivolgersi, per l'appunto, a "tutti", cioè a tutti gli esseri umani sottoposti alla sovranità territoriale e democratica italiana...

Quanto agli stranieri legalmente lavoratori in Italia, il criterio è dunque il seguente: se assistenza sociale e sanitaria (artt.32-40 Cost.) o le altre forme di diritto tutelate in Costituzione - quali l'accesso all'abitazione, 47 comma 2, e alla proprietà in generale, 42 Cost.- sono garantite ai cittadini, altrettanto dovrebbe essere assicurato, in misura tendenzialmente pari, ai non cittadini lavoratori.
Questa parità, finchè sarà conservata la cittadinanza straniera, sarà tendenziale, dato che tale conservazione perpetua il vincolo politico con un'altra comunità nazionale; ma, nondimeno, non potrà tradursi in una posizione addirittura migliore, in termini di efficienza, efficacia e priorità finanziarie, rispetto a quella assicurata ai cittadini italiani.


5. Mettiamo per un attimo da parte l'ultimo passaggio. Cioè la non liceità costituzionale di una "discriminazione al contrario", cioè la preferenza legislativa per la tutela di non cittadini, nella garanzia dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione.
E' una situazione paradossale: ma, una volta che si intraprenda la strada del "vincolo esterno" e dei limiti monetari e fiscali, che porta alla de-natalità per durezza del vivere, questo(apparente) paradosso tende a verificarsi ogni giorno.
Come ben possono rendersi conto ad es; i terremotati, nelle varie situazioni di carenza di spesa pubblica per gli interventi di ricostruzione, o le famiglie italiane con genitori disoccupati, rispetto all'assegnazione delle case pubbliche, in cui anziani soli, a seguito della distruzione sistematica e "austera" delle politiche familiari, e famiglie che hanno subito la denatalità indotta da decenni di politiche deflattive, si vedono "stranamente" sfavoriti.

6. Per la nostra Corte costituzionale, d'altra parte, la soluzione non può che essere di subordinare qualsiasi diritto fondamentale alle esigenze di bilancio e alla "scarsità di risorse" (al massimo andandosi alla ricerca di un contenuto incomprimibile che, nel tempo, si rivela invece sempre più esile). Ve ne riassumo il meccanismo fondamentale (partendo da un caso nottorio e altamente indicativo):
"IV.3. La Corte, garantendo il pieno e non solo parziale rimborso (nel caso) delle spese sostenute per il trasporto scolastico dei disabili, ha tuttavia, in forza dell'inesorabile meccanismo dei saldi di bilancio, vincolati dal patto di stabilità interna, necessariamente inciso sulla (altrettanto "piena") erogabilità di altri servizi sociali finanziati in tutto o in parte, dalla regione, mediante lo stigmatizzato "indistinto" stanziamento: magari avrà determinato che una madre lavoratrice non avesse più posto nell'asilo nido per il bambino (venendone soppressa la stessa struttura); o che un anziano indigente e affetto da malattia cronica non potesse più vedersi assicurata l'assistenza domiciliare.
Non porsi il problema generale di come il pareggio di bilancio incida, in stretta connessione con la questione devoluta alla Corte, sui complessivi livelli di diritti, tutti egualmente tutelati dalla Costituzione, porta a comprimerne, o a sopprimerne uno in luogo di un altro, generando un inammissibile conflitto tra posizioni tutelate. Un conflitto che, secondo un prudente apprezzamento della realtà notoria, non può essere risolto scindendo una realtà sociale composta, viceversa, da elementi interdipendenti; tale realtà viene, nel suo complesso, sacrificata illimitatamente, in una progressione di manovre finanziarie di riduzione, portate avanti pressocché annualmente, dall'applicazione del pareggio di bilancio e dalla graduale (o anche talora drastica) situazione di de-finanziamento che esso comporta. La sua logica, propria dell'applicazione fattane agli enti territoriali, è infatti quella di una prioritaria allocazione delle risorse al risanamento del debito pregresso e dei suoi oneri finanziari.
IV.4. Non si tratta dunque di tutelare un "pochino" (meno) tutte queste posizioni costituzionalmente tutelate, comunque comprimendole tutte contemporaneamente, ma di un generale e inscindibile piano di "caduta" (in accelerazione), dovuto alla crisi economica indotta dalla euro-austerità fiscale, con la disoccupazione (effettiva) record che essa determina e, dunque, con l'oggettivo e notorio (e drammatico) ampliarsi della sfera dei cittadini aventi diritto alle prestazioni costituzionalmente garantite, cioè tutelandi (secondo la Costituzione).
Il punto di caduta della legittima comprimibilità di tali diritti dei soggetti socialmente deboli è infatti già ben superato.
La Corte, per parte sua, non sa, e, forse, ancora non pensa di indicarlo univocamente in via astratta e generale, come la Costituzione imporrebbe, in virtù della natura incondizionata delle sue previsioni.
Dovrebbe essere notorio, infatti, che, di fronte alla massa della povertà dilagante, anche solo il mantenimento dei precedenti livelli di spesa assistenziale si rivela inadeguato e drammaticamente insufficiente.
E tutto ciò, grazie all'applicazione del pareggio di bilancio (e prima ancora del limite del 3% al fabbisogno dello Stato, anche a costo di una sua funzione prociclica), pur quando formalmente "mediata" dalla flessibilità, del tutto simbolica, offerta dalla Commissione UE! Si è arrivati ormai in una situazione di scelte dolorose obbligate, per cui o si effettua il trasporto scolastico dei disabili o si hanno decenti e sufficienti asili nidi o un adeguato numero di assistenti sociali (o analoghi operatori) per gli anziani. E via dicendo..."
 

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