Radio24 c'è oscar giannino che sta incaz zato (2 lettori)

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tontolina

Forumer storico
Dini e Pisanu lasciano il PDL e....


Pdl: Lupi; Pisanu? Giochi da 1* repubblica,Governo rischia (Rep) ROMA (MF-DJ)--"Sono giochetti da prima repubblica. Se Pisanu vuole fare il partito della nazione scelga nuovi strumenti anziche' i vecchi. Si presenti agli elettori senza farsi portavoce di manovre o fronde".
E' il commento, affidato ad un'intervista a Repubblica, di Maurizio Lupi, esponente del Pdl e vice presidente della Camera, al documento firmato da Giuseppe Pisanu, Lamberto Dini e altri 28 senatori dove si chiede di "andare oltre il Pdl". Questi, osserva Lupi, "sono atti di irresponsabilita' nei confronti del Governo. Sia la chiamata di Casini ai ministri tecnici sia il documento dei senatori".
"Quando un contributo diventa il mezzo per organizzare una fronda o per dire che nasce una nuova forza politica, non funziona, non va bene". Pisanu e Dini, prosegue Lupi, "finiscono per fare il gioco di qualcun altro. Pisanu puo' aderire liberamente ad un altro progetto politico, ma lo deve dire con chiarezza. Non vogliamo un partito dei moderati. Casini pensa a una strada diversa. Oggi e' piccolo ma crede di poter diventare grande. E strumentalizza il suo disegno non per il bene del Paese. E se va avanti decreta la fine del governo. Si scordi - conclude Lupi - di utilizzare il Pdl per il suo progetto politico". red/dom
(END) Dow Jones Newswires
April 20, 2012 03:09 ET (07:09 GMT)


a me piacerebbe sapere che razzo rischia questo governo ineletto
dato che è sostenuto dall'ABC



semmai LUPI dovrebbe dire:" quando la Nave affonda, i topi scappano!"
 

tontolina

Forumer storico
Tutti contro Grillo: la nomenklatura ora teme gli elettori

«Con questi leader non vinceremo mai», disse anni fa Nanni Moretti, davanti agli attoniti Rutelli e Fassino. Sicuramente, finora, hanno vinto loro: i leader. Sempre lassù, inamovibili. E pronti, oggi, a firmare apertamente il patto definitivo coi poteri forti per sacrificare l’Italia, come comandano i signori di Bruxelles, di Berlino e di Francoforte: lacrime e langue per tutti, tranne che per loro. Rivista oggi, la coraggiosa invettiva di Moretti sembra quasi ingenua. Rispetto a ieri, però, sulla scena c’è un personaggio in più: la paura. I vecchi leader – sempre gli stessi – ora tremano: leggono i risultati dei sondaggi e si sentono sempre meno al sicuro. Temono addirittura un comico, Beppe Grillo, che li ha sfidati pubblicamente, facendo subito bingo: il “Movimento 5 Stelle” convince oltre il 7% dei futuri elettori. Senza contare tutti gli altri, cioè la vera grande incognita: quasi un italiano su due non ha più voglia di votare per i vecchi partiti, schiacciati tra la “cura Monti” e gli scandali del finanziamento pubblico che hanno travolto persino la Lega.

A testa bassa, il vecchio marketing politico italiano improvvisa una controffensiva. Grillo? «Uno spregevole demagogo di quart’ordine, che corteggia i leghisti per conquistare voti e giustifica coloro che non emettono lo scontrino», tuona Giuliano Ferrara, secondo cui il comico genovese rappresenta «il male assoluto», perché è un populista «che spiega agli elettori leghisti che Bossi è innocente e che tutto dipende da un processo mediatico». Gli fa eco l’ex ministro Altero Matteoli, del Pdl, che descrive Grillo come «un clown, un fenomeno da circo» talmente ridicolo da non essere «nemmeno querelabile». Fanno decisamente meno ridere i sondaggi: i “grillini” potrebbero diventare il terzo partito italiano a partire dalle prossime amministrative, in cui si presenteranno con 101 liste in altrettanti Comuni. Di fatto, dal 2010 Grillo è già sul podio: terza forza alle regionali in Emilia (7%) e in Piemonte (4%), terzo anche a Bologna (9,5%) e a Torino (5,4%). A maggio 2012 si prevede un boom, che alle politiche del 2013 potrebbe trasformarsi nello sbarco a Roma con qualche decina di parlamentari.

Diretto concorrente sul fronte del voto “contro”, anche Nichi Vendola si preoccupa, definendo Grillo «un fenomeno mediatico inquietante». Per il leader di Sel, che almeno non sedeva nella tribuna-vip sferzata da Moretti, «quando ci si affida a urlatori a uomini della provvidenza, di solito questi preparano tempi peggiori, non tempi migliori». Ben diverso il tenore, irridente, della dichiarazione di Massimo D’Alema. Grillo? Un personaggio «a metà tra il Gabibbo e Bossi», specchio – addirittura – di chi «ha governato negli ultimi 15 anni». E dov’era, all’epoca, il signor D’Alema? Andava “a lezione” da un certo Jacques Attali, come ha recentemente raccontato l’economista francese Alain Parguez, già consulente del presidente François Mitterrand: Attali, che secondo Parguez indottrinò i famosi leader del centrosinistra italiano all’epoca del fatidico ingresso nell’euro, è il tipetto che firmò la battuta più sconcertante sul vero significato dell’introduzione forzata della moneta unica: «Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?».

Un golpe finanziario, attuato per gradi: Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact. Dopo clamorose polemiche, il giornalista Paolo Barnard è andato dai carabinieri a denunciare come “golpisti” Mario Monti e Giorgio Napolitano. Fine della sovranità nazionale e fine dello Stato come unico possibile salvatore dell’economia: chi ha ancora una propria valuta, come gli Usa e il Giappone, può attuare investimenti sociali attraverso il deficit protetto dalla moneta sovrana. L’Europa invece è finita in trappola, dicono autorevoli tecnici come Paul Krugman, premio Nobel per l’economia . E mai un referendum, naturalmente: cittadini mai chiamati a decidere del loro destino, mai ascoltati, mai neppure informati. Semmai, ipnotizzati: dal festival (truccato) dell’Europa unita ma non democratica, poi dal bunga-premier di Arcore, e ora dal “mago” della Bocconi, l’uomo che ha lavorato per le più micidiali e spietate oligarchie predatorie del pianeta, dalla Goldman Sachs al Bilderberg, dalla Commissione Europea alla Trilaterale.

«Con questi leader non vinceremo mai»? Noi no, sicuramente. Meno che mai oggi, verrebbe da dire, con in campo le loro controfigure, da Bersani ad Alfano. L’Italia va incontro a un suicidio storico, epocale? Si blatera di “crescita” comprimendo i salari e quindi i consumi? Si amputa la spesa vitale, senza uno straccio di idea sul futuro? Si taglia tutto, dalle pensioni agli ospedali, tranne le grandi opere inutili come la Torino-Lione? La Fiat perde i pezzi, ma nessuno azzarda un piano di riconversione: si pensa al massimo di privatizzare i servizi essenziali, per lucrarci sopra, alla faccia dei referendum sui beni comuni. E i famosi leader? Sono ancora là, naturalmente: occupano saldamente i media, presidiano le televisioni, balbettano i loro pigolii da salotto mentre la “premiata macelleria Monti” smantella anche la Costituzione, impedendo allo Stato di investire a favore dei cittadini. E intanto tremano, i leader: perché non hanno soluzioni. E ora temono apertamente persino il “buffone” Beppe Grillo.

Fonte: www.libreidee.org
Link: Tutti contro Grillo: la nomenklatura ora teme gli elettori | LIBRE
19.04.2012
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big_boom

Forumer storico
non vedo problemi le banche tedesche si sono gia' alleggerite del debito italiano scaricandolo tutto sulle banche italiane tramite la controllata BCE

uscire ora e' una fregatura solo per noi, bisogna trascinare a fondo anche loro
 

tontolina

Forumer storico
ci voleva Buttiglione per farci capire che sono tutti da rottamare
dal primo all'ultimo!

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Corrotti e Felici

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articolo di Valerio Valentini per Byoblu.com
Lunedì scorso è stato presentato dal ministro della Giustizia l’emendamento del governo al disegno di legge sulla corruzione che ha confermato, ancora una volta, un’amara verità: in Italia essere dei criminali conviene molto più che essere onesti. È questo, infatti, che si deduce dall’ennesimo fumoso progetto illusorio di combattere il malaffare: un incentivo alla delinquenza.
I tempi di prescrizione per i reati di corruzione passano infatti da 7 anni e mezzo a 8 anni e nove mesi: quindici mesi in più. Un adeguamento tecnico dovuto all’inasprimento delle pene ma tuttavia largamente insufficiente, che equivale a gettare fumo negli occhi dei cittadini. E’ chiaro infatti che si potrebbe anche, paradossalmente, istituire la pena di morte per chi prende le mazzette ma, se poi non si allontana a sufficienza la scadenza del processo, questo significa garantire l’impunità dei colletti bianchi. E lo stesso vale per il traffico di influenze e la corruzione tra privati che sono stati lodevolmente proposti dalla Severino ma che, con i tempi di prescrizione appena descritti e con i legali specializzati nel percorso ad ostacoli processuale, sono destinati ad abortire. Insomma: da un governo che ha la presunzione di salvare il Paese, auspicare una riforma della prescrizione tale da annullare ogni forma di scadenza processuale nel momento del primo rinvio a giudizio sarebbe stato chiedere troppo? Se poi l’indagato è innocente lo dimostra nel corso del dibattimento. In alternativa, si potevano comunque allungare i tempi di prescrizione per i reati di corruzione adeguandoli quantomeno a quelli previsti per i reati mafiosi.
Non si comprende, poi, perché non siano stati introdotti altri reati che molti giuristi avrebbero auspicato. Se, infatti, per dimostrare la corruzione bisogna individuare un ben preciso atto al centro di un patto criminale, istituire un nuovo reato come l’asservimento delle funzioni permetterebbe di punire – indipendentemente dal fatto che venga accertata o meno l’avvenuta esecuzione del “favore” oggetto dell’accordo – tutto quel sottobosco di cricche formato da pubblici ufficiali infedeli che si mettono a disposizione di un qualche privato che promette loro delle ricompense.
Ma ancora più incomprensibile è la spiegazione che la Severino ha fornito a proposito della mancata reintroduzione del falso in bilancio. “Sul falso in bilancio c’è una serie di proposte di legge pendenti in Parlamento. E’ una materia diversa, con una sua autonomia e una trattazione separata. Quando arriveranno i tempi parlamentari il governo non si sottrarrà ai suoi doveri”. Che è una supercazzola niente male per giustificare il fatto che anche stavolta nessuno s’è preso la responsabilità di riesumare un reato che sarebbe di estrema necessità reintrodurre. Non solo per punire i vari furbetti, ma anche perché il falso in bilancio è uno di quei “reati-spia”, cioè quelli che in qualche modo segnalano la presenza di affari loschi nelle attività di aziende e banche. Stesso discorso vale anche per l’abuso d’ufficio, guarda caso anch’esso devitalizzato. come un dente fastidioso, negli ultimi anni.
Non c’è da stupirsi allora se la repressione e soprattutto la prevenzione delle corruttele siano così inefficaci in Italia. Basti pensare che nel 1996 furono emesse 1700 condanne per corruzione, mentre nel 2006 soltanto 236. A fronte di questo apparente miglioramento, infatti, Trasparency International fotografa una situazione ben diversa: l’Italia è al 69° posto nella classifica mondiale sulla corruzione, preceduta dal Ghana. Magari, a farci risalire un po’ la china sarebbe bastata la reintroduzione di una legge molto semplice: il divieto di passare alla dirigenza di grandi aziende private per chi ha rivestito incarichi pubblici che riguardano gli stessi settori.
Certo, se stabilissero norme come queste, il governo si troverebbe di fronte a un problema insormontabile: che fine farebbero, tra qualche mese, i banchieri e i manager che oggi sono ministri?
Valerio Valentini​
 

marofib

Forumer storico
se ne faranno una ragione
non si puo' campare a sbaffo sul lavoro di gente che sta in cimitero da 100 anni
 
Stato
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