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IUS SOLI: I CALCOLI ELETTORALI DI BREVE PERIODO E LA PROSPETTIVA ELISYUM [/paste:font
7. Insomma, mentre i diritti sono falcidiati per via di vincolo fiscale e sono messe da parte, senza colpo ferire, le politiche costituzionalmente obbligatorie tese a perseguire l'eguaglianza sostanziale dei cittadini (per...impossibilità finanziaria), può ben accadere che la massiccia immissione di immigrati, con la crescente concessione di svariati titoli di permanenza nel territorio dello Stato, aggiunga povertà importata a povertà indotta dalle politiche €uropee.
Ma, per evidenti inerzie determinate dagli effetti sociali di tali politiche sui cittadini italiani, la legislazione "assistenziale" finisce inevitabilmente per privilegiare la povertà importata che, - tanto più in questa situazione di costante recessione o stagnazione €uroindotta-, risulterà (normativamente) ben più "titolata" nella spartizione della ridotta "torta della disperazione". L'invecchiamento della popolazione, di conserva con la riduzione di retribuzioni e conseguenti prestazioni pensionistiche, e la disincentivazione a fare figli, divengono colpe imperdonabili (attribuite a chi ha subìto le €uropolitiche).
8. Ma una tale situazione diviene presto socialmente intollerabile: il dissenso che ne consegue, diviene un costo politico-elettorale, per chi è strenuo sostenitore del vincolo esterno e della sua efficacia terapeutica sugli italiani choosy, fannulloni, e adagiati sulla vitafacile.
La cuccagna è finita e il senso di colpa (v. qui), da comparazione della propria (pregressa) situazione con quella degli immigrati, immessi a dosi omeopatiche proprio per le loro più ridotte aspettative di tutela e giustizia sociale, maturate nei paesi di provenienza (altrimenti non sarebbero certo emigrati), viene instillato affinchè non si recrimini troppo.
8.1. Ma quando il senso di colpa non funziona più e lo scontento sociale diviene un fatto politico di ampie proporzioni, occorre allora "sanare" la situazione: la cittadinanza "autoctona", dotata di diritto di voto, potrebbe non digerire più la "discriminazione al contrario".
E c'è il rischio che si accorga che questo disagio si acutizza, appunto, per via del fenomeno della coapplicazione di €uro-limiti fiscali prevalenti sui diritti di prestazione costituzionali, e dell'immissione nel territorio statale di contingenti aggiuntivi, praticamente illimitati, - guai a limitarli!- di non-cittadini (che, grazie alla Costituzione, dovrebbero poter godere di questi stessi diritti su un piano di tendenziale parità).
9. Ecco che, quindi, nasce la soluzione dello ius soli: non che questo non fosse già contemplato in una forma ragionevole, per le condizioni vigenti in tempi di fisiologica, - cioè svolta nell'interesse della cittadinanza- preservazione dei confini statali e del mercato del lavoro (come ci insegna Chang).
Una forma di ius soli vigeva eccome: sia automatico, come nel caso degli apolidi o del nato in Italia di cui non si riesca a determinare la nazionalità dei genitori, sia in una forma "temperata" che si lega alla scelta effettuata entro 1 anno dal raggiungimento della maggiore età.
E neppure, nell'attuale legislazione, mancavano forme di acquisizione della cittadinanza dotate di una ragionevole elasticità (in tempi sempre "fisiologici") e connesse alla mera residenza dello straniero.
E sempre tenendo conto che la "residenza" legittima era comunque titolo per il godimento di tutti i diritti fondamentali della persona previsti dalla nostra Costituzione.
10. D'altra parte, non si può sostenere che tale regime legislativo, - oltre ad essere compatibile col paritario godimento dei diritti fondamentali (su tutti, istruzione scolastica pubblica, assistenza sanitaria, e risconoscimento pieno dei diritti del lavoro e previdenziali)-, rendesse eccessivamente disagevole l'ottenimento della cittadinanza:
Boom di nuovi cittadini in Italia
"Il 2016 è stato un nuovo anno record per quanto riguarda le acquisizioni di cittadinanza in Italia.
Sono state, infatti, 205mila. Un numero che ha registrato continui aumenti: si è passati da 29mila nel 2005, a 66mila nel 2010 e a 100mila nel 2013. Da qui in avanti la crescita è stata ancora maggiore, con un totale di quasi 130mila nel 2014, fino a raggiungere il picco di ben 178mila nel 2015.
I dati sono stati diffusi dalla Fondazione Ismu in occasione della Festa della Repubblica, e segnalano anche che sono diventati italiani soprattutto molti di coloro che appartengono a comunità di antico insediamento e che hanno dunque maturato i requisiti di residenza o naturalizzazione: albanesi e marocchini in testa. Da notare che, invece, sono in significativo calo le cittadinanze concesse a seguito di matrimonio. Le quali, nel 2012, rappresentavano ben 1/3 del totale".
11. Il problema quindi non pare legato, nella pratica e al di là dei giudizi etici aprioristici, alla restrittività delle previsioni sulla cittadinanza né a presunte carenze nel riconoscimenti dei diritti fondamentali e di prestazione ai non cittadini residenti.
Il problema sta anzitutto in un "suggerimento" tutto di provenienza €uropea: un suggerimento dato non si sa in base a quali dati (visto il primato italiano delle "nuove cittadinanze") e a quali impellenti esigenze. L€uropa, si sa, ci vuole bene e ci addita sempre soluzioni nel nostro interesse:
Razzismo, la Ue bacchetta l'Italia: "Più moschee e subito lo ius soli" - La Commissione anti-razzismo del Consiglio d'Europa punta il dito contro Roma: l'Italia deve affrettarsi per la naturalizzazione degli stranieri e aprire più luoghi di culto islamici.
E quali sarebbero le basi sulle quali affermare che l'Italia, - col suo record di nuove cittadinanze e il suo riconoscimento incondizionato dei diritti fondamentali e di prestazione agli stranieri-, sarebbe indietro nella lotta al razzismo?
Hanno forse interrogato i cittadini italiani con dei questionari e riscontrato che gli italiani ce l'hanno con cittadini di diverse etnie più degli altri €uropei? Non ci risulta proprio...Questa consueta "bacchettatura" ci pare un boutade colpevolizzatrice senza serio ed oggettivo fondamento.
12. In realtà, invece, dobbiamo tornare proprio a quel senso di colpa che non funziona più.
Si perché, come insegna Chang (pp.8-8.1):
"I salari nei paesi più ricchi sono determinati più dal controllo dell'immigrazione che da qualsiasi altro fattore, inclusa la determinazione legislativa del salario minimo.
Come si determina il massimo della immigrazione?
Non in base al mercato del lavoro ‘free’ (ndr; cioè globalizzato) che, se lasciato al suo sviluppo incontrastato, finirebbe per rimpiazzare l'80-90 per cento dei lavoratori nativi (ndr; oggi è trendy dire "autoctoni"), con i più "economici", e spesso più produttivi, immigranti. L'immigrazione è ampiamente determinata da scelte politiche. Così, se si hanno ancora residui dubbi sul decisivo ruolo che svolge il governo rispetto all'economia di libero mercato, per poi fermarsi a riflettere sul fatto che tutte le nostre retribuzioni, sono, alla radice, politicamente determinate."
...
"Naturalmente, nel criticare l'incoerenza degli economisti free-market in tema di controllo dell'immigrazione (ndr; nel senso che l'abolizione dei confini è esattamente una scelta politica degli Stati e anche consapevolmente forte), non sostengo che il controllo dell'immigrazione debba essere abolito. Non ho bisogno di farlo perché (come in molti avranno ormai notato) non sono un free-market economist.
I vari Paesi hanno il diritto di decidere quanti immigranti possano accettare e in quali settori del mercato del lavoro (ndr; aspetto quest'ultimo, che i tedeschi, ad es; tendono in grande considerazione).
Tutte le società hanno limitate capacità di assorbire l'immigrazione, che spesso proviene da retroterra culturali molto differenti, e sarebbe sbagliato che un Paese vada oltre questi limiti.
Un afflusso troppo rapido di immigrati condurrebbe non soltanto ad un'accresciuta competizione tra lavoratori per la conquista di un'occupazione limitata, ma porrebbe sotto stress anche le infrastrutture fisiche e sociali, come quelle relative agli alloggi, all'assistenza sanitaria, e creerebbe tensioni con la popolazione residente.
Altrettanto importante, se non agevolmente quantificabile, è la questione dell'identità nazionale.
Costituisce un mito - a un mito necessario ma nondimeno un mito (ndr; rammentiamo che lo dice un emigrato)- che le nazioni abbiano delle identità nazionali immutabili che non possono, e non dovrebbero essere, cambiate. Comunque, se si fanno affluire troppi immigrati contemporaneamente, la società che li riceve avrà problemi nel creare una nuova identità nazionale, senza la quale sarà difficilissimo mantenere la coesione sociale. E ciò significa che la velocità e l'ampiezza dell'immigrazione hanno bisogno di essere controllate".
13. L€uropa dunque ci sta in qualche modo suggerendo di fare una scelta politica - che in effetti si sta già facendo- che incide sulla determinazione dei salari. Già...
Ma se non basta la mistica dell'accoglienza, fondata su senso di colpa e accuse disinvolte di razzismo, a tacitare un dissenso dilagante che nasce sostanzialmente dall'austerità espansiva e dalla "scarsità delle risorse", si deve rendere la massa immessa in funzione di determinazione deflattiva del livello salariale (e che viene pure "caricata" di vittimismo e rancore dalla medesima attenta propaganda filo-€uropeista), politicamente in grado di rafforzare queste stesse politiche e di bilanciare nelle urne, in tempi più brevi possibile, il malessere sociale dei riottosi cittadini italiani, che rischia di convertirsi in debacle elettorale dei partiti filo-€uropeisti.
Quindi le maglie della concessione della cittadinanza vanno allargate più che si può. E, naturalmente, FATE PRESTO!
Alla svalutazione (salariale) dei tassi di cambio reale, perciò, deve corrispondere la svalutazione del diritto politico: l'indirizzamento idraulico del voto dei "nuovi italiani" viene scontato come sistema di rafforzamento del dominio delle oligarchie, che appunto perciò promuovono i propri futuri, e riconoscenti, sostenitori.
13.1. La stessa possibilità numerica di una protesta elettorale che esiga il ripristino della legalità costituzionale, e respinga il vincolo €sterno dei mercati in nome della sovranità del lavoro, viene intanto allontanata.
La coesione sociale che, come ci dice Chang, si lega alla identità nazionale, e che potrebbe condurre alla rivendicazione di sovranità democratica, in opposizione alle politiche antisolidaristiche imposte dall'€uropa, viene stemperata in un gioco di conflitti sezionali irrisolvibili (all'interno della guerra tra poveri che deriva dalla "scarsità di risorse"): i conflitti sezionali, a base etnico-religiosa, sono poi facilmente proiettabili in incessanti false flags elettorali di rivendicazione di diritti cosmetici.
E, a quanto pare, ESSI, previdenti, già si "avvantaggiano":
14. E quindi: giù con uno ius soli (pur sempre temperato, ma "meno") molto più largheggiante, cui si aggiunge lo ius culturae: in pratica, anche non essendo nati in Italia, un po' di scuola, - se di tipo "professionale" basta un ciclo triennale-, e il mero raggiungimento della maggiore età: con tanto di sanatoria, e rimessione in termini, per chi abbia già maturato, in precedenza, i nuovi requisiti (essendo cioè, oggi, già ultraventenne).
Questo insieme di previsioni, in pratica, determinerà un'ondata di nuove cittadinanze nell'ordine di svariate centinaia di migliaia di persone, (potenzialmente milioni), concentrate in, presumibilmente, pochi mesi (quelli, in teoria, necessari a perfezionare le pratiche che si accumuleranno tra richiedenti rimessi in termini e richiedenti che avranno comunque maturato i requisiti dopo l'entrata in vigore della legge: tagli al personale delle prefetture e dei commissariati permettendo...).
Ce n'è di che spostare l'equilibrio elettorale a favore di chi sostenga e introduca una tale legge.
15. Ma se, nel breve periodo, tale iniezione di "nuovi cittadini" porterà obiettivamente un grande vantaggio elettorale, altrettanto non si potrà ritenere per il futuro: anche i potenziali milioni di nuovi italiani, infatti, col passare degli anni (non molti in realtà), si renderanno conto delle politiche (specialmente del lavoro) euroindotte e degli effetti del pareggio di bilancio - a cui L€uropa (e il FMI) li condanna, come tutti gli italiani, per i prossimi decenni.
E questi stessi neo-italiani, finita la ipotizzata gratitudine iniziale, dovranno subire anche la indispensabile terapia d'urto per ridurre il debitopubblicobrutto.
In pratica, passato l'effetto elettorale iniziale, i nuovi italiani non ci metteranno troppo a realizzare che sono finiti sulla stessa barca di quelli "vecchi" e che, anche per loro, non c'è una speranza di democrazia e benessere. Magari "culturalmente" ci metteranno un po' a capire che avere i diritti politici non serve a granché, quando sei in uno Stato in cui, votare o meno, non cambia di una virgola le politiche che "devono" essere seguite. Ma ci arriveranno; oh, se ci arriveranno!
16. Divenuti cittadini, e caduto lo schermo mediatico dell'inesistente privazione di "diritti", ogni speranza di normalizzazione delle loro vite in funzione dell'appartenenza a un "ordinamento delle Nazioni Civili", svanirà rapidamente. Al punto che l'acquisizione della cittadinanza italiana, per coloro che, lodevolmente, saranno i più istruiti o, comunque, i più realistici sulla realtà in cui sono cresciuti, potrà diventare un titolo che agevola l'emigrazione dalla penisola in altri paesi €uropei!
E forse saranno i nuovi italiani i più desti a dire basta con l'ordine sovranazionale dei mercati. Mica peraltro: perché la concessione dei diritti politici, una volta accordata, rende la tangibilità della natura idraulica del voto e la prospettiva di Elisyum molto ma molto più attuale.
Non sempre è una mossa intelligente contare sul fatto che la disperazione, la povertà e la disgregazione sociale possano essere blandite con un contentino...
Pubblicato da Quarantotto a 10:31 59 commenti: Link a questo post
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giovedì 15 giugno 2017
RIVEDERE I TRATTATI? IL VINCOLO[/paste:font]
7. Insomma, mentre i diritti sono falcidiati per via di vincolo fiscale e sono messe da parte, senza colpo ferire, le politiche costituzionalmente obbligatorie tese a perseguire l'eguaglianza sostanziale dei cittadini (per...impossibilità finanziaria), può ben accadere che la massiccia immissione di immigrati, con la crescente concessione di svariati titoli di permanenza nel territorio dello Stato, aggiunga povertà importata a povertà indotta dalle politiche €uropee.
Ma, per evidenti inerzie determinate dagli effetti sociali di tali politiche sui cittadini italiani, la legislazione "assistenziale" finisce inevitabilmente per privilegiare la povertà importata che, - tanto più in questa situazione di costante recessione o stagnazione €uroindotta-, risulterà (normativamente) ben più "titolata" nella spartizione della ridotta "torta della disperazione". L'invecchiamento della popolazione, di conserva con la riduzione di retribuzioni e conseguenti prestazioni pensionistiche, e la disincentivazione a fare figli, divengono colpe imperdonabili (attribuite a chi ha subìto le €uropolitiche).
8. Ma una tale situazione diviene presto socialmente intollerabile: il dissenso che ne consegue, diviene un costo politico-elettorale, per chi è strenuo sostenitore del vincolo esterno e della sua efficacia terapeutica sugli italiani choosy, fannulloni, e adagiati sulla vitafacile.
La cuccagna è finita e il senso di colpa (v. qui), da comparazione della propria (pregressa) situazione con quella degli immigrati, immessi a dosi omeopatiche proprio per le loro più ridotte aspettative di tutela e giustizia sociale, maturate nei paesi di provenienza (altrimenti non sarebbero certo emigrati), viene instillato affinchè non si recrimini troppo.
8.1. Ma quando il senso di colpa non funziona più e lo scontento sociale diviene un fatto politico di ampie proporzioni, occorre allora "sanare" la situazione: la cittadinanza "autoctona", dotata di diritto di voto, potrebbe non digerire più la "discriminazione al contrario".
E c'è il rischio che si accorga che questo disagio si acutizza, appunto, per via del fenomeno della coapplicazione di €uro-limiti fiscali prevalenti sui diritti di prestazione costituzionali, e dell'immissione nel territorio statale di contingenti aggiuntivi, praticamente illimitati, - guai a limitarli!- di non-cittadini (che, grazie alla Costituzione, dovrebbero poter godere di questi stessi diritti su un piano di tendenziale parità).
9. Ecco che, quindi, nasce la soluzione dello ius soli: non che questo non fosse già contemplato in una forma ragionevole, per le condizioni vigenti in tempi di fisiologica, - cioè svolta nell'interesse della cittadinanza- preservazione dei confini statali e del mercato del lavoro (come ci insegna Chang).
Una forma di ius soli vigeva eccome: sia automatico, come nel caso degli apolidi o del nato in Italia di cui non si riesca a determinare la nazionalità dei genitori, sia in una forma "temperata" che si lega alla scelta effettuata entro 1 anno dal raggiungimento della maggiore età.
E neppure, nell'attuale legislazione, mancavano forme di acquisizione della cittadinanza dotate di una ragionevole elasticità (in tempi sempre "fisiologici") e connesse alla mera residenza dello straniero.
E sempre tenendo conto che la "residenza" legittima era comunque titolo per il godimento di tutti i diritti fondamentali della persona previsti dalla nostra Costituzione.
10. D'altra parte, non si può sostenere che tale regime legislativo, - oltre ad essere compatibile col paritario godimento dei diritti fondamentali (su tutti, istruzione scolastica pubblica, assistenza sanitaria, e risconoscimento pieno dei diritti del lavoro e previdenziali)-, rendesse eccessivamente disagevole l'ottenimento della cittadinanza:
Boom di nuovi cittadini in Italia
"Il 2016 è stato un nuovo anno record per quanto riguarda le acquisizioni di cittadinanza in Italia.
Sono state, infatti, 205mila. Un numero che ha registrato continui aumenti: si è passati da 29mila nel 2005, a 66mila nel 2010 e a 100mila nel 2013. Da qui in avanti la crescita è stata ancora maggiore, con un totale di quasi 130mila nel 2014, fino a raggiungere il picco di ben 178mila nel 2015.
I dati sono stati diffusi dalla Fondazione Ismu in occasione della Festa della Repubblica, e segnalano anche che sono diventati italiani soprattutto molti di coloro che appartengono a comunità di antico insediamento e che hanno dunque maturato i requisiti di residenza o naturalizzazione: albanesi e marocchini in testa. Da notare che, invece, sono in significativo calo le cittadinanze concesse a seguito di matrimonio. Le quali, nel 2012, rappresentavano ben 1/3 del totale".
11. Il problema quindi non pare legato, nella pratica e al di là dei giudizi etici aprioristici, alla restrittività delle previsioni sulla cittadinanza né a presunte carenze nel riconoscimenti dei diritti fondamentali e di prestazione ai non cittadini residenti.
Il problema sta anzitutto in un "suggerimento" tutto di provenienza €uropea: un suggerimento dato non si sa in base a quali dati (visto il primato italiano delle "nuove cittadinanze") e a quali impellenti esigenze. L€uropa, si sa, ci vuole bene e ci addita sempre soluzioni nel nostro interesse:
Razzismo, la Ue bacchetta l'Italia: "Più moschee e subito lo ius soli" - La Commissione anti-razzismo del Consiglio d'Europa punta il dito contro Roma: l'Italia deve affrettarsi per la naturalizzazione degli stranieri e aprire più luoghi di culto islamici.
E quali sarebbero le basi sulle quali affermare che l'Italia, - col suo record di nuove cittadinanze e il suo riconoscimento incondizionato dei diritti fondamentali e di prestazione agli stranieri-, sarebbe indietro nella lotta al razzismo?
Hanno forse interrogato i cittadini italiani con dei questionari e riscontrato che gli italiani ce l'hanno con cittadini di diverse etnie più degli altri €uropei? Non ci risulta proprio...Questa consueta "bacchettatura" ci pare un boutade colpevolizzatrice senza serio ed oggettivo fondamento.
12. In realtà, invece, dobbiamo tornare proprio a quel senso di colpa che non funziona più.
Si perché, come insegna Chang (pp.8-8.1):
"I salari nei paesi più ricchi sono determinati più dal controllo dell'immigrazione che da qualsiasi altro fattore, inclusa la determinazione legislativa del salario minimo.
Come si determina il massimo della immigrazione?
Non in base al mercato del lavoro ‘free’ (ndr; cioè globalizzato) che, se lasciato al suo sviluppo incontrastato, finirebbe per rimpiazzare l'80-90 per cento dei lavoratori nativi (ndr; oggi è trendy dire "autoctoni"), con i più "economici", e spesso più produttivi, immigranti. L'immigrazione è ampiamente determinata da scelte politiche. Così, se si hanno ancora residui dubbi sul decisivo ruolo che svolge il governo rispetto all'economia di libero mercato, per poi fermarsi a riflettere sul fatto che tutte le nostre retribuzioni, sono, alla radice, politicamente determinate."
...
"Naturalmente, nel criticare l'incoerenza degli economisti free-market in tema di controllo dell'immigrazione (ndr; nel senso che l'abolizione dei confini è esattamente una scelta politica degli Stati e anche consapevolmente forte), non sostengo che il controllo dell'immigrazione debba essere abolito. Non ho bisogno di farlo perché (come in molti avranno ormai notato) non sono un free-market economist.
I vari Paesi hanno il diritto di decidere quanti immigranti possano accettare e in quali settori del mercato del lavoro (ndr; aspetto quest'ultimo, che i tedeschi, ad es; tendono in grande considerazione).
Tutte le società hanno limitate capacità di assorbire l'immigrazione, che spesso proviene da retroterra culturali molto differenti, e sarebbe sbagliato che un Paese vada oltre questi limiti.
Un afflusso troppo rapido di immigrati condurrebbe non soltanto ad un'accresciuta competizione tra lavoratori per la conquista di un'occupazione limitata, ma porrebbe sotto stress anche le infrastrutture fisiche e sociali, come quelle relative agli alloggi, all'assistenza sanitaria, e creerebbe tensioni con la popolazione residente.
Altrettanto importante, se non agevolmente quantificabile, è la questione dell'identità nazionale.
Costituisce un mito - a un mito necessario ma nondimeno un mito (ndr; rammentiamo che lo dice un emigrato)- che le nazioni abbiano delle identità nazionali immutabili che non possono, e non dovrebbero essere, cambiate. Comunque, se si fanno affluire troppi immigrati contemporaneamente, la società che li riceve avrà problemi nel creare una nuova identità nazionale, senza la quale sarà difficilissimo mantenere la coesione sociale. E ciò significa che la velocità e l'ampiezza dell'immigrazione hanno bisogno di essere controllate".
13. L€uropa dunque ci sta in qualche modo suggerendo di fare una scelta politica - che in effetti si sta già facendo- che incide sulla determinazione dei salari. Già...
Ma se non basta la mistica dell'accoglienza, fondata su senso di colpa e accuse disinvolte di razzismo, a tacitare un dissenso dilagante che nasce sostanzialmente dall'austerità espansiva e dalla "scarsità delle risorse", si deve rendere la massa immessa in funzione di determinazione deflattiva del livello salariale (e che viene pure "caricata" di vittimismo e rancore dalla medesima attenta propaganda filo-€uropeista), politicamente in grado di rafforzare queste stesse politiche e di bilanciare nelle urne, in tempi più brevi possibile, il malessere sociale dei riottosi cittadini italiani, che rischia di convertirsi in debacle elettorale dei partiti filo-€uropeisti.
Quindi le maglie della concessione della cittadinanza vanno allargate più che si può. E, naturalmente, FATE PRESTO!
Alla svalutazione (salariale) dei tassi di cambio reale, perciò, deve corrispondere la svalutazione del diritto politico: l'indirizzamento idraulico del voto dei "nuovi italiani" viene scontato come sistema di rafforzamento del dominio delle oligarchie, che appunto perciò promuovono i propri futuri, e riconoscenti, sostenitori.
13.1. La stessa possibilità numerica di una protesta elettorale che esiga il ripristino della legalità costituzionale, e respinga il vincolo €sterno dei mercati in nome della sovranità del lavoro, viene intanto allontanata.
La coesione sociale che, come ci dice Chang, si lega alla identità nazionale, e che potrebbe condurre alla rivendicazione di sovranità democratica, in opposizione alle politiche antisolidaristiche imposte dall'€uropa, viene stemperata in un gioco di conflitti sezionali irrisolvibili (all'interno della guerra tra poveri che deriva dalla "scarsità di risorse"): i conflitti sezionali, a base etnico-religiosa, sono poi facilmente proiettabili in incessanti false flags elettorali di rivendicazione di diritti cosmetici.
E, a quanto pare, ESSI, previdenti, già si "avvantaggiano":
![DClutWJWsAUbe1Y.jpg](/proxy.php?image=https%3A%2F%2Fpbs.twimg.com%2Fmedia%2FDClutWJWsAUbe1Y.jpg&hash=0d2d1191cf2294c4f6a78ba06a441294)
14. E quindi: giù con uno ius soli (pur sempre temperato, ma "meno") molto più largheggiante, cui si aggiunge lo ius culturae: in pratica, anche non essendo nati in Italia, un po' di scuola, - se di tipo "professionale" basta un ciclo triennale-, e il mero raggiungimento della maggiore età: con tanto di sanatoria, e rimessione in termini, per chi abbia già maturato, in precedenza, i nuovi requisiti (essendo cioè, oggi, già ultraventenne).
Questo insieme di previsioni, in pratica, determinerà un'ondata di nuove cittadinanze nell'ordine di svariate centinaia di migliaia di persone, (potenzialmente milioni), concentrate in, presumibilmente, pochi mesi (quelli, in teoria, necessari a perfezionare le pratiche che si accumuleranno tra richiedenti rimessi in termini e richiedenti che avranno comunque maturato i requisiti dopo l'entrata in vigore della legge: tagli al personale delle prefetture e dei commissariati permettendo...).
Ce n'è di che spostare l'equilibrio elettorale a favore di chi sostenga e introduca una tale legge.
15. Ma se, nel breve periodo, tale iniezione di "nuovi cittadini" porterà obiettivamente un grande vantaggio elettorale, altrettanto non si potrà ritenere per il futuro: anche i potenziali milioni di nuovi italiani, infatti, col passare degli anni (non molti in realtà), si renderanno conto delle politiche (specialmente del lavoro) euroindotte e degli effetti del pareggio di bilancio - a cui L€uropa (e il FMI) li condanna, come tutti gli italiani, per i prossimi decenni.
E questi stessi neo-italiani, finita la ipotizzata gratitudine iniziale, dovranno subire anche la indispensabile terapia d'urto per ridurre il debitopubblicobrutto.
In pratica, passato l'effetto elettorale iniziale, i nuovi italiani non ci metteranno troppo a realizzare che sono finiti sulla stessa barca di quelli "vecchi" e che, anche per loro, non c'è una speranza di democrazia e benessere. Magari "culturalmente" ci metteranno un po' a capire che avere i diritti politici non serve a granché, quando sei in uno Stato in cui, votare o meno, non cambia di una virgola le politiche che "devono" essere seguite. Ma ci arriveranno; oh, se ci arriveranno!
16. Divenuti cittadini, e caduto lo schermo mediatico dell'inesistente privazione di "diritti", ogni speranza di normalizzazione delle loro vite in funzione dell'appartenenza a un "ordinamento delle Nazioni Civili", svanirà rapidamente. Al punto che l'acquisizione della cittadinanza italiana, per coloro che, lodevolmente, saranno i più istruiti o, comunque, i più realistici sulla realtà in cui sono cresciuti, potrà diventare un titolo che agevola l'emigrazione dalla penisola in altri paesi €uropei!
E forse saranno i nuovi italiani i più desti a dire basta con l'ordine sovranazionale dei mercati. Mica peraltro: perché la concessione dei diritti politici, una volta accordata, rende la tangibilità della natura idraulica del voto e la prospettiva di Elisyum molto ma molto più attuale.
Non sempre è una mossa intelligente contare sul fatto che la disperazione, la povertà e la disgregazione sociale possano essere blandite con un contentino...
Pubblicato da Quarantotto a 10:31 59 commenti: Link a questo post
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giovedì 15 giugno 2017
RIVEDERE I TRATTATI? IL VINCOLO[/paste:font]