Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Euro crisis luglio 7, 2016 posted by Mitt Dolcino
Diciamolo, se l’Italia resta nell’euro farà crack. Magari si deciderà di andare contro le più basilari regole europee, forse per questo Renzi è sotto attacco…



Ve l’avevamo anticipato, avevamo scritto per tempo che l’Italia sarebbe stata la vittima post Brexit*, un po’ per spostare il focus – e le colpe – dall’UK che ha deciso di andarsene, un po’ per necessità dei mercati di trovare una vittima. In fondo questa è una prova per la Germania: Berlino non può mollare sull’austerità, se molla per l’Italia varrà per tutti! Inoltre, essendo l’Italia un paese importante nel post Leave di Londra, se anche Roma lasciasse la barca decadente dell’euro, beh, l’Europa finirebbe (forse è per questo che Berlino oggi permette a Roma e Parigi, ma non a Madrid e Lisbona in quanto non attori sistemici, di sforare impunemente i parametri austeri, solito atteggiamento asimmetrico della proterva Germania che ha causato tante catastrofi in passato, non vedo perchè questa volta dovrebbe essere differente…).



La scelta tedesca è dunque impossibile: cedere sull’austerità significherebbe di fatto mutualizzare il debito europeo. Invece tenere le cose come stanno significherebbe far implodere i periferici e l’Italia in particolare con il rischio che poi decida di uscire dall’euro magari indicendo un referendum consultivo stile Brexit, solo l’annuncio metterebbe KO i mercati.

Parlavo oggi con il collega F. Lugano, sempre ben informato sulle vicende bancarie: solo MPS, la madre dei crediti inesigibili, sembra aver poco meno di 50 mld di crediti incagliati con un grado di recupero decisamente basso. Se ipotizziamo un – sigh – ragionevole 20% di recupero significherebbe che….. MPS, insomma, avete capito.



Il problema è che se ciò accadesse nessuno potrebbe salvare il sistema bancario in avvitamento, sarebbe necessario creare una nuova IRI contro ogni dettame europeo per salvare l’intero sistema banche della Penisola. Ossia tanto varrebbe uscire dall’euro, la Germania NON permetterebbe mai un siffatto salvataggio, sarebbe come mutualizzare un enorme debito nazionale in euro (si parla di centinaia di miliardi!, secondo Citibank). Qui sta la vera debolezza tedesca, l’impossibilità di far accettare alla propria cittadinanza la necessità di salvare il sud EU per mantenere l’euro (anche i grafici successivi sono tratti dal report di Citibank di questi giorni, un epitaffio sul futuro economico nazionale indipendente, quanto meno nella moneta unica…).



La realtà è che fu proprio Roma a permettere di salvare le banche tedesche nel 2010, il nostro sistema creditizio non era esposto al subprime – unico nel mondo occidentale -, fu invece ucciso dall’austerità che ne seguì, austerità imposta ad arte da Berlino.

______________________

Cosa succederà? Difficile a dirsi. Da una parte Berlino può accettare flessibilità nelle regole ma solo fino ad un certo punto, NON un salvataggio fuori dalla regole per centinaia di miliardi di euro soprattutto nel post Brexit che vedrà inevitabilmente nei prossimi mesi le industrie tedesche soffrire enormemente per una forte riduzione delle esportazioni verso la Gran Bretagna (Londra vuole svalutare la sterlina, il rapporto 1:1 con l’euro entro fine anno non è un’utopia). leggasi, grazie al Leave si attende forte deflazione in EU.



Dall’altra Renzi non vuole mollare, pretende (giustamente) di salvare le banche nazionali, al diavolo le regole che non c’erano quando si dovevano salvare gli istituti francesi e tedeschi.

Sopra a tutti i comuni mortali invece ci sono i poteri sovranazionali impersonificati in Draghi, che vogliono il redde rationem. Che significherebbe imporre la troika in Italia, ossia privarci di tutti gli assets di pregio da dare in pasto ai nostri carnefici, ehm, detentori del nostro debito estero. Per capirci, diventeremmo poveri come i greci, le pensioni verrebbero tagliate, la fame ricomparirebbe tra i pensionati, la disoccupazione raggiungerebbe livelli impensabili ed insostenibili per il sistema [anche e soprattutto per quello pensionistico, ndr], l’insicurezza crescerebbe a dismisura con una inevitabile reazione del sistema ad autodifendersi, andremmo molto vicini ad una svolta autoritaria. Il fascismo fiscale finalizzato al pagamento del debito estero, dal sottoscritto ampiamento previsto, si concretizzerebbe nella forma peggiore, quella dell’emergenza. E Renzi farebbe la fine del Savonarola….

Problema: appunto, per imporre la ricetta greca c’è bisogno di togliere di mezzo l’ostacolo politico ossia il Renzi che, suo malgrado, si trova a dover difendere il sistema per non venire lui stesso travolto. Non confondete, Renzi non è un eroe, difende solo la propria carriera politica ma incidentalmente difenderà anche gli interessi del paese, triste storia quella dell’Italia, paese fatto di supposti (si, supposti) eroi ma solo per caso. Da qui la spiegazione della giusta, sebbene disperata, presa di posizione renziana contro Deutsche Bank, la vera bomba ad orologeria che trabolgerà il sistema economico mondiale (ma probabilmente dopo aver acquisito a basso prezzo quel che resta della Corporate Italy….)



Ed ecco che torniamo al cuore del disastro: la magistratura, i cambiamenti in Italia li fanno sempre i magistrati, non vedo perché oggi la storia dovrebbe essere diversa. Va detto però che, almeno da tangentopoli in avanti, i magistrati sanno bene che non devono andare contro agli interessi USA. Dunque, conclusione, Renzi cadrà se gli USA vorranno.

Bel casino.

In questo enorme caos sono portato a pensare che oggi non sia nell’interesse americano abbattere l’Italia dentro l’Euro in quanto ciò rafforzerebbe Berlino, che ha già tradito gli ideali occidentali. Ossia, a Washington hanno capito che una Germania troppo forte – ossia dopo l’annichilimento ed il successivo acquisto a prezzi di realizzo dell’Italia senza intaccare la moneta unica – significherebbe consolidare un altro grande avversario a termine, l’Europa tedesca, da aggiungere a Cina e Russia. Forse lato USA è meglio un’Italia che muore uscendo dalla moneta unica, che dite…

Quindi, opinione personale, si navigherà a vista ancora per qualche tempo. Poi la nuova presidenza USA farà le sue mosse.

Ben inteso, comunque vada sarà un disastro per l’Italia e per gli italiani, questo deve essere chiaro a tutti.

Jetlag per Mitt Dolcino
 
idea totalitaria e antiumana della società e del "Tutto".

Pubblicato da Quarantotto a 07:45 Nessun commento: Link a questo post
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
giovedì 7 luglio 2016
IL PREZZO DEI NPL DI MONTE DEI PASCHI DI CUI NON SI PARLA (PMI sveglia: e 3!) [/paste:font]


poster18.jpg

(Il romanticismo si attaglia al "sogno": e contestualizzare trasforma il senso in un modo che si attaglia alla cruda realtà).
1. Da La Stampa, traiamo alcuni chiarimenti sul quadro operativo entro cui si stanno muovendo le "trattative" tra governo italiano e Commissione UE sulla cruciale questione "Monte di Paschi di Siena":
"Da ieri il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica al mondo, in Borsa vale meno di un miliardo di euro. Per comprare un caffè a Piazza del Campo ci vogliono ben tre azioni. L’utile dell’ultimo trimestre - 93 milioni di euro - non basta a far dimenticare 27 miliardi di sofferenze...
...L’ora X è prevista per il 29 luglio, il giorno in cui verranno pubblicati gli stress test della Banca centrale europea e dell’Eba sui 51 principali istituti europei. Mps non è l’unica banca del Continente che trema, e questa potrebbe essere perfino una buona notizia. I risultati degli ultimi test della Federal Reserve hanno bocciato sia Deutsche Bank che la spagnola Santander.
...I contatti fra Tesoro, Palazzo Chigi e Commissione europea sono costanti, e servono a trovare la soluzione utile a scongiurare il rischio di un effetto domino europeo. Per rimanere nelle regole, una strada c’è: la contempla l’articolo 32, quarto comma, punto tre della direttiva sulle risoluzioni bancarie.
Quella norma dice chiaramente che nell’ipotesi di un’imminente bocciatura allo stress test, lo Stato può intervenire in via preventiva con un aumento di capitale, purché «cautelativo», «temporaneo» e «proporzionato per rimediare alle conseguenze della grave perturbazione» che si sta per abbattere sulla banca. Il linguaggio è più adatto a un meteorologo ma il senso è chiaro. La banca deve essere «solvente» e l’aiuto non può essere utilizzato «per compensare le perdite che ha accusato o rischia di accusare».
Lo schema che circola al Tesoro rispetta tutte queste condizioni: prevede il lancio di nuove obbligazioni convertibili - chiamiamoli Padoan bond - non dissimili a quelle emesse nel 2012 dal governo Monti; ad esse si dovrebbe accompagnare un intervento di sostegno del Fondo Atlante per un ammontare non inferiore ai tre miliardi di euro. «Atlante due» si occuperà nel frattempo di comprare -parte delle sofferenze di Mps, ma i tempi non sono compatibili con quelli che i mercati impongono in momenti come questi.
C’è una condizione che in queste ore complica non poco la trattativa. Bruxelles sostiene che questo tipo di intervento imponga l’applicazione del principio del «burden sharing» che costringerebbe azionisti ed obbligazionisti a farsi carico - almeno in parte - del salvataggio statale. Il pressing del governo sulla Bce e sulla Commissione europea per non far passare questa interpretazione punitiva della norma è arrivato al punto di minacciare una decsione unilaterale da parte dell’Italia.
Si dice spesso che due indizi non fanno una prova, ma ci si avvicinano.
Il primo è la risposta del portavoce del Commissario alla Concorrenza Vestager all’articolo (in parte smentito) del Financial Times sulle intenzioni di Renzi intorno al destino di Mps: «Esistono soluzioni senza effetti contrari sugli investitori al dettaglio». L’altro indizio sono le parole pronunciate da Ignazio Angeloni, membro italiano della vigilanza di Francoforte: «Il sostegno pubblico è componente fondamentale di un buon quadro di regole». Le norme dell’Unione bancaria «dovrebbero essere usate non più del necessario, ma neanche meno».
L’ultima parola spetta dunque a Jean-Claude Juncker e a Mario Draghi. Molto dipenderà ovviamente dall’atteggiamento di Berlino e da quanto Merkel e Schäueble temano un nuovo terremoto in tutto e per tutto simile a quello che nel 2008 partì dagli Stati Uniti e spazzò via decine di banche. L’Europa post-Brexit è al redde rationem: o esce dalla crisi più unita, o rischia di soccombere".

2. Questo era il quadro un paio di giorni fa.
Ma ad oggi, sempre dalla stessa fonte mediatica, la situazione, lungi dal perseguire la "soluzione di mercato" che, solo a parole, si agita come una bandiera ormai logora, pare intraprendere il seguente percorso tortuoso:
"A meno di colpi di scena, oggi il consiglio di amministrazione straordinario del Monte lancerà un aumento di capitale fra i due e i tre miliardi di euro. Una proposta che alle attuali condizioni della banca (circa 24 miliardi di crediti deteriorati) il mercato dovrebbe snobbare.
A quel punto il governo - grazie all’ormai noto articolo 32 della direttiva sulle risoluzioni bancarie - sarebbe pronto a lanciare la sua ciambella di salvataggio sottoscrivendo (potrebbe essere con un bond) ciò che il mercato rifiuterà. Il problema è che in quel caso le regole impongono di sacrificare, oltre agli azionisti - che verrebbero comunque diluiti - anche gli obbligazionisti subordinati. Per evitare questo scenario Renzi è pronto a tutto, fino al coinvolgimento nell’operazione di ricapitalizzazione della Cassa depositi e prestiti, soggetto pubblico ma formalmente privato".

3. Un percorso tortuoso, ma politicamente ritenuto spendibile, in base alle seguenti prospettazioni ex parte italiana (ho aggiunto alcune enfasi in neretto):
"Ancora ieri, di fronte al premier svedese Renzi ha ribadito che «i risparmiatori devono stare tranquilli» e che il governo «auspica soluzioni di mercato» salvo mandare messaggi duri ai partner europei: «Sono certo che nei prossimi giorni le autorità europee rifletteranno sulla situazione. Chi conosce la realtà sa che la vera questione non sono i nostri crediti deteriorati, ma i derivati di altre banche». Una battuta che si potrebbe tradurre più o meno così: cari amici tedeschi, attenti a non mostrarvi troppo rigidi perché quelli che oggi sono i problemi di Mps domani potrebbero colpire la vostra Deutsche Bank, esposta in derivati per cifre stellari.
Già, perchè i problemi con Bruxelles non si esauriscono con la ricapitalizzazione.
Parallelamente ad essa, il governo sta contribuendo alla creazione di un secondo Fondo Atlante - dovrebbe chiamarsi Giasone - che dovrebbe comprare gran parte dei crediti deteriorati di Mps grazie a ciò che resta nelle casse di Atlante uno (nato per salvare le Popolari venete), più i fondi della Sga, la bad bank del Banco di Napoli oggi in mano al Tesoro e con 500 milioni a disposizione.
Fra Tesoro, Atlante e Cdp si sta cercando di coinvolgere nell’operazione vari soggetti: dai fondi assicurativi e previdenziali fino ad alcuni investitori esteri. Si fanno i nomi di un misterioso fondo cinese, di Deutsche Bank Italia (proprio la società italiana della banca sopracitata), Cariparma, Bnl Paribas.
La questione da risolvere con l’Europa è questa: qual è il prezzo al quale un soggetto partecipato dallo Stato può comprare crediti deteriorati e rivenderli sul mercato? Secondo le stime che circolano in ambienti finanziari quello giusto potrebbe essere attorno al 30 per cento. Ma è abbastanza alto per non configurare l’aiuto di Stato? Il problema con Roma «è l’applicazione delle regole sugli aiuti di Stato», conferma il numero due della Commissione Ue Dombrovskis. Insomma la partita per salvare Mps - e con lei l’intero sistema bancario - si preannuncia lunga".
4. Una prima notazione: la domanda dovrebbe essere, piuttosto, se tale prezzo sia "abbastanza basso", dato che l'aiuto di Stato distorsivo della mitica concorrenza tra istituti bancari in UEM - con buona pace di ogni considerazione dell'art.47 Cost. (su tale aspetto torneremo)- si ha quando denaro considerato di (varia) provenienza pubblica attribuisca un vantaggio/arricchimento non realizzabile nelle normali condizioni di mercato.
Considerato che gli "eventi" del mercato fanno "precedente" e, nel caso dell'Unione bancaria, anche "presunzione legale" (per quanto juris e non de jure, dunque superabile da "altri" analoghi eventi), avevamo infatti visto che la vicenda Etruria aveva portato ad altre valutazioni di prezzo dei NPL:

"I valori di cessione delle sofferenze delle quattro banche salvate a novembre (CariChieti, Banca Etruria, Carife e Banca Marche) sono stati rivisti al rialzo dagli esperti indipendenti a una media del 22,3% del valore nominale.

Lo ha detto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco durante un'audizione in Senato.

Il dato è frutto di una media ponderata tra il 31% assegnato alla porzione garantita da ipoteca e il 7,3% di quella chirografaria.

La Commissione Ue aveva individuato un valore economico reale di cessione delle sofferenze delle quattro banche pari al 25% per la parte garantita da ipoteca e all'8,4% per quella chirografaria con una media ponderata del 17,6%.

Sono stati però rilevati ulteriori "rischi" nei portafogli creditizi che hanno generato altre esigenze di svalutazione degli attivi; il maggior fabbisogno patrimoniale che ne è derivato è stato tale da compensare i risparmi derivanti dalle minori percentuali di svalutazione delle sofferenze rispetto alla valutazione provvisoria".
5. Attenzione: la Commissione UE non può permettersi, specialmente con l'Italia, e almeno finché non entri in gioco qualche "figlio prediletto" (leggi: Deutschebank), di contraddire quanto stabilito pochi mesi prima in situazione praticamente identica.

Tra l'altro, un prezzo di acquisto (sostanzialmente pubblico) "attorno al 30 per cento", non sarebbe giustificato neppure allargando la sfera dei crediti in sofferenza che si possano considerare "garantiti da ipoteca", e questo grazie all'introduzione, da maggio, del c.d. Patto Marciano:

Contratto con cui creditore e debitore si accordano in modo che, in caso di inadempimento, il creditore acquisisce un bene di proprietà del debitore, con l’obbligo di versargli la differenza tra importo del credito e valore. Il Dl 59/2016 codifica il patto marciano tra banca finanziatrice e impresa finanziata per trasferire un immobile (dell’impresa o di un terzo, di qualsiasi natura) se c’è inadempimento. La banca (salvo tenerselo, cosa improbabile) lo può vendere direttamente , senza procedura esecutiva. L’immobile non può essere l’abitazione principale del datore di ipoteca, del coniuge o di parenti e affini entro il terzo grado".

Esistono infatti margini di "persuasione", per i debitori, imprese e mutuatari ipotecari, per indurli a rinnovare le condizioni delle linee di credito già concesse, laddove gli arretrati li pongano in condizione di avere poca scelta al riguardo.


5.1. Risultato pratico (abbastanza evidente e di cui non si parla, sull sfondo della contingenza della vicenda MPS):
"E’ intervenuto il decreto legge 59 per accelerare il recupero crediti, ma non essendo retroattivo in borsa stanno ancora perdendo capitalizzazione.

In ogni caso, con il Patto Marciano, che può essere sottoscritto tra creditori e debitore, lo spossessamento di chi non è in regola con i pagamenti sarebbe immediato. Data la continua situazione di stress economico della struttura industriale (si è recuperato appena l’1% di quanto precedentemente perso e la chiamano ripresa), per cui alcuni parlano di un euro che sta asfissiando il sistema economico (si veda Gianfelice Rocca della Technint sul Financial Times di marzo), non si esclude affatto una vendita massiccia di proprietà industriali al miglior compratore.
Insomma, l’Unione Europea impone misure draconiane all’Italia che provocano la più grave recessione della storia contemporanea, il sistema economico va in tilt, il sistema bancario viene investito da una mole impressionante di crediti deteriorati e a questo punto interviene nuovamente l’Unione Europea per chiedere la risoluzione del problema delle sofferenze bancarie.
Il sistema bancario è sotto pressione via Vigilanza Europea, il sistema industriale è sotto pressione via sistema bancario italiano, e i salariati sono massacrati dal sistema economico".


5.2. Tornando al prezzo di cessione dei crediti in sofferenza, (in senso di "stima...secondo il mercato"), il miglior prezzo ammesso dalla Commissione è dunque del 25%: anche ammettendo una generalizzata, e praticamente impossibile, garanzia "marciana" di tutti i NPL del Monte dei Paschi, rispetto al prezzo di 30, balla "almeno" un 5% di differenza. Non poco su 24 miliardi.
Dunque, l'operazione immaginata dal nostro governo si presenta non solo tortuosa - com'era inevitabile una volta accettato di "stare in €uropa" a qualsiasi costo- ma anche "in salita" e molto.
Ma quello che più conta, è che il sottostante dell'operazione ("marcianizzata"), come abbiamo appena visto, è lo spossessamento da parte degli imprenditori (naturalmente medi e piccoli, in prevalenza), dei complessi aziendali e la distruzione di struttura produttiva, aggiuntiva rispetto a quella già indotta dalla recessione, a sua volta indotta dalle politiche fiscali che servono a salvare l'euro.

CmmPrCIWgAAO8jA.jpg:large


Questo è il "prezzo" di MPS, intesa come metafora della distruzione euristica, di cui non si parla.

E le PMI, a quanto risulta ad oggi, continuano a "non svegliarsi"...
Cmv-_DXWcAAstMA.jpg:large

E magari a pensare che tutto si possa risolvere tagliando la spesa pubblica-brutta, quando, invece, è esattamente il contrario: ma proprio il contrario (parola di Stiglitz)
 
euro luglio 9, 2016 posted by Maurizio Gustinicchi
FREXIT? NON CI SONO LE PREMESSE; ITALEXIT? QUASI CERTA (e per i dirigenti del PD ci sarà il Tribunale del Popolo?)

Proprio così, a mio avviso non ci sono le condizioni per la Frexit mentre l’Italexit avverrà entro non molto.

Mi spiego!

Le condizioni per le quali un’unione monetaria non funzioni sono che un paese s’indebita fortemente con l’altro al quale si è vincolato con un cambio fisso.

Questo non pare esser un grosso problema per la Francia, sembra invece esser una marginalissima e facilmente risolvibile questione:



Dall’analisi del Target 2 si evince che per la Francia il risolvere i rapporti diretti con la Germania è davvero una questione marginale. Troppo vicino allo zero l’indebitamento dei galletti con i teutonici:



Si nota, con riferimento Febbraio 2016, che l’indebitamento interno del sistema bancario francese verso il tedesco è di soli 29 miliardi di euro. Una bazzecola.

Invece per l’Italia il problema è davvero consistente: 251 miliardi a Febbraio 2016:



ben 276 miliardi di euro a maggio 2016:



Addirittura 290 miliardi di euro a Giugno 2016!

Parliamo di costante crescita dell’indebitamento estero interno all’eurozona!

Assolutamente insostenibile.

E per risolvere questo problema, dovremo prima passare per le FORCHE CAUDINE del salvataggio delle banche:



in pratica, dovremo salvare le banche (trovando 200 miliardi di euro):



Per poi trovare il sistema con l’economia, rendendola più competitiva, per sostituire l’import tedesco con prodotto realizzato entro i nostri confini (ed azzerare via mercato, e non per mezzo dei trasferimenti nord-sud) così da recuperare anche lo squilibrio macroeconomico interno all’Eurozona!

Come chiedere a Satanasso di diventare buono come Dio!

Ma ora passiamo ai rapporti di Francia e Italia con il resto del mondo.

Le partite correnti della bilancia commerciale francese dicono:



Costante disequilibrio verso il mondo da parte della Francia. Per carità, nulla di gravissimo non risolvibile con una bella ed ulteriore svalutazione dell’Euro e con un ulteriore piano di FISCAL RETRENCHMENT montiano che, bloccando i consumi interni, riallinei le partite correnti.

Ossia, unitamente alla svalutazione dell’Euro, Holland e Valls devono spingere ancora di più sull’acceleratore dell’austerity (ma neanche tantissimo) per terminare l’operazione di sostenibilità dell’Euro.

Invece l’Italia:



Col resto del mondo sta messa benissimo!

Pensate, nonostante i disequilibri interni alla Eurozona (ossia il fatto che la Germania ci consegna praticamente tutto quello che acquistiamo) le nostre partite correnti sono positive!

Da noi, vengono clienti a cercarci da tutto il mondo, da sempre, ed è per questo che non abbiamo bisogno delle fallimentari e teutoniche reti d’impresa……..i tedeschi invece li andiamo a cercare noi. Anzi ce li va a cercare il partito che li ha usati in chiave ANTIABBELLUSCONIANA!

Purtroppo, ad oggi, i veri competitor dei tedeschi siamo noi italiani, le aziende tedesche (agevolate da Equitalia, Agenzia delle Entrate, Ispettorato del Lavoro e INPS) vengono a fare shopping gratuito del nostro know-how e della nostra tecnologia sino al punto che oramai importiamo perfino le mozzarelle e il pane congelato:



E’ oramai conclamato che qualcuno gli stia tirando la volata, spianando la strada, come un traditore del proprio paese farebbe con l’invasore straniero. Mi viene in mente il film dei cavalieri sarmati di Artorius Castus (da tutti chiamato Artu’) in cui un inglese di allora vende il suo popolo ai Sassoni del re Cerdic e di suo figlio Cynric:






Ti potrebbero interessare anche:
 
sinistra e NATO contro la Russia
Il collasso accelerato degli Stati Uniti →
Italia, crisi in arrivo


luglio 9, 2016 Lascia un commento

Jacques Sapir, Russeurope 8 luglio 2016
1437747492-o-renzi-merkel-padoan-facebook.jpg
La situazione delle banche italiane è ormai critica. La questione della loro ricapitalizzazione occuperà gran parte dell’estate, coinvolgendo direttamente le regole dell’Unione bancaria in vigore dal 1° gennaio 2016. L’incapacità del governo italiano di rispettare le regole dell’Unione bancaria mette in evidenza le disfunzioni sempre più gravi della zona euro. La quota dei prestiti denominati “non performing” nel bilancio delle banche ha ormai raggiunto il 18%, secondo uno studio del FMI [1]. A parte la Grecia, dove il tasso era oltre il 34%, il tasso più alto nella zona euro, il Portogallo segue tale tendenza, ma a un livello di molto inferiore, poiché la percentuale di debito cattivo è “solo” il 12%. In sintesi, si stima che il volume totale sia di 360-400 miliardi di euro, con 70-100 miliardi da coprire da parte dello Stato o con altri meccanismi.

a-01-bad-loans-1-500x315.jpg
Quota di crediti “non performing” nei bilanci delle banche

Va notato che il movimento dei “crediti inesigibili” può essere correlato a diverse cause. In Irlanda e in Spagna è stata la speculazione immobiliare a causarlo. Niente come nel caso dell’Italia, e questo è ciò che rende la progressione dei debiti inesigibili ben più grave. Tali problemi sono i prestiti delle banche regionali a piccole e medie imprese. In realtà, è la stagnazione economica degli ultimi anni causa dell’attuale crisi bancaria in Italia. L’evoluzione dei dati macroeconomici dell’economia italiana mostra l’estensione della crisi, in particolare dimostra che la sua causa è chiaramente l’introduzione dell’euro. Se calcoliamo l’evoluzione dell’economia italiana dal 1990, tenendo conto del decennio precedente l’introduzione dell’euro, le modifiche sono molto marcate e importanti.

a-01-italie-500x306.jpg
Evoluzione di PIL, investimenti e risparmio in Italia dal 1990
Fonte: dati del FMI, Dati del rapporto economico mondiale, aprile 2016

roma-incontro-al-vertice-fra-angela-merkel-e-matteo-renzi.jpg
La crescita del PIL, relativamente forte nel decennio 1990-2000, è disastrosa negli anni successivi all’introduzione dell’euro. L’Italia inoltre è tornata al PIL precedente la crisi del 2007. In effetti, il PIL del 2015 è il 116% di quello del 1990, ma era il 127% nel 2007. Se l’Italia avesse continuato a crescere al ritmo degli anni 1993 – 1999, nel 2015 avrebbe avuto un indice da 2015; cioè l’euro è costato il 34% del PIL nel 2015. Il PIL pro capite, dimensione in linea con l’evoluzione della ricchezza della popolazione, assumendo che la distribuzione interna della ricchezza resta invariata, ha un indice solo del 108% rispetto al 1990. In altre parole, in 25 anni, la crescita pro capite è stata di solo l’8%. Ma l’evoluzione degli investimenti (pubblici e privati) è ancora più preoccupante. Il forte calo degli investimenti nei primi anni ’90, crollo necessario per ridimensionare il deficit di bilancio, fu successivamente corretto, e gli investimenti salirono all’indice del 125% nel 2007. Ma da allora è calato a un indice dell’87%. In altre parole, l’Italia investe il 13% in meno nel 2015 di quanto investiva nel 1990. Non c’è quindi da stupirsi se la produttività del lavoro sia in declino in questo Paese, e che la qualità delle infrastrutture pubbliche, nazionali o locali, si degrada assai rapidamente. Tale situazione di crisi economica generale quindi è riflessa nei bilanci delle banche dalla crescita dei “crediti inesigibili”. Ma qui c’è il problema delle regole imposte dall’Unione bancaria. Questa chiede che le banche siano ricapitalizzate dai loro azionisti e risparmiatori. Ma gli azionisti sono i nuclei familiari che hanno acquistato i titoli di debito delle banche. Ora, queste famiglie hanno acquistato tali titoli in una situazione in cui il rischio fallimento veniva superato dalla possibilità di un “bail-out” (salvataggio) dallo Stato italiano. Le famiglie sono in gran parte pensionati e persone modeste, ora intrappolati dalle nuove regole dell’Unione bancaria che impongono un “bail-in”, cioè riporre la maggior parte del rischio bancario su azionariato e clienti. Una prima ricapitalizzazione delle banche, nel novembre 2015, ha provocato la spoliazione parziale dei risparmiatori.
Il governo italiano, indebolito dai risultati delle elezioni comunali del giugno 2016, che hanno visto il successo del M5S a Roma e Torino, non ha intenzione di causare una gravissima crisi sociale il prossimo anno. Pertanto, vuole imporre alle autorità europee il “bail-out”, cioè la socializzazione delle perdite. Ma ciò è rifiutato dalla Germania, rifiuto non solo dettato da considerazioni di natura finanziaria, ma soprattutto perché significherebbe il fallimento dell’Unione bancaria, dopo meno di un anno dall’entrata in vigore. Nella prova di forza che contrappone il governo italiano e il governo tedesco ci saranno solo perdenti. Se la Germania impone la sua idea, l’impatto sociale della crisi bancaria metterà l’Italia a ferro e fuoco, causando il crollo dei partiti tradizionali (PD e Forza Italia), sempre più coinvolti in casi di collusione e corruzione coi direttori di banca. Se il governo italiano ignora l’opposizione tedesca e decide di optare per un “bail-out”, la somma richiesta (almeno 70 miliardi di euro, pari al 4,4% del PIL) si tradurrà in un forte aumento del deficit di bilancio e ridurrà a zero la credibilità delle istituzioni della zona euro.

a-01-ppub-italie-500x302.jpg
Stato delle finanze pubbliche in Italia
Souce: Stesso Tabella 2.

La crisi bancaria italiana certamente occuperà gran parte dell’estate e dell’autunno. Tuttavia, si sia consapevoli che tale crisi si snoderà mentre la situazione della Deutsche Bank in Germania è molto preoccupante, e che le entrate del bilancio in Grecia crollano, in particolare con la caduta media del 20% delle entrate dall’IVA per via dello “sciopero fiscale” che avanza in quel Paese. Tutto sarà pagato, un giorno o l’altro. Dopo aver rifiutato il principio di solidarietà nella zona euro, la Germania ha imposto la sua visione delle regole; ma oggi si rende conto che tale punto di vista è insostenibile per i Paesi dell’Europa meridionale, incuneandosi tra il perseguimento di una politica suicida che non funziona e il riconoscimento degli errori passati. Ciò che rende più grave il problema è che il peso dell’Italia è assai maggiore di quello della Grecia. Tutti capiscono che l’uscita dell’Italia dall’euro certificherà la morte della moneta unica. La crisi greca del 2015 fu l’antipasto estivo; la crisi italiana è la crisi della zona euro.
1461013115-renzi-merkel-reuters.jpg
[1] Dati FMI sugli indicatori di solidità finanziaria.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 

" che cosa ha fatto la banca d'italia ? ha fatto da palo ai ladri di risparmi " .. lancio di pietre in avvicinamento ; perchè prendere soldi facili dai soldi parcheggiati si può definire risparmio ? o la volgiamo chiamare col suo nome , speculazione ! è il sistema intero debitale che è marcio , e loro con le loro promesse in un sistema d'inflazione che cresca all'infinito ... centesimi nel 1900 con monete fino a 100 lire e cartamoneta fino a 1.000 lire del regno, lire con monete circolanti fino a 1.000 lire e cartamonete fino a 500.000 lire .. seguito azzeramento lira perchè scomoda ai pagliacci che dirigono baracca .. e reiniziando .. merdacchiella euro .. nuovamente centesimi con monete fino a 2 euro .. 4000 lire e banconote fino a 500 euro .. 1.000.000 di lire .. e dopo ? ancora carta a debito ? hanno rotto loro , le loro banconote a debito e i loro falsi progetti ! loro sono come l'oro .. un fallimento
 
Ultima modifica:
Forcheri
Occupazione silenziosa con le AM-Lire, altro che sovranità!

Scritto da Redazione: http://www.giacintoauriti.eu/notizie/133-occupazione-silenziosa-con-le-am-lire-altro-che-sovranita.html

La_banda_degli_onesti_.jpg


Riguardo il concetto di “sovranità monetaria” regna molta confusione, cerchiamo insieme di fare chiarezza.

Il vocabolario dell’enciclopedia Treccani al termine “sovrano” ci restituisce la seguente definizione:

p.2a. “Riferito a un potere o un’autorità, che non ha altro potere o autorità da cui dipenda nell’ordinamento politico-giuridico di cui fa parte; quindi: stato s., nazione s., popolo s., che ha la sovranità”.

Sovrano dunque “che sta sopra”, che non è soggetto ad altrui poteri, ossia autonomo, indipendente.

La sovranità monetaria è il mezzo attraverso il quale una nazione dirige la propria politica monetaria. Dato lo strumento occorre stabilire CHI adoperi tale strumento ed è doveroso sottolineare la vitale importanza che la sovranità monetaria riveste per un paese.

La moneta non è “solo” lo strumento attraverso il quale dare vivacità economica al paese ma, altresì, un potente mezzo di controllo politico.

  • “Il debito è asservimento” (David Graeber).
  • “Un paese che non si indebita fa rabbia agli usurai” (Ezra Pound)
  • “Datemi il controllo della moneta di una nazione e me ne infischio di chi fa le leggi (Rotschild)
  • Ci sono due modi per conquistare e sottomettere una nazione e il suo popolo. Uno è con la spada, l’altro è controllando il suo debito. (John Adams-Presidente Usa)
Va da sé, dunque, che un popolo che gode di sovranità monetaria conserva la libertà di non indebitarsi.

C’è qui da chiedersi se è vero, che prima del 1981 il popolo italiano godeva di questa libertà.

Per rispondere a tale quesito vogliamo ricordare per sommi capi quanto accadde nella notte tra il 9 e il 10 Luglio 1943 nel nostro paese.



Forse non tutti conoscono la storia delle AM-lire, la moneta d’occupazione americana. Stampate in un primo momento negli Stati Uniti d’America e poi anche in Italia, presentava vari tagli da 1 lira fino a 500 e 1000 lire[1].

Questa cartamoneta giunse inizialmente nel nostro Paese seguendo le truppe americane entrate nel territorio italiano con lo sbarco in Sicilia.

L’AMGOT, l’Allied Military Government of Occupied Territories (Governo militare alleato dei territori occupati), fu lo strumento con cui le forze alleate occuparono i territori e l’amministrazione di Austria, Germania, Giappone, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Francia[2] e l’Italia, con le AM-lire, fu il primo Paese dove tale strumento venne utilizzato per sostituire la circolazione monetaria della Lira italiana, abolendone il corso forzoso, con la moneta d’occupazione distribuita dalle truppe alleate.

Fu così che un vero e proprio fiume di denaro invase il meridione senza alcun controllo né argine, portando in queste terre un indiscriminato aumento dei prezzi.

La conseguenza fu un duplice esproprio subito dai cittadini italiani, i quali vennero depredati del potere d’acquisto delle lire italiane e chiamati a farsi carico del debito scaturente dalla nuova valuta.

Pare che la prima “tiratura” fosse pari a circa 143 miliardi di AM-lire. La situazione era aggravata dalla fissazione di un cambio pari a 100 lire per dollaro americano e 400 lire per ogni sterlina inglese.

Ciò conferiva ai militari statunitensi un formidabile potere d’acquisto maturato a discapito della popolazione civile, la quale veniva risucchiata in un vortice di disperata miseria.

Ci racconta il Malaparte nel suo romanzo “La pelle” come, al domani dello sbarco alleato nella zona di Napoli, imperversassero tragiche condizioni di vita che spingevano giovani donne a vendere il proprio corpo ai militari americani per un dollaro.

Da questo turpe mercimonio, non erano esclusi neppure gli innocenti. Si stima che nel 1944 l’aumento del costo della vita giunse fino al 344,47%[3]. Per fare un esempio tra il 1945-1950 con un intero stipendio si potevano acquistare solo 15 kg di zucchero. Questa fu la ragione principale per la quale si ebbe un parziale ritorno al baratto e alla borsa nera.

Pare che con questa valuta gli americani acquistarono diversi possedimenti nella nostra penisola, tra cui la sede dell’ambasciata americana a Roma.

La storia della moneta d’occupazione americana terminò il 30 giugno 1950, quando con il D.M. 18.2.1950 venne ritirata dalla circolazione, terminandone il corso legale e addebitandone nel contempo il prezzo ai cittadini della neonata Repubblica.

E sì, perché le AM-lire non venivano attribuite al popolo da liberare come mezzo convenzionale, ovvero libere da debito, ma venivano addebitate in cambio di titoli di Stato italiani, come sancito dalla LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598

Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, concernente l’autorizzazione al Ministro per il tesoro a stipulare con la Banca d’Italia una convenzione per la esecuzione dell’Accordo monetario, in data 24 gennaio 1946, fra il Governo italiano ed il Governo Alleato”[4]

Qualcuno potrebbe obiettare che godevamo di sovranità monetaria in base all’assunto: “quando la banca d’emissione è pubblica, l’acquisto dei titoli di stato è una partita di giro, un debito verso sé stessi”.

Confutare questo assurdo è semplice:

Quando la banca è pubblica che motivo ha lo Stato di emettere titoli di debito per farli acquistare a sé stesso, quando potrebbe emettere moneta direttamente?

Se il debito è finto, perché pagarci gli interessi?

Se vi sono degli interessi allora quel debito non è assolutamente fittizio.

Non fatevi incantare da chi parla di DEBITO SOVRANO.

Il debito è un concetto astratto, esso non può essere sovrano rispetto a un popolo.

L’ Art.1 della Costituzione è la prima cosa che ricorda: “la sovranità appartiene al popolo”.

Il debito è uno strumento di asservimento, sempre!

Inoltre non è affatto vero che debitore e creditore sono la stessa persona perché debitore è lo Stato, creditore è la banca centrale e nessuna delle due “entità” è una persona.

E comunque i due soggetti erano ben distinti e separati già prima del 1981.

Ovvero, per capirci: tanto lo Stato quanto la banca sono enti astratti di imputazione giuridica”, ove gli interessi del popolo NONvengono rappresentati.

L’astrazione giuridica è l’artifizio usato per evitare che il mantra del debito cada come un castello di sabbia.

Inoltre, se corrispondesse a verità l’assunto secondo il quale il nostro paese godeva di “Piena sovranità monetaria” almeno fino al 1981, l’emendamento discusso in assemblea costituente il 24 Ottobre del 1947 sarebbe stato approvato[5].

Esso infatti prevedeva “L’autorizzazione del parlamento a battere moneta”.

A quel punto avremmo pututo dire che gli Artt. 1, 47 e 117 della Costituzione sarebbero stati applicati e rispettati.

Perché, come soleva ricordare il Prof Giacinto Auriti, il contenuto della norma giuridica è duplice.

Essa prevede l’interesse giuridico da tutelare e il bene giuridico da tutelare. Se manca uno di questi contenuti la norma resta, come in effetti ora è, lettera morta.

Nel nostro caso se prevedi un diritto in astratto senza approntare gli strumenti che lo realizzino, è chiaro che l’impianto normativo diventa uno specchietto per allodole.

La ragione per cui chi detiene il potere politico di una nazione emette titoli di debito, obbligando il popolo a pagarne gli interessi, è solo una: il dominio, l’imperio sul popolo.

Semplicemente prima del 1981 il popolo italiano veniva chiamato a “sacrificare” una parte del valore da lui prodotto a una classe dirigente nazionale mentre ora è destinato a servire l’alta finanza internazionale che ha un appetito illimitato e, pertanto, una portata devastante.

Che sia una classe dirigente o un paese straniero, il debito è l’artifizio attraverso il quale arricchirsi dei valori che il popolo produce.

Per rafforzare la nostra tesi con una fonte ufficiale è sufficiente leggere quanto riportato sul sito bancaditalia.it, dove si legge:

L’accordo del 24 gennaio 1946 tra il Governo italiano e quello Alleato riconobbe alla Banca d’Italia la facoltà di emettere le Am-lire”, facoltà che risulta essere solo un’alternativa acciocché queste venissero prodotte negli USA[6].

Infatti, il decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, firmato dal capo provvisorio dello Stato De Nicola, sancisce all’Art.1:

Al fine di dare piena esecuzione all’Accordo monetario intervenuto tra il Governo Italiano e il Governo Alleato per l’unificazione, sotto l’autorità del Governo Italiano, della circolazione della Banca d’Italia e della moneta di occupazione alleata (AM-lire), il Ministro per il tesoro è autorizzato a stipulare con la Banca stessa, riconosciuta come l’autorità b emittente di detta moneta di occupazione, una convenzione per regolare i rapporti nascenti dalla detta unificazione, e dalla somministrazione, da parte della Banca d’Italia, alle Forze armate alleate, di biglietti propri e di crediti in lire e ciò a far tempo dal 1° febbraio 1946.”[7]

È qui evidente il rapporto di sudditanza, altro che sovranità.

Nella stessa pagina del sito bancaditalia.it si riporta il “caso Staderini”, tipografia privata incaricata di stampare cartamoneta, menzionando la mancata emissione dei biglietti da 500 e 1.000 lire tipo 1944, commissionata dalla Banca d’Italia quando Luigi Einaudi ne era governatore.

L’episodio è avvenuto in seguito all’arresto di due dipendenti dello stabilimento Staderini di Roma accusati di aver falsificato la produzione di moneta[8], che in quel periodo era a tutti gli effetti moneta di occupazione.

La vicenda ci ricorda la commedia italiana che riportava spaccati di vita italiana dell’epoca, con pellicole come “La banda degli onesti” e “la saggezza dei governatori delle banche centrali”.

Tutto ciò ci rammenta quanto soleva dire il Prof. Giacinto Auriti:

A noi non interessa che l’emissione avvenga da parte di un’organizzazione pubblica o privata, a noi interessa di chi sia la Proprietà della moneta”.

Cioè interessa che la produzione di moneta non avvenga contro debito e che la moneta non sia della tipografia ( pubblica o privata) ma del popolo

Di recente l’on. Paolo Ferrero, Ministro della solidarietà sociale del Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 all’8 maggio 2008, segretario di Rifondazione Comunista dal 27 luglio 2008, ha dichiarato:

“Per questo noi proponiamo che la Banca Centrale sia pubblica e presti i soldi agli Stati“.

Prestiti, ovvero debito, debito e ancora debito, le provano tutte.

Ora tentano di confondere la gente paragonando goffamente e surrettiziamente la proprietà popolare della moneta con l’helicopter money di Milton Friedman.

Ma occorre tenere a mente che tra proprietà e possesso la differenza è sostanziale.

Ciò che davvero libererebbe i popoli dal martirio del debito è una corretta emissione monetaria.

Occorre cioè tenere distinto momento dell’emissione da quello della circolazione.

La moneta nasce come simbolo di costo nullo e assume valore SOLO quando inizia a circolare, inglobando potere d’acquisto.

Per questo motivo non ci stancheremo di chiedere la fine del capitalismo, partendo dalla radice del male.

Occorre cioè che ogni popolo sia riconosciuto proprietario della sua moneta e riacquisti la dovuta dignità.



Scritto da: Redazione – Scuola Studi Giuridici e Monetari “Giacinto Auriti”

(citare la fonte in caso di diffusione )

note

[1] Emissioni Banca D’Italia,

https://www.bancaditalia.it/servizi-cittadino/musei-collezioni/museo-banconota/emissioni/index.html#5, 05/2016.

[2] Les billets de banque de l’Amgot,

http://web.archive.org/web/20051112214405/http://www.memorial.fr/archives/collec_obj_hist_2.asp, 05/2016.

[3] Inflazione. Costo della vita nel corso di 140 anni, http://cronologia.leonardo.it/inflazio.htm, 05/2016.

[4] LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598,

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=mShVYmFl5h0PduZ8+B6GaQ__.ntc-as3-guri2a?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1953-01-20&atto.codiceRedazionale=052U3598&elenco30giorni=false, 05/2016.

[5] Sara Lapico, Scuola di studi giuridici e monetari Giacinto Auriti, La Costituente rifiutò di inserire la Sovranità Monetaria,

http://www.giacintoauriti.eu/notizie/131-la-costituente-rifiuto-di-inserire-la-sovranita-monetaria.html, 05/2016.

[6] Emissioni Banca D’Italia, op.cit., nota [1].

[7] DECRETO LEGISLATIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO 12 dicembre 1946, n. 441,

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1946/12/23/046U0441, 05/2016.

[8] Gianni Graziosi, Mille lire al mese, http://www.panorama-numismatico.com/wp-content/uploads/mille-lire.pdf, 05/2016.
 
di ricerca

  1. Zigzag ‏@zigzag_23 28 min28 minuti fa
    $INDU 2hr looks like possible H-H-Hpic.twitter.com/T18D9h6EAU

    CnMFp6fUsAEvAPV.jpg

    4 Retweet 5 Mi piace



  2. Zigzag ‏@zigzag_23 3 h3 ore fa
    $OEX 287 day symmetry looks interesting..pic.twitter.com/fopC63uHQI

    CnLeezWVUAQlEpR.jpg

    3 Retweet 8 Mi piace



  3. Zigzag ‏@zigzag_23 6 h6 ore fa
    $VIX daily invertedpic.twitter.com/fp4jh3sySO

    CnK7m4xWIAQ0Umb.jpg

    3 Retweet 9 Mi piace



  4. Zigzag ‏@zigzag_23 11 lug
    Gap on the $WLSH weekly, we’ll see how long this can lastpic.twitter.com/I9Kvnqrb5h

    CnGa2FNUIAAXf-T.jpg

    1 Retweet 9 Mi piace



  5. Zigzag ‏@zigzag_23 11 lug
    $WLSH unfilled gaps belowpic.twitter.com/N9nzUKwjPl

    CnGNJAxVIAAzBz4.jpg

    2 Retweet 7 Mi piace



  6. Zigzag ‏@zigzag_23 11 lug
    $INDU daily measured movepic.twitter.com/GYCuj9qRhD

    CnF-DPIVUAAQxsz.jpg

    4 Retweet 8 Mi piace



  7. Zigzag ‏@zigzag_23 11 lug
 
posted by Antonio Maria Rinaldi
PER QUELLI CHE L’EURO NON FUNZIONA PERCHE’ SBAGLIARONO IL CONCAMBIO A 1936,27! Di A.M. Rinaldi





Se si chiede al normale cittadino quale sia il motivo per il quale ci troviamo in questa situazione economica disastrosa, un buon tre quarti risponde senza esitazione essenzialmente per 3 motivi: hanno sbagliato il cambio a 1936,27 lire per euro, perché doveva essere molto più basso, perché non hanno fatto nessun controllo sui prezzi sin dal primo giorno di introduzione dell’euro e perché l’Italia è il paese più corrotto di tutti (naturalmente dopo la Bulgaria!).

Andiamo con ordine: chi aveva 10.000.000 lire con il concambio a 1936,27 si è ritrovato in tasca 5.164,57 euro, se fosse stato 1.750 lira/euro avrebbe avuto 5.714,57 euro e a 1.500 lire 6.666,67 euro. E se invece di aver avuto attivi (cioè depositi C/C, titoli, obbligazioni) avesse avuto debiti? Avrebbe avuto l’esigenza opposta di vedere con buon occhio il concambio più alto possibile! Ad esempio l’entità del debito pubblico, che al 1 gennaio 1999 data dell’introduzione ufficiale del cambio irrevocabile che fissò i valori di concambio fra le varie valute nazionali europe e l’euro, ammontava a 2483 milioni di miliardi di lire, che tramutato in euro divento 1.282,06 Mld (Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, n.31, ott. 2008), mentre se il concambio fosse stato ad esempio a 1750 lire/euro, sarebbe stato di 1.419 Mld di euro e a 1500 lire/euro a 1.655 Mld di euro, pertanto molto ma molto più alto.

Quindi più il concambio si fissava alto e più sarebbe stato basso l’entità di chi deteneva debito. Viceversa, chi aveva attivi, il discorso sarebbe stato esattamente inverso, cioè più il concambio era alto e meno sarebbe stato valutato il proprio attivo. Quindi quando si recrimina a Prodi e Ciampi di aver accettato un concambio troppo sfavorevole, si sappia che l’hanno fortemente voluto così, al punto che se avessero potuto l’avrebbero ulteriormente preteso più alto. Per la cronaca il concambio fu influenzato dall’andamento sul mercato dei cambi della lira che “veleggiava” in quel periodo sulle 1.000 lire/marco, infatti il valore irrevocabile di 1936,27 scaturì proprio dal rapporto con il marco a 989,999 lire e dal concambio marco/euro a 1,95583 (1,95583 X 989,999 = 1936,27), pertanto gli spazi di manovra erano obiettivamente molto limitati se non nulli. Chi pensa, come ancora molti leader politici, che se fossimo “entrati” a 1.750, o anche meno, sarebbe stato molto meglio per l’economia, non ha assolutamente compreso assolutamente nulla riguardo ai problemi che sono alla base dell’adozione della moneta unica.

Alto problema, ritenuto fondamentale dall’opinione pubblica come “vizio” capitale dell’euro, è stato quello che le Istituzioni non hanno controllato l’aumento dei prezzi generalizzato avvenuto con l’introduzione della moneta comune. Ma qualcuno mi sa dire se esiste per caso una legge che impedisca l’aumento dei prezzi dei beni (forse per qualche servizio) tanto da poter mettere davanti ad ogni serranda di negozio un Carabiniere, un finanziere o un poliziotto?

Per quanto riguarda il tema “corruzione” mi limito a ricordare che il caso più eclatante a riguardo dai tempi di Erode è ad esclusivo appannaggio della SIEMENS, che risulta essere tedesca, e che i casi domestici, pur essendo da sradicare e condannare senza mezzi termini, appaiono in confronto a livello di mancia al bar.

Ma i problemi non sono stati questi…

I presunti disagi del valore di concambio a 1936,27, dell’aumento dei prezzi al consumo perché non ci si ben rapportava con la nuova moneta e perché qualcuno se n’è approfittato un po’ troppo, e per altri aspetti la corruzione, sono problemi che ormai sono stati ampiamente metabolizzati e dopo 14 anni di effettiva circolazione dobbiamo considerarli solo come sgradevoli effetti collaterali (naturalmente per la corruzione il discorso è diverso).

Cioè i problemi che subiamo per la nostra appartenenza all’euro non sono stati originati da quelli sopra esposti in quanto, in poche parole, oggi saremo esattamente nella stessa identica situazione indipendentemente dal valore di concambio o se all’epoca avessero messo i famosi Carabinieri fuori di ogni negozio o se la corruzione fosse a livelli fisiologici. Anzi paradossalmente, come spiegato, se il concambio fosse stato più basso, oggi ci ritroveremo un debito notevolmente più alto! Per la cronaca vale la pena ricordare, sempre attingendo dai dati di Banca d’Italia, che il debito pubblico italiano contratto dalla Prima Repubblica, conclusasi idealmente nel 1992, ammontava a 849,92 Mld espresso negli attuali euro (nonostante il “Divorzio” del 1981), per arrivare ai giorni d’oggi grazie alla Seconda Repubblica, a 2.228,7 Mld, praticamente raddoppiato da quando abbiamo adottato l’euro (nel 1999 era 1.282,06 Mld) e quasi triplicato dalla Prima Repubblica!

Come il vero problema del nostro debito, non riconosciuto dalla maggioranza dei sostenitori a tutti i costi dell’euro, è che espresso in una valuta che è assimilabile a tutti gli effetti ad una valuta estera in quanto non la governiamo. Se fosse in moneta sovrana sarebbe sostenibilissima. Giappone, e per il motivo opposto l’Argentina, docet. Il fatto di avere un debito in valuta estera ricorda un po’ quei poveri italiani inconsapevoli, che indotti dalle proprie banche (la Storia si ripete sempre!), contrassero mutui in ECU attirati dai tassi molto più convenienti rispetto alla lira, ignorando l’enorme pericolo dell’esposizione al rischio di cambio. Sappiamo purtroppo come è andata a finire e, alla luce di cosa poi è accaduto, avrebbero senz’altro preferito pagare tassi più elevati in lire e non aver mai fatto l’operazione in ECU. A conti fatti questa imprudenza gli costò due/tre volte in più rispetto ad un normale mutuo in lire.

Il vero problema che sfugge alla comprensione dell’uomo della strada, e perdonatemi anche alla quasi totalità della classe politica e dei media schiavi del pensiero unico, risiede nel fatto che noi abbiamo dovuto modificare completamente il nostro modello economico per poter adottare l’euro legandoci mani e piedi a dei vincoli esterni che ci condizionano oltremodo in quanto rispettano le nostre peculiari esigenze in termini di politica economica.

Spieghiamoci meglio: il Sistema Italia si basava su un modello economico che aveva come presupposto il perseguimento della piena occupazione e di un welfare di tutela garantito da una moneta che permetteva la determinazione di una autonoma politica economica. In questo contesto l’inflazione era il prezzo accettabile di compromesso e la svalutazione era solo, ripeto solo, una strumento a disposizione della politica economica autonoma per aggiustamenti del cambio. Vorrei aprire una breve parentesi per ricordare, a chi invoca l’euro come protezione ideale agli effetti della globalizzazione, che invece è l’esatto contrario: una moneta autonoma è il rimedio migliore possibile per contrastare gli effetti della globalizzazione generalizzata e senza regole.

Il modello economico su cui verte la sopravvivenza e il mantenimento dell’euro si basa invece sulla stabilità dei prezzi e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio (tanto da pretenderne l’inserimento in Costituzione) come presupposto per la crescita. Gli effetti di questo modello, tanto caro all’ortodossia economica tedesca, è l’aver gettato in deflazione l’intero Continente ed aver “infettato” della stessa malattia anche mezzo Mondo! Aver previsto per soddisfare il fabbisogno di finanziamento dello Stato solamente la leva fiscale e/o il taglio della spesa pubblica ha avuto come immancabile conseguenza quello di uccidere letteralmente la domanda interna e affidando esclusivamente alle capacità dell’export le sorti di sviluppo dell’economia di un paese quando è acclarato che questa propensione non deve andare oltre al 30% del PIL.

Siamo in completa rotta di collisione perché per soddisfare questo modello siamo stati costretti ad adottare una politica economica completamente diversa da quella necessaria ed idonea alla nostra identità economica e soprattutto in contrasto a quella Costituzione economica prevista all’interno della Costituzione stessa che disegna un modello economico di riferimento ben preciso. Lotta disuguaglianze, occupazione, dignità del lavoratore e del suo salario, tutela risparmi, tutela salute, funzione regolatrice dello Stato nell’economia. Mentre con l’euro tutto questo viene sostituito con la capacità o meno di rendere flessibile il fattore lavoro comprimendo i salari, con la cosiddetta svalutazione interna, essendo ovviamente preclusa quella esterna impossibile dall’appartenenza al regime dei cambi fisso.

Ed è una visione correttissima quello tracciato nella Costituzione Repubblicana perché questo modello è riuscito a mantenere nel bene e nel male per molto tempo il giusto equilibrio fra Democrazia, Stato e Mercato, i tre pilastri fondamentali della società moderna. Se invece si altera questo equilibrio perché si tende a perseguire un modello che prevede e privilegia, ad esempio, il Mercato rispetto allo Stato, ovvero al ruolo regolatore dello Stato, ne risente immancabilmente anche la Democrazia.

Infatti, lo squilibrio avvenuto in modo sempre più evidente fra questi tre pilastri, sta provocando effetti ancora più devastanti rispetto alle motivazioni economiche sopra esposte. Il progetto di dotare una moneta unica l’intero Continente europeo prevede che per il suo mantenimento e sopravvivenza vengano sempre più sospese e annullate le garanzie previste e sancite dalla democrazia. I Parlamenti nazionali sono sempre più estraniati da qualsiasi potere decisionale, spezzando il rapporto di delega con i cittadini, degli organismi sovranazionali non eletti si sostituiscono sempre più in toto nelle decisioni di politica economica dei rispettivi paesi imponendo decisioni di ogni genere, si attivano dei meccanismi automatici che sono sempre più assimilabili a organismi bio-giuridici che dettano regole e vincoli senza possibilità di correzione o d’interpretazione il tutto solo in virtù di accordi e Trattati Internazionali che vengono di fatto utilizzati come arma di ricatto verso chi non riesce a rispettarli. L’Europa in questo modo ha creato la nuova figura del “sovrano-despota” dematerializzato, che non ha più figura fisica, ma si cela dietro organismi automatici e regole da rispettare, il tutto gestito da persone non elette e che fanno riferimento a non precisati poteri. L’unica certificazione che avanzano è sempre più quella nel proclamare che si sta realizzando finalmente il “sogno europeo” ed è quanto mai necessario “più Europa”!

Tutto questo con l’unica conseguenza effettivamente tangibile di creare all’interno della stessa area valutaria aree sempre più ricche ed aree sempre più povere senza aver previsto effettivi meccanismi di trasferimento e di mutualità per compensare gli squilibri e non mettendo al centro degli interessi i cittadini, ma quello delle lobby e delle multinazionali.

La stessa ipotesi di riformare genericamente i Trattati o di rivedere le attribuzioni della BCE non tengono conto del fatto che è impossibile modificare il vero problema che rende insostenibile l’euro, cioè tutta la sua architettura che si basa su un modello economico errato, ovvero per la stragrande maggioranza delle reali esigenze dei paesi aderenti. Sono riusciti a creare una moneta i cui rigidi dogmi condizionano l’economia reale, mentre deve essere la moneta a plasmarsi al servizio dell’economia reale e dei cittadini.

L’euro e la sua costruzione imploderà per il semplicissimo motivo che è un progetto insostenibile e che paradossalmente farà più danni a chi ora se ne sta avvantaggiando rispetto a chi i danni li subisce da tanto. L’importante è essere pronti a gestire una situazione di emergenza con dettagliati piani di ritorno alle sovranità nazionali affidandosi a uomini in grado di realizzarli nel miglior modo possibile per evitare di esporre i cittadini, e quello che ne sarà rimasto del tessuto produttivo nazionale, a più severe e devastanti prove.

Noi saremo come oggi in prima linea.

Antonio M. Rinaldi
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto