
di L. Acerra
Gli scavi archeologici di Sir Leonard Wooley (1920) misero in luce l'esistenza di un antico sistema di transazioni e pagamenti tra mercanti basato sulle tavolette d'argilla. L'importanza di questo fenomeno tra l'altro e' preannunciato dalla posizione di rilievo che ha nell'antico codice di leggi
Hammurabi (3° sec. a.C)all'articolo 7, il divieto per i mercanti
non autorizzati di
creare ricevute di argilla che entrano nella massa monetaria circolante.
Cerchiamo di capire cosa significa “mercanti non autorizzati”. In occasione delle grandi fiere tra i mercanti sumeri (1) fu creato un sistema interno di pagamenti che aveva l'obiettivo di generare un volume di commercio enorme con uno spostamento minimo di preziosi o monete. In particolare, si costituì un
banco della fiera, che assegnava in prestito somme di valuta d'argilla ai mercanti che ne facevano richiesta.
Le tavolette in argilla erano
promesse di pagamento che perdevano in larga parte la natura di riscossione dalla fonte di emissione e garantivano piuttosto il fluire di cifre di denaro da un acconto ad un altro. All'inizio e alla fine delle fiere dei mercanti, ognuno portava il suo ‘libro contabile’ su cui comparivano tutte le lettere di pagamento in entrata o in uscita.
L'obiettivo era quello di cancellare voci attive e passive di tutti per quanto possibile, spostando cifre tra i vari depositi dei partecipanti. Con questo metodo i mercanti erano al riparo da furti del mezzo monetario, perché il pezzo d'argilla era valido solo in questo contesto estremamente controllato. Come fa notare anche Mei Kohn (1999), alla fine di tutto il processo di appianamento, molto poco rimaneva da essere saldato in contanti, e comunque in un clima di fiducia verso il banco di fiera, l'appianamento con preziosi poteva essere rimandato nel tempo. L'importante era la partecipazione al “gioco”.
La massa monetaria in argilla era creabile
solo dal banco di fiera. Per mantenere una tale massa monetaria in argilla i mercanti dovevano pagare
un interesse nei confronti dell'ufficio di emissione. Nonostante ciò e nonostante il banco di fiera non garantisse in modo automatico la rimborsabilità in 'preziosi' di tali tavolette d'argilla, la tentazione ad accettare il sistema stava nel privilegio immenso di entrare a far parte del
business. Per la prima volta nella storia dunque si verificava che chi riceveva una massa monetaria in uso, lo faceva riconoscendo a chi emetteva il diritto di creare massa monetaria nel momento del prestito e dunque di poterci fare sopra una
cresta. La massa monetaria d'argilla del banco di fiera consentiva a persone che si consideravano privilegiate di svolgere la funzione di scambio senza dover movimentare (con grande rischio) i “preziosi”, che erano estremamente costosi da usare come mezzo di scambio. Pero' si doveva accettare il diritto di quei qualcuno al di sopra dell'economia reale di creare e prestare la moneta virtuale ufficiale.
Più che un 'aggio del signore', ai tempi dei babilonesi era una cresta del banco di fiera. Non si volevano usare preziosi o monete per il flusso di scambi tra pezzi grossi della economia (i mercanti). Il banco di fiera si faceva carico di regolare gli appianamenti dei partecipanti nel breve e nel lungo termine.
L'arricchimento dei mercanti beneficiari di queste emissioni di moneta-prestito era garantita dal continuo svolgersi dei loro affari di grossisti e quindi dall'interfacciarsi dei mercanti con l'intera società e collettività. Dunque chi era proprietario di queste tavolette d'argilla era ben felice di tenerle senza convertirle in "preziosi", che avevano sia il prezzo della custodia che quello del trasporto.
Il sistema basato sull'appianamento di acconti e di assegni è incredibilmente efficiente oggi nel minimizzare la necessità di transazioni 'in contanti', ma abbiamo prove che lo fosse già nel
XV secolo: tra il 1456 e il 1459, una banca a Genova ricevette dall'estero 160.000 lire in ricevute (lettere di credito) e il 92.5% di tale quantità fu saldata con spostamenti sui conti correnti interni, e solo il restante 7.5% fu pagato in contanti (Spufford, 1986). All'epoca dei babilonesi le ricevute in argilla erano un sistema di appianamento equiparabile ad assegni bancari in cui uno non sente mai la necessita' di spostare preziosi.
In breve i creatori del banco di fiera e i loro associati diventarono così potenti che al re-sacerdote non restava che assegnare loro un posto al proprio fianco in veste di custodi delle ricchezze del Tempio. Pensate al controllo a distanza che questa elite di mercanti aveva sulla produzione e distribuzione di armi, oppure sugli accordi tra grossisti di beni di prima necessità, e vedrete immediatamente che il loro potere era superiore a quello del regnante.
Questa confraternita di banchieri internazionali aveva un particolare interesse affinché i regni che cadevano sotto la sua influenza trasformassero il loro sistema monetario in uno basato su argento e oro.
Come è possibile ciò, direte voi, visto che i grandi commerci dei mercanti si basavano proprio sul principio di minimizzare i pagamenti con monete metalliche?
Il dilemma è solo apparente. I mercanti dell'elite vollero tenere per se le conoscenze delle tecniche di appianamento bancarie e di emissione di lettere di credito. Infatti avendone capito le potenzialità e la potenza, pianificavano di trarre vantaggi personali da questo meccanismo.
D'altro canto vennero proposti come strumenti di scambio oro e argento, ben sapendo che l'uso di questo tipo di contanti non era né facile né economico. Il sistema dei metalli preziosi come base monetaria, dietro l'apparenza di logicità, costituiva invece uno strumento di
instabilità economica.
L'adozione di questo sistema monetario basato su oro e argento costrinse i governanti di tutto il mondo ad una corsa affannosa all'approvvigionamento di metalli preziosi, che già nel
VI secolo a.C. viene testimoniata dall'agitazione con la quale Xenofonte chiede al governo di Atene di acquistare 10.000 schiavi, da dare in affitto ai proprietari delle miniere di Laureion, dove però sembra che il filone di argento si fosse già da tempo avviato all'esaurimento.
Le numerose tavolette in argilla che sono state ritrovate in Atene pochi anni dopo mostrano che l'esportazione di argento ad Oriente stava man mano causando nella città-stato greca dei vuoti di contanti che venivano con successo riempiti dalle ricevute in argilla create dai banchieri e accreditate sui loro acconti e su quelli dei loro più utili agenti greci.
Il potere economico che si è attribuito a un'alleanza di potenti banchieri babilonesi iniziò appena possibile a costituire delle filiali sulla costa della Grecia e nelle piccole isole del Mediterraneo. Individui che "scrivevano in aramaico", emissari dell'elite di mercanti internazionali, raggiunsero le coste e le isole della Grecia mescolandosi tra i mercanti o i rifugiati provenienti dalla Siria e da Aram dopo le sconfitte inflitte dagli Assiri. Questi emissari avevano straordinarie capacità di procurarsi qualsiasi oggetto o somma di denaro,. Dietro di essi compariva sempre il mercante di schiavi. Alcuni greci presto capirono che era nel loro interesse personale fare affari con essi, persino se ciò significava accettare il sistema di denaro dei mercanti orientali. La loro ricchezza era sostenuta dalla loro abilità di ottenere qualsiasi risorsa fosse richiesta, grazie alle loro connessioni internazionali. E in breve tempo questi uomini avevano iniziato a trattare anche nella terra ospitante mediante oro, argento e ricevute in tavolette di argilla create da loro stessi come mezzo di scambio.
L'isola di Delo, sebbene praticamente improduttiva e senza speciali vantaggi, divenne molto ricca; un potente centro di commercio e di attività bancaria, e soprattutto un centro d'intenso commercio di schiavi. Lo straordinario commercio all'ingrosso a Delo non avrebbe potuto essere originato da nient'altro se non l'accettazione dei prestiti del Tempio da parte di quei forestieri-banchieri. Tali persone erano competenti
cambia-valute, nati e formati tra le braccia dei maestri di sofisticazione finanziaria delle città di Babilonia, Aram, Fenicia, etc.
Il Professor Rostovtsev riferisce di un acquisto di grano a Delo da parte di un certo Sinotes di Isticea (una città del regno che era in Macedonia) nel quale egli osserva che l'acquisto fu effettuato con denaro anticipato da un banchiere di Rodi. Ciò suggerisce che le operazioni bancarie di Rodi erano interconnesse con quelle di Delo e che le riserve di argento del tempio di Apollo a Delo funzionavano anche come riserve per gli emissari di Rodi. Delo, la cui santità era rispettatissima, avrebbe costituito un deposito di metalli preziosi molto più sicuro rispetto a Rodi. Oskar Seyffert nel Dictionary of Classical Antiquities scrive: "Delfi, Delo, Efeso e Samo erano usate correntemente come banche per prestiti e depositi, sia da individui che da governi".
Tale flusso di 'credito' e metalli preziosi a Delo permise alla piccola isola di rimpiazzare parzialmente Atene come nuovo centro da cui il "controllo monetario internazionale" e i suoi emissari arrivarono per controllare le finanze di quell'area di Mediterraneo.
I
cambiavalute, che costituivano la base di questa piramide di profitto, erano chiamati nell'antica Grecia
trapezitae, perché si servivano di un banchetto a quattro gambe detto
tetra peza.
Seffert scrive:
"I trapezitae sedevano ai loro banchetti nelle piazze del mercato, il centro di tutte le transazioni di affari. Essi ricevevano denaro in deposito per custodirlo, facevano da cambia-valuta e prestavano anche il denaro. I banchieri tenevano un accurato resoconto delle ricchezze da loro gestite. Se una persona faceva un pagamento ad un'altra che anch'essa aveva un deposito alla stessa banca, il banchiere semplicemente trasferiva la somma in questione da un acconto ad un altro. Questo tipo di business era di solito in mano a forestieri che avevano acquisito la residenza".
Il prof. Humphrey Michell (
The Economics of Ancient Greece, p334) scrive che fu Fidone, il
progressista Re di Argo, che per primo permise, nel 680 B.C., l'introduzione del sistema monetario del tipo babilonese, basato sulle valute in oro e in argento. 'Progressista' naturalmente significava un re pronto a dare ascolto alle lusinghe del "controllo monetario internazionale" e dei suoi emissari, e che desse loro carta bianca in cambio dell'appoggio ottenuto per la sua ascesa al trono.
Il prof. Ure, in
Tyranny of Athens, mostra che l'ascesa alla tirannia di Pisistrato fu strettamente correlata con l'argento proveniente dalle miniere della Tracia ed egli sottolinea che può difficilmente essere considerata una coincidenza che la cacciata dei discendenti del tiranno Pisistrato
(510 a.C.) avvenne quasi immediatamente dopo aver perso le miniere della regione della Tracia, rifornimento monetario molto importante. Il che equivale a dire che se si dissolveva la fonte di metalli preziosi sui quali si fondava il potere del locale banchiere, il regnante che egli aveva promosso diventava obsoleto e inutile e poteva essere buttato via come uno straccio vecchio. Lo stesso accadde per i tiranni Trasibulo a Mileto, Ortagora a Sicione, Cipselo a Corinto, Procle a Epidauro, Teagene a Megara, Panezio a Leontini, Cleandro a Gela, Falaride ad Agrigento, e così via.
Vediamo un altro esempio d'interazione tra potere politico e mercanti. Creso, figlio primogenito del re Aliatte di Lidia
(610-561 a.C.). Sapendo delle ambizioni del padre di conquistare la Caria, Creso si accinse a chiedere
un prestito per imbastire l'azione militare. Nicola di Damasco scrive:
"Con questo suo proposito in mente si recò da Sadiatte, il più ricco mercante della Lidia. Costui, occupato nelle sue abluzioni mattutine, prima fece aspettare un Creso impaziente alla porta. Poi gli accordò di entrare, ma ciò fu solo per comunicargli che rifiutava di concedergli il denaro: "Se devo prestare denaro a tutti i figli di Aliatte," egli gridò, "non ce ne sarebbe abbastanza". Respinto, Creso si recò ad Efeso. Lì un amico di origine Ionica, Pamfeas, dopo aver saputo della ragione della sua visita, ottenne una somma di mille stateri d'oro da suo padre, Teocaride, che era in possesso di una considerevole fortuna, che egli si affrettò a portare al principe che ne aveva bisogno. Grazie a questi aiuti finanziari, Creso, rifornitosi di truppe, fu il primo a unirsi all'esercito del padre, di cui riguadagnò il favore, e che lo ebbe come alleato nella spedizione che avrebbe conquistato la Caria. Creso più tardi si vendicò di Sadiatte, che lo aveva cacciato via, confiscandogli l'intero suo tesoro".
L'episodio illustra un chiaro esempio dello sforzo dell'elite dei mercanti di controllare la successione politica. Infatti la vera ragione del rifiuto del prestito a Creso, era che il potente mercante Sadiatte si era già impegnato ad appoggiare Pantaleone, fratellastro di Creso, che era visto chiaramente come più adatto, condiscendente e "non tutto d'un pezzo" rispetto al determinato Creso.
Sebbene la condotta oltraggiosa di Sadiatte nei confronti di Creso suggerisca che il banchiere considerasse la sua posizione inviolabile, quest'ultimo preferiva scegliersi i regnanti che con meno probabilità avrebbero creato problemi. La sua rude arroganza nel far aspettare a lungo Creso alla porta, per poi riceverlo e rifiutargli senza mezzi termini il prestito di denaro richiesto, sicuramente costituì uno stimolo che portò Creso a voler capire di più sul raggiro del sistema del denaro basato sulle misure di metalli preziosi. Un imbroglio questo che permetteva alla gente della peggior specie (come Sadiatte) di beffarsi dell'autorità del re.
I risultati della sua indagine sicuramente lo portarono a capire che, affinché il suo status di regnante avesse davvero un senso, sopra ogni altra cosa era necessario che l'emissione di massa monetaria fosse rimossa dal controllo di persone private, e ciò lo indusse ad effettuare una riforma monetaria nel suo regno.
Allora, l'elite internazionale dei banchieri diede rifornimenti di soldati mercenari e il meglio delle armi a Ciro. Creso li aveva offesi, non solo sottraendo il loro tesoro tenuto dall'emissario Sadiatte, ma anche eliminando i conii dei mercanti e facendo tornare al regnante il suo potere essenziale, cioè il controllo dell'emissione monetaria. Bisognava fare di questa vicenda un esempio che potesse funzionare da deterrente di simili azioni da parte di altri principi, e per operare fu scelto l'ambizioso Ciro, che non era altro che un insignificante principe persiano. La ferocia dell'annientamento da parte di Ciro dello sventurato Creso, che fu scuoiato vivo, senza dubbio fu effettuata allo scopo di ricordare ad altri re che mentre il loro potere era nazionale, c'era un altro potere internazionale, al di sopra e oltre quello di un qualsiasi regnante locale.
Dopo la totale umiliazione di Creso, avendo Ciro dato prova della sua sollecitudine nel promuovere i piani dei suoi sostenitori finanziari, il passo successivo fu la conquista relativamente facile di Babilonia, che fu organizzata per lui 14 anni dopo. Ciro fu da allora in poi nominato
Il Grande. Il giovane principe di Anzan nella Susiana divenne il regnante di un impero esteso dal Caucaso all'Oceano indiano, dal Mediterraneo all'Asia centrale. Egli restaurò e allargò i poteri dei Guardiani del Tempio di Babilonia, come testimoniano le inusuali circostanze dei sacerdoti del Tempio che osannano l'invasore e che ricevono privilegi e speciali concessioni da lui.
Della stessa pasta erano i tiranni che erano saliti al trono nel
7° secolo a.C., come re Fidone di Argo, che abbiamo già detto e che appena insediatosi inventò la prima moneta di argento ad Egina, e ritirò dalla circolazione le precedenti sbarre di ferro che erano servite come denaro.
In questo modo, nel giro di poco tempo i banchieri internazionali si sarebbero insediati in tutte le città-stato greche e di lì sarebbero stati in grado di finanziare l'opposizione a qualunque potere, interno o esterno, che sperava di distruggere o anche ritirare le forme di finanziamento da quei poteri di cui organizzavano la distruzione.
Quei 'banchieri riconosciuti', avendo la facoltà di regolare i volumi di valuta e di emettere il denaro, potevano letteralmente ridere in faccia ai re e a qualsiasi altro potere politico.È stato un banchiere, il famoso Amschel Rothschild (primo della lunga dinastia dei banchieri Rothschild), a proferire la seguente famosa frase:
"Lasciatemi emettere e controllare il denaro di una nazione, e mi sarà indifferente chi vada ad occupare la funzione di scrivere le leggi".
La scoperta della
pietra filosofale dell'economia (appianamento delle transizioni tramite un sistema pre-bancario) e il suo uso a vantaggio strettamente privato permise dunque ad un'elite di mercanti-banchieri di usurpare al regnante il potere essenziale del Tempio: cioè la creazione e la distribuzione dell'unità di scambio, il che originariamente era il potere del loro Dio di garantire il benessere e il buon vivere, nello stato, dei suoi abitanti.
Le sventurate masse dell'Antico Oriente non immaginavano neppure lontanamente che il regnante che essi vedevano era tutt'altro che un essere divino sulla Terra, e che si trattava invece di un burattino manipolato dalle forze segrete esercitate dall'elite dei banchieri che cospiravano per diventare i controllori privati della invisibile emissione di denaro.
Dei nuovi tiranni della Grecia, tra il
650 e il 500 a.C , il Professor Heichelheim scrisse: "Questi tiranni erano per lo più membri della nobiltà essi stessi, che avevano guadagnato tale titolo usando le nuove possibilità politiche ed economiche del loro tempo per rovesciare i loro stessi pari e soggiogare temporaneamente la città-stato".
La possibilità di armare eserciti non veniva negata ai tiranni condiscendenti con l'elite che manipolava la vita finanziaria delle nazioni.