News, Dati, Eventi finanziari sara' vero................ (4 lettori)

mototopo

Forumer storico
Il SIIL e il gioco che nessuno può giocare; neo-con in wonderland

agosto 14, 2014 Lascia un commento

Ziad Abu Fadil Syrian Perspective 14/08/2014 Un’espressione inglese viene in mente immediatamente quando si pensa alla sconfitta stupefacente di Obama, NATO, Arabia Saudita Turchia e Qatar da parte del popolo siriano: “Cercare di far entrare dal retro ciò che non può passare davanti”. Non ci può essere alcun dubbio che la Mezzaluna sciita ossessiona i traditori neo-con di Washington DC. Dando anche gli europei un brutto caso di dispepsia, che non andrà via con un’indigestione di antibiotici, antiemetici o farmaci. In quest’ultimo caso e nel caso di Qatar/Turchia, è il gas naturale che promette di essere l’idea fissa per i prossimi 25 anni, mentre la Russia trova nuovi mercati in Cina e gli imprenditori del Levante cominciano a flettere i muscoli imbaldanzendo l’Iran e marginalizzando lo Stato colono sionista. In un certo senso, l’occidente reagisce alla profezia sul suo imminente declino; un declino che promette di essere assai doloroso: un forte shock al sistema. La guerra deve continuare: l’Iraq si trova proprio nel mezzo di tutto ciò. L’episodio siriano evolve verso la grande catastrofe politico-militare estera di Obama; quasi umiliante quanto il titanico errore di GW Bush nell’Iraq di Sadam, costato più di un trilione di dollari e la vita 4500 e più soldati statunitensi, senza contare le centinaia di migliaia di iracheni massacrati senza pietà nell’indifferenza da dio greco. L’unica distinzione di una certa rilevanza tra lo sfortunato ladruncolo Bush e il ratto d’appartamento e truffatore di Chicago Obama, è che quest’ultimo ha avuto il buon senso di non sbottare: “Missione compiuta” in Siria. E’ innegabile che la macchina sionista che controlla la politica estera di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito punta a confrontarsi con l’uomo della strada. È una battaglia decisiva, e nessun buon senso o comportamento razionale influenzerà la decisione di far dilagare il caos ancora di più, per realizzare i due seguenti obiettivi cruciali per lo Stato dei coloni ebraico-europei nella Palestina Occupata:
1. Dissipare l’influenza iraniana
L’Iran terrorizza la mente sionista. L’Iran sviluppa una base tecnologica che farà concorrenza al sionismo. E’ parte integrante della mentalità ebraica rendersi utile alle maggioranze oppressive tra cui gli ebrei dovevano vivere. Una volta che la loro utilità viene messa in discussione, gli ebrei temono automaticamente il peggio: pogrom, inquisizione, genocidio. E’ imperativo per gli ebrei essere visti dai poteri forti come cruciali per il bene dello Stato. C’è la convinzione che gli ebrei siano intelligenti. Alcuni mattacchioni si sono spinti fino a suggerire che gli ebrei siano di un altro pianeta (anche se non sono più bravi dei giapponesi negli esami d’intelligenza). Gli stessi ebrei favoriscono tale nozione godendo della profezia che si autoavvera e ornandosi del titolo di “popolo eletto” da Dio. Ma per molti secoli gli ebrei in Europa dovettero subire l’onta del tradimento di Caifa, la sua insistenza nel crocifiggere il Figlio di Dio, un’insistenza che inghiottì l’ebraismo in una battaglia per la non-esistenza stessa. Nel mondo musulmano ciò non fa alcuna differenza perché i musulmani non credono che Cristo fu crocifisso. Ma nell’Europa cristiana, dove gli ebrei dovettero attrarre i favori dei re, c’era sempre una tregua labile tra ebrei e plebe cristiana, in debito con loro e alla ricerca di un modo per sottrarsi dagli obblighi. Dovevano essere i migliori musicisti per intrattenere coloro che contano. Dovevano essere i migliori medici per prolungare la vita dei loro oppressori. Dovevano eccellere in matematica per meravigliare gli intellettuali che gli rubavano le idee per fama personale, in cambio della quale avrebbero ricevuto l’approvazione del soggiorno. Attraverso tale processo minaccioso gli ebrei divennero intelligenti e svilupparono un meccanismo per continuare a vivere indottrinando le generazioni alla metodologia della sopravvivenza. Si vede oggi nella loro paura di un Iran risorgente. Si può anche vedere la loro paura di uno Stato palestinese dal vibrante successo economico. In ultima analisi, ovviamente, si tratta di una forma di paranoia.
Il movimento sionista ha cercato di spingere gli Stati Uniti a colpire militarmente l’Iran, con l’argomento che Teheran costruiva l’arma nucleare, per tre volte i loro sforzi fallirono. Ci si potrebbe quindi chiedere: Ziad, se i sionisti controllano la politica Estera statunitense, perché hanno fallito? Come ho già detto, controllano la politica estera… ma non quella militare. Quando Obama fu spinto dallo squilibrato e guerrafondaio John McCain ad attaccare la Siria sulla falsa pista, ormai smascherata, secondo cui il Dr. Assad aveva usato gas Sarin, fu il Pentagono che disse “Niet”, non Kerry. Il presidente degli Stati Maggiori Riuniti degli USA, generale Martin Dempsey, testimoniò apertamente che la Siria non rappresentava alcuna minaccia per gli Stati Uniti e disse ai senatori, in sessione privata, che i russi sarebbero scesi in guerra per questo angolo dell’impero. Disse a Obama che gli Stati Uniti avrebbero perso i bombardieri davanti ai robusti sistemi di difesa aerea della Siria. Il Pentagono tracciò la linea che fermava l’influenza sionista. Al Senato e alla Camera dei rappresentanti, Obama non poté ottenere alcun supporto all’attacco contro la Siria. Il primo obiettivo sionista era Damasco. Vi erano le armi che fluivano nel Sud del Libano, ad Hezbollah, possente forza filo-iraniana che cacciò l’esercito sionista nel 2006. Se la Siria fosse stata distrutta rapidamente, Hezbollah sarebbe diventato oggetto dei capricci della macchina militare sionista e delle scimmie wahabite finanziate dai sauditi e dal Qatar. Come abbiamo già scritto fino alla nausea, tale macchinazione fu attuata dal 2007 dall’ambasciatore statunitense Robert Ford che tira le fila. Sarebbe stata rapida e decisiva. Una questione di mesi. Gli statunitensi contavano sul modello libanese, un esercito fratturato per via settaria. Ma non fecero i conti con il partito Baath. Il piano fallì.
Cosa fare?
2. Il controllo di giacimenti gasiferi e oleodotti: vi sarebbero enormi giacimenti di gas al largo delle coste di Siria, Libano e Cipro. I turchi vogliono accedervi brutalmente. Gli europei, come la Francia, pensano da vecchi colonialisti: controllare Siria e Libano e danneggiare Putin e il suo arrogante monopolio Gazprom. Lo Stato sionista vi sarebbe costretto comunque, dato che gli europei guarderebbero con sospetto lo sfruttamento sionista dei giacimenti di gas al largo delle coste di Gaza, se non a vantaggio dell’Europa. I palestinesi non hanno scelta. Ma la Siria non è caduta. Ora è militarmente più potente di prima. Iran e Russia si sono impegnati a sostenere Assad, un fattore rafforzato dalla massiccia affluenza alle elezioni di luglio in Siria che hanno catapultato il Dr. Assad al terzo mandato con oltre l’80% dei voti. Hezbollah ha dimostrato la sua alleanza con il governo della Siria, aiutandolo in alcune battaglie, soprattutto ad al-Qusayr e Tal Qalaq. Non sembra esserci alcun modo per spezzare la Mezzaluna fatimide dall’Iran a Ras al-Naqura in Libano. Ma i neo-con la pensano diversamente. Come già scritto, i neo-con hanno abbandonato l’idea della Mezzaluna fatimide e ora pensa a una struttura a collana di perle. Il punto debole è il primo ministro iracheno Nuri al-Maliqi. Per gli ideatori della politica estera statunitense e i loro burattinai sionisti, si doveva attuare il piano.
Un nuovo Glasperlenspiel
Jabhat al-Nusra è un flop. Jaysh al-Islam è in ritirata. Jabhat al-Islam muore di fame. L’esercito libero siriano è una barzelletta a Damasco. Prendete tutti i nomignoli più fantasiosi di tutti i gruppi terroristici in franchising, metteteli insieme in un unico piatto e avrete la seguente parabola: zucche ripiene di nulla. Un gioco inventato sul momento, divenuto moda poi svanita nel vecchio sentiero di tutti i giochi da tavolo stupidi, dritto in soffitta, sotto alcune vecchie coperte o qualche foglietto di un gioco trivia. Ma come sbarazzarsi di al-Maliqi? Cos’ha per spingere statunitensi, turchi, sauditi e sionisti ad eliminarlo? La risposta è che esiste. Gli Stati Uniti devono riprendersi dal disastro gigantesco dell’Iraq e del triste record di crimini di guerra e fallimenti in Siria. Per farlo, il gioco deve cambiare. Gli iracheni devono essere convinti che il loro salvatore non sia l’Iran, o le particolari politiche di al-Maliqi, ma gli Stati Uniti. La decisione dell’Iraq di non permettere grandi basi militari statunitensi; di comprare jet Sukhoi dalla Russia; declassare le relazioni diplomatiche al punto che l’esagerata ambasciata statunitense a Baghdad ora sembra una fantasia di WR Hearst; i rapporti stretti di al-Maliqi con il governo siriano, tutto ciò combinato crea una situazione, se volete, che apre le porte a un nuovo piano del Paese delle meraviglie. Tale piano è molto più complicato di quello per spodestare il Dr. Assad. Come ne Das Glasperlenspiel, si tratta di un piano o di un gioco che solo pochi sembrano capire.
La previsione del Dr. Assad e la creazione dello Stato Islamico in Iraq e Siria
Il Dr. Bashar al-Assad ha detto ai Paesi della NATO e ai trogloditi sauditi/wahabiti e del Qatar che scherzando con la Siria fanno oscillare le forze presenti ai limiti delle placche tettoniche regionali. Aveva mortalmente ragione, prevedendo la diffusione metastatica del terrorismo in altri Paesi arabi all’ombra dell’infelicemente denominata “primavera araba”. Ma come abbiamo già scritto, il piano non riguardava il terrorismo, ma la Mezzaluna fatimide e le risorse naturali. Non importava che centinaia di migliaia di persone sarebbero dovute morire, così un clown come Guido Westerwelle può abbracciare gli arci-sociopatici inglesi e statunitensi nella necessità di distruggere la Siria e quindi spezzare la Mezzaluna ed Hezbollah (fallendo); e commissionare il gas naturale del Mediterraneo (in attesa) quale preziosa eroina alla fine del tunnel. Ciò che non ha funzionato in Siria è chiaro. Allora, qual è il prossimo punto debole? Chiedere ai cani rabbiosi della cabala neo-con di DC, l'”Iraq!” risponde lo scaltro bianconiglio, un altro neo-con. Mentre leggete questo articolo, ricordate che John Kerry, il bi-polare imbranato/schizofrenico segretario di Stato USA, fa del suo meglio per far dimettere il signor al-Maliqi. Ricordate anche che Hillary Clinton, che fissa la presidenza come una cagna studia il suo padrone gettare un succulento osso nella macchina trituratrice, ne ha già accennato nel suo libro, secondo cui le deboli politiche di Obama hanno creato l’atmosfera appropriata per la proliferazione dei gruppi “islamisti”. Interessante come non menzionasse il fatto che gli alleati degli USA, Arabia Saudita, Qatar, Turchia e lo Stato coloniale sionista, hanno svolto un ruolo attivo nella creazione di tali forze.
Il SIIL non spunta dal nulla. E’ la collaborazione con le forze sadamiste baathiste non è dovuta a somiglianze ideologiche. Di certo, il Baath di Sadam si basava sulla minoranza sunnita che controlla una popolazione a maggioranza sciita. Ma il Baath di Saddam era completamente anti-islamista. Come abbiamo già scritto accuratamente, l’assalto del SIIL su Mosul e il successivo sequestro di armi e munizioni all’esercito iracheno furono compiuti da talpe, ufficiali sadamisti baathisti nelle divisioni presso la città, che ordinarono alle truppe di sbandare e permettere l’invasione. Fu la collusione tra Abu Baqr al-Baghdadi e l’ex-membro del CCR Izat Ibrahim al-Duri che segnò il destino della città e spinse al-Duri nella posizione temporanea di capo del SIIL. (Posizione che ha perso, secondo fonti d’intelligence). In un articolo autorevole dall’Iraq, questo autore ha letto l’indagine secondo cui le cause dei fallimenti dell’esercito iracheno erano ufficiali ex- baathisti che ordinarono alle truppe di gettare le uniformi ed indossare abiti civili per evitare lo sterminio.
Zio Sam lo vuole
Zio Sam non solo vuole l’Iraq, ma ne ha bisogno disperatamente. Ecco ciò che deve fare per arrivarci:
1. Accertarsi che il governo di al-Maliqi appaia fragile, inefficace e flaccido;
2. Gli assassini del SIIL impazziti che uccidono minoranze e sciiti e avanzano rivendicazioni territoriali, effettivamente respingendo qualsiasi parvenza di governo;
3. Far sembrare distante l’Iran continuando a parlare sui media dell’avanzata dei “taqfiri” mentre non fa nulla. Si vede che gli spettri di Obama sono consapevoli che l’interferenza diretta iraniana agiterebbe una crisi settaria già stressante;
4. Attaccare il SIIL, anche se si tratta di una creazione degli Stati Uniti e un factotum del regime dello psicopatico Erdoghan;
5. Continuare a rafforzare il SIIL, anche se respinto dall’Iraq, verrebbe costretto a trasferirsi in Siria per creare maggiore instabilità contro il Dr. Assad.
Ed ecco quel è la linea di fondo dello Zio Sam:
1. Forzare il nuovo governo iracheno a rivalutare la posizione sulla presenza militare statunitense;
2. Forzare qualsiasi nuovo premier racheno ad accettare batterie di missili antiaerei USA sul suolo iracheno;
3. Forzare qualsiasi nuovo premier iracheno a consentire agli Stati Uniti di sparare agli aerei che riforniscono la Siria;
4. Forzare il premier iracheno a cessare ogni assistenza al governo siriano.
Suona abbastanza malvagio, non è vero? Mentre scrivo, la coalizione sciita irachena ha nominato un sostituto del signor al-Maliqi, nonostante la qualità fondamentalmente anti-costituzionale del processo indotto dagli statunitensi. Al-Maliqi è molto risoluto sui suoi diritti e non si arrenderà senza combattere. L’Iraq avrà un’altra crisi di governo. Nel frattempo, si noti che gli Stati Uniti hanno un consolato a Irbil, capitale del futuro Stato curdo. Gli Stati Uniti hanno evacuato il consolato dato che l’organizzazione SIIL era troppo vicina e i curdi apparentemente non possono garantirne la sicurezza. Il fatto che gli Stati Uniti non avrebbero mai permesso al SIIL di attaccare il consolato degli Stati Uniti è irrilevante, se si vuole apparire avversari del SIIL. I turchi hanno istituito la sceneggiata degli ostaggi, quando il SIIL attaccò il consolato turco a Mosul. Tutti i diplomatici rientrarono segretamente in Turchia a godersi il sole. Ma gli Stati Uniti sono davvero contrari al SIIL? Il governo degli Stati Uniti non disse nulla del SIIL in Siria, delle persecuzioni di cristiani, sciiti e tribù nell’est. C’è qualcosa che manca? No. Vedete, il piano è continuare la guerra contro la Siria, ma dall’Iraq. E’ la porta sul retro di cui abbiamo appena accennato all’inizio dell’articolo. Ora tutto dovrebbe cominciare ad avere un senso.
Poiché la situazione si evolve, si guardino con attenzione i racconti dei media occidentali. Vedrete che:
1. I peshmergha curdi non affrontano il SIIL
2. L’esercito iracheno addestrato dagli statunitensi non l’affronta proprio
3. L’ascesa delle milizie sciite radicali segna il destino della democrazia in Iraq
4. L’avanzata dello sciismo radicale è giocato dal clero dell’Iran
Bandar è stato davvero licenziato? Ha avuto un crollo? Perché ritorna?
Bandar bin Sultan non può essere licenziato. È il nipote del numero uno, re Abdullah, ed è anche l’unico che conosce le losche trame di Terrorama. Dopo tutto, ne è il principale architetto dal 2002 almeno. È anche il peggiore persianofobo dell’Arabia Saudita per motivi che devono avere a che fare con la sua gelosia per l’intelletto persiano. Quando fu sollevato dal suo incarico di capo dell’Intelligence Generale dello Stato saudita (l’ossimoro più palese del mondo), scomparve negli Stati Uniti e poi riapparve in Marocco, riposatosi presso Marrakesh. Robert Ford, prima delle sue dimissioni, castigò i buffoni del NACOSROF d’Istanbul, quando parlavano di Bandar e della necessità di una maggiore bottino, dicendogli che Bandar non era più in circolazione e che avrebbero dovuto riunirsi per affrontare le sfide essendo un irrilevante gruppo di inutili criminali parassiti, esiliati, malcontenti e ratti d’albergo. Tutti pensavano che fosse finita per Bandar. Nel 2013 il SIIL ampliò le operazioni dall’Iraq, dov’era noto come SII, e in Siria dove si rinominò SIIL. Ciò andò bene ai sauditi fin quando il SIIL iniziò a massacrare i loro preferiti, e di Erdoghan, del Jabhat al-Nusra. I sauditi guardarono con orrore, e così pure Erdoghan, mentre il SIIL cominciò a fare il lavoro dell’esercito siriano eliminando i cattivi. Anche alcuni ingenui siriani pensavano che il Dr. Assad avesse inventato il SIIL, perché era così zelante nel perseguire tutti quei “patrioti” finanziati dai sauditi e supportati dai turchi. Il Dr. Assad deve aver riso crassamente alle continue celebrazioni del SIIL che tormentava e decapitava il gruppo Nusra, mentre risuonavano le litanie di Ayman al-Zawayhiri che richiamava alla tolleranza, all’unità e all’arbitrato della Shariah. La risata si deve essere sentita per tutta Damasco. La gerarchia saudita non può capire o controllare la nuova anarchia scatenata dal loro nababbo del nichilismo. Bandar è l’unico asino di un Paese in cui regnano gli asini a poter comunicare con l’illustre nuovo califfo Ibrahim Abu Baqr al-Baghdadi e controllarne le azioni, perché Bandar è legato alla CIA. Purtroppo, i sauditi hanno frainteso tutta la situazione. Non è Bandar che ha inventato il SIIL, ma gli Stati Uniti con l’aiuto sionista e turco. I sauditi sono fuori dal giro, e nemmeno lo sanno.
Il Candidato Manciuriano di Samarra
Assomiglia a Laurence Harvey, ma almeno ha un accento iracheno, a differenza di Harvey, emigrato lituano dalla forte cadenza londinese del West Country che giocava a fare l’americano. Il vero nome di Laurence Harvey era Larushka Misha Skikne. Il supposto vero nome di Abu Baqr al-Baghdadi è Ibrahim bin Awad bin Ibrahim bin Ali bin Muhammad al-Badri al-Samiraiy. Data l’opportunità di oziare sotto la custodia della CIA, e quindi di essere discretamente trasferito nella Palestina occupata presso il comando del Mossad che, sotto la supervisione di agenti della CIA, effettuava certi test su di lui, è diventato l’incubo sunnita/sciita: il sunnita che lavora per il Mossad contro gli sciiti per il bene dell’entità sionista. Ma ciò che non si sa è che gli Stati Uniti non hanno mai dato questa scimmia al Mossad. Semplicemente l’hanno trasferito a un Paese amico per raddrizzargli la mente. Tutti i lettori sono invitati a prendere atto delle recenti dichiarazioni di al-Baghdadi sul conflitto palestinese/sionista. Non ha mai criticato il sionismo e non invoca la guerra contro di esso. Non supporta i palestinesi.
Gli Stati Uniti negano di aver avuto al-Baghdadi per 4 anni. Invece, la storia è che fu “arrestato” da febbraio a dicembre 2004. Gli investigatori hanno scoperto che fu in custodia per 4 anni (2005-2009) a Camp Bucca nel sud dell’Iraq. Ma, non ve n’è alcuna traccia presso il Pentagono. Invece, il Pentagono affermò nel dicembre 2004 che non era una minaccia per gli Stati Uniti. Domanda: dov’era nel 2005-2009? Nessuno lo sa. Non in Afghanistan, come alcuni hanno suggerito, perché non se ne parla da nessuna parte, mentre la sua presunta anima gemella ideologica, Abu Musab al-Zarqawi, viene citata frequentemente nei messaggi su internet di salafiti e taqfiri. Nessuno ha mai spiegato perché sia semplicemente scomparso. Come gli 11 anni della vita di Cristo che non possiamo spiegare. I servizi segreti militari siriani hanno una versione diversa dei fatti: al-Baghdadi fu arrestato nel febbraio 2004 per attività ritenute sospette dalle autorità militari statunitensi. Quando fu testato dagli psichiatri della CIA per le sue “credenze islamiste radicali” nell’ambito di uno studio sul tema, un medico scoprì che al-Baghdadi aveva certi tratti che ne facevano un candidato ideale per la “manipolazione mentale”. Fu estremamente facile ipnotizzarlo, per esempio, e tendeva a legare con qualsiasi persona che gli mostrasse rispetto. Ha dimostrato di avere un forte interesse su ciò che i cristiani pensano dell’Islam. Inoltre non ha mostrato alcuna avversione per gli ebrei. Al-Baghdadi fu rilasciato dalla CIA nel dicembre del 2004, e fu detto che sarebbe stato trasferito negli Stati Uniti per ulteriori indagini. Fu drogato e portato a Tel Aviv, dove si trovò in un ospedale gestito da statunitensi o personale anglofono. Fu sottoposto a 3 anni di massiccio indottrinamento e, si segnala, ad operazioni sub-craniche ignote all’autore. Quando fu rilasciato nel 2009, fu in Iraq e Turchia con la missione di creare un’organizzazione parallela ad al-Qaida per creare la situazione attuale per reinsediare gli USA e i loro alleati in Iraq. L’azione s’è concretizzata quando gli USA uccisero il suo superiore, Abu Umar al-Baghdadi il 18 aprile 2010, in modo che al-Baghdadi salisse nella leadership. Da allora, indossando un orologio Rolex datogli da uno specialista di psy-ops sionista, iniziò la creazione del nuovo movimento il cui scopo è abbattere il governo sciita filo-iraniano e stabilire un cuscinetto tra Iran e Siria. Il piano di ripiego minimo era controllare vaste aree del territorio iracheno per consentire l’impiego dei missili antiaerei per impedire agli aerei iraniani di rifornire la Siria. Il piano non ha funzionato.
All’inizio al-Baghdadi fece quello che doveva fare; collaborò con Bandar e Robert Ford nella creazione della grande organizzazione di al-Qaida in Siria chiamata Jabhat al-Nusra. Si dice che Ford abbia scelto tale nome perché l’intendeva solo come “supporto” al nascente movimento terrorista siriano, che semplicemente non aveva i mezzi o i numeri per sconfiggere l’esercito siriano. Ma poi si scatenò. Anche se indottrinato da CIA e Mossad a limitare l’influenza di al-Qaida, prese una posizione molto più ostile rompendo con Ayman al-Zawaahiri e al-Nusra (che ha creato) e iniziò a sterminarne i membri in tutta la Siria. Perciò alcuni siriani credono che lavori per Dr. Assad, compiendo una svolta di 180 gradi. Può darsi che gli Stati Uniti abbiano ottenuto ciò che volevano in Iraq. Se gli statunitensi possono architettare la caduta di al-Maliqi e sostituirlo con un leader più malleabile, il piano sarebbe uccidere al-Baghdadi per dimostrare che non è mai stato l’uomo degli USA e liberarsi di un agente canaglia la cui programmazione s’è deteriorata. Non è mai stata l’intenzione degli Stati Uniti creare un nuovo califfo… O si?
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


Filed under Covert Operation, Geopolitica, Imperialismo Tagged with agente d'influenza, agenti d'influenza, Al-Qaeda, al-Qaida, Arabia Saudita, Asse della resistenza, asse della speranza, asse sciita, Baghdad, Bandar bin Sultan, Bandar Bush, Barack Obama, black operation, candidato manciuriano, Central Intelligence Agency, CIA, Contra, contractor, contractors, covert operation, Covert Operations, crimini di guerra, False flag, Gladio-B, guerra a bassa intensità, guerra asimmetrica, guerra coloniale, guerra coperta, guerra d'influenza, guerra d'informazione, guerra d'intelligence, guerra di 4.ta generazione, guerra di propaganda, guerra occulta, guerra per procura, guerra psicologica, guerra psicotronica, guerra settaria, Imperialismo, intelligence, Irak, Iran, Iran-Iraq-Siria, Iraq, islamismo, islamisti, islamo-atlantismo, islamo-imperialismo, islamo-sionismo, Israele, Kurdistan Regional Government, legione islamista, Mashreq, mass media, Medio oriente, medioriente, mercenari, Mossad, NATO, nazi-islamismo, neo-colonialismo, neo-ottomanesimo, neo-ottomanismo, neocolonialismo, neocon, neoconservatori, neoimperialismo, Nouri al-Maliki, Nuri al-Maliqi, occupazione, operazioni belliche, operazioni coperte, operazioni occulte, operazioni speciali, politica occulta, poteri occulti, Propaganda, psico-guerra, psy-op, psy-ops, psy-war, psyop, psyops, psywar, rete spionistica, rivoluzione colorata, servizi di sicurezza, servizi segreti, settarismo, sfera
 

mototopo

Forumer storico
Gli attacchi aerei fasulli di Obama aiutano il SIIL

agosto 11, 2014 3 commenti

Aanirfan 11 agosto 2014
Il SIIL iniziò l’invasione dell’Iraq dal membro della NATO, la Turchia guidata da un ‘ebreo’.
Secondo il Financial Times, gli attacchi aerei degli USA in Iraq “non sono riusciti a fermare l’avanzata del SIIL e possono essere visti come una vittoria propagandistica del gruppo… Finora le forze statunitensi non sono riuscite a colpire edifici, depositi di armi o la leadership del SIIL nel deserto presso Mosul”. Ryan Crocker, ex-ambasciatore statunitense in Iraq ha detto al Financial Times: “Un paio di bombe da 500 libbre dagli F-18 e un paio di attacchi dei droni non possono fermare il SIIL. Abbiamo avuto la possibilità di colpire la loro leadership e le loro strutture di comando e controllo, ora è finita… Se diciamo che ciò serve a proteggere Irbil, che il SIIL non ha mai voluto (occupare), la missione è finita e possiamo andarcene a casa“. Abdulla Hawaz, commentatore politico curdo, ha detto al Financial Times: “il SIIL avanza e le sue capacità d’attacco non sono indebolite“. Wladimir van Wilgenburg, analista ad Erbil della Fondazione Jamestown, ha detto al Financial Times: “Ho visto sui social media che il SIIL in realtà non sembra impensierito dell’intervento USA. Sul piano della propaganda, il coinvolgimento statunitense non è poi così male per loro“. Gli USA aiutano il SIIL – Financial Times
Obama non uccide gli agenti del Mossad
Aanirfan 10 agosto 2014
John McCain e il capo del SIIL Simon Elliot, alias al-Baghdadi. Il momento da urlo di John McCain: fotografato sorridente con il SIIL
Simon Elliot, il capo del SIIL è un agente del Mossad ed è stato fotografato con John McCain, anch’egli agente del Mossad. Il SIIL è diretto da Simon Elliot, agente del Mossad
Il SIIL (ora chiamato SI) è stato addestrato da statunitensi ed israeliani ed è guidato da israeliani. Il capo del SIIL Abu Baqr al-Baghdadi addestrato da Israele/ Il SIIL creato e spalleggiato da Israele
Al-Baghdadi (Simon Elliot) con McCain. Il momento da grido di John McCain: fotografato sorridente con il SIIL
Il ruolo del SIIL è uccidere musulmani ed indebolire tutti i nemici d’Israele. Un funzionario curdo ha detto del SIIL, “Tutto ciò che hanno è statunitense, tutto fino agli ultimi mezzi con armi pesanti, gli Humvee” (Dailymail)
Obama li ha usati in Siria e Libia e ora li usa in Iraq, non piacendogli il governo iracheno e volendo compiacere Israele. Il SIIL in Iraq: un disastro made in USA/ I ‘grandi alleati’ degli Stati Uniti finanziano il SIIL
Obama non ha intenzione di bombardare gli agenti del Mossad, non ha alcuna intenzione di salvare gli Yazidi. La crisi irachena: la valle della morte, il 70 per cento di loro sono morti
L’obiettivo del Mossad è distruggere tutti i Paesi musulmani guidando le istituzioni musulmane. Tutti gli islamisti lavorano per il Mossad. Potere ebraico/ Islam Yaken – cripto-ebrei nel SIIL/ Bashir, lavorare per il Mossad
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


Filed under Covert Operation, Imperialismo T
 

mototopo

Forumer storico
wahhabismo, wahhabiti, Washington Consensus
Il Qatar ha inviato 5000 terroristi del SIIL in Libia

agosto 10, 2014 Lascia un commento

Nabil Ben Yahmad, Tunisie Secret 9 agosto 2014
L’afferma Rafiq Shely, ex-direttore della sicurezza presidenziale (1984-1987), ex-alto ufficiale dei servizi segreti tunisini e attuale Segretario Generale del “Centro Studi sulla Sicurezza Globale” tunisino, in un’intervista al quotidiano arabo al-Tunisya. Ciò significa che dopo il ruolo attivo nei disordini in Siria e Iraq, il Qatar vuole incendiare con le fiamme della guerra civile e la barbarie in Libia inevitabilmente Tunisia e Algeria.
In primo luogo va chiarito, contrariamente a quanto è stato detto in qualche media tunisino, che l’intervista di Rafiq Shely non è stata pubblicata dal quotidiano algerino “al-Qabar”, ma dal giornale tunisino al-Tunisya il 4 agosto 2014.
Con il suo silenzio, la troika sostiene Abu Iyadh
Alla domanda “E’ vero che l’occupazione della Tunisia, come alcuni osservatori pessimisti ritengono, da parte di organizzazioni terroristiche è solo questione di tempo, e che subiremo lo scenario libico, siriano e iracheno?” L’ex alto funzionario del Ministero degli Interni Rafiq Shely ha risposto: “Dobbiamo prima tornare alle vicende storiche che ci hanno portato alla situazione attuale. Inoltre, dopo l’annuncio di Abu Iyadh della creazione di Ansar al-Sharia, nell’aprile 2011, ha goduto di un’amnistia generale, compì una dimostrazione di forza nel maggio 2012 lasciando a Qayruan 5000 seguaci. Nonostante la minaccia per la sicurezza nazionale, la troika ha osservato il silenzio e incoraggiato Abu Iyadh e le sue truppe a ricomparire l’anno successivo, affermando che può mobilitare 50000 persone. Sua intenzione è approfittare della situazione per dichiarare la città di Qayruan emirato islamico, preoccupando al-Nahda che vietò la manifestazione per preservare l’immagine presso l’opinione pubblica tunisina e internazionale…” Secondo Rafiq Shely, dopo l’assassinio di Shuqri Belaid e Muhammad Ali Larayadh Brahmi, al-Nahda fu costretta a classificare Ansar al-Sharia organizzazione terroristica, nonostante l’opposizione radicale di qualche capo di al-Nahda. A causa di tale ritardo i capi di Ansar al-Sharia fuggirono dalla Tunisia in Libia unendosi ad Abu Iyadh e formando campi di addestramento a Sabrata e Derna.
Il Qatar rimpatria i jihadisti del SIIL
Alla seconda domanda, “Non pensa che il fallimento degli islamisti in Libia abbia messo in pericolo immediato tutta la regione?” Rafiq Shely ha risposto che “il totale fallimento degli islamisti nelle ultime elezioni del Consiglio nazionale è una svolta pericolosa. C’è l’operazione dell’aeroporto (in Libia), poi il viaggio di Abdelhaqim Belhadj, Belqaid e Ali Salabi in Turchia, Qatar e Iraq per incontrare il SIIL per due motivi: rimpatriare i jihadisti nordafricani in Libia e stipulare accordi per la vendita di armi moderne, con l’appoggio di certi Paesi. L’aeroporto di Sirte è stato costruito per ospitare carichi di armi, così come l’aeroporto Mitiqa“. Citando fonti attendibili, Rafiq Shely ha aggiunto che “gli aerei sono arrivati in Libia dal Qatar carichi di jihadisti, spiegando il successo di Ansar al-Sharia nell’occupare una base militare di Bengasi… Il numero di terroristi del SIIL, molti tunisini, oscilla tra 4000 e 5000. Loro obiettivo è imporre il dominio sulla capitale, poi prendere Zintan, in tal caso il pericolo della Tunisia sarà ancora maggiore alla frontiera...” Contattato dal corrispondente a Tunisi di Tunisie-Secret, Rafiq Shely ha detto che tra questi 5000 jihadisti quasi 200 sono di nazionalità francese. In altre parole, binazionali.
Vertice segreto nella città turca
Si ricorda che già nel gennaio 2014 Rafiq Shely ha detto al quotidiano al-Tunisya (17 gennaio) che “4500 jihadisti tunisini appartenenti al movimento Ansar al-Sharia sono attualmente nei campi d’addestramento in Libia“. I 5000 jihadisti in questione torneranno al punto di partenza, in Libia, dove furono addestrati e da dove i servizi del Qatar li inviarono in Siria alla fine del 2011. Infine, è chiaro che sulla base dei rapporti d’intelligence ricevuti dal quotidiano algerino “Bilad al-Jazairiya” del 4 luglio, i jihadisti libici appartenenti a Ansar al-Sharia ed elementi del SIIL si sono incontrati in una città turca per concludere l’accordo per inviare i jihadisti nordafricani dall’Iraq in Libia, per rafforzare Ansar al-Sharia in questo Paese e in Tunisia. Lo stesso rapporto d’intelligence indica che il SIIL ha deciso di estendere la sua jihad nel Maghreb arabo e Sahel, lontano da un Medio Oriente già parzialmente occupato.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


Filed under Covert Operation, Imperialismo Tagged with agente d'influenza, agenti d'influenza, Al-Qaeda, Al-Qaeda Organization in the Islamic
 

mototopo

Forumer storico
08 maggio 2014

Storia della Moneta a Prestito (Sistema Debito)



di L. Acerra


Gli scavi archeologici di Sir Leonard Wooley (1920) misero in luce l'esistenza di un antico sistema di transazioni e pagamenti tra mercanti basato sulle tavolette d'argilla. L'importanza di questo fenomeno tra l'altro e' preannunciato dalla posizione di rilievo che ha nell'antico codice di leggi Hammurabi (3° sec. a.C)all'articolo 7, il divieto per i mercanti non autorizzati di creare ricevute di argilla che entrano nella massa monetaria circolante.

Cerchiamo di capire cosa significa “mercanti non autorizzati”. In occasione delle grandi fiere tra i mercanti sumeri (1) fu creato un sistema interno di pagamenti che aveva l'obiettivo di generare un volume di commercio enorme con uno spostamento minimo di preziosi o monete. In particolare, si costituì un banco della fiera, che assegnava in prestito somme di valuta d'argilla ai mercanti che ne facevano richiesta.


Le tavolette in argilla erano promesse di pagamento che perdevano in larga parte la natura di riscossione dalla fonte di emissione e garantivano piuttosto il fluire di cifre di denaro da un acconto ad un altro. All'inizio e alla fine delle fiere dei mercanti, ognuno portava il suo ‘libro contabile’ su cui comparivano tutte le lettere di pagamento in entrata o in uscita.


L'obiettivo era quello di cancellare voci attive e passive di tutti per quanto possibile, spostando cifre tra i vari depositi dei partecipanti. Con questo metodo i mercanti erano al riparo da furti del mezzo monetario, perché il pezzo d'argilla era valido solo in questo contesto estremamente controllato. Come fa notare anche Mei Kohn (1999), alla fine di tutto il processo di appianamento, molto poco rimaneva da essere saldato in contanti, e comunque in un clima di fiducia verso il banco di fiera, l'appianamento con preziosi poteva essere rimandato nel tempo. L'importante era la partecipazione al “gioco”.


La massa monetaria in argilla era creabile solo dal banco di fiera. Per mantenere una tale massa monetaria in argilla i mercanti dovevano pagare un interesse nei confronti dell'ufficio di emissione. Nonostante ciò e nonostante il banco di fiera non garantisse in modo automatico la rimborsabilità in 'preziosi' di tali tavolette d'argilla, la tentazione ad accettare il sistema stava nel privilegio immenso di entrare a far parte del business. Per la prima volta nella storia dunque si verificava che chi riceveva una massa monetaria in uso, lo faceva riconoscendo a chi emetteva il diritto di creare massa monetaria nel momento del prestito e dunque di poterci fare sopra una cresta. La massa monetaria d'argilla del banco di fiera consentiva a persone che si consideravano privilegiate di svolgere la funzione di scambio senza dover movimentare (con grande rischio) i “preziosi”, che erano estremamente costosi da usare come mezzo di scambio. Pero' si doveva accettare il diritto di quei qualcuno al di sopra dell'economia reale di creare e prestare la moneta virtuale ufficiale.


Più che un 'aggio del signore', ai tempi dei babilonesi era una cresta del banco di fiera. Non si volevano usare preziosi o monete per il flusso di scambi tra pezzi grossi della economia (i mercanti). Il banco di fiera si faceva carico di regolare gli appianamenti dei partecipanti nel breve e nel lungo termine.


L'arricchimento dei mercanti beneficiari di queste emissioni di moneta-prestito era garantita dal continuo svolgersi dei loro affari di grossisti e quindi dall'interfacciarsi dei mercanti con l'intera società e collettività. Dunque chi era proprietario di queste tavolette d'argilla era ben felice di tenerle senza convertirle in "preziosi", che avevano sia il prezzo della custodia che quello del trasporto.


Il sistema basato sull'appianamento di acconti e di assegni è incredibilmente efficiente oggi nel minimizzare la necessità di transazioni 'in contanti', ma abbiamo prove che lo fosse già nel XV secolo: tra il 1456 e il 1459, una banca a Genova ricevette dall'estero 160.000 lire in ricevute (lettere di credito) e il 92.5% di tale quantità fu saldata con spostamenti sui conti correnti interni, e solo il restante 7.5% fu pagato in contanti (Spufford, 1986). All'epoca dei babilonesi le ricevute in argilla erano un sistema di appianamento equiparabile ad assegni bancari in cui uno non sente mai la necessita' di spostare preziosi.


In breve i creatori del banco di fiera e i loro associati diventarono così potenti che al re-sacerdote non restava che assegnare loro un posto al proprio fianco in veste di custodi delle ricchezze del Tempio. Pensate al controllo a distanza che questa elite di mercanti aveva sulla produzione e distribuzione di armi, oppure sugli accordi tra grossisti di beni di prima necessità, e vedrete immediatamente che il loro potere era superiore a quello del regnante.


Questa confraternita di banchieri internazionali aveva un particolare interesse affinché i regni che cadevano sotto la sua influenza trasformassero il loro sistema monetario in uno basato su argento e oro.
Come è possibile ciò, direte voi, visto che i grandi commerci dei mercanti si basavano proprio sul principio di minimizzare i pagamenti con monete metalliche?
Il dilemma è solo apparente. I mercanti dell'elite vollero tenere per se le conoscenze delle tecniche di appianamento bancarie e di emissione di lettere di credito. Infatti avendone capito le potenzialità e la potenza, pianificavano di trarre vantaggi personali da questo meccanismo.
D'altro canto vennero proposti come strumenti di scambio oro e argento, ben sapendo che l'uso di questo tipo di contanti non era né facile né economico. Il sistema dei metalli preziosi come base monetaria, dietro l'apparenza di logicità, costituiva invece uno strumento di instabilità economica.


L'adozione di questo sistema monetario basato su oro e argento costrinse i governanti di tutto il mondo ad una corsa affannosa all'approvvigionamento di metalli preziosi, che già nel VI secolo a.C. viene testimoniata dall'agitazione con la quale Xenofonte chiede al governo di Atene di acquistare 10.000 schiavi, da dare in affitto ai proprietari delle miniere di Laureion, dove però sembra che il filone di argento si fosse già da tempo avviato all'esaurimento.
Le numerose tavolette in argilla che sono state ritrovate in Atene pochi anni dopo mostrano che l'esportazione di argento ad Oriente stava man mano causando nella città-stato greca dei vuoti di contanti che venivano con successo riempiti dalle ricevute in argilla create dai banchieri e accreditate sui loro acconti e su quelli dei loro più utili agenti greci.


Il potere economico che si è attribuito a un'alleanza di potenti banchieri babilonesi iniziò appena possibile a costituire delle filiali sulla costa della Grecia e nelle piccole isole del Mediterraneo. Individui che "scrivevano in aramaico", emissari dell'elite di mercanti internazionali, raggiunsero le coste e le isole della Grecia mescolandosi tra i mercanti o i rifugiati provenienti dalla Siria e da Aram dopo le sconfitte inflitte dagli Assiri. Questi emissari avevano straordinarie capacità di procurarsi qualsiasi oggetto o somma di denaro,. Dietro di essi compariva sempre il mercante di schiavi. Alcuni greci presto capirono che era nel loro interesse personale fare affari con essi, persino se ciò significava accettare il sistema di denaro dei mercanti orientali. La loro ricchezza era sostenuta dalla loro abilità di ottenere qualsiasi risorsa fosse richiesta, grazie alle loro connessioni internazionali. E in breve tempo questi uomini avevano iniziato a trattare anche nella terra ospitante mediante oro, argento e ricevute in tavolette di argilla create da loro stessi come mezzo di scambio.


L'isola di Delo, sebbene praticamente improduttiva e senza speciali vantaggi, divenne molto ricca; un potente centro di commercio e di attività bancaria, e soprattutto un centro d'intenso commercio di schiavi. Lo straordinario commercio all'ingrosso a Delo non avrebbe potuto essere originato da nient'altro se non l'accettazione dei prestiti del Tempio da parte di quei forestieri-banchieri. Tali persone erano competenti cambia-valute, nati e formati tra le braccia dei maestri di sofisticazione finanziaria delle città di Babilonia, Aram, Fenicia, etc.


Il Professor Rostovtsev riferisce di un acquisto di grano a Delo da parte di un certo Sinotes di Isticea (una città del regno che era in Macedonia) nel quale egli osserva che l'acquisto fu effettuato con denaro anticipato da un banchiere di Rodi. Ciò suggerisce che le operazioni bancarie di Rodi erano interconnesse con quelle di Delo e che le riserve di argento del tempio di Apollo a Delo funzionavano anche come riserve per gli emissari di Rodi. Delo, la cui santità era rispettatissima, avrebbe costituito un deposito di metalli preziosi molto più sicuro rispetto a Rodi. Oskar Seyffert nel Dictionary of Classical Antiquities scrive: "Delfi, Delo, Efeso e Samo erano usate correntemente come banche per prestiti e depositi, sia da individui che da governi".


Tale flusso di 'credito' e metalli preziosi a Delo permise alla piccola isola di rimpiazzare parzialmente Atene come nuovo centro da cui il "controllo monetario internazionale" e i suoi emissari arrivarono per controllare le finanze di quell'area di Mediterraneo.


I cambiavalute, che costituivano la base di questa piramide di profitto, erano chiamati nell'antica Grecia trapezitae, perché si servivano di un banchetto a quattro gambe detto tetra peza.
Seffert scrive:
"I trapezitae sedevano ai loro banchetti nelle piazze del mercato, il centro di tutte le transazioni di affari. Essi ricevevano denaro in deposito per custodirlo, facevano da cambia-valuta e prestavano anche il denaro. I banchieri tenevano un accurato resoconto delle ricchezze da loro gestite. Se una persona faceva un pagamento ad un'altra che anch'essa aveva un deposito alla stessa banca, il banchiere semplicemente trasferiva la somma in questione da un acconto ad un altro. Questo tipo di business era di solito in mano a forestieri che avevano acquisito la residenza".​
Il prof. Humphrey Michell (The Economics of Ancient Greece, p334) scrive che fu Fidone, il progressista Re di Argo, che per primo permise, nel 680 B.C., l'introduzione del sistema monetario del tipo babilonese, basato sulle valute in oro e in argento. 'Progressista' naturalmente significava un re pronto a dare ascolto alle lusinghe del "controllo monetario internazionale" e dei suoi emissari, e che desse loro carta bianca in cambio dell'appoggio ottenuto per la sua ascesa al trono.


Il prof. Ure, in Tyranny of Athens, mostra che l'ascesa alla tirannia di Pisistrato fu strettamente correlata con l'argento proveniente dalle miniere della Tracia ed egli sottolinea che può difficilmente essere considerata una coincidenza che la cacciata dei discendenti del tiranno Pisistrato (510 a.C.) avvenne quasi immediatamente dopo aver perso le miniere della regione della Tracia, rifornimento monetario molto importante. Il che equivale a dire che se si dissolveva la fonte di metalli preziosi sui quali si fondava il potere del locale banchiere, il regnante che egli aveva promosso diventava obsoleto e inutile e poteva essere buttato via come uno straccio vecchio. Lo stesso accadde per i tiranni Trasibulo a Mileto, Ortagora a Sicione, Cipselo a Corinto, Procle a Epidauro, Teagene a Megara, Panezio a Leontini, Cleandro a Gela, Falaride ad Agrigento, e così via.


Vediamo un altro esempio d'interazione tra potere politico e mercanti. Creso, figlio primogenito del re Aliatte di Lidia (610-561 a.C.). Sapendo delle ambizioni del padre di conquistare la Caria, Creso si accinse a chiedere un prestito per imbastire l'azione militare. Nicola di Damasco scrive:
"Con questo suo proposito in mente si recò da Sadiatte, il più ricco mercante della Lidia. Costui, occupato nelle sue abluzioni mattutine, prima fece aspettare un Creso impaziente alla porta. Poi gli accordò di entrare, ma ciò fu solo per comunicargli che rifiutava di concedergli il denaro: "Se devo prestare denaro a tutti i figli di Aliatte," egli gridò, "non ce ne sarebbe abbastanza". Respinto, Creso si recò ad Efeso. Lì un amico di origine Ionica, Pamfeas, dopo aver saputo della ragione della sua visita, ottenne una somma di mille stateri d'oro da suo padre, Teocaride, che era in possesso di una considerevole fortuna, che egli si affrettò a portare al principe che ne aveva bisogno. Grazie a questi aiuti finanziari, Creso, rifornitosi di truppe, fu il primo a unirsi all'esercito del padre, di cui riguadagnò il favore, e che lo ebbe come alleato nella spedizione che avrebbe conquistato la Caria. Creso più tardi si vendicò di Sadiatte, che lo aveva cacciato via, confiscandogli l'intero suo tesoro".


L'episodio illustra un chiaro esempio dello sforzo dell'elite dei mercanti di controllare la successione politica. Infatti la vera ragione del rifiuto del prestito a Creso, era che il potente mercante Sadiatte si era già impegnato ad appoggiare Pantaleone, fratellastro di Creso, che era visto chiaramente come più adatto, condiscendente e "non tutto d'un pezzo" rispetto al determinato Creso.


Sebbene la condotta oltraggiosa di Sadiatte nei confronti di Creso suggerisca che il banchiere considerasse la sua posizione inviolabile, quest'ultimo preferiva scegliersi i regnanti che con meno probabilità avrebbero creato problemi. La sua rude arroganza nel far aspettare a lungo Creso alla porta, per poi riceverlo e rifiutargli senza mezzi termini il prestito di denaro richiesto, sicuramente costituì uno stimolo che portò Creso a voler capire di più sul raggiro del sistema del denaro basato sulle misure di metalli preziosi. Un imbroglio questo che permetteva alla gente della peggior specie (come Sadiatte) di beffarsi dell'autorità del re.


I risultati della sua indagine sicuramente lo portarono a capire che, affinché il suo status di regnante avesse davvero un senso, sopra ogni altra cosa era necessario che l'emissione di massa monetaria fosse rimossa dal controllo di persone private, e ciò lo indusse ad effettuare una riforma monetaria nel suo regno.


Allora, l'elite internazionale dei banchieri diede rifornimenti di soldati mercenari e il meglio delle armi a Ciro. Creso li aveva offesi, non solo sottraendo il loro tesoro tenuto dall'emissario Sadiatte, ma anche eliminando i conii dei mercanti e facendo tornare al regnante il suo potere essenziale, cioè il controllo dell'emissione monetaria. Bisognava fare di questa vicenda un esempio che potesse funzionare da deterrente di simili azioni da parte di altri principi, e per operare fu scelto l'ambizioso Ciro, che non era altro che un insignificante principe persiano. La ferocia dell'annientamento da parte di Ciro dello sventurato Creso, che fu scuoiato vivo, senza dubbio fu effettuata allo scopo di ricordare ad altri re che mentre il loro potere era nazionale, c'era un altro potere internazionale, al di sopra e oltre quello di un qualsiasi regnante locale.


Dopo la totale umiliazione di Creso, avendo Ciro dato prova della sua sollecitudine nel promuovere i piani dei suoi sostenitori finanziari, il passo successivo fu la conquista relativamente facile di Babilonia, che fu organizzata per lui 14 anni dopo. Ciro fu da allora in poi nominato Il Grande. Il giovane principe di Anzan nella Susiana divenne il regnante di un impero esteso dal Caucaso all'Oceano indiano, dal Mediterraneo all'Asia centrale. Egli restaurò e allargò i poteri dei Guardiani del Tempio di Babilonia, come testimoniano le inusuali circostanze dei sacerdoti del Tempio che osannano l'invasore e che ricevono privilegi e speciali concessioni da lui.


Della stessa pasta erano i tiranni che erano saliti al trono nel 7° secolo a.C., come re Fidone di Argo, che abbiamo già detto e che appena insediatosi inventò la prima moneta di argento ad Egina, e ritirò dalla circolazione le precedenti sbarre di ferro che erano servite come denaro.


In questo modo, nel giro di poco tempo i banchieri internazionali si sarebbero insediati in tutte le città-stato greche e di lì sarebbero stati in grado di finanziare l'opposizione a qualunque potere, interno o esterno, che sperava di distruggere o anche ritirare le forme di finanziamento da quei poteri di cui organizzavano la distruzione.


Quei 'banchieri riconosciuti', avendo la facoltà di regolare i volumi di valuta e di emettere il denaro, potevano letteralmente ridere in faccia ai re e a qualsiasi altro potere politico. È stato un banchiere, il famoso Amschel Rothschild (primo della lunga dinastia dei banchieri Rothschild), a proferire la seguente famosa frase: "Lasciatemi emettere e controllare il denaro di una nazione, e mi sarà indifferente chi vada ad occupare la funzione di scrivere le leggi".


La scoperta della pietra filosofale dell'economia (appianamento delle transizioni tramite un sistema pre-bancario) e il suo uso a vantaggio strettamente privato permise dunque ad un'elite di mercanti-banchieri di usurpare al regnante il potere essenziale del Tempio: cioè la creazione e la distribuzione dell'unità di scambio, il che originariamente era il potere del loro Dio di garantire il benessere e il buon vivere, nello stato, dei suoi abitanti.


Le sventurate masse dell'Antico Oriente non immaginavano neppure lontanamente che il regnante che essi vedevano era tutt'altro che un essere divino sulla Terra, e che si trattava invece di un burattino manipolato dalle forze segrete esercitate dall'elite dei banchieri che cospiravano per diventare i controllori privati della invisibile emissione di denaro.


Dei nuovi tiranni della Grecia, tra il 650 e il 500 a.C , il Professor Heichelheim scrisse: "Questi tiranni erano per lo più membri della nobiltà essi stessi, che avevano guadagnato tale titolo usando le nuove possibilità politiche ed economiche del loro tempo per rovesciare i loro stessi pari e soggiogare temporaneamente la città-stato".
La possibilità di armare eserciti non veniva negata ai tiranni condiscendenti con l'elite che manipolava la vita finanziaria delle nazioni.


Alessandro Magno istituì molte nuove zecche, ognuna posta sotto il controllo di ricchi mercanti-banchieri, e questi sicuramente lo ricompensarono non facendogli mancare armi ed eserciti.


In corrispondenza di questo periodo storico, che aveva visto la transizione delle città-stato greche al sistema monetario basato sui metalli preziosi, con una resistenza più straordinaria del solito di Sparta con le leggi di Licurgo (che magari vedremo in un altro articolo), alcuni storici segnalano anche la "singolare iniziativa" nel V secolo a Clazomene (nel Golfo di Smirne): una piccola crisi era scoppiata perché il debito di 20 talenti di argento contratto per pagare delle truppe mercenarie aveva imposto per molti anni l'incombenza del pagamento di 4 talenti di interessi annui, senza che i clazomenei fossero riusciti ad ammortizzare tale debito. I regnanti pensarono allora di emettere 'denaro rappresentativo' in ferro del valore nominale totale di 20 talenti, che i cittadini furono obbligati a prendere in cambio delle monete di argento. L'argento così ottenuto fu usato per estinguere immediatamente il debito, e ne avanzò per essi una rendita annua di 4 talenti, precedentemente assorbita dal pagamento degli interessi sul debito, che fu usata per risarcire in pochi anni il denaro rappresentativo emesso.


Il passaggio dal sistema monetario basato su argento e oro a quello delle ricevute-denaro create dai banchieri è stata una costante nella storia dell'umanità.


Un esempio per tutti, quello del Regno di Napoli nel XVI secolo, a dimostrazione dell'instabilità intrinseca del sistema monetario basato sull'argento; a dimostrazione del fatto che, dopo la sua introduzione, una crescente carenza di metalli preziosi fosse un pericolo continuo per uno stato, e del fatto che il passaggio alla legalizzazione delle ricevute dei banchieri è una tappa obbligata in seguito alle inevitabili crisi di liquidità.


Nel Regno di Napoli, all'epoca di Filippo II di Spagna (1543-1598), c'era un'enorme fuoriuscita di fondi, sia a beneficio del Regno Papale (grazie agli istituti religiosi operanti nel Regno di Napoli), sia a beneficio di Fiorentini e Genovesi (cioè i banchieri che operavano nel Regno e inviavano i profitti alle loro terre natìe). Un'altra causa di fuoriuscita di argento era che il Regno dipendeva dall'importazione della maggior parte delle materie prime e prodotti industriali (Serra, 1994). Per ultimo, ma certo non in importanza, la madre-patria spagnola operava un ulteriore prosciugamento sul budget del Regno di Napoli, soprattutto per le guerre che finanziava senza sosta (più di 2 milioni di ducati delle finanze del regno furono inviate all'estero tra il settembre 1564 e il febbraio 1569 come pagamenti per gli eserciti, in munizioni, vitti e stipendi) (De Rosa 1987).


Queste fuoriuscite impoverivano la circolazione monetaria del Regno, che era basata sul ducato d'argento e quindi essenzialmente denaro metallico.


Come rimedio per la carenza di moneta il governo era spesso obbligato ad importare argento per coniare monete. Riscontriamo comunicazioni con carattere di estrema urgenza, come nel 1556, quando il Fiduciario della Zecca, Gio. Batt. Ravaschiero, viene spronato dal viceré a procedere “quanto prima possibile, dato l'urgente bisogno di pagare i mercanti che avevano fatto dei prestiti alla Corte" (Archivio Generale de Simanca, Visitas de Italia, fascio 348, fasc.n.7). Per inciso, indovinate un po' chi erano i Ravaschiero? Essi erano i potenti banchieri di Genova aventi una filiale in quel tempo anche a Napoli !! Cioè la zecca era sotto il controllo del banchiere privato.


Nuovi fondi erano necessari per sostenere le guerre spagnole contro olandesi e turchi e, poiché in una situazione di cattivi raccolti non era possibile incrementare il carico fiscale, terre demaniali e fortezze del Regno (come quelle di Montecorvino e Olevano nel Principato citra), dovevano essere vendute (Palermo 1846). Quando ciò non era possibile, il governo era una volta ancora obbligato a chiedere a mercanti e banchieri nuovi prestiti e, in vista dell'urgenza, ad accettare di pagare interessi fino al 15%. (Camera della Sommaria, 1576).


Nel luglio 1582, il viceré dovette riconoscere che il denaro circolante nel Regno era scarso e impose nuovamente il divieto di esportare denaro d'argento, sotto pena di severe sanzioni (Vario 1772). Eppure i provvedimenti ebbero scarso effetto, anche quando il viceré stabilì la pena di morte per coloro che effettuavano tale contrabbando. Due anni dopo, nel 1584, era chiaro che la scarsità di moneta stava compromettendo il commercio e l'economia.
Il viceré tentò un altro approccio per ottenere una certa quantità di denaro circolante. Il 27 ottobre 1594 fu stipulato un accordo con il banchiere Antonio Belmosto, che garantì il trasferimento entro 2 anni al regno di Napoli di 1 milione di scudi (in moneta sonante e in lingotti di argento), in cambio di certi benefici finanziari (De Rosa 1987).


A peggiorare e complicare il disastro economico ci furono gli errori commessi in materia monetaria: il rapporto tra valore intrinseco della moneta napoletana e valore nominale fu mantenuto alto, in un tempo in cui le altre nazioni vicine, tutti gli stati europei tra cui la Sicilia, avevano ridotto il contenuto di argento nelle loro monete (Turbolo 1626). I sovrani del Regno di Napoli, involontariamente e forse mal consigliati, avevano creato una situazione in cui era vantaggioso esportare metalli preziosi, sia in monete che in lingotti, perché il ducato aveva un valore maggiore delle valute straniere.


Assaliti dalla necessità di fornire denaro per il commercio e non potendo più continuare ad acquistare metalli preziosi da inviare alla zecca, intorno al 1570 il governo iniziò a permettere la circolazione dei certificati di credito, "fedi di credito", emesse dai Monte di Pietà che erano stati istituiti a Napoli nel 1539, autorizzando le casse dello stato ad accettarli come pagamenti delle tasse e per altri pagamenti. Poco tempo dopo, nel 1597, Girolamo Ramusio riferisce che “nel Regno di Napoli ci sono ora lettere di credito per il valore di mezzo milione di monete d'oro, che appartengono a gentlemen napoletani ed altre persone che cercano titoli nobiliari e cariche, offrendo molto denaro, alcuni di essi per acquistare tali riconoscimenti nobiliari, altri per non perderli. Questi desideri e ambizioni sono molto utili al Re, perché Sua Maestà vende il titolo di principe a 20.000 scudi, di duca a 15.000, di marchese a 10.000, e di conte a 5.000…”. (Relazioni, 1992).


Certificati di credito non erano nuovi nel Regno di Napoli. Ora però le fedi non solo erano prova di depositi (allo stesso modo dei depositi notarili), non solo esse venivano emesse come prestiti, ma soprattutto esse erano trasferibili per girata, così che esse diventavano il mezzo di scambio del popolo.


Concedendo ad un certo numero di istituzioni lo status di banche, il governo aveva raggiunto due scopi:
1) quello di rimpiazzare parte della moneta metallica del regno (che era diventata sempre più costosa a causa della necessità di importare argento) con denaro a prezzo zero per il re;
2) quello di assicurare per il regnante dei prestatori, poiché tali banche potevano dare prestiti al governo e alla città di Napoli a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato.


Per dare a tali istituti di prestito un'autorevolezza maggiore, i regnanti gradualmente trasferirono nelle loro casse i fondi del Regno.
Un altro vantaggio era che le banche, per le transazioni tra i loro clienti, semplicemente registravano e trasferivano le cifre su acconti, cioè vigeva l'appianamento dei crediti per intermediazione bancaria (venne adottato il sistema bancario del registro a partita doppia).


Entro l'inizio del 17° secolo si era innestata una tendenza sempre maggiore contro i pagamenti in contanti, come sottolinea Marc'Antonio De Santis, "mentre in passato i banchieri consideravano un affronto il non pagare tutti quelli che si presentavano per monetizzare le ricevute”, le banche ora consideravano un grande affronto il fatto che qualcuno si presentasse da loro e domandasse di essere pagato in contanti, per lettere di credito fino a 200 scudi” (De Santis 1997).


Pietro Colletta descriverà, nel capitolo IX della Storia del Reame di Napoli (edita da G. Capponi, 1834), le vicende disastrose tra il 1791 e il 1799, quando i Napoletani scoprirono a loro spese che il volume di fedi di credito superava di gran lunga i depositi di tali istituti di credito (massa monetaria creata dunque moltiplicando riserve):
"I pubblici officii, i privati, la stessa casa del re, depositavano al banco il proprio danaro, là tenuto sicuro perché guardato o guarentito. Una carta detta fede di credito, accertava il deposito. Le fedi circolavano come danaro, nulla perdevano al cambio, guadagnavano ai tempi delle maggiori fiere del regno per il comodo e la sicurezza di portare in un foglio somme grandissime.
Milioni di ducati stavano in quelle casse. I pagamenti dei legati e molto danaro del regno si facevano per carte di banco. Il credito le sosteneva: ma il loro abuso fu svelato: le fedi già soperchiavano di decine e decine di milioni la moneta. (..) I depositari, traendo in folla ed a furia i loro crediti, fecero vóte le casse; e, trattenuti gli ultimi pagamenti, fu distrutto il prestigio della fedeltà. Essendo grande il danno perché infinite le relazioni coi banchi, divenne unanime nella popolazione il grido e lo spavento contro i reali. Il governo svergognò e punì molti uffiziali di banco per frodi vere o apposte. E non però migliorando le condizioni, e vedendo le polizze rifiutate nel commercio, comandò che valessero nelle private contrattazioni antiche o presenti: così, offendendo e nuocendo alle ragioni dell'universale.
Nacque allora nei fogli di cambio la indicazione di moneta fuori banco, la quale regge ancora, e forse, scordata la origine (perciò ne parlo) starà in eterno" (Colletta 1834).​
Colletta intende dire che l'emissione di banconote da parte di privati aveva senso fin tanto che erano promesse di qualcosa, l'oro, ma oggi ci si dimentica di questa origine del denaro, di questa promessa del controvalore (eventualmente tenuta in deposito dall'emettitore), e si consente ai privati di creare masse monetarie senza contropartita o deposito alcuno, e con danno per la popolazione.


L'obiettivo era raggiunto.


Il passaggio da questi metalli preziosi al pagamento con ricevute non era né casuale né una novità. Era già avvenuto nell'antica Mesopotamia e avverrà inevitabilmente in ogni altra parte del mondo ed in ogni epoca come conseguenza delle distorsioni e stress enormi che venivano procurati naturalmente e artificialmente alle popolazioni che se ne servivano.


Era proprio per questo motivo che l'elite internazionale di mercanti-banchieri teneva tanto che fosse introdotto il sistema monetario basato sull'argento. Si contava di poter usare il suo potere destabilizzante a proprio vantaggio più e più volte nel corso della storia. Di lì il passo era breve a che i governi delle nazioni fossero costretti a far nascere la massa monetaria di interi popoli come debito verso una classe privilegiata di banchieri internazionali.


Le Banche Centrali
Storicamente si fa risalire il “baco” della creazione delle Banche centrali alla Bank of England. Essa inizierà a creare banconote, a dare prestiti, e in breve ad esercitare il solito vecchio abuso: la creazione del mezzo di pagamento, gravato di un interesse, a vantaggio di una banca privata che non aveva in deposito tutto il valore delle ricevute.


William III ed i suoi successori non s'interesseranno più della natura matematica o dell'origine dei prestiti fatti dai "banchieri riconosciuti".


La storia della civiltà, da questo punto di vista, ha visto silenziosamente sconfitti quasi tutti i 'grandi.' Anche per Napoleone fu impossibile resistere alla pressione dei poteri addetti all'emissione di denaro.

Nell'aprile del 1800 il grande generale francese permise l'istituzione della National Bank of France, una banca privata che emetteva banconote dal nulla, o meglio dal privilegio concessogli di moltiplicare riserve.


Non avrebbe Napoleone potuto decidere di far emettere il denaro dallo Stato stesso invece che da banchieri privati? La risposta la troviamo nelle sue contingenti necessità militari. Essendo un gruppo interconnesso di potenti mercanti-banchieri di diversi stati divenuti fedeli tra di loro, essi avevano guadagnato una posizione tale da poter negare, a coloro che meno rendevano loro omaggio e privilegi, sia approvvigionamenti di monete che delle armi del tempo. Un generale di un esercito si muoveva in quello che era un terreno ideale per l'affermarsi dei banchieri, la necessità di diventare forte militarmente lo obbligava a dover chiedere il loro appoggio.


Lo sapeva Napoleone cosa stava facendo istituendo (nel 1800) tra i suoi sudditi un sistema economico dove l'emissione di denaro era impacchettata e regalata ai banchieri emissari dell'elite internazionale?
Si, lo sapeva. La questione dell'emissione del denaro da parte di questi tizi non era a lui ignota, come testimoniano alcuni passaggi nelle sue Memorie:
"Quando una nazione dipende dal denaro di banchieri privati, sono questi e non i leader di governo a controllare la situazione, poiché la mano che dà sta sopra quella che prende. Il denaro non ha fazione, i finanzieri non hanno né patriottismo né decenza; il loro unico scopo è il guadagno".
Sta di fatto che egli permise ad "alcuni sostenitori del colpo di stato del 18 brumaio di fondare la National Banque of France, a cui venne concesso il monopolio privato dell'emissione di banconote francesi (Ferguson 2001).


Nel 1806 Napoleone dirà: "La Banque National non appartiene solo ai suoi azionisti; appartiene anche allo stato che le ha concesso il privilegio di creare denaro" (Crouzet 1999). Se l'elite dei banchieri avesse avuto la possibilità di rispondergli pubblicamente avrebbe gridato: "E noi ti abbiamo concesso il privilegio di diventare Napoleone I" (il 2 dicembre 1804 egli assume su proposta del senato la corona di Imperatore).
A questo punto l'imperatore, in questo dialogo semi-segreto con i banchieri, avrebbe concluso ribadendo con fermezza: "L'Etat c'est moi" (lo Stato sono io), cioè sono io come regnante a dover garantire al mio popolo la sorgente del mezzo di scambio, la moneta, e non voi!".


Ma con i creatori del denaro dal nulla Napoleone dovette convivere. Non gli fu possibile resistere alle pressioni e dunque creare una realtà che non concedesse anche in Francia il monopolio privato dell'emissione di denaro ai banchieri internazionali.


Egli comunque pretese di acquisire delle quote della Banca Nazionale (Koerner 1995), e ciò gli fu consentito anche perché portava sempre nuove riserve d'oro alla Banca stessa. Infatti nel 1803, Napoleone vendette il territorio ad ovest del Mississippi al terzo presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson, per 3 milioni di dollari in oro ("Louisiana Purchase"). Successivamente avrebbe cercato di svuotare le Banche degli stati conquistati (a volte senza successo, come testimonia il famoso l'episodio in cui scoprì che le camere di sicurezza della Bank of Amsterdam erano assolutamente vuote).
L'ombra dei banchieri internazionali fu su di lui durante tutto il periodo dell'impero (durante cui costruì e armò eserciti con somme ingenti di denaro), finanche nel 1815 quando, dopo il ritorno dall'isola d'Elba, fu un prestito della Eubard Banking House di Parigi che permise l'equipaggiamento dell'esercito napoleonico dei "100 giorni".


Goethe scrive: "La storia di Napoleone produce in me un'impressione come quella procuratami dalla lettura dell'Apocalisse nella Bibbia. Tutti noi abbiamo la sensazione che ci deve essere qualcosa di più in essa, ma non abbiamo idea di cosa sia."
Quel qualcosa così mirabilmente intuito e descritto da Goethe, e che la gran parte delle popolazioni e degli storici non sono riusciti a vedere: l'esistenza di forze internazionali molto ricche che dietro le quinte possono dare poteri enormi a regnanti ambiziosi e a favore di guerre (da Ciro il Grande ad Alessandro il Grande, a Cesare, etc. etc., vedi capitolo II), e che in cambio chiedono solo di poter controllare l'emissione di denaro.


A quel tempo c'era la dinastia dei Rothschild, banchieri internazionali, di cui Carmack (1998) scrive: "Mayer Rothschild aveva cinque figli: il primo, Amschel, rimase nella città natale Francoforte, il secondo Salomon fu spedito a Vienna, il terzo Nathan fu mandato a Londra, il quarto, Karl, si recò a Napoli, il quinto, Jakob, andò a Parigi." (v. correlati)


Le banche dei Rothschild, cooperando all'interno della famiglia e utilizzando le tecniche di riserva frazionale bancaria, diventano incredibilmente ricche, tanto che lo scrittore Ignatius Balla nel 1913 stimerà che la loro ricchezza personale ammonti ad oltre due miliardi di dollari (di allora). Già nel 1818 il segretario del principe austriaco Metternich, scrivendo dei Rothschild, affermava che "essi sono le persone più ricche d'Europa", e in effetti già allora avevano quasi completamente assunto il controllo azionario della Banca centrale d'Inghilterra. Con essi erano indebitati la Prussia, l'Austria e la Russia, avendo accettato grosse somme per armare gli eserciti contro Napoleone. Fu il giovane Nathan Rothschild (il volto dell'elite dei banchieri a Londra) a far pervenire al Duca di Wellington l'oro necessario per organizzare l'attacco di Waterloo!
Aveva ragione Napoleone, scrivendo che di queste persone non ci si poteva fidare. L'imperatore aveva, è vero, messo alcuni suoi parenti nel Consiglio della Banca di Francia, ma non aveva potuto impedire che, contemporaneamente a lui, i Rothschild finanziassero anche i suoi nemici.


In generale, coloro tra i sovrani ai quali poteva sembrare che le loro azioni e piani più sordidi fossero finalizzati al semplice gioco dell'imperialismo o del dominio di uno contro l'altro, non si rendevano conto che per il vertice della piramide di potere tutto ciò fosse funzionale al progredire del controllo monetario internazionale.


David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan bank, ha spiegato nel 1991 al Congresso di Baden Baden: “Siamo riconoscenti al Washington Post, al New York Times, al Time Magazine ed altre eccezionali riviste i cui direttori hanno partecipato alle nostre riunioni ed hanno rispettato le loro promesse di mantenere la discrezione per quasi 40 anni (sul piano "neo-liberale" di bypassare la volontà delle singole nazioni, ideando e finanziando istituti quali FMI e WTO, N.d.A.). Non ci sarebbe stato possibile sviluppare tale piano per il mondo se fossimo stati esposti alle luci dei riflettori dei mass-media e della pubblicità durante questi anni” (Bilderberger Meeting, giugno 1991).


E aggiungeva:
“Il mondo è pronto a marciare verso un governo mondiale. La sovranità sovra-nazionale di un'elite di controllo di banchieri internazionali è sicuramente molto più auspicabile della auto-determinazione nazionale praticata nei secoli scorsi”.
Più volte nella storia della civiltà, erano fioriti (quasi istantaneamente e dal nulla) potenti mercanti-banchieri, nonostante un generale stato di assenza di contanti; a Londra, Amsterdam, Venezia, Firenze, persino nell'antica Atene e nelle città-stato dei Sumeri.


L'attività dei mercanti-banchieri di Londra nel XVIII secolo sarà così descritta da Jevons: "Una piccola stanza fa da ufficio, ricevute di prestiti e debiti ammontanti in media a 20 milioni di sterline al giorno sono liquidati dagli operatori senza l'uso di un sola moneta o banconota. E di ciò il pubblico non sa nulla, si usa questo meccanismo tenendolo in assoluta segretezza". Ignoto alle masse era soprattutto il fatto che grazie a questo tipo di appianamento dei pagamenti e grazie alla confidenza del pubblico nel denaro-cambiale bancario, tali istituti venissero messi nella condizione di moltiplicare riserve.

Parte dell'articolo è tratto dal saggio The Babylonian Woe, di David Astle
Link al documento (lingua inglese)
https://archive.org/details/TheBabylonianWoeByDavidAstle
 

mototopo

Forumer storico
ola ,giorno a tutti, mi dicono che sarei stato etichettato come esaltato del forum da uno scienziato della nasa su altro 3d ih ih ih ih .........:D;) un fine accostamento che denota arguzia e sapienza:D:D amore ed odio,mi legge sempre di nascosto,,,,,,,,,,,,,,,,,,,ih ih ih nn riesce e' piu' forte di lui:D un talento...:D buona continuazione a tutti
 

mototopo

Forumer storico
Terracini


Video caricati da ACCADEMIA DELLA LIBERTA'

di ACCADEMIA DELLA LIBERTA'
14.510 video


pixel-vfl3z5WfW.gif
pixel-vfl3z5WfW.gif




Notizie varie di attualità,articolo 18 e i costituenti Fanfani e Terracini

di ACCADEMIA
;);););););) notizie sul medio oriente varie di attualita' ecc ecc ecc papato,ed altro:D:D:D:D:D:Dsempre una marcia in piu';););););)
 

mototopo

Forumer storico
Leggetevi questa intervista a Lucrezia Reichlin e poi scappate dall'Italia...altro che prelievo dai conti correnti... 16 Agosto 2014
Ecco a voi la "ricetta" tagliadebito di Lucrezia Reichlin, ovvero di quella "gauche caviar" mosca cocchiera dei poteri forti che ci ha condotto nella attuale situazione. Sostiene che si debba "cartolarizzare il 40% del debito" (quello in mano agli italiani) e venderlo sottocosto a una "bad bank" europea "per liberare soldi per lo sviluppo". In pratica non pagare i Bot e i Btp agli italiani che li hanno sottoscritti. In pratica far fallire l'Italia. Se venisse da un pazzo qualsiasi la "proposta" meriterebbe di essere accolta con una sonora risata. Ma la Reichlin non è pazza...
"Non c'è da sorprendersi per la presa di posizione di Moody's. Troppo forte è lo scollamento fra le previsioni e la realtà. Il governo deve prenderlo come un ulteriore stimolo a procedere sulle riforme: però deve fare decisi cambiamenti di strategia". Lucrezia Reichlin, docente alla London Business School, già direttore della ricerca alla Bce, era fra gli economisti più pessimisti sul Pil: con la sua società Nowcasting aveva previsto un - 0,1%. E' andata ancora peggio. "Non so come il governo abbia potuto scrivere nei documenti di programmazione un numero così ottimistico come lo 0,8% mentre i centri studi indipendenti, da Confindustria a Bankitalia, avvertivano che si sarebbe rimasti più giù. C'è un rallentamento nella produzione, nell'import-export. Renzi deve tenerne conto in modo realistico".

E magari cedere sovranità come prefigurato dal presidente della Bce, Mario Draghi?
"Draghi non ha detto di cedere sovranità, ma che i Paesi devono coordinarsi sulle riforme e decidere collettivamente le priorità. In un'unione monetaria le misure che l'Italia deve prendere, dalla burocrazia alla giustizia, sono importanti per tutti. Un sistema in cui le decisioni siano coordinate e i Paesi legati da un impegno reciproco, reso credibile da penalizzazioni sulle inadempienze, approfondisce l'integrazione in cui l'Italia crede".

Partirà una nuova lettera all'Italia, stile 2011?
"Mi auguro che non ci sia alcuna lettera. Non è compito della Bce entrare nello specifico delle riforme. Ma se un Paese non riesce a uscire da una crisi così acuta e mette a repentaglio la sostenibilità dei conti, Draghi ha il dovere di avvertire e suggerire una via collettiva che dia più forza all'azione di governo. Se vuole restare nella casa dell'euro ogni Paese si deve impegnare a seguire un percorso, e se non ce la fa può esser guidato nell'ambito di una cornice. Per l'Italia è un'opportunità per contrattare le proroghe al Fiscal Compact, a fronte delle quali offra un impegno credibile sulle riforme".

Cosa pensa della ipotesi di ristrutturazione, o consolidamento, del debito con la regia della Bce?
"Non confondiamoci con le definizioni. In inglese si chiama "debt redemption", che vuol dire riscatto. Assumiamo che per l'Italia il 40% del debito sia dovuto alle crisi: questa parte viene cartolarizzata e acquistata a sconto da una bad bank europea che poi la rimette sul mercato. Con un debito così alleggerito l'Italia può finanziare le iniziative di rilancio".

I creditori, per lo più italiani, subiranno una perdita. Ha pensato alla rivolta dei Bot people?
"Acquistare un titolo di Stato comporta dei rischi, è una leggenda metropolitana che il capitale sia garantito. Visto che siamo in un'unione monetaria, si potrebbero possono studiare criteri di rifinanziamento che riducano le perdite. Il presupposto è che l'Italia accetti vincoli comuni e stia agli impegni. Renzi deve presentare subito un grande e inderogabile piano di riforme economiche: segua i consigli di Draghi"
Fonte: Reichlin: "Riscatto del debito per trovare risorse da destinare alla crescita" - Repubblica.it
.
 

mototopo

Forumer storico
Leggetevi questa intervista a Lucrezia Reichlin e poi scappate dall'Italia...altro che prelievo dai conti correnti... 16 Agosto 2014
Ecco a voi la "ricetta" tagliadebito di Lucrezia Reichlin, ovvero di quella "gauche caviar" mosca cocchiera dei poteri forti che ci ha condotto nella attuale situazione. Sostiene che si debba "cartolarizzare il 40% del debito" (quello in mano agli italiani) e venderlo sottocosto a una "bad bank" europea "per liberare soldi per lo sviluppo". In pratica non pagare i Bot e i Btp agli italiani che li hanno sottoscritti. In pratica far fallire l'Italia. Se venisse da un pazzo qualsiasi la "proposta" meriterebbe di essere accolta con una sonora risata. Ma la Reichlin non è pazza...
"Non c'è da sorprendersi per la presa di posizione di Moody's. Troppo forte è lo scollamento fra le previsioni e la realtà. Il governo deve prenderlo come un ulteriore stimolo a procedere sulle riforme: però deve fare decisi cambiamenti di strategia". Lucrezia Reichlin, docente alla London Business School, già direttore della ricerca alla Bce, era fra gli economisti più pessimisti sul Pil: con la sua società Nowcasting aveva previsto un - 0,1%. E' andata ancora peggio. "Non so come il governo abbia potuto scrivere nei documenti di programmazione un numero così ottimistico come lo 0,8% mentre i centri studi indipendenti, da Confindustria a Bankitalia, avvertivano che si sarebbe rimasti più giù. C'è un rallentamento nella produzione, nell'import-export. Renzi deve tenerne conto in modo realistico".

E magari cedere sovranità come prefigurato dal presidente della Bce, Mario Draghi?
"Draghi non ha detto di cedere sovranità, ma che i Paesi devono coordinarsi sulle riforme e decidere collettivamente le priorità. In un'unione monetaria le misure che l'Italia deve prendere, dalla burocrazia alla giustizia, sono importanti per tutti. Un sistema in cui le decisioni siano coordinate e i Paesi legati da un impegno reciproco, reso credibile da penalizzazioni sulle inadempienze, approfondisce l'integrazione in cui l'Italia crede".

Partirà una nuova lettera all'Italia, stile 2011?
"Mi auguro che non ci sia alcuna lettera. Non è compito della Bce entrare nello specifico delle riforme. Ma se un Paese non riesce a uscire da una crisi così acuta e mette a repentaglio la sostenibilità dei conti, Draghi ha il dovere di avvertire e suggerire una via collettiva che dia più forza all'azione di governo. Se vuole restare nella casa dell'euro ogni Paese si deve impegnare a seguire un percorso, e se non ce la fa può esser guidato nell'ambito di una cornice. Per l'Italia è un'opportunità per contrattare le proroghe al Fiscal Compact, a fronte delle quali offra un impegno credibile sulle riforme".

Cosa pensa della ipotesi di ristrutturazione, o consolidamento, del debito con la regia della Bce?
"Non confondiamoci con le definizioni. In inglese si chiama "debt redemption", che vuol dire riscatto. Assumiamo che per l'Italia il 40% del debito sia dovuto alle crisi: questa parte viene cartolarizzata e acquistata a sconto da una bad bank europea che poi la rimette sul mercato. Con un debito così alleggerito l'Italia può finanziare le iniziative di rilancio".

I creditori, per lo più italiani, subiranno una perdita. Ha pensato alla rivolta dei Bot people?
"Acquistare un titolo di Stato comporta dei rischi, è una leggenda metropolitana che il capitale sia garantito. Visto che siamo in un'unione monetaria, si potrebbero possono studiare criteri di rifinanziamento che riducano le perdite. Il presupposto è che l'Italia accetti vincoli comuni e stia agli impegni. Renzi deve presentare subito un grande e inderogabile piano di riforme economiche: segua i consigli di Draghi"
Fonte: Reichlin: "Riscatto del debito per trovare risorse da destinare alla crescita" - Repubblica.it
.
 

mototopo

Forumer storico
torniamo al vaticano e i legami con ex cedel,dopo i patti lateranensi alla ns malandata finanza vaticana vennero elargiti all epoca,750.000 milioni di lire cah e un miliardo di titoli del debito dello stato nel 1929 che vennero per la meta' spostati in america
 

Users who are viewing this thread

Alto