QUELLO CHE CERCHi E' DENTRO DI TE...

Mi raccomando se andiamo in ritiro nun facciamo come loro:wall::wall:
L’epilogo mondiale degli azzurri? Una bella rissa...
Rio de Janeiro - Urla dalla pancia della Duna. “Imbecille, esci di qui e stai zitto”. Il più lesto è stato Leonardo Bonucci. Per capirci: il difensore della Juve è uno che non ha neppure avuto paura di chi gli puntava contro una pistola, figuratevi se può aver timore di Mario Balotelli in mutande.

Bonucci è stato il più lesto, ma con lui si sono schierati tutti, nell’intervallo di Italia-Uruguay, mentre “Balo” ancora protestava col ct per la sostituzione. Sprofondo Italia, ultimo atto. Accuse di razzismo ai compagni di squadra, bicchieri che volano, morsi, risse e poi un altro volo (della vergogna) quello della Nazionale che oggi atterra in Italia. Che succede il giorno dopo, cosa resta dell’umiliazione azzurra? I brasiliani guardano avanti, fanno ironie sul morso di Suarez. Il dimesso Prandelli e i suoi si guardano alle spalle, ripercorrono quello che è successo dallo sbarco a Rio fino alla disfatta di Natal. Ed è successo di tutto e ora è tutti contro tutti, una guerra “casa per casa” combattuta subito dopo l’arrivo nel buon ritiro di Porto Real, esplosa inspiegabilmente dopo la vittoria contro l’Inghilterra, quando dalla foresta di Manaus sono usciti i primi fantasmi.

Cassano era rimasto fuori, non aveva gradito ed era molto nervoso. Il primo scontro in pubblico è del 17 giugno: la squadra è rientrata al PortoBello Resort, è l’oDiana Letiziara di cena, ma il servizio è lento, Cassano si innervosisce, si lamenta, poi rompe un bicchiere. Interviene Buffon: «Così non va, siamo appena all’inizio, datti una calmata». Cassano abbozza una reazione, ma viene ripreso da Chiellini, Pirlo e De Rossi. Finisce qui, alcuni giornali raccontano dello scontro. La Figc tenta una patetica smentita, mentre ora nessuno parla, nessuno ci mette la faccia, Casa Azzurri si svuota e la comitiva decide di lasciare il Brasile senza fretta. Così la Nazionale non parte subito, ma il giorno dopo e si prende un’ora in più per fare le cose con calma.

Peccato che la calma sia finita e che quanto accaduto nella pancia dell’Arena das Dunas sia qualcosa di inedito nella pur turbolenta storia della Nazionale di un Paese rissoso come l’Italia. Roba tipo la Lazio dei “pistoleri” e di Re Cecconi, solo che quelli vincevano, mentre questi vengono sbattuti fuori dalla Costa Rica. Roba tipo la Francia in Sudafrica, 4 anni fa, tutti contro il ct Domenech. In fondo per l’Italia è diverso, questione di sfumature e non solo. E’ un tutti contro tutti. La battaglia dell’Arena das Dunas, a Natal, è andata in scena in almeno tre atti. Prima la rissa nell’intervallo, quando Bonucci sbatte Balotelli fuori dallo spogliatoio. «Imbecille, esci da qua e stai zitto». Pare che Bonucci sia intervenuto anche per anticipare De Rossi, pronto a confrontarsi con Balotelli su un piano dialettico del tipo, «ho una gran voglia di spaccargli la faccia».

Motivo? Mille, uno De Rossi non lo ha nascosto, ma vomitato poche ore dopo la sconfitta contro l’Uruguay: «Qui servono uomini veri, non figurine». Ricordate l’album di figurine con 23 Balotelli al posto dei compagni messo su social network dall’attaccante del Milan (foto )? Non l’hanno dimenticato De Rossi e i suoi compagni, “offesi” da quella trovata, perché «il calcio è gioco di squadra, se non sai la prima regola sei fuori».Le regole. Alla faccia del codice etico di Prandelli è stato il «ritiro più assurdo che ricordi» ha confidato uno che di Mondiali ne ha fatti più di tre. Balotelli e Fanny, Balotelli e il fratello e gli amici e chi gli pare. C’è chi ha sopportato, chi ci ha provato come Chiellini a dargli un’amichevole regolata, alla fine non è servito a nulla. Dopo la vergogna di Italia-Uruguay, nella pancia dello stadio dedicato alle dune di Natal, lo scontro è stato violentissimo. La squadra è rimasta negli spogliatoi oltre due ore. Per Pirlo è stata l’ultima partita con la maglia azzurra, ha vinto una Coppa del Mondo, aveva qualcosa da raccontare: «Non volevo chiudere così, è colpa di tutti, certo, ma ai giovani dico che serve più amore per questa maglia e meno protagonismo. Non pensate che questa maglia sia solo due eliminazioni».

Allora Cassano ha sbuffato, è Buffon non ci ha più visto, gli si è scagliato contro ed è stato fermato all’ultimo. È tutto vero, ma c’è dell’altro. Già, Balotelli? «Dove ***** è Mario?», non c’era, non ascoltava cosa aveva da dire chi ha vinto qualcosa. Lo sono andati a prendere. Lui li guardava, desideroso solo ti rimettersi gli auricolari. Poi è tornato nel ritiro con Fanny, non ha detto una parola, ma ha scritto il suo ultimo tweet.

Non un appello contro il razzismo, pare il solito monologo: «Sono Mario Balotelli ho 23 anni e non ho scelto d’essere italiano... L’ho voluto perché son nato in Italia e ho sempre vissuto qui... Magari potevo far gol con la Costa Rica ma poi?». Ancora: «Balotelli ha dato tutto e non ha sbagliato niente (a livello caratteriale)... Balotelli ha la coscienza a posto... Fiero d’aver dato tutto per il Suo paese. O forse, come dite, non sono Italiano. Gli africani non scaricherebbero mai un “ fratello”» .

Buffon e Pirlo e Chiellini e Bonucci lo hanno scaricato. Così la pensa Balotelli. Così frigna un italiano.

Mi dispiace solo che bonucci non l'abbia menato:wall::wall:

in compenso muntari l'ha fatto:lol::lol::lol:
Il Ghana caccia Boateng e Muntari: insulti al ct e schiaffi a un dirigente
Corriere della Sera  - ‎6 minuti fa‎
Kevin-Prince Boateng e Sulley Muntari sono stati cacciati dalla nazionale del Ghana. I due infatti non saranno a disposizione del tecnico, Kwesi Appiah, per la decisiva partita contro il Portogallo in programma alle 18 (la nazionale africana può ancora ...
 
ROMA (WSI) - Ad Alan Friedman che lo intervista per La7, Massimo D’Alema risponde orgoglioso: "Abbiamo fatto questa fondazione, legata al Parlamento europeo, sul modello tedesco, e io ne sono il presidente". La fondazione in questione è la Feps, Foundation for European Progressive Studies, pensatoio del progressismo europeo, più prosaicamente, l’area dei socialisti europei. D’Alema ne è il presidente fin dalla nascita, nel 2008-2009 e, come vedremo, al suo interno ha portato sempre una cerchia ristretta di fedelessimi.

Il "modello europeo" significa, di fatto, il finanziamento pubblico da cui, come le fondazioni dei partiti in Germania, proviene la maggior parte dei fondi. Nel caso in questione, il finanziamento europeo, circa 3 milioni di euro l’anno, copre, come da regolamento, l’85 per cento delle spese documentate, lasciando ai soci fondatori delle fondazioni sovranazionali l’onere di recuperare il restante 15 per cento.

Dalle casse di Bruxelles, dal 2008 a oggi, i soldi affluiti nelle casse della Peps ammontano a 16,7 milioni di euro. Per il 2014 la previsione di entrata è di 3.086.695 euro che andrà poi confermata nella seconda metà dell’anno. Negli anni precedenti lo scarto tra quanto previsto e quanto poi effettivamente incassato è sempre stato molto minimo. Nel 2012, ultimo anno di liquidazione accertata, le entrate furono di 2.794.525 euro e l’anno precedente 2.709.255. Cifre in rapida ascesa rispetto ai fondi di inizio avventura: nel 2008, infatti la Feps ebbe dall’Europa "solo" 1.208.436 euro ma erano riferiti solo a una parte dell’anno.

Come ovvio, questi soldi non sono di proprietà diretta di Massimo D’Alema che, in quanto presidente di una Fondazione pluri-nazionale e pluri-partitica è solo il rappresentante ufficiale. Nel team che lavora alla Feps, ad esempio, c’è solo un italiano, il segretario generale viene dal potente sindacato tedesco, Dgb, i fondi sono destinati per un terzo agli stipendi, ma una buona fetta, 1.162.727 euro, sono stati spesi per "Meeting e costi di rappresentanza", quindi orientati dal presidente.

Per ottenere i finanziamenti il regolamento prescrive che, oltre ad avere personalità giuridica "diversa da quella del partito" e non "promuovere fini di lucro", la fondazione deve "essere affiliata a un partito politico a livello europeo riconosciuto dal regolamento" e deve avere un "organo di gestione con una composizione equilibrata a livello geografico". Il rapporto con i partiti, quindi, esiste e non esiste, nella classica sfumatura di grigio che si utilizza in questi casi. Formalmente siamo di fronte a un progetto dal profilo culturale che vede come partner le fondazioni culturali di tutti i paesi europei, alcune molto illustri come la Fabian Society inglese, la francese Jean Jaurès o l’Olof Palme International centre svedese. L’affiliazione a un partito, in questo caso il Pse – che, come vedremo ha i suoi fondi – è però decisiva e solo l’abilità dell’ex segretario Ds è riuscita a portare la fondazione nella propria orbita esclusiva.

La mano di D’Alema è evidente nella cerchia di sigle e uomini che figurano nella Feps. Nel "bureau" della fondazione, oltre al presidente, ai vice-presidenti, ai membri di ufficio ci sono i rappresentanti delle fondazioni nazionali. Tra questi, come segretario di ItalianiEuropei, c’è Andrea Peruzy, che costituisce un solido braccio destro dell’ex presidente del Consiglio tale da aver fatto parte di consigli di amministrazione importanti come l’Acea di Roma, da cui è uscito, o la Banca del Mezzogiorno creata da Giulio Tremonti. Le altre fondazioni che affiancano quella di D’Alema, e di Giuliano Amato, costituiscono una sorta di "unità della sinistra" in sedicesimo: la Fondazione Socialismo presieduta dall’ex craxiano Gennaro Acquaviva, il Centro per la Riforma dello Stato, fondata da Pietro Ingrao, lo storico Istituto Gramsci, ma anche l’associazione Bruno Trentin di proprietà della Cgil. Per ognuno di queste componenti c’è un posto nel Consiglio scientifico della Peps: da segnalare, sempre per ItalianiEuropei, la presenza del viceministro allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, dal peso politico oggi rilevante soprattutto nelle crisi industriali.

La fondazione dalemiana non è l’unica a ricevere fondi europei. Tutte le varie componenti godono del ricco privilegio. La più ricca è quella del Ppe, Martins Centre con circa 4,5 milioni di euro all’anno; i liberali, con il Liberal Forum, ne ricevono 1,3 mentre i Verdi, con la Green Europe Foundation, arrivano a 927 mila euro l’anno. Anche la sinistra "radicale" ha i suoi fondi con la fondazione Trasform, che ha un suo corrispettivo in Italia la cui attività, da quanto risulta dal sito, non è consultabile.

Nel bilancio europeo, relativo al 2014, sono stati stanziati, per tutte le fondazioni, oltre 14 milioni di euro. A questi vanno aggiunti i 27,7 milioni destinati, invece, ai partiti europei, quelli cioè che sono rappresentati "in almeno un quarto degli stati membri da membri del Parlamento europeo o da membri dei parlamenti nazionali o regionali". Il più grande, il Ppe, riceverà per quest’anno circa 9,5 milioni di euro, il Pse ne prenderà 6,3, i Verdi 1,9 mentre 1,2 milioni di euro andranno al Partito della sinistra europea di cui fa parte Rifondazione comunista. Ma ci sono anche i 2,8 milioni per i liberali e l’1,9 per i Conservatori e Riformisti. Ci sono 650 mila euro annui che vanno al Partito democratico di François Bairou e Francesco Rutelli (oltre a 300 mila euro alla loro fondazione), 454 mila euro all’Alleanza europea per la libertà di Marine Le Pen e Matteo Salvini. Anche per loro l’Europa è una manna dal cielo.

na fatica na :wall::wall:
 
Le Fondazioni non sono altro che "partiti trasversali".
La loro funzione è di creare "centri di potere".

Una domanda sorge spontanea: perchè ci sono periodicamente le elezioni?
La risposta la so: per dare l' illusione ai caproni di vivere in democrazia.
 

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