Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

ciao mat.......grandi giochi sotterranei.....i massoni inglesi si rimettono al volere della regina e co......se nn e' cambiatoniente il duca di kent e'................, quindi grande finanza,,,,,londra,prima piazza ........ commercio aperto verso la cina...........ai fratelli d oltre oceano nn piace.........grandi servizi segreti in movimenti mi5 mi6 cia.... pressoni enormi.....anche se vincono i si..... vinceranno i no........dipende al sottobanco cosa si tratta e cosa si avra' in cambio..------ siamo legati anche al ttip...........come dazione di scambio...... e ,antico progetto cia.........che opera perconto terzi.......piano kalergi gia' in atto.......vladimiro attende e sorveglia.....unico grande al momento....... nell'uscita ,quando ci sara'''''''.. nn escluderei anche il suo zampino.......ciao..
 
ciao mat.......grandi giochi sotterranei.....i massoni inglesi si rimettono al volere della regina e co......se nn e' cambiatoniente il duca di kent e'................, quindi grande finanza,,,,,londra,prima piazza ........ commercio aperto verso la cina...........ai fratelli d oltre oceano nn piace.........grandi servizi segreti in movimenti mi5 mi6 cia.... pressoni enormi.....anche se vincono i si..... vinceranno i no........dipende al sottobanco cosa si tratta e cosa si avra' in cambio..------ siamo legati anche al ttip...........come dazione di scambio...... e ,antico progetto cia.........che opera perconto terzi.......piano kalergi gia' in atto.......vladimiro attende e sorveglia.....unico grande al momento....... nell'uscita ,quando ci sara'''''''.. nn escluderei anche il suo zampino.......ciao..


:dietro:

nel 2013 ho tolto il poster di una nota pornostar che non posso nominare ed appeso quello di Vlad... :nnoo::mbe::mbe:
W la Siberia...
 
by Fabio Lugano
BREXIT ED IL BILANCIO DEGLI AIUTI DELLA UE (di C.A. Mauceri)



Su tutti i giornali non si parla d’altro che di Brexit, del referendum che potrebbe portare il Regno Unito ad decidere di uscire dall’Unione Europea.

Chi sta da una parte e chi dall’altra; chi vota per il SI e chi per il NO. Grosse le pressioni da parte di tutti i capi di stato non solo europei (ne ha parlato anche Obama), nel tentativo di influenzare questa o quella fazione.

Nessuno, però, si è preso la briga di dire agli inglesi (e a tutti gli altri “cittadini europei”) una cosa: stare nell’Unione Europea, al di là delle parole dei politici conviene loro o no?

Eppure questi numeri non sono un mistero. In Italia, ad esempio, si sa (e da anni, da quando alcuni parlamentari chiesero a Monti quanto avevamo dato all’UE e quanto avevamo ricevuto) che siamo contribuenti attivi: nonostante le imposizioni e i dictat di Bruxelles, la somma che versiamo all’UE è molto maggiore degli aiuti che riceviamo.

Anzi siamo i quarti per residuo lasciato nelle casse dell’UE (con un bilancio negativo di 23.782 milioni di euro dal 2010 al 2014) dopo la Germania (-59.506), il Regno Unito (-32.129) e la Francia (-35.848).

In altre parole, stare nell’Ue, agli inglesi è costato tra i sette e gli otto miliardi di euro all’anno, ai francesi quasi nove e ai tedeschi più di dieci miliardi di euro.

Se si guarda al contributo per abitante la situazione non cambia di molto. Come spesa pro capite i maggiori contributori all’UE sono Svezia e Danimarca: ogni svedese paga per l’UE un conto salatissimo: oltre novecento euro netti. Poco meno ogni danese (829). E poi olandesi, tedeschi, belgi, austriaci, finlandesi. Ogni italiano paga quasi quattrocento euro (387,09) il proprio essere “cittadino dell’Unione”.

Ma se questi paesi hanno un bilancio negativo (ovvero versano all’Europa più di quanto ricevono) ci sarà pure qualcuno che incassa questi soldi. Il paese che ha ricevuto di più è la Grecia (non sorprende vista la crisi e gli aiuti concessi dalla Troika). A sorprendere, invece, dovrebbero essere gli oltre 57 miliardi di euro di aiuti “netti” ricevuti dalla Polonia. O i 21 miliardi di euro netti ricevuti dall’Ungheria. Per non parlare dei 18 miliardi di euro di aiuti ricevuti dal Portogallo.

Ancora una volta se si guarda al bilancio degli aiuti in rapporto alla popolazione le sorprese non mancano. Gli europei che hanno ricevuto gli aiuti maggiori sono stati i lituani: ogni cittadino di questo paese ha ricevuto aiuti netti per quasi duemilacinquecento euro. Poco meno gli abitanti dell’Estonia. E poi giù a scalare, greci, ungheresi, lituani, portoghesi, polacchi…

Inevitabile che, dopo aver letto tutti questi numeri, venga voglia di sapere per cosa sono stati utilizzati i soldi che i cittadini tedeschi, inglesi, francesi e italiani hanno dato in più al resto d’Europa. Anche qui le sorprese non mancano. A cominciare dagli aiuti ai paesi extra europei ovvero a quelli che non hanno contribuito neanche con un centesimo al bilancio comunitario. Dai conti dell’UE, risulta che, solo nel 2014, oltre sei miliardi di euro sono stati utilizzati per sostenere progetti fuori dell’Unione. Ancora una volta si tratta di aiuti a volte difficili da giustificare o da comprendere. Come quelli destinati alla Tunisia per produrre olio d’oliva (mentre alle aziende italiane venivano imposte limitazioni). O come i 20 milioni di euro (tutti italiani) destinati allo sviluppo del “nascente settore olivicolo pakistano”. O i 280 milioni di Euro spesi nel 2014 per migliorare i trasporti in paesi extraUe: una spesa difficile da capire pensando alle condizioni di molte strade in Italia (e in molti altri pesi europei) cadono a pezzi e che l’ANAS non ha ancora provveduto (forse proprio per mancanza di fondi) a ripristinare il viadotto crollato un anno fa.

Anche la ripartizione delle somme all’interno dell’UE suscita molte perplessità: da decenni gran parte delle regioni dell’Italia sono considerate “Obiettivo 1”, ovvero meno sviluppate (un eufemismo per non dire sottosviluppate) rispetto ad altre regioni europee la Germania. E allora come mai, nel 2014, proprio alla Germania sono stati concessi oltre 2 miliardi di aiuti per la “convergenza” destinata alle regioni meno sviluppate (quasi quanto all’Italia alla quale sono stati concessi poco di più, 2,8 miliardi)?

E come mai la Germania e la Spagna hanno ricevuto aiuti per l’agricoltura (European Agricultural Guarantee Fund, EAGF) più che l’Italia? Per non parlare della Francia che di questo tipo di aiuti ha ricevuto quasi il doppio.

L’elenco delle “anomalie” e delle voci di spesa inspiegabili potrebbe essere ancora lungo.

La verità è che manca non solo un reale controllo si come vengono utilizzati i soldi che ogni anno gli italiani (e molti altri europei) versano all’Ue e non vedono più tornare indietro, ma anche su chi effettivamente abbia beneficiato di questo stato di cose.

Se non fossero stati costretti a pagare all’UE per il privilegio di essere chiamati membri dell’Unione ai cittadini italiani (a tutti, non solo ad alcuni) sarebbero rimasti in tasca quasi quattrocento euro, cinque volte gli ottanta euro renziani (in molti casi poi chiesti indietro).

E se non avessero regalato all’UE 23 miliardi nell’ultimo periodo, a dicembre, gli italiani forse non avrebbero avuto bisogno di alcuna manovra finanziaria: sarebbero bastati i soldi risparmiati.

Forse, prima di andare alle urne per votare la Brexit, sarebbe utile far sapere a tutti i cittadini britannici che anche per loro questo onore ha un costo non indifferente. Se lo sapessero certamente l’esito del referendum non sarebbe più in dubbio.

Peccato che questo, agli italiani (e agli inglesi), i politici (specie quelli strapagati di Bruxelles) si guardano bene dal dirlo.

C.Alessandro Mauceri

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angolazione
attualita' giugno 15, 2016 posted by Fabio Lugano
BPVI WARRANT E BANCO AMBROSIANO: PUO’ ESSERE UNA SOLUZIONE SODDISFACENTE?







Al disastro degli azionisti della BPVI ed alle loro fortissime perdite si parla di portare un sollievo con l’offerta da parte della banca di warrant, ma in cosa consisterebbe questa possibile soluzione?



Prima di tutto cos’è un warrant ? Un warrant è un’obbligazione “Call”, cioè un diritto di acquistare un titolo borsistico ad un certo prezzo entro una certa data. Quindi chi ha un warrant ha il diritto di comprare un titolo, azionario o obbligazionario, entro una certa data o ad una certa data, ad un prezzo determinato. Al contrario di un contratto “Future”, che presuppone un obbligo all’acquisto (o alla vendita ) di un titolo ad un prezzo predeterminato , il “Warrant” è un diritto per cui si presenta con un profilo molto meno rischioso: mentre un Future può assumere valori negativi, il Warrant può valere al minimo 0. Insomma con il “Warrant” ci può essere solo possibilità di guadagno,ma non di perdita.

Faccio un esempio pratico: ho un “warrant” per acquistare azioni ENI ad 1 euro ad una certa data futura. Se la quotazione delle azioni alla scadenza è 1,5 euro , allora il mio warrant varrà 0,5 euro, pari allo sconto che otterrò nell’acquisto del titolo. Se il valore delle azioni è 1 il mio warrant varrà 0. Se il valore delle azioni sarà 0,5, il mio warrant varrà comunque 0, perchè non avrò nessun obbligo ad eseguirlo.

Il warrant è stato citato non solo per compensare i soci BPVI , ma anche per gli ormai ex soci delle banche “Salvate ” con il Bail In . Già noi, un mese fa, abbiamo parlato della realizzazione possibile di un’operazione come quella che , negli anni ’80, portò al risanamento del Banco Ambrosiano ed alla sua nuova quotazione in Nuovo Banco Ambrosiano, ma , al contrario di tanti entusiasti dell’ultima ora, lo abbiamo fatto con una certa cautela perchè conoscevamo alcuni aspetti complessi dell’operazione degli anni ottanta e , soprattutto , le grandi differenze fra i due casi.

Torniamo ai tempi di Roberto Calvi, quel periodo torbido, ma vivo, a cavallo fra gli anni ’70 ed ’80, per descrivere come avvenne l’operazione, ma anche per mostrarvi come nulla di nuovo risplende sotto il sole

Il Banco Ambrosiano era nato alla fine del XIX secolo ed era diventato un po’ la cassaforte della Milano bene. negli anni ’70, come la Banca Privata di Sindona, aveva iniziato una prepotente crescita internazionale, con filiali quali Banco Ambrosiano Overseas di Nassau e il Banco Ambrosiano Luxebourg. Questa crescita era alimentata da una compagine societaria opaca e da partite di giro che coinvolgevano lo IOR, cioè la banca vaticana : Banco Ambrosiano prestava denari allo IOR e lo IOR comprava azioni del Banco Ambrosiano. Come vedete a Vicenza non hanno inventato nulla.

Comunque la situazione progressivamente peggiora. Calvi si rifiuta di aiutare Sindona e questi , per ripicca, ne danneggia l’immagine con dei cartelloni che parlano di difficoltà del Banco Ambrosiano. Siamo al 1977. Nel 1978 la Banca d’Italia inizia una serie di ispezioni che coinvolgono l’esportazione di capitali. Calvi ha paura e fa blindare la sua Mercedes.

Nel 1981 compra il 40% del “Corriere della Sera” di Rizzoli, pensando di poter influenzare i risparmiatori tramite la stampa (altra cosa che non abbiamo mai più rivisto…), ma viene arrestato per la precedente indagine per esportazione di capitale. Cede il Corrierone esce di galera e viene reintegrato nelle sue cariche, ma, ormai, non ha più la fiducia della Banca d’Italia e fa sempre più fatica a coprire i buchi di bilancio, spesso con fondi di dubbia provenienza se non fonte di riciclaggio.

La Banca d’Italia cerca di metterlo sotto controllo e , su indicazione del governatore Ciampi, anche per far luce sulla proprietà , impone la quotazione in borsa (altra cosa che non abbiamo già visto) il 5 maggio 1982. Purtroppo, nonostante gli interventi e le pressioni di Calvi, con sponde politiche varie ed addirittura con una lettera a Giovanni Paolo II, verso lo IOR affinchè ottemperi alcuni suoi impegni e salvi il Banco Ambrosiano. la situazione dell’istituto milanese è troppo compromessa. Il 17 Giugno 1982 (poco più di un mese dopo la quotazione…) Calvi fugge a Londra, dove verrà ucciso il giorno dopo, e la Banca d’Italia commissaria l’istituto. Le azioni vengono sospese ed è la fine del Banco Ambrosiano con un buco per 2 mila miliardi di lire.

Il Banco Ambrosiano vede azzerato il proprio capitale, ma un pool di banche , organizzato dalla Banca d’Italia , interviene per salvare almeno correntisti, obbligazionisti e creditori (tra cui con diverse centinaia di miliardi l’Eni, di proprietà dello stato). Questo pool , potremmo dire il fondo Atlante dell’epoca, formato da banche pubbliche (IMI, BNL , San Paolo) e private (Banca Cattolica del Veneto, Banca Popolare di Milano, Banca San Paolo di Brescia, Credito Emiliano e Credito Romagnolo), nomina amministratore un giovane Giovanni Bazoli, che iniziò li la sua carriera, e , tagliando le filiali estere in perdita , risana la situazione. Il “Nuovo Banco Ambrosiano” deve tornare in borsa, ma come attrarre gli azionisti bastonati ?

Ecco che nasce l’idea del “Warrant” , un buono acquisto, un’opzione, ceduta gratuitamente agli azionisti che dava diritto ad acquistare a 1000 lire (warrant di tipo A) o a 1300 lire (warrant di tipo B) le azioni del Nuovo Banco Ambrosiano quando fossero state immesse sul mercato. La quotazione attesa delle nuove azioni era intorno alle 1350 lire per azione, ma ci si aspettava un forte rialzo per l’interesse di alcune casse di Risparmio Venete e Lombarde. I warrant furono anche trattati separatamente dal titolo ordinario, giungendo al cosiddetto “Terzo Mercato” (un tavolo vicino ai cessi di Palazzo Mezzanotte, sede della borsa….) anche quotazioni vicine alle 1000 lire per i warrant di tipo A ed alle 650 per i warrant di tipo B.

Il problema era che le azioni del Banco Ambrosiano , il giorno della chiusura delle quotazioni, valevano ancora 29.500 lire, per cui i warrant concessi furono, al massimo , una sorta di invito a rientrare nella compagine sociale, ma riuscirono a compensare solo in minima parte le perdite degli azionisti.

La stessa situazione può riproporsi per BPVi: la differenza fra perdite per chi ha sottoscritto gli ultimi aumenti di capitale (62,5 euro ) e presumibile valore di quotazione in borsa della società è talmente grande che nessun warrant potrebbe costituire un serio rimborso: infatti ammettiamo che il valore delle azioni passi da 0,1 euro per azioni a 15 euro per azione, ed il fondo Atlante, per senso di generosità e giustizia , conceda un warrant gratuito a 10 euro per azione. In questo caso il valore del warrant stesso sarebbe costituito dalla differenza fra il futuro valore di IPO (15 euro) ed il valore di esercizio di warrant, (10 euro), cioè 5 euro per azione. Questo costituirebbe un rimborso pari all’8% delle perdite per chi ha acquistato le azioni all’aumento di capitale del 2014. Un po’ pochino, ma consideriamo che vendere a 15 euro significherebbe vendere a 150 volte il valore di acquisizione delle azioni per il Fondo Atlante, per cui avremmo da un lato un Fondo Atlante enormemente in utile, dall’altro azionisti con una perdita ancora del 90%.

Naturalmente passerà molta acqua sotto i ponti , prima dell’eventuale emissione di warrant. Magari i nuovi amministratori saranno in grado di trovare qualche soluzione fantasiosa che, ora , non ci viene in mente, ma questo strumento sembra essere più adatto a ricostruire una compagine azionaria che a dare un effettivo rimborso agli azionisti. Per questi, ancora oggi, non restano che le azioni legali o i tavoli di conciliazione
 
possiamo aggiungere che,secondo pazienza il banco nn era fallito e che nei conti delle collegatei n inghilterra,su cui la regina ,mise il segreto di stato v i erano abbastanza dispinibilita per le perdite in oggetto, vero' sia che fu l unico a farsi tutti gli anni di galera dentro........fate vobis......
 

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