Il monologo di Chiara Francini non è intenso e sincero. È divisivo, rafforza uno sguardo cinico e senza sfumature.
E poi quando la pianteranno di dire "figliare"?
Già inizia con una sorta di noi contro voi. Una visione di queste donne che vogliono avere o hanno figli abbastanza grottesca e antipatica, che certo non dà un senso di unione e vicinanza. Termini come figliare, gli uomini con la panza, i neonati orrendi, insomma contrappone un "bello" (lei, i successi etc) a una realtà di vite piccole e distrutte. Molto semplicistico e anche parecchio triste. Poi il discorso delle donne incinte (anzi, ha detto "la gente incinta"
) che sono violente e che pretendono solo gioia intorno. Ma quando mai? E lei che non sa che dire all'amica... Io di solito applico un principio semplice che chiamo di empatia: se una persona alla quale voglio bene mi dà una notizia che la rende felice sono felice per lei, se mi dà una notizia che la rattrista sono triste
Non è necessario, come afferma lei, aver provato qualcosa per capire, per sentire. Altrimenti torniamo al fatto che chi ha o non ha figli non può capire. E invece no, si può capire l'altra, si può sentire l'altra. E da qui dovrebbe partire un senso di battaglia comune e condivisa.
Ancora, il suo dialogo con questo bambino immaginario con il discorso sull'odio che anche ho trovato indigesto. È vero che la maternità comporta spesso un conflitto tra il figlio immaginario e quello reale ma è un conflitto che può anche far crescere. Come tutti i conflitti tra l'immagininario e il reale, che si applica anche al partner, agli affetti.
La verità è che ciò che è vero, contraddittorio e dissacrante sulla maternità non lo vive solo chi non ha figli, ma anche chi li ha. È un problema di tutte e sarebbe bello viverlo in maniera più unitaria e profonda.
E magari su un palco come quello parlare anche delle difficoltà che impone la società, non solo i propri conflitti irrisolti, che spesso è la discriminante che porta a scegliere se avere o meno figli e che, quelli si, potrebbero essere cambiati collettivamente.