PILLOLE DI SAGGEZZA LE ABBIAMO FINITE. PASSIAMO ALLE SUPPOSTE

Iniziano a diffondersi i primi dati sugli effetti sul sistema industriale della crisi Covid a livello mondiale, ed i primi dati non sono positivi.

A seconda del paese e del settore alcuni paesi hanno , e stanno subendo, dei danni ingentissimi,
mentre altri sembrano essere stati in grado di evitare le maggiori ricadute negative dell’epidemia.

optimism-supplemental.jpg


Prima di tutto valutiamo come le varie nazioni si posizionano in un grafico che sulla ascisse (orizzontale)
ha le aspettative di spesa futura delle famiglie, con a sinistra una minore spesa ed a destra una maggiore spesa,
nelle ordinate (verticale) l’ottimismo circa l’uscita della crisi.

L’Italia è, ad esempio, poco ottimista, (così come Corea e Giappone), ma le famiglie giapponesi prevedono quasi di non ridurre le proprie spese.

Le famiglie Portoghesi ad esempio sono poco ottimiste, meno di quelle italiane, ma pensano di spendere di più,
e questo è un contrasto e fa pensare che il pessimismo sia solo indotto.

Invece per paesi come Francia, Italia, Regno Unito, Spagna il pessimismo viene a corrispondere con una previsione di calo del consumo da parte delle famiglie.


Cosa succede invece sulle spese per singolo settore merceologico?

In quali categorie i consumatori pensano di spendere di più e dove invece taglieranno maggiormente l’esborso di denaro?

Ecco qui da visual capitalistic il risultato di una serie di sondaggi di consumo:

global-consumer-spend-v6.jpg


Più scuro il colore, maggiore la sforbiciata nei costi.

Per l’Italia vediamo che ovviamente trasporti e ristorazione hanno i tagli più decisi,ma anche gioielleria,
scarpe, accessori ed abbigliamento subiscono tagli molto forti.

Noi investiremo di più nel divertimento casalingo (Netflix etc), peccato che si tratti di soldi che se ne vanno quasi tutti all’estero.

In generale le attese sui consumi sono PESSIME per tutti i paesi occidentali, chi più chi meno
(la Francia attende dei tagli perfino sui prodotti di largo consumo), mentre quelli orientali sono più ottimisti.

Sarà perchè crescevano già di più prima o perchè hanno già svallato nella crisi del virus?

In generale le attese sui consumi sono fosche per tutti i paesi europei ed occidentali in generali.

Quindi l’attesa è per un forte calo dei consumi anche nei prossimi mesi.
 
Spesso mi chiedo, dandomi un pizzicotto, se io stia vivendo uno spaventoso incubo sanitario.

Perché proprio di incubo si tratta, particolarmente quando abbiamo appreso il contenuto
di un recentissimo report del chimerico Comitato tecnico-scientifico, dietro il quale si fanno scudo i nostri impareggiabili decisori politici.

Ebbene secondo tale rapporto, ampiamente ripreso dai media nazionali,
se l’Italia dovesse riaprire tutte le attività produttive e sociali il 4 maggio
si arriverebbe in breve a dover ricoverare in terapia intensiva – udite, udite, o rustici! – ben 151mila persone.

Ovviamente chi ha redatto questo stupefacente documento, evitando di arrotondare questa sproposita cifra per difetto,
avrà ritenuto decisivo quel migliaio di intubati in più, così da rendere ancor più verosimile l’inverosimile.

Ora, senza entrare nel merito dei modelli statistico-scientifici con in quali si è giunti a codesta lunare conclusione,
io vorrei permettermi di contrapporle alcune semplicissime valutazioni da uomo della strada informato sui fatti,
compresi quelli che riguardano tanti altri Paesi europei.

In primis, considerando che nel momento più critico della pandemia
il numero dei degenti in sala di rianimazione superava di poco le 4mila unità
,
mi resta difficile credere che si possa raggiungere in poco tempo un livello critico quasi 40 volte superiore.

Ciò anche in virtù del fatto che, mentre all’inizio la pandemia, il cui agente patogeno circolava indisturbato da mesi in Italia,
avevamo la guardia bassa, oggi persino i lattanti hanno capito come comportarsi per evitare il più possibile il contagio.

Tuttavia, se nemmeno il distanziamento e l’uso massivo delle mascherine
ci impedisse di subire una seconda e ben catastrofica ondata
, dovremmo trarre almeno due serissime conseguenze:

a) il Covid-19 non è un semplice virus respiratorio, tutt’altro. Il Covid-19 è qualcosa di simile ad una mortale radiazione nucleare;

b) Di conseguenza, di fronte ad una sì spaventosa minaccia, dovremmo restare in casa per mesi, o addirittura anni,
fino alla definitiva scomparsa dalla faccia della terra del coronavirus.

Inoltre, elemento non secondario, ci dovremmo chiedere per quale strano caso del destino
tutti quegli Stati europei che non hanno adottato alcun lockdown, o comunque un lockdown ben più soft del nostro,
stiano superando assai meglio di noi la grave emergenza sanitaria.


Mi riferisco a Paesi come la Svezia, l’Olanda, la Danimarca, la Svizzera, l’Austria, la Repubblica Ceca, eccetera, eccetera.

Forse che questo microscopico nemico pubblico numero uno abbia deciso di accanirsi in modo particolare sull’Italia dei divieti,
dei timbri, delle autocertificazioni e della caccia ai passeggiatori con i droni e gli elicotteri?

E ancora, tutto questo terrorismo sanitario sparso a piene mani, perché di questo si tratta,
a cosa può portare se non a creare ulteriore panico presso la popolazione?


Una popolazione che, propria a causa di analoghi messaggi di natura apocalittica, si è fatta togliere senza fiatare
e con un semplice atto amministrativo gran parte delle sue libertà costituzionali,
scivolando in una misera condizione di sudditi tiranneggiati da un surreale regime di polizia sanitaria.

A questo punto dove vogliamo condurla questa collettività confusa, impaurita, terrorizzata, nel baratro del sottosviluppo?

Intendiamo farla restare inchiodata altri mesi davanti alla tv ad ascoltare il martellante delirio inscenato dai tanti,
troppi improvvisati Savonarola che ci ricordano di un non uscire altrimenti finiremo fulminati?

In ultimo, proseguendo in una così insensata strategia della paura,
la quale come si è visto negli ultimi provvedimenti adottati quasi in solitaria da Giuseppe Conte
ha di fatto impedito una reale riapertura del sistema produttivo,
dove si troveranno le risorse per ricostruire il Paese, dopo una devastazione economica in buona parte autoinflitta?

Io credo che di questo passo, virus o non virus, tra qualche mese saremmo costretti a parlare di ben altro, a
cominciare dalla morte di centinaia di migliaia di imprese, con milioni di disoccupati
a cui sarà impossibile dare una risposta.

Nell’interesse di tutti, spero di sbagliarmi.
 
Quelli di oggi sono tempi assai duri anche per i più adusi a comportamenti di grandi privazioni personali.

Ove tra le altre amare cose, ci stanno offrendo di osservare il doloroso campionario planetario
delle diverse sensibilità governative nel contrastare la grave minaccia di questo virus infido e inarrestabile.

E abbiamo trovato di tutto.

Il Governo, dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio scorso
alla prima conclamata sintomatologia di Covid-19 del cosiddetto paziente 1 del 21 febbraio scorso a Codogno,
avrebbe avuto tutto il tempo per predisporsi alla migliore offensiva contro la sciagurata tempesta virale che ci stava piombando addosso.

Ci auguriamo che queste indagini, non ci disvelino responsabilità macroscopiche del governo, e delle loro articolazioni,
perché in questo momento sarebbe un colpo mortale alla credibilità del nostro sistema paese,
qualora avessimo prova di una grave disattenzione ai sistemi di prevenzione territoriali,
alla ragionevole adeguatezza dei presidi sanitari e alla vulnerabilità di fasce della popolazione riguardo ad un virus così subdolo,
di cui qualche studio predittivo ne aveva anticipato i possibili scenari.

Al momento tra inadeguatezze strutturali, ci comincia a rassicurare il calo generale della curva dei contagi e dei decessi
ma la minaccia resta ancora pesante, in alcune regioni, mentre ci auguriamo che all’incertezza
si sostituiscano chiare direttive operative da parte del governo, per far ripartire il motore del Paese prima possibile.

Ebbene, in questo quadro, appare abbastanza bizzarra l’iniziativa del Governo di varare in questi frangenti
una commissione per controllare la veridicità delle notizie intorno al coronavirus
.

Una sorta di giurì dell’informazione sul coronavirus, pronta a bollare di fallacia le “fake news”.

Su cui è legittimo chiedersi con quali criteri la commissione potrà effettuare la selezione di veridicità di tanta informazione,
in presenza del generale e fondamentale principio, come è in tutti i paesi democratici, della libera manifestazione del pensiero,
articolo 21 della Costituzione
, e della libera stampa quale espressione del pluralismo dell’informazione,
che consente a tutti di dare notizie, ovviamente assumendosene la responsabilità?

Tanto è che in tale contesto normativo prima di poter dire che una notizia è falsa, c’è ne vuole!

Di norma, si richiede un processo.

Come nel caso di contestata violazione dell’articolo 656 del Codice penale,
ove peraltro alla diffusione delle notizie false e tendenziose deve sussistere l’idoneità a turbarne l’ordine pubblico.

Ma, al di là della concreta praticabilità dell’ingegnosa trovata, non appare tanto bizzarra la tesi
che queste iniziative disvelino allergie che, magari notizie o inchieste scomode, possano causare ai governanti di turno
.

Insomma è il chiodo fisso nel rapporto tra stampa e potere, che, da che mondo è mondo, non trova facile convivenza,
tanto esso ne costituisce il segno del tasso di democraticità di un sistema politico.

Pur se, in questo momento di maggiore sofferenza della nostra condizione umana, non pare del tutto ultroneo
che finalmente qualcuno si preoccupi che la credulità popolare non diventi incontrollata, come il virus.

E allora, tra il serio ed il faceto, perché non possiamo immaginare che
chi, d’ora in poi, si discosterà dalle veline ufficiali o dai protocolli di comunicazione, come sapientemente elaborati,
magari dall’immanente Rocco Casalino, noto portavoce del premier, rischierà la inevitabile censura
e se recidivo la gogna perpetua e il rogo delle proprie pubblicazioni nella pubblica piazza?

Insomma anche se messa in chiave romanzata, non ci pare difficile coglierne la natura singolare di questa iniziativa,
perché, mentre poco credibile se ne appalesa a curarne la credulità dei consociati,
potrebbe accenderne l’appetibile tentazione per allineare qualche rivolo di informazione più dissonante.

Per di più dopo averne accentrato in capo al premier ogni fonte informativa sulle azioni di contrasto e le misure escogitate:
oramai attendiamo con trepidazione ogni settimana, almeno una sua apparizione in tivù, magari se meglio a reti unificate,
così non dobbiamo stare a cercare il canale e, con altrettanto trasporto, ascoltiamo tutti in religioso silenzio
i suoi virtuosismi lessicali e i suoi armoniosi cambi di tonalità, pur sempre in una postura impeccabilmente composta ed elegante.

Oltre a non farci mancare l’ulteriore appendice quotidiana della conferenza della protezione civile
e degli emeriti esperti virologi, per fortuna, uno per volta, onde evitare le diatribe che, via via, emergono sempre più forti tra questi scienziati.

Appuntamenti oramai attesi con le trepidazioni, talvolta, delle apparizioni miracolose settimanali di un moderno Oracolo di Delfi,
nelle quali il nostro premier, nelle virtuali vesti di una novella Pizia (ci perdoni la necessitata trasfigurazione di genere)
impeccabilmente elegante, ci ammannisce i suoi postulati di verità e le sue suggestive argomentazioni,
accompagnandoci poi teneramente fino all’uscio di casa, se ci ha colti per strada, con doviziose e amorevoli raccomandazioni.

È in fondo il prezzo del giusto slogan. “Stiamo tutti uniti” e “Io sto a casa”.

Sicché più che a preoccuparsi delle scalfiture al più comodo “pensiero unico” in tema di coronavirus,
che neanche l’indirizzo governativo riesce ad assicurare per il tanto tergiversare e zigzagare,
tra tamponi si e tamponi no, mascherine si e mascherine no, zone rosse, contagiosità o meno degli asintomatici
e diatribe sulla sufficienza dei presidi, ecc. forse un miglior coordinamento con le istituzioni territoriali non sarebbe male.

Altrimenti non si capisce chi fa sul serio e chi crea confusione per l’incontrollato accavallarsi di ordinanze e decreti.

E forse non riusciranno a salvarsi nemmeno le libertà e le intimità del talamo,
perché anche quelle potrebbe insidiare, in eccesso più che in difetto, una ricrescita del Paese
superiore alle aspettative del sussidio periodico e alle risorse di sopravvivenza,
di cui forse non potremo farne a meno, per chissà quanto tempo.

A quel punto saranno a rischio anche i nostri pensieri, perché anche su questi potrebbero abbattersi draconiani divieti.

Speriamo che gli eventi ci smentiscano al più presto.
 
Tra le troppe cose che il governo non ha capito o ha fatto finta di non capire,
perché per noi c’è un po’ dell’uno e dell’altro, è che, utilizzando il sommo, più del dolore poté la fame,
dunque sarebbe bastato pensare ad Ugolino, per far girare le rotelle dalla parte giusta.

Tanto è vero che non si capisce come mai i sondaggi premino Conte di fronte al disastro che vediamo
e senza dubitare delle aziende demoscopiche, resta il dubbio sui campioni, forse casualmente in maggior parte aggregati nello stesso fronte.

Perché sia chiaro è evidente che un pezzo del paese sia tranquillo, ci riferiamo all’apparato statale e parastatale,
quel segmento per il quale la crisi economica non c’è stata, anzi nella sua parte si è ritrovato pure tutti i vantaggi dei bonus messi in finanziaria.

Si tratta per noi di una evidente spaccatura sociale intorno alla quale da parte del governo c’è stata una trascuratezza ingiustificabile,
perché in un passaggio così estremo da far rischiare l’osso del collo all’intero sistema produttivo le riflessioni sulle discriminazioni dovrebbero essere imperative.

Sia chiaro parliamo di interventi temporanei per un verso e strutturali per l’altro,
del resto quale migliore occasione per affrontare il tema della spesa pubblica in modo serio,
sia per la solidarietà e sia per la contabilità visto che di quattrini pubblici ce ne sono pochi o niente.

Si tratta di un ragionamento, da pallottoliere elementare, qualunque buon padre di famiglia in una crisi forte di liquidità,
prima di ricorrere all’esterno guarderebbe in casa per stornare, ridurre e contenere, ogni spesa superflua, non vitale,
voluttuaria o temporaneamente non necessaria.

Ebbene solo a vedere che il governo a tutto abbia pensato tranne che a quello con una spesa pubblica fuori controllo
al punto tale da dover nominare negli anni più commissari alla revisione, la dice lunga sia sull’incapacità
e sia sulla mancanza di una visione economica complessiva.


Insomma andare a pietire soldi in Europa, a destra e a manca, mentre si continua a spendere a manetta
più di quanto si dovrebbe o potrebbe in questo momento, fa imbestialire tanti, a partire dai meno garantiti
e da quelli che sono stati obbligati a fermare le macchine, le botteghe, il lavoro.

Basterebbe spulciare nei conti dello Stato per capire la voragine di spesa superflua, a pioggia,
per vedere quante risorse siano state impegnate non per il vitale ma l’elettorale,
per rendersi capaci di come si paghino poste incomprensibili rispetto alla gravità e alla drammaticità del momento.

Parliamo di miliardi che continuano a defluire dalle casse verso l’inutile, l’accessorio, l’eccessivo,
un troppo pieno che potrebbe recuperarsi temporaneamente e/o definitivamente,
per essere dirottato a sostenere subito chi rischia la fame e il 27 non trova un tubo sul conto.

Insomma qui c’è l’Italia che rischia di saltare, milioni di persone che si giocano il lavoro,
migliaia di attività esposte al fallimento, interi segmenti produttivi a repentaglio definitivo,
e non si procede a trasferire subito su di loro tutto ciò che può sottrarsi senza affamare nessuno dell’apparato di stato?

Figuriamoci se in un bilancio dove viaggiano centinaia e centinaia di miliardi di uscite,
in piena e drammatica emergenza non se ne possano recuperare almeno qualche decina da erogare dove farebbero la differenza tra la vita e la morte.

Dopodiché è evidente che servirebbe ulteriore debito da fare, ma un conto è presentarsi in Europa senza una lira,
un piano interno, una strategia prevista, e un conto è andarci avendo già avviato un programma di spesa redistribuita,
corretta e dirottata al contrasto più immediato che spetta allo Stato da buon padre di famiglia.

Da noi invece il governo, ha diviso il paese, da una parte l’apparato pubblico garantito al 100 percento,
dall’altra quello privato e produttivo obbligato all’attesa e al divieto, niente sussidi, niente apertura,
niente libertà di fare ma solo aspettare l’invio di milioni di cartelle, di scadenze fiscali per intero,
qualche atto d’amore del credito bancario e un po’ di contentino e di mancette sparse.


Ecco perché diciamo stufi e furibondi, ecco perché se i campioni demoscopici su Conte
avessero pescato casualmente meglio sarebbe uscito fuori un sondaggio di rabbie, veleni e malumori.
 
Continuano ad arrivare, pesanti come macigni, notizie terribili da un’Italia messa in ginocchio dall’emergenza coronavirus.

Un Paese dove i problemi psicologici derivanti dal lockdown si sommano a quelli economici per una crisi senza precedenti,
spingendo purtroppo anche a gesti fortissimi, disperati. Drammatici.

L’ultimo caso arriva da Milazzo, dove un uomo di 55 anni si è tolto la vita lasciandosi annegare nelle acque del porto cittadino.

Dopo essersi legato un grosso masso intorno al corpo, si è tuffato in mare.

La vittima era originaria delle Isole Eolie ed era un pescatore.

Viveva a Milazzo insieme alla compagna ed era molto preoccupato per la pandemia che l’aveva costretto a interrompere la sua attività,
bloccando così anche la principale fonte di guadagno per la sua famiglia.

L’uomo, il cui corpo è stato recuperato dai militari della Capitaneria di porto, avrebbe anche lasciato una lettera,
come scrivono le testate locali, per spiegare le ragioni del terribile gesto.

Nel testo si spiega che sarebbero state proprio delle motivazioni economiche a spingere il 55 enne verso il suicidio,
non riuscendo più a fare fronte alle spese in un momento in cui le entrate erano pari a zero.

L’ennesimo caso che arriva in una settimana terribile, durante la quale da Nord a Sud sono stati registrati purtroppo altri episodi simili,
in un Paese dove tante persone si trovano a convivere con delle difficoltà apparentemente insormontabili,
con il rischio di rimanere schiacciate senza trovare la forza per rialzarsi.

Nelle scorse ore a togliersi la vita era stato, infatti, un imprenditore leccese di 66 anni.
Il corpo senza vita era stato ritrovato nel magazzino della sua attività nella città pugliese dove l’uomo,
che lavorava nel settore della frutta e della verdura, si era impiccato.

A Milano era stato invece un ragazzo di 26 anni a uccidersi gettandosi nel vuoto:
poco prima aveva ricevuto una chiamata in cui il gestore gli aveva comunicato il licenziamento a causa della crisi economica.
 
Il governo non può non tener conto di quanto sta accadendo.

Oltre alla conta dei decessi per Coronavirus è iniziata quella dovuta alle conseguenze della crisi che oggi gli italiani sono chiamati ad affrontare.

Un’altra tragedia aggiunta a tante altre.

“Napoli zon” racconta la morte suicida di un grande imprenditore divenuto simbolo della costiera del Cilento.

La chiusura dei suoi locali a causa del Coronavirus, la conseguente pressione economica,
lo stress della clausura protratta per mesi, tutto in un’età critica. Così Carmelo non ha retto e si è tolto la vita.

Carmelo Serva, ristoratore storico di Palinuro che– riporta Il Mattino – sabato 18 aprile, intorno alle ore 13,
ha deciso di uccidersi sparandosi con un colpo di fucile.

Dove oggi c’è il ristorante, quarant’anni fa non c’era nulla.

Il suo ristorante che prende il suo nome “Da Carmelo”, in oltre 60 anni di attività ha ospitato tanti vip, divenendo simbolo della zona.

Una vita di sacrifici la sua, ma di grandi soddisfazioni.

«Quando ho aperto il ristorante – diceva – non dormivo mai, di notte andavo al mercato del pesce di Torre Annunziata,
poi a prendere le mozzarelle a Capaccio. Erano altri tempi. La sala è stata sempre piena di persone da ogni parte del mondo.»

L’intera costiera del Cilento piange un uomo buono, conosciuto da tutti.

Forti gli imprenditori italiani che con tanta passione e dedizione hanno costruito l’economia e la storia del nostro Paese.
Tante volte rialzandosi da soli. Ma non questa volta.

Questa volta lo Stato non può abbandonare i commercianti i ristoratori e i piccoli imprenditori a loro stessi, senza aiuti veri e concreti non ce la faranno.
 
Nella notte di ieri – sì ormai le decisioni vengono prese di notte, sperando di passare inosservate –
il Consiglio dei ministri ha adottato un nuovo decreto-legge.

Oltre a disciplinare la materia delle intercettazioni, rinviando a settembre l’introduzione delle nuove norme volute dal ministro della giustizia Bonafede,
interviene anche in materia di tracciabilità delle persone per contenere il rischio da Covid19,
nello specifico prevedendo la creazione – presso il Ministero della Salute – di una
piattaforma per il tracciamento dei contatti stretti tra i soggetti che installino, su base volontaria, un’apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile”.

Ieri mattina, nelle dichiarazioni rese al Parlamento, Conte ha parlato di un sistema di tracciabilità del tutto volontario
e senza conseguenze per chi non intendesse scaricare questa nuova applicazione sul telefonino.

Il governo è dunque intervenuto ora con un decreto-legge, ma la procedura di attivazione ha avuto inizio
con una semplice ordinanza, la n. 10/2020 del 16 aprile, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, con la quale la Presidenza del Consiglio
– nella persona del commissario straordinario per l’emergenza epidemiologica Covid-19 Domenico Arcuri – ha disposto

di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing
e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons SpA
”.

Cosa vuol dire?

Vuol dire autorizzare un sistema di tracciamento digitale, per conoscere nella “Fase2”
gli spostamenti dei cittadini e individuare – forse – eventuali contagiati.


Questo poteva aver un senso in situazioni limitate per contenere l’estensione del contagio,
come hanno fatto in Corea del Sud, dunque per evitare il “tutti a casa”, ma farlo ora che il virus è sotto controllo
e i contagi sono in diminuzione ha un altro significato.

Significa cioè mettere in atto una tecnologia governativa di sorveglianza di massa.

Una tecnologia alla cui base sta una filosofia ben precisa: quella dello “Stato di polizia”.


In pratica gli italiani saranno sorvegliati speciali fino alla fine dell’emergenza, e chissà per quanto tempo ancora.

E poi perché non mantenerla anche dopo, in fondo ci saremo abituati ad esser spiati,
ed è sempre utile al potere sapere cosa facciamo e con chi siamo.

Poco importa che sia volontaria, anche la schiavitù può essere volontaria.

È corretto ciò che sta facendo il governo?

L’art. 13 della Costituzione non consente alcuna limitazione della libertà personale se non
per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.


Si tratta di quei reati per cui è prevista la misura cautelare ovvero la detenzione a seguito di sentenza passata in giudicato.

L’autorità giudiziaria può dunque disporre la limitazione della libertà del cittadino solo con sentenza non più impugnabile
(a seguito di regolare processo) oppure nel caso in cui – prima della chiusura delle indagini preliminari –
sussista uno dei presupposti tassativamente previsti dalla legge per applicare la misura cautelare:
carcere, arresti domiciliari, obbligo di firma o sistemi elettronici di controllo come ad esempio il braccialetto.

E le esigenze cautelari sono solo quelle determinate dal codice di procedura penale:
pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove e pericolo di reiterazione del reato.

Se non sussiste almeno uno di questi elementi nessun giudice può disporre la misura cautelare,
cioè la restrizione provvisoria della libertà personale
.

Non esistono dunque altre situazioni che consentano allo Stato la limitazione della libertà degli individui,
se non quanto sinora premesso e quei casi specifici previsti dal codice di procedura penale
in cui le forze dell’ordine possono procedere all’arresto in flagranza di reato (persone ad esempio beccate sul fatto a rubare),
occorrendo in ogni caso la convalida all’arresto da parte del giudice entro e non oltre le quarantotto ore dalla comunicazione,
pena l’inefficacia dell’arresto (art. 13, terzo comma, Cost.). Stop.

La Costituzione non prevede altre tipologie di limitazione alla libertà personale.

Il fatto che un’ordinanza della Presidenza del Consiglio disponga di procedere alla stipula di un contratto,
peraltro con una società per azioni, allo scopo di tracciare gli spostamenti dei cittadini, è da “Stato di polizia”.


Certo, si dirà, questa decisione è ora coperta da un decreto-legge, non più quindi da un mero atto amministrativo.

L’adozione di un decreto-legge è tuttavia consentita, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione, solo

in casi straordinari di necessità e d’urgenza”.

Aveva un senso il primo decreto-legge, quello del 23 febbraio, all’aumento esponenziale dei contagi
con l’assenza di un numero sufficiente di respiratori polmonari negli ospedali.

Lì, in effetti, occorreva intervenire immediatamente.

Ma adesso il numero di persone in terapia intensiva è calato notevolmente (circa milleottocento persone rispetto al picco delle quattromila di marzo),
quindi per poter intervenire nella limitazione della libertà personale (sia pure volontaria)
per cui è prevista la “riserva di legge assoluta” di cui all’art. 13 Cost.l’adozione del decreto-legge non è più giustificata,
è un abuso di potere da parte dell’esecutivo.


Occorreva dunque una legge ordinaria, con la procedura normale di partecipazione del Parlamento nella formazione delle disposizioni legislative.

Col decreto-legge, in buona sostanza, le Camere si limiteranno a convertirlo in legge, magari con la fiducia, quindi senza modifiche.

L’ennesima forzatura costituzionale di Conte, che dall’uso illegittimo dei Dpcm passa ora al decreto-legge in assenza dei requisiti costituzionali.


Di fronte a questo scempio, a difesa della Costituzione e contro Conte sono scesi in campo addirittura alcuni giudici
(attuali ed ex) della Corte costituzionale, mentre il Presidente della Repubblica ha offerto la sua copertura.

Forse il Colle intendeva solo impedire la delegittimazione del governo in un periodo di crisi;
fatto sta che in questo modo Conte potrà controllare e limitare ulteriormente le nostre libertà garantite dalla Costituzione,
con l’ aiuto di chi invece doveva essere il “custode della Costituzione”.
 
Prima vengono chiuse le scuole per una settimana, poi per due, poi per un mese, poi per tutto l’anno scolastico.

La libertà di circolazione, e poi quella personale, è limitata prima in Lombardia, poi anche in una parte del Piemonte e dell’Emilia, infine in tutta Italia.

Tranquilli, ci ripeteva il comandante in capo: “stiamo distanti oggi per riabbracciarci domani“.

Tutti felici e contenti. Applausi scroscianti e ballate sui balconi.

Poi passano i giorni, i mesi.

E gli stessi che ieri ci dicevano che si trattava di un sacrificio di breve durata
(e che se tutti fossimo rimasti a cuccia, rinchiusi in casa, presto sarebbe tornata la normalità),
oggi ci dicono che il mondo sta cambiando e che dobbiamo adeguarci alla nuova situazione.

E, come nella migliore tradizione neoliberista, si usa il termine “sfida“.

Il mondo ci ha posto di fronte ad una nuova “sfida“.

E giù le grida di giubilo del popolaccio scolarizzato, ieri strillante e sbraitante contro la battuta dei “pieni poteri” di Salvini,
oggi pronto a sacrificare la Libertà perché il virus ha aperto una nuova “sfida”.

Fatto sta che, stringi stringi, quando tornerà la normalità (chissà quando), forse avremo perso – irrimediabilmente – un pezzo di Libertà.

Quale sarà questo “nuovo mondo” che ci aspetta?

Più solidarietà e più Umanità?

Macché, neanche per idea.

Sarà un mondo fatto da più controlli e maggiore digitalizzazione dei rapporti umani e lavorativi.


L’inizio della fine dell’Uomo.

Non è un caso che già da qualche giorno, sia in TV che sui giornali, si inizino a sentire e a leggere idee strane:

lavoratori tracciati negli spostamenti sia nei luoghi di lavoro che fuori,
app sui telefonini che dicono al governo dove andiamo,
eccessiva smaterializzazione dei processi lavorativi e dei rapporti umani
.

Ciò che fino a due mesi fa poteva sembrare inaccettabile, ora sarà reso accettabile in nome della lotta al virus.

E quando arriverà il vaccino, strumento utile – forse indispensabile – a ridarci la libertà che avevamo prima, nulla sarà più come prima:

la libertà, per come l’abbiamo conosciuta fino al 20 febbraio, sarà solo un ricordo. Quella libertà non ci sarà più.



Il virus sarà servito nell’esperimento sociale di toglierci la Libertà che l’essere umano aveva conosciuto dall’Illuminismo ai giorni nostri.

I
Ma aveva ragione Piero Calamandrei:

la libertà è come l’aria; ci si accorge di quanto vale quando inizia a mancare“.
 
Chi pensa che la libertà ci sia dovuta solo perché qualcuno l'ha scritto su un foglio di carta è un ingenuotto.

La libertà è un diritto acquisito solo se si rimane costantemente PRONTI a difenderla.. a costo della pellaccia.

Non a caso il nostro bel sistema ci ha sciacquato il cervello reimpostandolo sull'individualismo,
sul pensare a se stessi, perché da soli siamo tutti vulnerabili.

La storia ci insegna che le più meglio conquiste, le più meglio rivoluzioni, sono state fatte in periodi dove si è verificata una forte comunanza di massa,
dove le genti hanno smesso di pensare ognuno per se e si sono fatti tutti unità di una grande e comune causa,
e finché non ritorneremo ad essere un popolo, unito nel pensiero e nell'azione,
con il comune obiettivo del benessere sociale diffuso, avremo solo ciò che i padroni si dimenticheranno di toglierci,
fino a che non gli verrà in mente di togliercelo.

Non pensate pero' che queste previsioni funeste si abbatteranno sul mondo intero,
purtroppo gli italiani hanno accettato tutto e il contrario di tutto, oggi - piu' semplicemente -
digeriscono pure i domiciliari (che manco agli stupratori) perche' sono dei cagasotto.

Leggo i commenti dei miei conterranei, ebbene, la maggior parte vorrebbe stare rinchiusa a tempo indeterminato
sostenendo che non bisognerebbe riaprire perche' tanto la gente e' terrorizzata e senza soldi.

La Gggente, specie quella del sud italia, e' convinta che il resto d'europa sia terrorizzato e morto di fame,

non riesce a concepire (forse non vuole) di essere stata presa per il culo.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto