Rivalutazione quote Banca d’Italia … una toppa peggiore del buco
  Scritto il 
3 febbraio 2014 alle 13:49 da 
carloscalzotto@finanza
Rivalutazione quote Banca d?Italia ? una toppa peggiore del bucoFinanzaNoStop | FinanzaNoStop
 
   
 C’erano davvero caratteri di “urgenza” e “necessità” nell’approvazione del 
decreto sulla 
rivalutazione delle 
quote di Banca d’Italia?
Il Comunicato stampa del ministero dell’Economia chiarisce un solo  aspetto: l
’esautorazione del Parlamento e il predominio delle questioni  finanziarie sui principi democratici.
L’aumento delle quote di Banca d’Italia da 156.000 a 7,5 miliardi di
euro ha sollevato nelle scorse settimane diverse  critiche e dubbi, tanto da spingere il Ministero dell’Economia e delle  Finanze a emanare un comunicato stampa, lo scorso 29 gennaio, per  sottolineare sin dal titolo che non è stato fatto “nessun regalo alle  banche”.
 Nel merito il comunicato chiarisce ben poco, visto che, rispetto alle  numerose critiche circolate in questi giorni, si limita a segnalare  che: “nessun “regalo” è stato fatto alle banche, perché la rivalutazione  del capitale e una più equilibrata ripartizione delle quote di  partecipazione alla Banca d’Italia non comportano alcun onere per lo  Stato.”
 Se questo è l’argomento migliore, appare decisamente debole, per non  dire di peggio. Poniamo che camminando per strada io trovi un portafogli  pieno di soldi. Lo raccolgo, e do il contenuto a un mio amico. Per me  il gesto non comporta “nessun onere”, ma per il mio amico è un regalo  non da poco. Detta in altre parole, secondo un ragionamento logico  ancora prima che economico, il fatto che non ci sia un onere per lo  Stato non significa in alcun modo che non sia stato fatto un regalo alle  banche. La pochezza delle argomentazioni non fa che rafforzare molti  dei dubbi sollevati.
 Ma non è questo l’aspetto peggiore. Alcune domande critiche sulla  revisione delle quote sono state pubblicate la scorsa settimana in un  post sul blog di Non con i miei soldi (
Banca d'Italia, alcune domande).  Il post si chiudeva con una domanda, “sulla forma, non sulla sostanza,  ma è probabilmente la più importante da rivolgere ai nostri politici.  Per quale motivo esattamente si è ricorsi allo strumento del Decreto  Legge del governo per la rivalutazione delle quote? Secondo la  Costituzione italiana, il riscorso al Decreto Legge è possibile “in casi  straordinari di necessità e di urgenza”. Dov’è in questo caso la  straordinaria necessità e urgenza che impedisce un normale iter  parlamentare?”
 Ed è qui che la risposta del governo appare la proverbiale toppa  peggiore del buco. Sempre nel comunicato stampa del 29 gennaio si legge  che: “la riforma di un assetto risalente al 1936 era peraltro divenuta  ormai urgente in vista dell’entrata in vigore del nuovo sistema unico di  supervisione bancaria in ambito europeo”. Peccato che, come si legge  sul sito della Bce: “l’assunzione delle nuove competenze di vigilanza  bancaria da parte della Bce è prevista per l’autunno 2014”. Prevista per  il prossimo autunno. Siamo a gennaio. Sette – otto mesi di tempo, come  minimo, non sono sufficienti per pensare a un dibattito parlamentare?  Rappresentano una “straordinaria urgenza”?
 Ma prima ancora, nel merito, cosa sarebbe successo di cosi terribile,  se al momento dell’entrata in vigore del sistema unico di supervisione  bancaria l’Italia non avesse ancora completato il processo di revisione  delle quote? Se lo avessimo approvato dopo qualche settimana o anche  qualche mese, quali terrificanti conseguenze ci sarebbero state? In  altre parole, oltre a mancare qualsiasi presupposto di “straordinaria  urgenza”, è davvero difficile ravvedere i criteri di “straordinaria  necessità” che possano giustificare il ricorso al decreto legge e  impedire un normale iter e dibattito parlamentare.
 Rispetto a questa per lo meno traballante e stiracchiata  interpretazione delle basilari regole democratiche, è in un passaggio  finale del comunicato stampa che si tocca l’apice: il governo ricorda  come “i contenuti e gli effetti del decreto legge sono stati ampiamente  illustrati e discussi dal Ministro dell’Economia e delle Finanze in due  audizioni presso le commissioni competenti di Camera e Senato. Nel corso  dell’esame del provvedimento sono stati approvati emendamenti di  iniziativa parlamentare con il parere favorevole del governo”. 
source
Bontà sua, il governo accetta di partecipare a ben due audizioni  parlamentari e arriva addirittura a dare parere favorevole ad alcuni  emendamenti parlamentari. Quale benevolenza e magnanimità!
 La faccenda della rivalutazione delle quote di Banca d’Italia è  preoccupante e poco chiara in sé, e continua ad esserlo a maggior  ragione dopo questo comunicato stampa. Preoccupante nella sostanza, ma  ancora prima nella forma. Il comunicato chiarisce una cosa sola: la  progressiva esautorazione del Parlamento, in particolare per tutto  quanto afferisce al sistema bancario e finanziario. I tempi della  finanza non possono aspettare quelli della democrazia. Non disturbare il  manovratore, si va avanti per decreti legge e iniziative del governo.  Non è possibile pensare a una discussione o porre domande. D’altra  parte, se il livello delle risposte è quello che leggiamo nel comunicato  stampa dello scorso 29 gennaio, forse è meglio non farle per niente, le  domande.